Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 5A.271/2015
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

[8frIR2ALAGK1]     
{T 0/2}
                   
5A_271/2015

Sentenza del 19 agosto 2016

II Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali von Werdt, Presidente,
Escher, Marazzi,
Cancelliera Antonini.

Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. dott. Tuto Rossi,
ricorrente,

contro

Ufficio di esecuzione e fallimenti di Locarno, via della Posta 9, 6601 Locarno,

B.________.

Oggetto
liquidazione in via di fallimento di un'eredità giacente,

ricorso contro la sentenza emanata il 23 marzo 2015 dalla Camera di esecuzione
e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di
vigilanza.

Fatti:

A.

A.a. La procedura di liquidazione in via di fallimento dell'eredità giacente fu
C.________ è stata sospesa per mancanza di attivi con decreto 4 dicembre 2002.
Nessun creditore ha anticipato le spese per continuare la procedura in via
sommaria (art. 230 cpv. 2 LEF) e nessun erede si è annunciato nel termine
fissato dall'Ufficio di esecuzione e fallimenti di Locarno (di seguito: UEF)
per chiedere la cessione degli attivi appartenenti alla successione giusta
l'art. 230a cpv. 1 LEF (termine impartito mediante pubblicazione dell'11 luglio
2003 e scadente in data 31 luglio 2003).

A.b. Il 6 ottobre 2014 B.________ ha chiesto all'UEF la cessione degli attivi
dell'eredità giacente. Con scritto 17 ottobre 2014 anche A.________ - detentore
di un quadro (attribuito a Egon Schiele) che gli era stato dato in pegno da
D.________ a garanzia di un prestito di fr. 100'000.-- e che quest'ultimo aveva
sottratto alla defunta C.________ - ha chiesto la cessione dei medesimi attivi,
sostenendo di essere sia creditore dell'eredità giacente sia terzo interessato
ai sensi dell'art. 230a cpv. 1 LEF.
Con scritto 31 ottobre 2014 l'UEF ha respinto la richiesta di cessione di
B.________ e ha invitato A.________ a far valere il suo diritto alla
realizzazione del dipinto entro 30 giorni. Il 3 dicembre 2014 A.________ ha di
nuovo chiesto la cessione degli attivi successori e, in via subordinata, ha
postulato la realizzazione del pegno. Con provvedimento 17 dicembre 2014 l'UEF
ha respinto la richiesta di cessione di A.________, ma ha accolto la sua
domanda di realizzazione del dipinto.

B. 
Con sentenza 23 marzo 2015 la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza, ha respinto il
ricorso presentato da A.________ contro il provvedimento dell'UEF del 17
dicembre 2014.

C. 
Con atto ricorsuale 3 aprile 2015 A.________ ha impugnato la sentenza
dell'autorità di vigilanza dinanzi al Tribunale federale, chiedendo che all'UEF
sia fatto ordine di stipulare in suo favore un contratto di cessione degli
attivi appartenenti all'eredità giacente. Con decreto 11 maggio 2015 al rimedio
è stato conferito il postulato effetto sospensivo.
Non sono state chieste determinazioni nel merito.

Diritto:

1.

1.1. Il ricorso è stato interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 2 lett. a
LTF) dalla parte soccombente in sede cantonale (art. 76 cpv. 1 LTF) contro una
decisione finale (art. 90 LTF; DTF 133 III 350 consid. 1.2) pronunciata
dall'autorità cantonale di ultima (unica) istanza (art. 75 LTF) in materia di
esecuzione e fallimento (art. 72 cpv. 2 lett. a LTF). Trattandosi di una
decisione dell'autorità cantonale di vigilanza in materia di esecuzione e
fallimento, il valore di causa è privo di rilievo (art. 74 cpv. 2 lett. c LTF;
DTF 133 III 350 consid. 1.2). Nell'ottica dei criteri menzionati, il gravame
introdotto dal ricorrente è ammissibile quale ricorso in materia civile.

1.2. Con tale rimedio può, tra l'altro, essere censurata la violazione del
diritto federale (art. 95 lett. a LTF). Il Tribunale federale è tenuto ad
applicare d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, in
ragione dell'onere di allegazione e motivazione posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2
LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame, il
Tribunale federale esamina di regola solo le censure sollevate (DTF 140 III 86
consid. 2; 137 III 580 consid. 1.3; 134 III 102 consid. 1.1). Nell'atto di
ricorso occorre pertanto spiegare in modo conciso, confrontandosi con i
considerandi della sentenza impugnata, perché l'atto impugnato viola il diritto
(DTF 134 II 244 consid. 2.1). Le esigenze di motivazione sono più rigorose
quando è fatta valere la violazione di diritti fondamentali. II Tribunale
federale esamina queste censure solo se la parte ricorrente le ha debitamente
sollevate e motivate, come prescritto dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Ciò significa
che il ricorrente deve indicare in modo chiaro e dettagliato con riferimento ai
motivi della decisione impugnata in che modo sarebbero stati violati i suoi
diritti costituzionali (DTF 134 II 244 consid. 2.2).
In linea di massima il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico
sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1
LTF). Può scostarsene o completarlo soltanto se è stato effettuato in modo
manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF
(art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza
impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che
l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante
sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità
cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario
(DTF 137 III 268 consid. 1.2 con rinvio; 136 II 304 consid. 2.4 con rinvio) -
il ricorrente deve motivare la censura conformemente alle esigenze poste
dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 136 II 304 consid. 2.5).

2.
Se la liquidazione in via di fallimento di un'eredità alla quale tutti gli
eredi hanno rinunciato viene sospesa per mancanza di attivi, gli eredi possono
esigere che gli attivi appartenenti all'eredità siano ceduti a loro favore o ad
alcuni di essi, purché i richiedenti si dichiarino personalmente responsabili
per il pagamento dei crediti garantiti da pegno e delle spese di liquidazione
non coperte dalla massa. Se nessun erede se ne avvale, questo diritto può
essere esercitato dai creditori o, in caso di loro inattività, da terzi
interessati (art. 230a cpv. 1 LEF). Se la massa di una persona giuridica in
fallimento comprende valori gravati da diritti di pegno e la procedura di
fallimento è stata sospesa per mancanza di attivi, ogni creditore pignoratizio
può nondimeno pretendere dall'ufficio dei fallimenti la realizzazione del
proprio pegno. L'ufficio impartisce un termine (art. 230a cpv. 2 LEF). In
mancanza di una cessione ai sensi del capoverso 1 e se nessun creditore domanda
la realizzazione del proprio pegno entro il termine stabilito dall'ufficio, gli
attivi, previo prelevamento delle spese, sono devoluti allo Stato con gli oneri
che li gravano ma senza le obbligazioni personali, sempreché l'autorità
cantonale competente non rifiuti la devoluzione (art. 230a cpv. 3 LEF). Se
l'autorità cantonale competente rifiuta la devoluzione, l'ufficio dei
fallimenti procede alla realizzazione degli attivi (art. 230a cpv. 4 LEF).

2.1. Il ricorrente considera che l'autorità di vigilanza sia incorsa in una
violazione del diritto federale per aver stabilito che egli non può ottenere la
cessione degli attivi appartenenti all'eredità giacente giusta l'art. 230a cpv.
1 LEF.

2.1.1. Secondo i Giudici cantonali, il ricorrente è creditore del ladro del
quadro, ma non della defunta, contro la quale poteva tutt'al più far valere il
diritto di pegno. Egli non può nemmeno ritenersi un terzo interessato, poiché
non ha dimostrato alcun interesse legittimo alla cessione degli attivi
successori diverso dal semplice interesse di un terzo qualunque che intende
acquisire i beni all'asta o a trattative private (v. art. 230a cpv. 4 LEF) :
egli ha fatto soltanto valere il suo diritto di pegno, diritto che la legge
tuttavia già tutela, prevedendo che i richiedenti la cessione dei beni debbano
dichiararsi personalmente responsabili per il pagamento dei crediti garantiti
da pegno (art. 230a cpv. 1 LEF) e che, in mancanza di una cessione, lo Stato
debba riprendere i beni con gli oneri che li gravano se accetta la devoluzione
a suo favore (art. 230a cpv. 3 LEF).

Per l'autorità di vigilanza, poi, la richiesta di cessione del ricorrente del
17 ottobre 2014 risulta in ogni modo tardiva, poiché egli non si è manifestato
entro un termine ragionevole dopo che, nella pubblicazione dell'11 luglio 2003,
si menzionava già la facoltà per creditori e terzi interessati di esercitare il
diritto alla cessione nel caso in cui nessun erede se ne fosse prevalso nel
termine impartito. Anche se, in futuro, il termine assegnato agli eredi
andrebbe esplicitamente impartito, nella stessa pubblicazione, anche a
creditori e a terzi interessati, in concreto era comunque chiaro a questi
ultimi che avrebbero potuto chiedere la cessione se gli eredi non avessero
fatto uso di tale facoltà.

2.1.2. Il ricorrente sostiene che la sua domanda di cessione dovrebbe invece
essere ritenuta tempestiva. Il termine impartito mediante pubblicazione era
infatti unicamente rivolto agli eredi. Inoltre, con i suoi scritti 31 ottobre
2014 e 17 dicembre 2014 l'UEF si sarebbe vincolato " verso il cittadino
conformemente agli obblighi costituzionali che sgorgano dagli art. 5 e 9 Cost.
".
Il ricorrente ritiene anche che la sua richiesta di cessione dovrebbe essere
accolta: nella sua qualità di creditore pignoratizio egli sarebbe sia "
creditore propter rem" verso il terzo proprietario del pegno (e quindi verso la
successione) sia terzo interessato ai sensi dell'art. 230 a cpv. 1 LEF.

2.1.3. Quando, come in concreto, la sentenza impugnata si fonda su due
motivazioni indipendenti, alternative o sussidiarie, il ricorrente deve
confrontarsi con entrambe, sotto pena di inammissibilità del ricorso, e
l'impugnativa può unicamente essere accolta se le critiche volte contro tutte e
due le motivazioni si rivelano fondate (DTF 138 III 728 consid. 3.4 con rinvio;
138 I 97 consid. 4.1.4 con rinvii).

2.1.3.1. Contro la motivazione dell'autorità di vigilanza fondata sulla
tardività della richiesta di cessione, il ricorrente rileva innanzitutto che il
termine per introdurre tale domanda era stato impartito soltanto agli eredi.
Questo argomento è tuttavia del tutto privo di un confronto con il relativo
considerando dell'autorità inferiore (v. supra consid. 2.1.1) ed è comunque
insufficiente ad avvalorare la tesi della tempestività: il ricorrente non
spende una parola per spiegare perché la mancata esplicita assegnazione di un
termine a creditori e a terzi interessati dovrebbe significare che egli poteva
introdurre la sua richiesta di cessione indefinitamente (in concreto ben dodici
anni dopo la sospensione della procedura di liquidazione in via di fallimento
dell'eredità giacente).

Quanto alla fiducia che il ricorrente dice di aver riposto nelle "tante
assicurazioni di tempestività proferite dall'autorità di prima istanza verso
l'amministrato", va sottolineato che, con la sua generica argomentazione, egli
nemmeno fa valere l'adempimento di tutte le condizioni cumulative previste
dalla giurisprudenza per ammettere una violazione del principio della buona
fede (DTF 137 I 69 consid. 2.5.1 con rinvii). In ogni modo, non risulta che
l'UEF gli abbia rilasciato concrete garanzie riguardo alla tempestività della
richiesta di cessione: in effetti, contrariamente a quanto il ricorrente
sostiene, una simile assicurazione non è contenuta nel provvedimento del 31
ottobre 2014, né tantomeno può essere dedotta da quello del 17 dicembre 2014
con il quale il predetto ufficio si è limitato a constatare che il termine da
esso impartito il 31 ottobre 2014 al ricorrente per chiedere la realizzazione
del pegno era stato osservato.

Nella ridotta misura in cui è ammissibile, la censura è infondata.

2.1.3.2. Dato che la motivazione basata sulla mancata tempestività della
richiesta di cessione degli attivi appartenenti all'eredità giacente resiste
alla critica ricorsuale, non occorre esaminare anche la censura rivolta contro
l'altra motivazione, indipendente ed alternativa, dell'autorità inferiore,
fondata sull'assenza di legittimazione del ricorrente a domandare tale
cessione.

2.2. Il ricorrente considera che l'autorità di vigilanza sia incorsa in una
violazione del diritto federale anche per aver stabilito che gli attivi
ereditari vanno devoluti allo Stato conformemente all'art. 230a cpv. 3 LEF.

2.2.1. Secondo i Giudici cantonali, infatti, l'UEF non doveva impartire alcun
termine al ricorrente per domandare la realizzazione del proprio pegno, poiché
tale facoltà non esiste per le eredità giacenti, ma soltanto in caso di
fallimento di una persona giuridica la cui massa fallimentare comprenda valori
gravati da pegno (v. art. 230a cpv. 2 LEF; sentenza 7B.51/2000 del 22 marzo
2000 consid. 2). Per l'autorità di vigilanza, pertanto, in concreto nulla osta
alla devoluzione dei beni dell'eredità giacente allo Stato, sempreché non la
rifiuti (art. 230a cpv. 3 LEF).

2.2.2. Il ricorrente considera che la sua facoltà di chiedere la realizzazione
del proprio pegno derivi direttamente dall'art. 230a cpv. 3 LEF. Atteso che
egli ha fatto uso di tale possibilità, gli attivi ereditari non possono essere
devoluti allo Stato.

2.2.3. La censura non può essere accolta già per il fatto che è priva di
qualsiasi conclusione (v. art. 42 cpv. 1 LTF). Nelle sue proposte di giudizio
al Tribunale federale, il ricorrente si è in effetti limitato a chiedere di
fare ordine all'UEF di stipulare in suo favore un contratto di cessione degli
attivi appartenenti all'eredità giacente. La finalità della censura non può
nemmeno essere dedotta dalla motivazione del ricorso (DTF 137 II 313 consid.
1.3; 135 I 119 consid. 4), poiché da quest'ultima non emerge che il ricorrente
voglia ottenere qualcosa che non sia la cessione: egli stesso ammette infatti
che dinanzi all'UEF la richiesta di realizzazione del pegno era stata
presentata "in via soltanto subordinata e per scrupolo di mandato".

3. 
Da quanto precede discende che il ricorso va respinto nella misura in cui è
ammissibile. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).
Non si assegnano ripetibili.

 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2. 
Le spese giudiziarie di fr. 2'500.-- sono poste a carico del ricorrente.

3. 
Comunicazione ai partecipanti al procedimento e alla Camera di esecuzione e
fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di
vigilanza.

Losanna, 19 agosto 2016

In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero

Il Presidente: von Werdt

La Cancelliera: Antonini

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