Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.1022/2019
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Bundesgericht

Tribunal fédéral

Tribunale federale

Tribunal federal

               

6B_1022/2019

Sentenza del 30 ottobre 2019

Corte di diritto penale

Composizione

Giudici federali Denys, Presidente,

Rüedi, Muschietti,

Cancelliere Gadoni.

Partecipanti al procedimento

A.________SA,

patrocinata dall'avv. Marco Perucchi,

ricorrente,

contro

1. Ministero pubblico del Cantone Ticino,

2. B.________,

opponenti.

Oggetto

Decreto di abbandono (truffa, falsità in documenti),

ricorso in materia penale contro la sentenza emanata il 3 luglio 2019 dalla
Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (incarto n.
60.2019.64).

Fatti:

A. 

La A.________SA è una società attiva nella consulenza e messa a disposizione di
servizi relativi all'organizzazione e alla gestione di imprese, in particolare
nel settore bancario. B.________ è stato alle sue dipendenze a partire dal 1°
marzo 2012 in qualità di vice direttore, capo del back office, con un salario
annuo lordo di fr. 130'000.-- per 42 ore settimanali. Il contratto di lavoro
prevedeva che le ore supplementari sarebbero state compensate soltanto in
determinati casi.

B. 

Il 21 febbraio 2014 B.________ è stato licenziato con effetto al 30 aprile 2014
ed è stato esonerato dal prestare lavoro. Il 22 giugno 2014 ha chiesto alla
datrice di lavoro il pagamento di un numero importante di ore di lavoro
supplementari e straordinarie. Poiché la società non ha dato seguito alla
richiesta, con petizione dell'8 dicembre 2014 ha avviato contro la stessa una
causa civile dinanzi alla Pretura di Lugano, per un importo complessivo di fr.
67'667.--, oltre interessi. La pretesa era basata sulle registrazioni delle ore
lavorative nel programma "time-sheet" aziendale, compilato elettronicamente
dallo stesso lavoratore e da lui prodotto in causa. Dopo una serie di atti che
non occorre qui evocare, con sentenza del 10 novembre 2016 il Pretore ha
parzialmente accolto la petizione, condannando la datrice di lavoro a pagare al
dipendente fr. 64'414.40, oltre interessi.

C. 

Il 18 novembre 2016 la A.________SA ha presentato una denuncia penale nei
confronti di B.________, per i titoli di truffa e di falsità in documenti, con
riferimento alle registrazioni da lui effettuate nel "time-sheet" prodotto
nella causa civile. Secondo la denunciante, il lavoratore avrebbe modificato
determinate registrazioni dopo la notifica della disdetta del rapporto di
lavoro, aggiungendovi delle ore lavorative in realtà non eseguite.

D. 

Il 12 dicembre 2016 la datrice di lavoro ha impugnato la sentenza del Pretore
dinanzi alla seconda Camera civile del Tribunale d'appello, che, con decisione
del 21 febbraio 2017, in accoglimento di una domanda processuale
dell'appellante, ha sospeso la procedura di appello in attesa dell'esito del
procedimento penale.

E. 

Dopo avere richiamato l'incarto della causa civile, con decisione del 6 marzo
2017 il Procuratore pubblico (PP) ha decretato il non luogo a procedere,
ritenendo non adempiuti gli elementi costitutivi di reato.

F. 

Contro il decreto di non luogo a procedere, la A.________SA ha presentato un
reclamo alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello (CRP), che lo ha
respinto con sentenza del 23 giugno 2017. Con sentenza 6B_950/2017 del 18
gennaio 2018, il Tribunale federale ha accolto un ricorso della A.________SA
contro la sentenza della CRP, annullandola e rinviando gli atti alla precedente
istanza per un nuovo giudizio. Questa Corte ha rilevato che l'autorità
cantonale non si era confrontata con le puntuali contestazioni sollevate dalla
ricorrente riguardo alle specifiche registrazioni sospette di ore lavorative
nel programma "time-sheet". Ha concluso che l'emanazione di un decreto di non
luogo a procedere a quello stadio del procedimento penale violava l'art. 310
CPP e il principio "in dubio pro duriore", non essendo ancora del tutto chiaro
che i fatti non erano punibili o che le condizioni per il perseguimento penale
non erano adempiute.

G. 

Statuendo nuovamente sulla causa, con sentenza del 6 febbraio 2018 la CRP ha
annullato il decreto di non luogo a procedere del 6 marzo 2017 ed ha rinviato
l'incarto al Ministero pubblico per l'apertura dell'istruzione penale. Dopo
avere terminato lo svolgimento degli atti istruttori, il 28 settembre 2018 il
magistrato inquirente ha comunicato alle parti la chiusura dell'istruzione,
prospettando l'emanazione di un decreto di abbandono. Le parti non hanno
presentato istanze probatorie. Con decisione del 28 febbraio 2019, il PP ha
decretato l'abbandono del procedimento penale. Ha negato l'esistenza di
sufficienti indizi di reato con riferimento alle prospettate imputazioni di
truffa e di falsità in documenti.

H. 

Con sentenza del 3 luglio 2019 la CRP ha respinto un reclamo presentato dalla
A.________SA contro il decreto di abbandono. La Corte cantonale ha confermato
le conclusioni del PP.

I. 

La A.________SA impugna questa sentenza con un ricorso in materia penale del 16
settembre 2019 al Tribunale federale, chiedendo di annullarla. Postula inoltre
di annullare il decreto di abbandono e di ordinare al PP di promuovere l'accusa
nei confronti di B.________ per i titoli di truffa e di falsità in documenti.
La ricorrente fa valere la violazione del principio "in dubio pro duriore" e
degli art. 309 e 310 CPP.

J. 

Non sono state chieste osservazioni sul gravame, ma è stato richiamato
l'incarto cantonale.

Diritto:

1. 

La decisione impugnata conferma il decreto di abbandono e pone quindi fine al
procedimento penale. Si tratta di una decisione finale pronunciata in materia
penale da un'autorità cantonale di ultima istanza, contro la quale è
ammissibile il ricorso in materia penale (art. 78 cpv. 1, 80 cpv. 1 e 90 LTF).
Il ricorso è tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF in relazione con l'art. 46 cpv. 1
lett. b LTF). La legittimazione ricorsuale giusta l'art. 81 cpv. 1 lett. b n. 5
LTF può essere ammessa per le ragioni esposte nel precedente giudizio di questa
Corte (cfr. sentenza 6B_950/2017, citata, consid. 1.2).

2.

2.1. Conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF, il ricorso in
materia penale al Tribunale federale può essere presentato per violazione del
diritto. Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali
ragioni l'atto impugnato viola il diritto. La ricorrente deve quindi
confrontarsi con le considerazioni esposte nella sentenza impugnata, spiegando
per quali motivi tale giudizio lede il diritto (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1). Il
Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate;
esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza,
tutte le questioni giuridiche che si pongono, se quest'ultime non sono
presentate nella sede federale (DTF 145 V 215 consid. 1.1; 144 V 388 consid. 2
e rinvii). Inoltre, le esigenze di motivazione sono più rigorose quando è fatta
valere la violazione di diritti fondamentali. II Tribunale federale esamina
queste censure solo se la parte ricorrente le ha debitamente sollevate e
motivate, come prescritto dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Ciò significa che la
ricorrente deve indicare in modo chiaro e dettagliato, con riferimento ai
motivi della decisione impugnata, in che modo sarebbero stati violati i suoi
diritti costituzionali (DTF 142 III 364 consid. 2.4 e rinvii).

2.2. A seguito del rinvio da parte del Tribunale federale, e successivamente
della CRP, l'autorità inquirente ha esaminato le registrazioni delle ore
lavorative di B.________ nel "time-sheet" aziendale, da lui inserite dopo la
disdetta del contratto di lavoro, relative al periodo dal 27 al 31 ottobre
2013, ai giorni del 1°, 4, 15 e 29 novembre 2013, nonché al periodo dal 5 al 31
dicembre 2013 e dal 1° gennaio 2014 all'11 marzo 2014. Questi archi temporali
sarebbero stati oggetto di nuove registrazioni e di modifiche da parte
dell'imputato soltanto all'inizio di marzo del 2014, dopo il suo licenziamento.
Egli è stato interrogato al riguardo dalla Segretaria giudiziaria, agente su
delega del PP, e, nell'ambito di tale interrogatorio, il patrocinatore della
ricorrente ha potuto porgli domande e muovergli contestazioni.

La Corte cantonale ha fondato il proprio giudizio sugli atti di istruzione
svolti dal Ministero pubblico, accertando che le ore di lavoro aggiunte
successivamente, relative al periodo dal 27 al 31 ottobre 2013, ai giorni 1°, 4
e 15 novembre 2013, come pure al periodo dal 5 dicembre 2013 all'11 marzo 2014,
erano comprovate da specificati "print screen" agli atti. Ha inoltre rilevato
che, per il tempo di lavoro supplementare riferito al 29 novembre 2013,
l'imputato non aveva avanzato pretese civili nei confronti della ricorrente. La
CRP ha poi richiamato le spiegazioni da lui fornite alle contestazioni
concernenti le ragioni e le modalità delle modifiche delle registrazioni nel
"time-sheet". Ha per finire concluso che l'imputato aveva portato sufficienti
elementi per ritenere ch'egli aveva effettivamente svolto delle ore lavorative
nelle circostanze di tempo indicate nel "time-sheet".

2.3. Nel nuovo ricorso in questa sede, dopo avere riepilogato l'inter
procedurale ed esposto le norme giuridiche applicabili, la ricorrente si limita
ad invocare semplicemente la circostanza che le attività registrate nel
"time-sheet" sono state aggiunte o modificate dall'imputato dopo la notifica
del suo licenziamento. Non si confronta tuttavia minimamente con gli esposti
accertamenti, relativi agli specifici periodi da lei indicati come sospetti e
oggetto delle indagini a seguito del rinvio. Non censurati d'arbitrio, gli
accertamenti concernenti l'effettivo svolgimento delle ore lavorative nei
suddetti periodi sono quindi vincolanti per il Tribunale federale (cfr. art.
105 cpv. 1 LTF). Né la ricorrente si esprime sulle spiegazioni fornite
dall'opponente in sede d'interrogatorio, spiegando per quali ragioni esse non
sarebbero plausibili. Fondando genericamente l'esistenza di sufficienti indizi
di reato solo sul fatto che le modifiche delle registrazioni sono successive al
licenziamento dell'opponente, la ricorrente non si confronta con le
considerazioni esposte nella sentenza impugnata, spiegando, con una motivazione
conforme alle esposte esigenze, per quali motivi tale giudizio viola il
diritto. Insufficientemente motivato sui citati aspetti, il gravame è pertanto
sostanzialmente inammissibile.

3.

3.1. La ricorrente rimprovera all'opponente la possibile commissione di una
truffa processuale. Sostiene che l'inserimento di nuove ore supplementari nel
"time-sheet", rispettivamente la modifica delle ore già registrate, non
consentirebbe di ritenere improbabile una condanna dell'opponente per il reato
di cui all'art. 146 CP.

3.2. Secondo quanto suesposto, le autorità cantonali hanno però accertato che
le ore lavorative inserite successivamente nel sistema di registrazione del
tempo di lavoro erano effettivamente state svolte dall'opponente. La ricorrente
omette di considerare questi accertamenti, come visto non sostanziati
d'arbitrio, che permettono di escludere l'adempimento dell'invocato reato. La
truffa processuale è infatti un caso particolare di truffa giusta l'art. 146 CP
e consiste nell'ingannare con astuzia il giudice al fine di determinarlo a
rendere una decisione (materialmente sbagliata) pregiudizievole al patrimonio
della controparte o di un terzo (DTF 122 IV 197 consid. 2; sentenza 6B_1005/
2013 del 10 febbraio 2014 consid. 5.1, in: RtiD II-2014, pag. 204 segg.). Anche
in questa costellazione, l'autore deve agire a scopo di indebito profitto, il
quale non è dato quand'egli ha o crede di avere diritto al pagamento
dell'importo dovutogli (cfr. sentenza 6B_1005/2013, citata, consid. 5.1 e
riferimenti). La CRP ha quindi confermato a ragione il decreto di abbandono
relativamente all'imputazione di truffa.

4.

4.1. Con riferimento all'ipotesi di falsità in documenti (art. 251 CP), la
ricorrente sostiene che il "time-sheet" in questione sarebbe idoneo a
determinare il numero delle ore lavorative di cui l'opponente ha chiesto il
pagamento nella causa civile e sarebbe pertanto adeguato a provare la
veridicità del suo contenuto. Reputa quindi che, contrariamente a quanto
ritenuto dalla Corte cantonale, esso costituirebbe un documento ai sensi
dell'art. 110 cpv. 4 CP.

4.2. Si rende colpevole di falsità in documenti ai sensi dell'art. 251 n. 1 CP
chi, al fine di nuocere al patrimonio o ad altri diritti di una persona o di
procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, forma un documento falso od
altera un documento vero, oppure abusa dell'altrui firma autentica o
dell'altrui segno a mano autentico per formare un documento suppositizio,
oppure attesta o fa attestare in un documento, contrariamente alla verità, un
fatto di importanza giuridica, o fa uso, a scopo d'inganno, di un tale
documento. Sono documenti gli scritti destinati e atti a provare un fatto di
portata giuridica nonché i segni destinati a tal fine. La registrazione su
supporti d'immagini o di dati è equiparata alla forma scritta per quanto serva
al medesimo scopo (art. 110 cpv. 4 CP).

L'art. 251 n. 1 CP concerne sia la formazione di un documento falso (falsità
materiale) sia quella di un documento menzognero (falsità ideologica). Il
documento è falso quando il suo vero estensore non corrisponde all'autore
apparente, il documento trae quindi in inganno sull'identità di colui dal quale
esso emana in realtà. È invece menzognero il documento il cui contenuto non
corrisponde alla realtà pur emanando dal suo autore apparente (DTF 142 IV 119
consid. 2.1). Tuttavia, non basta una semplice menzogna scritta per ritenere la
falsità ideologica in documenti. Essa presuppone una menzogna scritta
qualificata, che secondo la giurisprudenza è data quando il documento fruisce
di un'accresciuta credibilità e il suo destinatario vi possa ragionevolmente
prestar fede (DTF 144 IV 13 consid. 2.2.2; 142 IV 119 consid. 2.1). È ciò
segnatamente il caso quando determinate assicurazioni oggettive garantiscono ai
terzi la veridicità della dichiarazione. Può per esempio trattarsi di un dovere
di verifica che incombe all'autore del documento, oppure di disposizioni legali
che definiscono il contenuto del documento stesso (DTF 144 IV 13 consid. 2.2.2
e 2.2.3; 142 IV 119 consid. 2.1). Per contro, il semplice fatto che, secondo la
comune esperienza, taluni scritti beneficiano di una particolare credibilità,
segnatamente nella pratica commerciale, non è sufficiente per riconoscere la
qualità di documento ai sensi degli art. 110 cpv. 4 e 251 n. 1 CP (DTF 142 IV
119 consid. 2.1 e rinvii).

La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che un certificato di salario o un
conteggio del salario dai contenuti inesatti non fruiscono di un'accresciuta
credibilità, nella misura in cui specifiche disposizioni legali non
conferiscono loro un simile carattere (DTF 118 IV 363; sentenze 6B_382/2011 del
26 settembre 2011 consid. 2.2; 6B_390/2012 del 18 febbraio 2013 consid. 3.4;
6B_163/2016 del 25 maggio 2016 consid. 3.3.1 e rispettivi rinvii). Allo stesso
modo, un contratto di lavoro allestito nella forma scritta semplice, dal
contenuto menzognero, non riveste di massima un carattere probatorio
accresciuto (DTF 123 IV 61 consid. 5c/cc pag. 68; 120 IV 25 consid. 3f pag. 29;
sentenza 6B_382/2011, citata, consid. 2.2).

Analogamente all'esposta giurisprudenza, anche la semplice indicazione delle
ore lavorative prestate dal dipendente nel "time-sheet" aziendale, eseguita da
una parte al contratto di lavoro, non fruisce di un'accresciuta credibilità,
sicché un'eventuale menzogna scritta relativa al numero delle ore lavorative
non realizzerebbe il reato di falsità ideologica in documenti ai sensi
dell'art. 251 n. 1 CP. Il solo fatto che il conteggio orario litigioso sia
stato prodotto nella causa civile non gli conferisce di per sé un carattere
probatorio accresciuto e non è quindi decisivo. Se ciò fosse il caso, ogni atto
menzognero che venisse a trovarsi nelle mani del giudice diventerebbe infatti
automaticamente un falso ideologico (cfr. sentenza 6P.15/2007 del 19 aprile
2007 consid. 8.2.1). La tesi della ricorrente è pertanto infondata, sicché il
decreto di abbandono è giustificato anche per quanto concerne il reato di
falsità in documenti.

5. 

Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella misura della sua
ammissibilità. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono quindi poste
a carico della ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1. 

Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2. 

Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico della ricorrente.

3. 

Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, all'opponente, al Ministero
pubblico e alla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del Cantone
Ticino.

Losanna, 30 ottobre 2019

In nome della Corte di diritto penale

del Tribunale federale svizzero

Il Presidente: Denys

Il Cancelliere: Gadoni