Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 1C.157/2017
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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                [displayimage]  
 
 
1C_157/2017  
 
 
Sentenza del 17 aprile 2018  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Merkli, Presidente, 
Karlen, Fonjallaz, Eusebio, Chaix, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. Raoul Ghisletta, 
2. Roberto Martinotti, 
patrocinati dall'avv. Rosemarie Weibel, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino, Residenza governativa, 6501
Bellinzona, 
rappresentato dal Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino, 6501
Bellinzona. 
 
Oggetto 
Iniziativa popolare costituzionale elaborata "Rafforzare 
i Comuni. Per un Ticino moderno, democratico e ben organizzato", 
 
ricorso contro il decreto del Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino
del 14 febbraio 2017. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Il 26 marzo 2013 è stata depositata l'iniziativa popolare costituzionale
elaborata intitolata "Rafforzare i Comuni. Per un Ticino moderno, democratico e
ben organizzato", volta a modificare la Costituzione ticinese, per quanto qui
interessa, nel modo seguente: 
 
Compiti pubblici Art. 15 
1 Invariato 
2 Il Cantone promuove la collaborazione con i Comuni e fra i Comuni, in modo da
garantire al cittadino servizi efficienti ed accessibili. 
3 Il Cantone promuove la solidarietà fra i Comuni con risorse finanziarie
differenti, in funzione di uno sviluppo equilibrato del territorio cantonale. 
 
Suddivisione Art. 16bis (nuovo articolo) 
1 Il Cantone è diviso nei Comuni di Ascona, Bellinzona, Capriasca, Chiasso,
Gambarogno, Leventina, Locarno, Lugano, Malcantone, Mendrisio, Riviera, Valle
di Blenio, Vallemaggia, Valle Verzasca e Valle del Vedeggio. 
2 La legge ne determina l'estensione, ritenuto il rispetto dei principi della
contiguità territoriale e della razionalità amministrativa. 
 
Quartieri Art. 16ter (nuovo articolo) 
1 Ogni Comune è suddiviso in quartieri. 
2 Il quartiere è un'entità territoriale, che tiene conto in particolare dei
confini storici dei Comuni prima delle aggregazioni. 
3 La legislazione comunale determina i quartieri e la loro estensione. 
 
Organizzazione del Comune Art. 17 
1 Il Comune ha quali organi il Consiglio comunale, il Municipio e le
Commissioni di quartiere. 
2 Il Municipio è l'organo esecutivo, che amministra e rappresenta il Comune. 
3 Il Consiglio comunale è l'organo legislativo del Comune. 
4 Le Commissioni di quartiere sono consultate dal Municipio per tutte le
questioni che hanno un impatto rilevante sul territorio del quartiere. Esse
possono formulare proposte o osservazioni all'indirizzo del Consiglio
comunale. 
 
Elezioni Art. 18 
1 I membri del Municipio, del Consiglio comunale e delle Commissioni di
quartiere sono eletti con voto proporzionale per un periodo quadriennale. 
2 Il Municipio è composto da cinque a sette membri compreso il Sindaco che lo
presiede. 
3 Il Consiglio comunale è composto da trenta a sessanta membri. 
4 Le Commissioni di quartiere sono composte da cinque a sette membri. 
Dipendenti comunali e degli enti consortili Art. 19bis (nuovo articolo) 
Le condizioni di lavoro dei dipendenti comunali e dei dipendenti dei consorzi
sono regolate da contratti collettivi di lavoro di diritto pubblico. 
 
Fusione e divisione di Comuni Art. 20 
Abrogato 
 
Iniziativa legislativa dei Comuni Art. 41 (...) 
 
Referendum facoltativo Art. 42 (...) 
 
Iniziativa popolare e referendum nei Comuni Art. 46bis (...) 
 
Disposizioni transitorie relative ai Comuni Art. 96 
1 Nel termine di 5 anni dall'entrata in vigore delle modifiche relative
all'iniziativa «Rafforzare i Comuni. Per un Ticino moderno, democratico e ben
organizzato» il Gran Consiglio adotta tutte le necessarie modifiche
legislative. Il Gran Consiglio stanzia i necessari finanziamenti per
implementare e facilitare le aggregazioni. 
2 Il Consiglio di Stato può annullare le decisioni comunali che sono in
contrasto con il processo di aggregazione dei Comuni previsto dall'iniziativa
«Rafforzare i Comuni. Per un Ticino moderno, democratico e ben organizzato». 
3 I dipendenti dei Comuni oggetto dei processi di aggregazione, come pure i
dipendenti dei consorzi coinvolti nei processi di aggregazione, devono essere
ricollocati a parità di condizioni nei nuovi Comuni o nei consorzi di Comuni. 
 
B.   
La proposta principale dell'iniziativa, contenuta nell'art. 16bis, consiste
nella creazione di 15 nuovi Comuni al posto dei 137 al momento del lancio
dell'iniziativa e dei 130 all'adozione del contestato decreto. 
 
L'iniziativa ha raccolto 11'271 firme valide e il 13 giugno 2013 la Cancelleria
dello Stato ne ha decretato la riuscita. Il 30 gennaio 2017 la Commissione
speciale Costituzione e diritti politici del Gran Consiglio ha formulato due
rapporti, uno di maggioranza, volto a farla dichiarare irricevibile, l'altro di
minoranza, tendente ad accertarne la ricevibilità. Con decreto del 14 febbraio
2017, pubblicato nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi
del Cantone Ticino n. 7/2017 del 17 febbraio 2017, il Gran Consiglio, aderendo
al rapporto di maggioranza fondato in larga misura sulla DTF 142 I 216
(pubblicata anche nella RtiD I-2017 n. 4 pag. 23) relativa all'iniziativa
popolare costituzionale elaborata "Avanti con le nuove città di Locarno e
Bellinzona", ha dichiarato irricevibile l'iniziativa. Ha ritenuto ch'essa non
rispetta la condizione della conformità al diritto superiore, segnatamente
dell'art. 5 della Carta europea dell'autonomia locale, conclusa a Strasburgo il
15 ottobre 1985, approvata dall'Assemblea federale il 15 dicembre 2004,
ratificata dalla Svizzera il 17 febbraio 2005 ed entrata in vigore per il
nostro Paese il 1° giugno seguente (la Carta; RS 0.102), e solo parzialmente
quello dell'unità della materia. 
 
C.   
Avverso questo decreto Raoul Ghisletta, promotore, e Roberto Martinotti, tra i
primi firmatari dell'iniziativa, presentano un ricorso in materia di diritto
pubblico al Tribunale federale per violazione del diritto di voto dei
cittadini. Chiedono di annullare l'impugnato decreto e di dichiarare ricevibile
l'iniziativa e di demandarla alla Commissione speciale Costituzione e diritti
politici per l'esame di merito. 
 
Il Consiglio di Stato, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio, propone
di respingere il ricorso, in quanto ammissibile. I ricorrenti non hanno
replicato. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio se e in che misura un ricorso può
essere esaminato nel merito (DTF 142 II 363 consid. 1).  
 
1.2. Esso giudica i ricorsi concernenti il diritto di voto dei cittadini nonché
le elezioni e votazioni popolari (art. 82 lett. c LTF). Questa norma permette
agli aventi diritto di voto di criticare il fatto che un'iniziativa popolare è
stata indebitamente sottratta allo scrutinio popolare, essendo stata dichiarata
parzialmente o interamente irricevibile dall'autorità cantonale incaricata di
esaminarla (sentenza 1C_844/2013 del 3 giugno 2016 consid. 1.2, non pubblicato
in DTF 142 I 216).  
 
1.3. Il diritto ticinese non prevede una procedura di controllo astratto di
atti normativi, motivo per cui il ricorso al Tribunale federale è direttamente
aperto in applicazione dell'art. 87 cpv. 1 LTF (DTF 143 I 1 consid. 1.2; 142 I
216 consid. 1.3 inedito).  
 
1.4. La legittimazione dei ricorrenti, aventi diritto di voto nell'affare in
causa (art. 89 cpv. 3 LTF), come pure la tempestività del gravame, presentato
entro 30 giorni dalla pubblicazione nel Bollettino ufficiale del criticato
decreto (art. 101 LTF), sono date.  
 
1.5. Conformemente all'art. 95 lett. a, c, e d LTF, nel ricorso per violazione
dei diritti politici si può far valere la lesione del diritto federale, dei
diritti costituzionali cantonali, come pure delle disposizioni cantonali in
materia di diritto di voto dei cittadini e di elezioni e votazioni popolari. Il
Tribunale federale esamina liberamente queste censure (DTF 138 I 171 consid.
1.5 e rinvii).  
 
Le esigenze in materia di motivazione previste dall'art. 42 cpv. 2 LTF e quelle
- accresciute - prescritte dall'art. 106 cpv. 2 LTF valgono anche per i ricorsi
secondo l'art. 82 lett. c LTF (DTF 143 I 1 consid. 1.4 pag. 5; 142 I 216
consid. 1.5 inedito). Come si vedrà, l'atto di ricorso in esame adempie solo in
minima parte questi requisiti. Come rettamente rilevato dal Consiglio di Stato
nella risposta, i ricorrenti si limitano infatti ad addurre il loro punto di
vista, riprendendo in sostanza le tesi del rapporto di minoranza,
contrapponendole semplicemente a quelle esposte nel rapporto di maggioranza,
peraltro più articolato e dettagliato, senza tuttavia dimostrare
l'incostituzionalità dell'impugnato decreto; né si confrontano, se non in
maniera superficiale, con le considerazioni, contrarie alle loro tesi, esposte
nella DTF 142 I 216. 
 
2.  
 
2.1. L'art. 86 Cost./TI dispone che se il numero di firme è raggiunto, il Gran
Consiglio, entro un anno dalla pubblicazione nel Foglio ufficiale del risultato
della domanda di iniziativa, ne esamina preliminarmente la ricevibilità,
verificandone la conformità al diritto superiore, l'unità della forma e della
materia e l'attuabilità. Secondo l'art. 87 Cost./TI, la domanda di iniziativa
popolare può essere presentata in forma elaborata, come avvenuto nella
fattispecie, oppure generica (cpv. 1), disponendo che nel primo caso, qualora
la stessa sia ricevibile, viene sottoposta al voto popolare; il Gran Consiglio
può presentare contemporaneamente un controprogetto sulla stessa materia (cpv.
2).  
 
2.2. Il Tribunale federale ha già rilevato che il diritto ticinese non
prescrive invece, espressamente e in termini chiari, che un'iniziativa ritenuta
irricevibile debba essere sottratta al voto popolare. Nella prassi tuttavia,
anche quando il menzionato esame della ricevibilità non era previsto dalla
normativa cantonale, il Gran Consiglio non esitava a dichiarare improponibili
le iniziative contrarie in particolare al diritto superiore, rifiutando di
sottoporle al popolo (DTF 142 I 216 consid. 2.2 inedito e 1P.150/2003 del 5
dicembre 2003 consid. 3.2, in: RtiD I-2004 n. 48 pag. 159), procedura che i
ricorrenti non contestano.  
 
 
2.3. Secondo la costante prassi, di regola un'iniziativa popolare cantonale,
indipendentemente dalla sua formulazione, deve rispettare le condizioni
materiali che le sono imposte: in particolare non deve contenere nulla che
contrasti con il diritto superiore sia esso cantonale, federale o
internazionale (DTF 142 I 216 consid. 3.1 pag. 219; 139 I 292 consid. 5.4 pag.
295; BÉNÉDICTE TORNAY, La démocratie directe saisie par le juge, 2008, pag. 90
seg.).  
 
In tale contesto giova rilevare che non sono soltanto le disposizioni cogenti
del diritto internazionale che pongono limiti sostanziali alle iniziative
cantonali: secondo l'art. 139 cpv. 3 Cost., una tale limitazione vale in
effetti unicamente per le iniziative popolari concernenti la revisione parziale
della Costituzione federale, norma non applicabile alle iniziative cantonali.
Queste ultime devono invece essere compatibili senza riserve con il diritto
superiore (DTF 142 I 216 consid. 3.1). 
 
2.4. L'autorità chiamata a esaminare la validità materiale di un'iniziativa
deve interpretarne i termini nel senso più favorevole agli iniziativisti;
quando, applicando i metodi interpretativi riconosciuti (al riguardo vedi DTF
143 I 272 consid. 2.2.3 pag. 277), il testo di un'iniziativa si presti a
un'interpretazione conforme al diritto superiore, essa dev'essere dichiarata
valida e sottoposta al voto popolare. L'interpretazione conforme deve
permettere di evitare, per quanto possibile, le dichiarazioni di nullità (DTF
142 I 216 consid. 3.2 pag. 219). Questo è il senso del detto "in dubio pro
populo", non richiamato dai ricorrenti, secondo cui un testo che non ha un
senso univoco dev'essere interpretato in maniera tale da favorire l'espressione
del voto popolare in concretizzazione del principio della proporzionalità (art.
36 cpv. 3 Cost.). Pertanto, quando soltanto una parte dell'iniziativa risulti
irricevibile, la parte restante può nondimeno mantenere, in quanto tale, la sua
validità, qualora costituisca un insieme coerente, possa ancora corrispondere
alla volontà degli iniziativisti e rispetti di per sé il diritto superiore (DTF
142 I 216 consid. 3.3 pag. 220 e rinvii). Sull'eventuale validità parziale
dell'iniziativa in esamina si dirà in seguito (vedi consid. 6).  
 
2.5. Secondo la giurisprudenza, il testo di un'iniziativa dev'essere
interpretato in modo oggettivo, ossia come potevano comprenderlo i cittadini ai
quali era rivolto. Di contro, l'interpretazione personale dei promotori e dei
redattori dell'iniziativa non è determinante, soprattutto se essa è fornita a
posteriori (DTF 142 I 216 consid. 3.4 pag. 220).  
 
3.  
 
3.1. Il Gran Consiglio ha dichiarato l'iniziativa in esame irricevibile
aderendo al rapporto di maggioranza della Commissione della legislazione, che
costituisce in sostanza la vera e propria motivazione della decisione impugnata
(DTF 142 I 216 consid. 4.1.3 pag. 220). La Commissione ha udito il primo
proponente, il ricorrente Raoul Ghisletta, ed esaminato il parere chiesto al
consulente giuridico del Parlamento cantonale. Ha ritenuto, richiamando la DTF
142 I 216, che l'iniziativa non è conforme al diritto superiore perché viola
l'art. 5 della Carta e il diritto costituzionale di essere sentito (art. 29
cpv. 2 Cost.). Su questo specifico punto, ha ritenuto ch'essa è più
problematica che quella inerente ai poli urbani di Bellinzona e Locarno, poiché
per diversi Comuni attuali sono ipotizzabili vari scenari aggregativi. Inoltre,
nell'ambito della votazione popolare, numerosi cittadini dovrebbero
pronunciarsi senza sapere a quale nuovo Comune verrebbe aggregato il loro.  
 
3.2. I ricorrenti, sottolineato che la garanzia offerta dalla Carta comprende
ed eccede il diritto di essere sentito previsto dall'art. 29 cpv. 2 Cost., si
soffermano sulla questione di sapere se l'iniziativa lederebbe detta norma
costituzionale, negandola.  
 
L'assunto non dev'essere esaminato oltre. In effetti, al riguardo sia i
ricorrenti sia il Parlamento cantonale disattendono che la questione è ormai
superata, poiché è riconosciuto che la garanzia offerta dall'art. 5 della Carta
comprende ed eccede il diritto di essere sentito previsto dalla norma
costituzionale, siccome si riferisce espressamente alla consultazione della
popolazione (DTF 142 I 216 consid. 7.7 pag. 227). 
 
3.3. I ricorrenti sostengono, richiamando un'opinione dottrinale citata nel
rapporto di minoranza relativa all'aggregazione dei Comuni avvenuta nel Cantone
Glarona (MARTIN SCHAUB, Verfassungsrechtliche Aspekte der Glarner
Gemeindefusion, in: AJP 2007 pag. 1306), che trattandosi di un unico progetto
le varie componenti dello stesso non potrebbero essere valutate singolarmente.
Essi non tentano tuttavia di spiegare perché quella fattispecie sarebbe simile
a quella in esame. Nella DTF 142 I 216 il Tribunale federale ha infatti
rilevato che il richiamo alla consultazione glaronese, sulla quale esso non si
era espresso sulla sua compatibilità con il diritto superiore, non dimostrava
l'incostituzionalità del decreto ticinese relativo all'analoga precedente
iniziativa intesa ad aggregare i poli urbani del Sopraceneri, osservando che
quel sistema si differenziava dal voto ticinese all'urna, considerazioni con le
quali i ricorrenti, disattendendo il loro obbligo di motivazione (art. 42 LTF),
non si confrontano del tutto e alle quali, per brevità, si rinvia (consid. 5
inedito; sulle specificità della "Landsgemeinde", sul fatto che durante la
stessa gli aventi diritto di voto potevano formulare proposte d'emendamento e
che in seguito a una tale richiesta invece dell'annunciata e preliminarmente
discussa creazione di dieci nuovi Comuni si è decisa la riduzione a tre, vedi
ROMANA KRONENBERG, Die Gemeindestrukturreform im Kanton Glarus, 2011, n. 934
seg. pag. 302).  
 
4.  
 
4.1. Il Gran Consiglio non ha considerato determinante il fatto che,
contrariamente all'iniziativa volta all'aggregazione dei poli urbani del
Sopraceneri, quella in esame concerne tutti i comuni ticinesi e l'intero
territorio cantonale e neppure la tesi secondo cui la fusione non sarebbe
immediata perché la legge di applicazione dovrebbe determinare in un secondo
tempo l'estensione dei nuovi comuni (nuovo art. 16bis cpv. 2 Cost./TI). Ha
stabilito che queste differenze non consentono di prescindere dall'esigenza di
una consultazione preliminare delle comunità locali coinvolte, poiché la
votazione comporterà in ogni modo la decisione di scioglimento dei Comuni, che
si imporrà immediatamente a ciascuna comunità locale.  
Per esemplificare la problematica, ha rilevato che un avente diritto di voto di
Balerna deciderebbe sia sul futuro del proprio Comune, che verrebbe sciolto non
essendo previsto nell'elenco del nuovo art. 16bis cpv. 1 Cost./TI, sia su
quello di tutti gli altri Comuni del Cantone, ritenuto che i votanti di tutti
gli altri comuni ticinesi deciderebbero non solo del futuro del proprio Comune,
ma anche di quello di Balerna e di tutti gli altri, senza che le rispettive
comunità locali siano state preliminarmente consultate. Ha quindi considerato
irrilevante il fatto ch'esse deciderebbero anche sul proprio futuro e non solo
su quello altrui, decisivo essendo che si pronuncerebbero su quello di altre
comunità, senza che le stesse, come stabilito nella DTF 142 I 216, siano state
"preliminarmente" consultate. 
Sempre seguendo il rapporto di maggioranza, il Parlamento cantonale nemmeno ha
ritenuto l'argomento degli iniziativisti per cui, contrariamente all'iniziativa
"Avanti con le nuove Città di Locarno e Bellinzona", la consultazione potrebbe
avere luogo nel quadro dell'adozione della legislazione di applicazione delle
nuove norme costituzionali. Ciò poiché l'eventuale accettazione del nuovo art.
16bis cpv. 1 Cost./TI imporrebbe automaticamente la dissoluzione dei Comuni che
non vi sono elencati e non si saprebbe ancora a quale nuovo Comune essi
verrebbero aggregati, senza una previa consultazione qualificata. Per di più,
l'iniziativa "prometterebbe" un'eventuale futura consultazione riguardo a
determinanti aspetti di applicazione della votazione, senza tuttavia fornire
alcuna garanzia in merito: essa prevede del resto l'abrogazione dell'attuale 
art. 20 Cost./TI relativo alla fusione e divisione di Comuni e di riflesso
della vigente Legge sulle aggregazioni e separazioni dei Comuni del 16 dicembre
2003 (LAggr). Non vi sarebbe quindi più, com'era il caso anche nell'ambito
dell'altra iniziativa (DTF 142 I 216 consid. 8.3.1 pag. 228 seg.), alcuna base
legale per indire votazioni consultive preliminari sull'attuazione
dell'iniziativa, visto che non è prevista dal futuro art. 16bis Cost./TI. Si
aggiunge che la consultazione preliminare disposta dall'art. 5 della Carta non
deve avere luogo unicamente sul "come", ma anche sul "se" aggregare un
determinato Comune. 
 
Per concludere ha stabilito che, considerate le carenze dell'iniziativa,
l'unica soluzione prospettabile consisterebbe nella consultazione delle
comunità locali prima ch'essa venga posta in votazione, ciò che tuttavia
implicherebbe di adottare una base legale per procedervi. Considerati i costi e
la complessità di una simile procedura, peraltro non richiesta dagli
iniziativisti, e per evitare una disparità di trattamento rispetto
all'iniziativa "Avanti con le Città di Locarno e Bellinzona", è stato ritenuto
di non procedere in questo modo. 
 
4.2. I ricorrenti fanno valere una violazione del diritto d'iniziativa e
un'applicazione errata degli art. 4 cpv. 6 e 5 cpv. 1 della Carta. L'art. 4
cpv. 6 della Carta, relativo alla portata dell'autonomia locale, ha il seguente
tenore: "Le collettività locali dovranno essere consultate per quanto
possibile, in tempo utile ed in maniera opportuna nel corso dei processi di
programmazione e di decisione per tutte le questioni che le riguardano
direttamente." L'art. 5, concernente la tutela dei limiti territoriali delle
collettività locali, dispone che "per ogni modifica dei limiti territoriali, le
collettività locali interessate dovranno essere preliminarmente consultate,
eventualmente mediante referendum, qualora ciò sia consentito dalla legge."  
 
4.3. Al riguardo adducono che la Costituzione ticinese prevede la suddivisione
del Cantone in Distretti, lasciando alla legge la determinazione
dell'estensione e dei compiti loro attribuiti (art. 21 Cost./TI), per cui
dovrebbe essere possibile proporre una riduzione dei Comuni, lasciando alla
legge determinarne l'estensione.  
 
Questo rilievo è ininfluente. In effetti, i ricorrenti né sostengono né cercano
di dimostrare che la Carta si applicherebbe anche ai Distretti. Nella DTF 142 I
216 (consid. 7.4 pag. 225), il Tribunale federale ha infatti sottolineato che
nel relativo messaggio del 19 dicembre 2003 del Consiglio federale e nella
dichiarazione della Svizzera all'art. 12 cpv. 2 si precisa ch'essa, secondo il
suo art. 13, si applica ai Comuni politici, ciò che i ricorrenti non
contestano; la Carta non si applica del resto neppure ai comuni scolastici
(sentenza 2C_756/2015 del 3 aprile 2017 consid 1.3.7 non pubblicato in DTF 143
I 272). 
 
4.4. Essi aggiungono che tutti gli attuali Comuni diventerebbero poi Quartieri
(nuovo art. 16ter Cost./TI), per cui, in seguito, la loro popolazione avrebbe
un diritto a essere consultata su tutte le decisioni che avrebbero un impatto
rilevante sul territorio.  
 
Ora, la richiamata norma dispone soltanto che ogni Comune sarà suddiviso in
quartieri (cpv. 1) e che il quartiere è "un'entità territoriale, che tiene
conto in particolare dei confini storici dei Comuni prima delle aggregazioni"
(cpv. 2). Con questo accenno i ricorrenti non dimostrano affatto che
l'iniziativa rispetterebbe la Carta. La circostanza che il nuovo art. 16ter
Cost./TI presti una particolare attenzione allo statuto dei Quartieri, nei
quali sarebbero suddivisi i nuovi Comuni, e ne riorganizzerebbe le competenze,
non è decisivo riguardo all'art. 5 della Carta, che ne tutela l'integrità
territoriale, ritenuto che i nuovi Quartieri non avranno per nulla l'autonomia
degli attuali Comuni, la loro futura organizzazione interna essendo ininfluente
sotto questo profilo. 
 
4.5. Certo, i ricorrenti insistono sul fatto che il voto sull'iniziativa
oggetto della DTF 142 I 216 comportava l'aggregazione immediata dei Comuni dei
poli urbani del Sopraceneri, ciò che al loro dire rappresenterebbe un atto
amministrativo, mentre quella in esame costituirebbe un progetto di riordino
dell'intero Cantone, che non sarebbe di applicabilità diretta e pertanto
assimilabile a un atto legislativo, che non imporrebbe il rispetto del diritto
di essere sentito ai sensi dell'art. 29 cpv. 2 Cost., essendo sostituto dal
diritto di voto. Anche questa tesi è già stata rigettata nel quadro dell'esame
dell'iniziativa "Avanti con le nuove città di Locarno e Bellinzona". Neppure in
questo contesto i ricorrenti si confrontano con le relative considerazioni
esposte nella DTF 142 I 216 (consid. 6.4).  
 
Del resto, come illustrato in quella sentenza, anche la dottrina sottolinea
che, indipendentemente dalla scelta dell'atto d'aggregazione e della sua natura
giuridica, l'obbligo imposto dall'art. 5 della Carta di consultare previamente
le collettività locali dev'essere imperativamente rispettato e non può essere
semplicemente raggirato (consid. 7.7 pag. 227). 
 
5.  
 
5.1. I ricorrenti rilevano poi che l'iniziativa "Avanti con le nuove Città di
Locarno e Bellinzona" concerneva soltanto una parte del Cantone e che i
cittadini domiciliati in altri Comuni avrebbero quindi votato sull'aggregazione
dei poli urbani del Sopraceneri senza conoscerne l'opinione. Per converso,
quella in discussione intende riorganizzare l'intero territorio cantonale,
riducendo il numero dei comuni e indicando solo il nome di quelli nuovi,
delegandone l'estensione alla legge. Non vi sarebbe quindi una disparità di
trattamento, poiché a decidere sul principio della riorganizzazione globale di
tutti i Comuni sarebbero tutti gli aventi diritto di voto degli stessi, né la
votazione comporterebbe una loro aggregazione automatica, visto che la
definizione della loro estensione avverrà in seguito, in sede legislativa. I
cittadini non deciderebbero quindi su una fusione coatta di alcuni, ma di tutti
i Comuni, quindi "per sé stessi"; non sarebbero pertanto solo consultati, ma
potrebbero anche decidere. Insistono sul fatto che, contrariamente all'altra
iniziativa, in quella in discussione nella votazione verrebbero definiti
unicamente i nomi dei 15 nuovi Comuni, per cui si sarebbe in presenza di una
consultazione sul principio dell'aggregazione.  
La tesi, infondata, che l'iniziativa in discussione non comporterebbe
l'immediata aggregazione dei Comuni, ma necessiterebbe di un processo di
implementazione, non è comunque decisiva. Determinante è che nell'ipotesi di
una sua accettazione i Comuni attuali scomparirebbero, senza essere stati
preliminarmente consultati. Al riguardo i ricorrenti parrebbero misconoscere
che l'art. 5 della Carta si riferisce all'integrità territoriale dei Comuni e
pertanto a misure che minacciano direttamente, come l'iniziativa in esame, la
loro esistenza, ciò che impone una consultazione qualificata dei loro cittadini
prima dell'aggregazione: un'iniziativa volta ad attuare aggregazioni comunali
senza preliminarmente consultare la popolazione interessata viola il diritto
superiore (DTF 142 I 216 consid. 7.1 pag. 223; in questo senso anche RAMONA
PEDRETTI, Die Vereinbarkeit von kantonalen Volksinitiativen mit höherrangigem
Recht, in: ZBl 2017 pag. 299 segg., 319 seg., 323). Il voto espresso dalla
popolazione di tutti i Comuni nell'ambito della votazione sull'iniziativa in
esame non può quindi essere qualificato quale consultazione ai sensi della
Carta, poiché coinciderebbe con la decisione sulla loro dissoluzione, senza
prevedere, volutamente, una loro consultazione preventiva. L'elettorato
cantonale non può quindi esprimersi, in un secondo tempo e con cognizione di
causa, tenendo conto anche del precedente voto positivo o negativo dei singoli
Comuni sulla loro aggregazione (DTF 142 I 216 consid. 7.2 pag. 224, 7.6 pag.
227 e 8.1 e 82 pag. 228). 
 
5.2. Riguardo all'abrogazione o alla modifica della LAggr e all'assenza di una
base legale per procedere a votazioni preventive nei Comuni, i ricorrenti
aggiungono semplicemente, accennando al relativo messaggio, che già sulla base
della previgente Legge sulla fusione e separazione dei Comuni del 6 marzo 1945
sarebbero state organizzate votazioni consultive.  
 
Essi disattendono tuttavia che dette votazioni si fondavano per l'appunto sulle
citate leggi cantonali. Ora, come rettamente osservato dal Gran Consiglio,
l'accettazione dell'iniziativa litigiosa comporta l'abrogazione del vigente 
art. 20 Cost./TI, che costituisce la base legale della LAggr, la quale non
sarebbe pertanto più applicabile, nemmeno per analogia (DTF 142 I 216 consid.
8.3.1 pag. 228). Né, disattendendo il loro obbligo di motivazione (art. 42 LTF
), in tale ambito essi si confrontano con la tesi contraria ritenuta nella DTF
142 I 216 e posta a fondamento dell'impugnato decreto, secondo cui in assenza
di una base legale i Comuni e il Gran Consiglio non possono organizzare
votazioni consultive (consid. 8.3.2 e 8.3.3 pag. 229 seg.) Contrariamente al
loro generico assunto, l'iniziativa litigiosa non si differenzia poi
sostanzialmente, su questo punto, dall'altra oggetto del citato giudizio. 
 
5.3. Sempre con riferimento all'assenza di una base legale per poter consultare
preliminarmente le comunità locali, i ricorrenti rilevano semplicemente che la
maggioranza della Commissione ha ritenuto, tra l'altro, che la consultazione
preliminare, peraltro neppure richiesta dagli iniziativisti, sarebbe troppo
complessa e costosa.  
 
5.3.1. Essi non tentano di confutare questa conclusione, né la contestano
dimostrandone l'arbitrarietà. Si limitano ad addurre, in maniera del tutto
generica e infondata, che la consultazione avverrebbe nell'ambito del voto
sull'iniziativa, cui partecipano gli aventi diritto di voto di tutti i Comuni,
mentre quella sul "come" avverranno le aggregazioni avrebbe luogo nel contesto
della definizione dell'estensione dei nuovi Comuni. Accennano poi,
manifestamente a torto, che con questo argomento il Gran Consiglio avrebbe
implicitamente ritenuto che una consultazione preliminare sarebbe impossibile,
mentre esso ha soltanto rilevato che la procedura volta a istituire una base
legale per procedere alla necessaria consultazione preliminare sarebbe stata
complessa e costosa, tesi che essi non criticano. Anzi, condividendola
implicitamente, ritengono che proprio per questi motivi sussisterebbe un
interesse pubblico a non effettuarla prima del voto sul principio della
creazione dei nuovi 15 Comuni, ma semmai soltanto in seguito in relazione alla
legge di applicazione.  
 
5.3.2. Al loro dire, procedere diversamente, imponendo una votazione
preliminare, significherebbe rendere impossibile ogni iniziativa di
riorganizzare i Comuni del Cantone, violando in tal modo il diritto dei
cittadini di chiedere una modifica costituzionale in tal senso. La critica
chiaramente non regge. Sarebbe infatti sufficiente, allo scopo di decidere
sull'eventuale aggregazione e sulle relative modifiche territoriali, che
l'iniziativa prevedesse due consultazioni: una prima preliminare e di principio
nei Comuni toccati dalla proposta di aggregazione e una seconda quando tutti i
cittadini aventi diritto di voto e interessati dall'iniziativa sono informati
sull'esito della prima in ogni singolo ente locale.  
 
5.4. Decisivo è comunque il fatto che i ricorrenti parrebbero misconoscere che
in caso di un voto favorevole all'iniziativa in discussione gli attuali Comuni,
senza che i loro cittadini siano stati previamente consultati, sparirebbero.
Nell'ipotesi in cui da una votazione preliminare dovesse per contro risultare
che determinati Comuni si opporrebbero al prospettato riordino istituzionale,
gli aventi diritto di voto degli altri enti pubblici potrebbero tenerne conto e
pronunciarsi con cognizione di causa nel quadro della successiva votazione.  
 
6.  
 
6.1. Il Legislativo cantonale ha infine osservato che il requisito dell'unità
della forma, quello del rango, come pure quello dell'attuabilità sono
rispettati. Riguardo a quello dell'unità della materia ha invece ritenuto che
il nuovo art. 19bis Cost./TI, per il quale le condizioni di lavoro dei nuovi
dipendenti comunali e dei consorzi sono regolate da contratti collettivi di
lavoro di diritto pubblico, lo rispetta solo parzialmente. Sulla base di più
argomentazioni e in particolare che questo tema è già risolto dal nuovo art. 96
cpv. 3 Cost./TI, secondo cui questi dipendenti devono essere ricollocati a
parità di condizioni nei nuovi Comuni o nei Consorzi, ha concluso che l'unità
della materia potrebbe essere rispettata procedendo allo stralcio della
proposta norma.  
 
6.2. Rilevato che l'iniziativa viola il diritto superiore, il quesito non
dev'essere esaminato oltre. Ciò a maggior ragione poiché quando la decisione
impugnata, come in concreto, si fonda su diverse motivazioni indipendenti e di
per sé sufficienti per definire l'esito della causa, i ricorrenti sono tenuti,
pena l'inammissibilità, a dimostrare che ognuna di esse viola il diritto (DTF
142 III 364 consid.2.4 in fine pag. 368; 138 I 97 consid. 4.1.4 pag. 100). In
concreto essi non le contestano singolarmente.  
 
7.   
In quanto ammissibile, il ricorso dev'essere pertanto respinto. Le spese
seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF; DTF 133 I 141 consid. 4.1). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 1'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti. 
 
3.   
Comunicazione alla patrocinatrice dei ricorrrenti e al Consiglio di Stato del
Cantone Ticino, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio. 
 
 
Losanna, 17 aprile 2018 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Merkli 
 
Il Cancelliere: Crameri 

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