Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 5A.918/2015
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

[8frIR2ALAGK1]     
{T 0/2}
                   
5A_918/2015

Sentenza del 28 ottobre 2016

II Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Escher, Giudice presidente,
Marazzi, Herrmann,
Cancelliere Gadoni.

Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Max Bleuler,
ricorrente,

contro

B.________,
opponente,

Ufficio di esecuzione di Locarno,
via della Posta 9, 6601 Locarno.

Oggetto
precetto esecutivo, domicilio,

ricorso contro la sentenza emanata il 6 novembre 2015 dalla Camera di
esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale
autorità di vigilanza.

Fatti:

A. 
Con precetto esecutivo del 20 luglio 2015 dell'Ufficio di esecuzione di Locarno
(qui di seguito: UE), B.________ ha escusso A.________ per l'importo di fr.
4'000'000.-- oltre interessi del 5 % dall'8 agosto 2014. Il precetto esecutivo
indicava quale domicilio del creditore un indirizzo a X.________. L'escusso ha
formato opposizione il 24 luglio 2015.

B. 
Con ricorso dell'11 agosto 2015, A.________ ha chiesto, previo conferimento
dell'effetto sospensivo, di annullare con effetto ex tunc il precetto esecutivo
e di obbligare il creditore a versare una cauzione di fr. 100'000.-- a garanzia
di future tasse, spese di giustizia e ripetibili. Il 7 settembre 2015, il
ricorrente ha chiesto l'evasione del gravame, in particolare con riferimento
alla domanda di effetto sospensivo, che è stata respinta con decreto del 25
settembre 2015 del Presidente della Camera di esecuzione e fallimenti del
Tribunale d'appello, quale autorità di vigilanza. Il 7 ottobre 2015 il
ricorrente ha chiesto di annettere agli atti la pubblicazione nel Foglio
ufficiale del Cantone Ticino del 6 ottobre 2015 di tre precetti esecutivi fatti
spiccare da una banca nei confronti di B.________, in cui questi era indicato
come "irreperibile".

C. 
Con sentenza del 6 novembre 2015 l'autorità di vigilanza ha parzialmente
accolto in quanto ammissibile il ricorso, nel senso che era fatto ordine all'UE
di registrare B.________ nel suo sistema informatico come domiciliato presso la
propria sede. La Corte cantonale ha in sostanza ritenuto che l'errata
indicazione del domicilio del creditore a X.________ non comportava la nullità
del precetto esecutivo, essendo sufficiente correggere la registrazione.

D. 
A.________ impugna la sentenza dell'autorità di vigilanza con un ricorso in
materia civile e un ricorso sussidiario in materia costituzionale al Tribunale
federale, chiedendo che il precetto esecutivo sia annullato con effetto ex
tunc. Il ricorrente fa valere l'accertamento inesatto dei fatti e la violazione
del diritto cantonale e federale.
Non sono state chieste determinazioni.

Diritto:

1.

1.1. Il ricorso è stato interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 2 lett. a
LTF) dalla parte soccombente in sede cantonale (art. 76 cpv. 1 LTF) contro una
decisione finale (art. 90 LTF; DTF 135 I 187 consid. 1.2; 133 III 350 consid.
1.2) pronunciata dall'autorità cantonale di ultima (unica) istanza (art. 75
LTF) in materia di esecuzione e fallimento (art. 72 cpv. 2 lett. a LTF).
Trattandosi di una decisione dell'autorità cantonale di vigilanza in materia di
esecuzione e fallimento, il valore di causa è privo di rilievo (art. 74 cpv. 2
lett. c LTF; DTF 133 III 350 consid. 1.2). Nell'ottica dei criteri menzionati,
il gravame introdotto dal ricorrente è ammissibile quale ricorso in materia
civile. Il ricorso sussidiario in materia costituzionale è di conseguenza
inammissibile.

1.2. Nell'ambito di un ricorso al Tribunale federale non possono di principio
essere addotti fatti e mezzi di prova nuovi (cfr. art. 99 cpv. 1 LTF). In
particolare, questa Corte non può tenere conto di fatti o mezzi di prova
sopraggiunti dopo l'emanazione dell'atto impugnato, vale a dire veri nova (DTF
133 IV 342 consid. 2.1). I documenti prodotti dal ricorrente il 23 novembre
2015 e il 20 luglio 2016 sono successivi all'emanazione della sentenza
impugnata e non possono pertanto essere presi in considerazione.

1.3. Con il ricorso in materia civile può, tra l'altro, essere censurata la
violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF). Il Tribunale federale è
tenuto ad applicare d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF).
Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dall'art.
42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del
gravame, il Tribunale federale esamina di regola solo le censure sollevate (DTF
140 III 86 consid. 2; 137 III 580 consid. 1.3; 134 III 102 consid. 1.1).
Nell'atto di ricorso occorre pertanto spiegare in modo conciso, riferendosi
all'oggetto del litigio, in cosa consiste la violazione del diritto e su quali
punti il giudizio contestato viene impugnato (DTF 134 II 244 consid. 2.1). Le
esigenze di motivazione sono più rigorose quando è fatta valere la violazione
di diritti fondamentali. II Tribunale federale esamina queste censure solo se
la parte ricorrente le ha debitamente sollevate e motivate, come prescritto
dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Ciò significa che il ricorrente deve indicare in modo
chiaro e dettagliato con riferimento ai motivi della decisione impugnata in che
modo sarebbero stati violati i suoi diritti costituzionali (DTF 134 II 244
consid. 2.2).

1.4. Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico
sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1
LTF); può scostarsene o completarlo d'ufficio solo se è stato svolto in
violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente
inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella
sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre
che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante
sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità
cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario
(DTF 137 III 226 consid. 4.2; 133 II 249 consid. 1.2.2) - il ricorrente deve
motivare la censura conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF
(DTF 136 II 304 consid. 2.5).

2. 
Dinanzi alla precedente istanza il ricorrente ha rimproverato all'UE di avere
emesso un precetto esecutivo con l'errata menzione del domicilio del creditore
escutente a X.________. L'autorità di vigilanza ha fondato il proprio giudizio
sull'art. 67 cpv. 1 n. 1 LEF (in relazione con l'art. 69 cpv. 2 n. 1 LEF),
spiegando che il precetto esecutivo è nullo unicamente se l'inesattezza
riguarda un'indicazione essenziale e tale da trarre effettivamente in errore
l'escusso. Ha rilevato che la menzione del domicilio dell'escutente non è di
massima considerata come un elemento essenziale e che in concreto il ricorrente
non aveva manifestato dubbi sull'identità di B.________. Ha quindi respinto la
richiesta di dichiarare nullo il precetto esecutivo, accertando nondimeno che
l'indicazione del domicilio del creditore era errata ed imponendo all'UE di
registrare il creditore come domiciliato presso la propria sede.

3.

3.1. Il ricorrente non fa valere una violazione degli art. 67 segg. LEF.
Richiamando l'art. 20a cpv. 2 n. 2 LEF e l'art. 19 della legge ticinese sulla
procedura di ricorso in materia di esecuzione e fallimento, del 27 aprile 1992
(LPR), sostiene che i giudici cantonali non avrebbero accertato i fatti
d'ufficio, incorrendo di conseguenza in constatazioni inesatte. Espone una
serie di circostanze che, a suo dire, metterebbero in discussione l'identità
del creditore escutente.

3.2. Secondo l'art. 20a cpv. 2 n. 2 LEF, l'autorità di vigilanza constata i
fatti d'ufficio. Essa può chiedere la collaborazione delle parti e, se
rifiutano di prestare la collaborazione che da esse si può ragionevolmente
attendere, dichiararne irricevibili le conclusioni. Questa disposizione non
esime le parti dall'obbligo di collaborare all'accertamento dei fatti (DTF 140
III 175 consid. 4.3; 123 III 328 consid. 3), segnatamente quando una parte
adisce l'autorità di vigilanza nel suo proprio interesse o se si tratta di
circostanze da lei meglio conosciute e che toccano la sua situazione personale
(sentenza 5A_253/2015 del 9 giugno 2015 consid. 4.1). Rimproverando
genericamente alla Corte cantonale un mancato accertamento dei fatti d'ufficio,
il ricorrente disattende l'effettiva portata di questa disposizione.
Comunque, in concreto la Corte cantonale non ha omesso di eseguire determinati
accertamenti, ma ha constatato che il ricorrente non è stato tratto in errore
sull'identità del creditore, riguardo alla quale non ha manifestato dubbi. Gli
sarebbe quindi spettato confrontarsi con questo accertamento, spiegando, con
una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF, per quali
ragioni esso sarebbe in chiaro contrasto con gli atti e pertanto arbitrario.
Per motivare la violazione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.) non basta
infatti criticare semplicemente la decisione impugnata, contrapponendole una
versione propria. Occorre piuttosto dimostrare per quale motivo l'accertamento
dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, si
trovano in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondano su una svista
manifesta o contraddicono in modo urtante il sentimento della giustizia e
dell'equità (DTF 134 I 140 consid. 5.4; 132 III 209 consid. 2.1; 129 I 173
consid. 3.1, 8 consid. 2.1 e rinvii). Il ricorrente elenca una serie di
circostanze che a suo dire metterebbero in discussione l'identità del
creditore, in particolare il fatto che non sarebbe più rappresentato da un
patrocinatore in Svizzera, che le precedenti autorità cantonali sarebbero
incorse in incertezze riguardo alle indicazioni del domicilio e che l'importo
posto in esecuzione sarebbe inattendibile. Rinvia inoltre a un documento
dell'incarto cantonale che attesterebbe le difficoltà incontrate dal ricorrente
nel reperire il domicilio di B.________. Con queste argomentazioni, il
ricorrente si limita ad esporre in modo appellatorio la propria valutazione dei
fatti, ma non sostanzia l'arbitrio dell'accertamento relativo all'indubbia
identità della persona creditrice, che è quindi vincolante per il Tribunale
federale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF).
D'altra parte, contrariamente a quanto egli sembra ritenere, nel giudizio
impugnato l'autorità di vigilanza non ha stabilito che il creditore era
domiciliato all'estero, bensì che l'indicazione del domicilio di X.________ era
errata e che, ciononostante, il ricorrente non aveva nutrito dubbi sulla sua
identità. Pure diversamente da quanto sembra addurre in questa sede, egli
avrebbe inoltre potuto presentare eventuali allegazioni concernenti la pretesa
incertezza relativa alla persona del creditore già dinanzi all'autorità di
vigilanza, non potendogli certamente sfuggire la rilevanza potenziale di simili
obiezioni per la questione, litigiosa, della validità del precetto esecutivo
(cfr. DTF 120 III 11 consid. 1b).

4.

4.1. Richiamando gli art. 9 e 29 Cost., il ricorrente fa valere una denegata e
ritardata giustizia poiché l'UE avrebbe atteso più di un mese prima di
trasmettere il ricorso dell'11 agosto 2015 all'autorità di vigilanza
conformemente a quanto previsto dall'art. 10 cpv. 1 LPR. Rimprovera inoltre ai
giudici cantonali di avere statuito sulla causa soltanto il 6 novembre 2015,
vale a dire quasi due mesi dopo avere ricevuto il gravame da parte dell'UE.

4.2. Il richiamo dell'art. 9 Cost. non è pertinente in questo contesto, giacché
il diritto di essere giudicato entro un termine ragionevole è sancito dall'art.
29 cpv. 1 Cost. Secondo la giurisprudenza, l'esame della durata del
procedimento sotto il profilo di questa disposizione non è soggetta a regole
rigide, ma deve essere valutata in ogni singolo caso sulla base delle
circostanze concrete. L'obbligo di pronunciarsi entro una scadenza ragionevole
impone all'autorità competente di statuire entro un termine che risulti essere
giustificato dalla natura del litigio e dall'insieme delle circostanze del
caso. Devono in particolare essere considerati la portata e le difficoltà della
causa, il modo con il quale è stata trattata dall'autorità, l'interesse delle
parti e il loro comportamento nella procedura (DTF 135 I 265 consid. 4.4; 130
IV 54 consid. 3.3.3; 130 I 269 consid. 3.1, 312 consid. 5.1 e 5.2). Spetta
inoltre all'interessato agire affinché l'autorità si pronunci entro un termine
ragionevole, sia sollecitandola a proseguire la procedura sia, se del caso,
presentando un ricorso per ritardata giustizia (DTF 130 I 312 consid. 5.2 pag.
332). Quando l'autorità ha statuito, la parte in causa perde di principio
l'interesse giuridico a fare constatare un eventuale ritardo a decidere (cfr.
sentenza 4A_271/2015 del 29 settembre 2015 consid. 4, non pubblicato in DTF 142
I 93; sentenza 2C_1014/2013 del 22 agosto 2014 consid. 7.1, non pubblicato in
DTF 140 I 271).

4.3. Il ricorrente, che non dimostra un interesse a una simile constatazione,
si limita ad addurre che la fattispecie sarebbe stata semplice e che la
procedura esecutiva pendente gli avrebbe causato imprecisate difficoltà
professionali. Non sostanzia tuttavia specifici motivi che avrebbero imposto di
statuire con una particolare urgenza, a maggior ragione ove si consideri che il
periodo di poco meno di tre mesi intercorso tra l'introduzione del ricorso e
l'emanazione del giudizio finale dell'autorità di vigilanza, non appare
d'acchito eccessivo. Il ricorrente non sostiene nemmeno di avere sollecitato
l'evasione del gravame o di avere adito le istanze superiori con un ricorso per
ritardata o denegata giustizia (cfr. art. 17 cpv. 3 LEF, art. 8 cpv. 4 LPR,
art. 94 LTF). In tali circostanze, non può essere oggettivamente rimproverato
all'autorità di vigilanza di avere disatteso il principio di celerità. Nella
misura in cui è ammissibile, la censura è pertanto infondata.

5.

5.1. Il ricorrente lamenta una disparità di trattamento sostenendo di non
potere avviare a sua volta una procedura esecutiva contro l'opponente, siccome
non avrebbe domicilio né all'estero né in Svizzera e non disporrebbe di un
rappresentante legale.

5.2. Il principio della parità di trattamento, disciplinato dall'art. 29 cpv. 1
Cost., impone di trattare in modo identico ciò che è simile e in modo diverso
ciò che non lo è (cfr. DTF 130 I 65 consid. 3.6 e rinvii). Il ricorrente non
spiega in che misura la sua posizione sarebbe simile a quella del creditore
escutente e sarebbe stata trattata in modo diverso senza motivi oggettivi da
parte della stessa autorità. Non fa quindi valere una violazione dell'invocato
diritto costituzionale con una motivazione conforme alle rigorose esigenze
poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Peraltro, l'asserita impossibilità di procedere
in via esecutiva contro l'opponente concerne la specifica situazione di
quest'ultimo e riguarda innanzitutto l'applicazione del diritto esecutivo, non
la garanzia della parità di trattamento.

6. 
Il ricorso è infine parimenti inammissibile, laddove il ricorrente invoca la
violazione del principio della buona fede da parte del creditore escutente
(art. 2 cpv. 1 CC) e accenna a un giudizio "ex aequo et bono". Egli non
sostanzia infatti nemmeno a grandi linee queste censure, che disattendono
quindi le esigenze di motivazione dell'art. 42 cpv. 2 LTF.

7. 
Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella ridotta misura della sua
ammissibilità. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono pertanto
poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF).

 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2. 
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico del ricorrente.

3. 
Comunicazione ai partecipanti al procedimento e alla Camera di esecuzione e
fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di
vigilanza.

Losanna, 28 ottobre 2016

In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero

La Giudice presidente: Escher

Il Cancelliere: Gadoni

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