Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 1C.257/2017
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Bundesgerich 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
1C_257/2017  
 
                [displayimag]  
 
 
Sentenza dell'8 ottobre 2017  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Merkli, Presidente, 
Eusebio, Chaix, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
Comune del Gambarogno, via Cantonale 138, 6573 Magadino, 
rappresentato dal Municipio, 6573 Magadino, 
patrocinato dall'avv. Lorenza Ponti Broggini, 
ricorrente, 
 
contro 
 
A.________SA, 
patrocinata dall'avv. Yasar Ravi, 
 
Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, Ufficio delle domande di
costruzione, via Franco Zorzi 13, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino, Residenza governativa,
6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
licenza edilizia, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 16 marzo 2017 
dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino 
(inc. n. 52.2015.378). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
L'8 marzo 2013, una società, alla quale infine è succeduta A.________SA, ha
chiesto al Municipio del Gambarogno il permesso per il cambiamento di
destinazione, da stabile industriale a postribolo, di un edificio ubicato a
Quartino Est nella zona industriale, artigianale e commerciale (zona ZIAC). Il
progetto oltre a 29 posteggi scoperti prevede un modesto ampliamento del
fabbricato e l'allestimento a pianterreno di una zona d'incontro tra clienti e
prostitute, quattro camere per disabili, una cucina, un locale fumatori, una
terrazza coperta e una zona benessere: al 1° piano sono previste 19 camere,
servizi igienici e spazi destinati all'amministrazione. 
 
B.   
I servizi generali del Dipartimento del territorio hanno preavvisato
favorevolmente la domanda, subordinandola a una serie di condizioni. Con
decisione del 22 settembre 2014 l'Esecutivo comunale ha negato il rilascio
della licenza edilizia. Adito dall'istante, il 17 giugno 2015 il Consiglio di
Stato ne ha accolto il ricorso e rinviato gli atti al Comune affinché rilasci
la licenza richiesta, visto che l'esercizio della prostituzione costituisce
un'attività di indole prevalentemente commerciale, o comunque di servizio,
compatibile con le funzioni assegnate alla zona. Con giudizio del 16 marzo 2017
il Tribunale cantonale amministrativo ha respinto un ricorso del Comune. 
 
C.   
Avverso questa sentenza il Comune del Gambarogno presenta un ricorso in materia
di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di annullarla e di confermare
il diniego della licenza edilizia. 
 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti, ma è stato richiamato l'incarto
cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Inoltrato contro una decisione finale dell'ultima istanza cantonale
nell'ambito del diritto pianificatorio ed edilizio, il ricorso, tempestivo (
art. 100 cpv. 1 LTF), è ammissibile quale ricorso in materia di diritto
pubblico, conformemente agli art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d e 90 LTF.
Certo, la decisione impugnata conferma quella di rinvio del Consiglio di Stato,
che costituisce una decisione incidentale. Essa non lascia tuttavia alcun
margine di apprezzamento al Comune e va quindi trattata come una decisione
finale (DTF 141 II 353 consid. 1.1 pag. 360, 14 consid. 1.1 pag. 20), poiché lo
obbliga a rilasciare, contro la sua volontà, una licenza edilizia che non
potrebbe poi più impugnare (DTF 142 V 26 consid. 1.2 pag. 28; 141 V 330 consid.
1.2 pag. 332, 255 consid. 1.1 pag. 257).  
 
1.2. Secondo l'art. 89 cpv. 2 lett. c LTF, i Comuni sono legittimati a
ricorrere se fanno valere la violazione di garanzie loro conferite dalla
Costituzione cantonale o da quella federale. È questo il caso per la garanzia
della loro autonomia, sancita dagli art. 50 cpv. 1 Cost. e 16 cpv. 2 Cost./TI.
Nella fattispecie il Comune del Gambarogno è toccato nella sua veste di
detentore del pubblico potere quale ente pianificante, che applica la normativa
comunale: esso è pertanto legittimato a ricorrere per censurare un'asserita
violazione della sua autonomia (DTF 142 I 177 consid. 2). Sapere se esso
disponga di autonomia nel campo litigioso e se questa sia stata disattesa è
questione di merito, non di ammissibilità (DTF 135 I 43 consid. 1.2).  
 
2.  
 
2.1. Il Comune fruisce di autonomia tutelabile in quelle materie che la
legislazione cantonale non regola esaurientemente, ma lascia completamente o in
parte al relativo ordinamento comunale, conferendogli una notevole libertà di
decisione (DTF 143 II 120 consid. 7.2 pag. 133 seg. e consid. 2.3 inedito; 142
I 177 consid. 2; 138 I 242 consid. 5.2). In particolare, il Comune ticinese
beneficia in linea di principio nel campo edilizio e della pianificazione del
territorio di un ampio margine di decisione e di apprezzamento, che la
giurisprudenza fa rientrare nell'autonomia tutelabile (DTF 142 I 26 consid. 3.5
e rinvii; 103 Ia 468 consid. 2). Il Comune del Gambarogno dispone quindi di
autonomia nell'allestimento del proprio piano regolatore, nell'adozione delle
relative norme di attuazione e nella loro applicazione (DTF 143 I 272 consid.
2.3.2 pag. 278).  
 
2.2. Prevalendosi della sua autonomia, il Comune può tra l'altro far valere la
violazione del diritto cantonale o comunale autonomo ed esigere che le autorità
cantonali di ricorso o di vigilanza osservino, da un lato, i limiti formali
posti dalla legge al loro intervento e, dall'altro, che applichino in modo
corretto il diritto materiale determinante. Il Tribunale federale esamina
liberamente se l'autorità cantonale di ricorso ha rispettato il margine di
apprezzamento che compete al Comune in un determinato ambito (DTF 141 I 36
consid. 5.4 pag. 43). Il Comune può, come in concreto, anche invocare la
violazione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.), purché la censura sia in
stretta connessione con quella della sua autonomia (DTF 143 II 120 consid. 7.2
pag. 134; 134 I 204 consid. 2.2).  
 
2.3.   
Il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché
l'atto impugnato viola il diritto (art. 42 cpv. 1 e 2 L TF). Il Tribunale
federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 143 II
283 consid. 1.2.2). Quelle di violazione di diritti fondamentali e di
disposizioni di diritto cantonale e quindi dell'autonomia comunale devono
adempiere inoltre le esigenze accresciute di motivazione dell'art. 106 cpv. 2
LTF, per cui il potere d'esame del Tribunale federale si limita all'arbitrio (
DTF 143 II 120 consid. 7.1 pag. 133; 140 I 90 consid. 1.1 pag. 92; sentenza
1C_373/2016 del 7 novembre 2016 consid. 6). Non basta quindi che la decisione
impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel
suo risultato (DTF 140 I 201 consid. 6.1), ciò che spetta al ricorrente
dimostrare (DTF 133 II 396 consid. 3.2). Non risulta per contro arbitrio dal
semplice fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto
o sarebbe addirittura preferibile (DTF 141 I 70 consid. 2.2 pag. 72). 
 
3.  
 
3.1. La Corte cantonale ha rilevato che, per essere autorizzate, le nuove
costruzioni devono apparire collegate da un nesso adeguato alla funzione della
zona in cui sono ubicate; funzione che è assegnata dai piani di utilizzazione.
 
In concreto l'art. 40 delle norme di attuazione del piano regolatore (NAPR),
dal titolo marginale "zona industriale e artigianale e commerciale " di
Quartino Est (ZIAC) dispone che "la zona industriale, artigianale e commerciale
è destinata all'edificazione di costruzioni a carattere industriale,
artigianale e commerciale e del terziario avanzato ai sensi della legge per
l'innovazione economica del 25 giugno 1997 a carattere molesto. Sono ammesse
unicamente le abitazioni destinate al personale di sorveglianza ". L'art. 39
NAPR, dal titolo marginale "zona artigianale e commerciale e dei servizi" di
Quartino Ovest (ZACS), ha il seguente tenore: "La zona artigianale e
commerciale è destinata all'edificazione di costruzioni a carattere artigianale
e di servizio a carattere molesto. Sono ammesse unicamente le abitazioni
destinate al personale di sorveglianza". 
 
3.1.1. I giudici cantonali hanno ritenuto che il ricorrente a torto ha fatto
valere che l'esercizio della prostituzione sarebbe incompatibile con le
funzioni delle zona ZIAC. Secondo la propria prassi, confermata dal Tribunale
federale (sentenza 1C_63/2014 del 17 aprile 2014), l'esercizio di un postribolo
configura infatti una destinazione di indole prevalentemente commerciale o
comunque di servizio; la realizzazione di un postribolo, indipendentemente
dalla sua natura molesta o poco molesta, dev'essere quindi ammessa nelle zone
nelle quali le NAPR non vietano l'insediamento di aziende commerciali moleste.
Hanno ritenuto che decisiva è pertanto la questione di sapere se all'interno
della zona siano permessi stabilimenti commerciali poco molesti o addirittura
molesti, ammissibilità che risulta dal chiaro tenore dell'art. 40 cpv. 1 NAPR.
Hanno ritenuto pretestuosa e comunque irrilevante la tesi dell'insorgente
secondo cui all'interno della zona ZIAC l'insediamento di un postribolo non
sarebbe ammissibile a causa della distinzione operata dalle NAPR tra attività
commerciali e di servizio, attività considerata di principio possibile nella
zona ZACS disciplinata dall'art. 39 NAPR. Hanno stabilito che nulla porta
infatti a ritenere che attività a carattere mercantile, ma indipendenti dalla
produzione e dalla compravendita di beni materiali, come lo può essere
l'esercizio della prostituzione, non rientrerebbero anche fra le attività
commerciali ammesse nella zona ZAIC, conclusione che non trova riscontro né
nella normativa comunale (art. 40 NAPR) né nel rapporto di pianificazione
concernente la revisione del piano regolatore e neppure nella prassi e nella
dottrina.  
 
3.1.2. Secondo la Corte cantonale l'art. 40 NAPR si limita a richiamare in
maniera del tutto generica le varie attività imprenditoriali ammesse
(industriali, artigianali e commerciali), senza identificarne le
caratteristiche o circoscriverne i contenuti e senza riconoscere alcuna
priorità tra di esse. Nessun elemento fa ritenere che la messa a disposizione
di prestazioni sessuali a pagamento non s'integrerebbe convenientemente con
queste utilizzazioni, segnatamente con quelle a carattere commerciale, rilevato
che la norma fa riferimento al grado di molestia, ammettendo espressamente le
attività moleste. Ne ha concluso che l'obiettivo del legislatore comunale
nell'istituire la zona in esame parrebbe essere quello di confinarvi le varie
attività economiche potenzialmente moleste, come i postriboli, allo scopo di
tutelare le aree maggiormente sensibili. Ha poi stabilito che dall'art. 39 NAPR
non si possono trarre particolari conclusioni: il fatto ch'esso ammetta
attività di servizio moleste nella zona ZACS non significherebbe infatti che
l'attività litigiosa non sarebbe possibile anche altrove.  
 
3.2. Il Comune ricorrente insiste su una pretesa differenza tra la zona ZACS,
nella quale sarebbe ammissibile l'esercizio della prostituzione quale attività
di servizio, mentre non lo sarebbe nella zona ZIAC non trattandosi di
un'attività commerciale. Al suo dire, l'esercizio della prostituzione potrebbe
essere annoverato unicamente nella categoria delle attività di servizio, poiché
destinata a fornire ai clienti, dietro compenso, una prestazione lavorativa di
natura immateriale; tale prestazione non potrebbe essere considerata come
un'attività commerciale, perché non ha per oggetto la compravendita di merci o
di altri beni materiali. Ammette nondimeno che talora la prostituzione viene
assimilata a un'attività commerciale, ma soltanto perché a volte le NAPR
ignorerebbero le attività di servizio. Quando le NAPR, come nel caso in esame,
operano una distinzione tra le attività commerciali e di servizio, una simile
assimilazione non sarebbe lecita, poiché si procederebbe a un'interpretazione
di una norma chiara, in lesione dell'autonomia comunale.  
 
3.3. Come visto, la critica ricorsuale si incentra e si esaurisce nella tesi
secondo cui la prostituzione non costituirebbe un'attività commerciale, ma di
servizio, attività che le NAPR distinguerebbero chiaramente tra di loro. Ora,
sebbene l'art. 70 cpv. 2 della legge ticinese del 24 settembre 2013 sulla
procedura amministrativa disponga che nel ricorso alla Corte cantonale si
possano proporre fatti e mezzi di prova nuovi, ma non nuove domande,
l'argomentazione sulla quale è incentrato e si esaurisce il ricorso, come
rettamente sottolineato nella decisione impugnata, è stata addotta dal Comune
per la prima volta soltanto dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo, ciò
che invero può sminuirne la credibilità, la consistenza e l'evidenza. Il
ricorrente ritiene che il rigetto da parte dei giudici cantonali del suo
enunciato, per il quale la prostituzione rappresenterebbe un'attività a
carattere mercantile indipendente dalla produzione e dalla compravendita di
beni materiali, non raffigurando quindi un'attività commerciale, sarebbe da
ricondurre a un loro abbaglio tautologico. Il Comune accenna poi al confronto
fra gli art. 40 e 39 NAPR: al suo dire, poiché le attività di servizio moleste
sarebbero esplicitamente insediabili soltanto nella zona ZACS, non sarebbero
ammesse nelle altre zone e in particolare nella ZIAC. Sostiene, senza tuttavia
addurre alcun riferimento concreto, che l'obiettivo pianificatorio perseguito
dal legislatore comunale sarebbe stato quello di confinare le attività moleste
nelle due zone di Quartino destinate all'insediamento di attività lavorative,
ammettendo in entrambe quelle commerciali e artigianali, ma riservando a quella
di Quartino Est quella industriale e a quella di Quartino Ovest quelle di
servizio, tra le quali rientrerebbe l'esercizio della prostituzione.  
 
 
3.4. Limitandosi ad asserire, peraltro in maniera del tutto generica, che la
prostituzione rappresenterebbe soltanto un'attività di servizio e non anche
commerciale, come ritenuto dalla Corte cantonale, il Comune ricorrente non
dimostra affatto che quest'ultima avrebbe ritenuto a torto ch'esso ha applicato
la norma comunale litigiosa in maniera insostenibile, motivo per cui essa al
riguardo poteva intervenire in maniera correttiva senza ledere l'autonomia
comunale. Né il richiamo all'art. 39 NAPR muta tale esito, ritenuto che, come
rettamente stabilito dai giudici cantonali, il fatto che nella zona ZACS siano
permesse attività di servizio moleste, come la prostituzione, non implica che
tale attività sarebbe esclusa in altre zone, segnatamente nella ZIAC. Il
ricorrente, disattendendo il suo obbligo di motivazione (art. 42 e 106 LTF),
non si confronta del resto con la conclusione contraria già ritenuta dal
Tribunale federale e posta a fondamento del giudizio impugnato, secondo cui la
prostituzione presenta sia contenuti commerciali sia di servizio (sentenza
1C_63/2014, citata, consid. 3.4; cfr. pure sentenza 1P.213/1999 del 30 marzo
2000 consid. 3c, in: RDAT II-2000 n. 77 pag. 285) e neppure con la prassi e
dottrina citata nel giudizio impugnato. Non si è pertanto in presenza di una
violazione dell'autonomia comunale. Contrariamente all'assunto ricorsuale, i
giudici cantonali non si sono del resto scostati dal chiaro tenore letterario
dell'art. 40 cpv. 1 NAPR (DTF 143 V 148 consid. 5.1 pag. 155; 143 IV 122
consid. 3.2.3 pag. 125).  
 
4.   
Il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere pertanto respinto. Non si
prelevano spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Non si prelevano spese giudiziarie. 
 
3.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Dipartimento del territorio,
Ufficio delle domande di costruzione, al Consiglio di Stato e al Tribunale
amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 8 novembre 2017 
 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Merkli 
 
Il Cancelliere: Crameri 

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