Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 4A.587/2015
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

[8frIR2ALAGK1]     
{T 0/2}
                   
4A_587/2015

Sentenza del 15 febbraio 2017

I Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Kiss, Presidente,
Klett, May Canellas,
Cancelliere Piatti.

Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Raffaella Martinelli Peter,
ricorrente,

contro

Ente Ospedaliero Cantonale,
patrocinato dall'avv. prof. dott. Davide Cerutti,
opponente.

Oggetto
arbitrato interno; licenziamento,

ricorso contro il lodo finale emanato il 22 settembre 2015 dalla Commissione
speciale di ricorso in materia di controversie derivanti dall'applicazione del
ROC/EOC.

Fatti:

A. 
L'Ente Ospedaliero Cantonale (EOC), firmatario di un contratto collettivo di
lavoro (CCL) denominato " Regolamento organico per il personale occupato presso
gli Istituti  dell'EOC  del Cantone Ticino " (ROC/EOC), ha assunto alla fine
del 2009 A.________ quale " addetto di produzione sterilizzazione ". Con
lettere del dicembre 2011 e dell'aprile 2013 il direttore dei servizi centrali
ha accordato al dipendente, nel frattempo designato coordinatore di turni nella
sterilizzazione, riconoscimenti per l'impegno dimostrato. Nel maggio 2013, dopo
aver aperto un'inchiesta ai sensi del ROC/EOC per " commenti inopportuni
riguardanti il posto di lavoro, pubblicati su Facebook e condivisi con i
collaboratori diretti ", la direzione dei servizi centrali ha invece
formalmente ammonito A.________ nel senso dell'art. 19 ROC/EOC e gli ha tolto
l'incarico di coordinatore di turni.
Il 24 ottobre 2014 il datore di lavoro ha aperto una nuova inchiesta contro
A.________, rimproverandogli di aver esternato minacce contro la direzione e i
capiturno ed istigato colleghi ad attuare comportamenti provocatori e nocivi
all'ambiente di lavoro, come ad esempio l'invio di lettere anonime. Dopo averlo
sentito, la direzione ha interrotto con lettera del 26 novembre 2014 il
rapporto di lavoro a partire dal 1° marzo 2015. A.________ ha invano contestato
tale decisione alla Commissione paritetica cantonale degli Istituti dell'EOC.

B. 
Con lodo 22 settembre 2015 la Commissione speciale di ricorso in materia di
controversie derivanti dall'applicazione del ROC/EOC ha respinto sia la
richiesta di sospendere la procedura sia il rimedio di diritto con cui il
dipendente aveva chiesto, in via principale, di annullare il licenziamento e,
in via subordinata, di dichiararlo ingiustificato e di condannare il datore di
lavoro a versargli cinque salari mensili a titolo d'indennità. Essa ha
rifiutato di sospendere la procedura arbitrale in attesa della definizione dei
procedimenti penali sorti in seguito alle denunce presentate a titolo personale
dal direttore per lesione dell'onore, perché ha reputato che la prima segue una
propria via non influenzata dalle seconde. Nel merito ha ritenuto che dalle
prove agli atti risulta che il lavoratore ha gravemente violato i suoi obblighi
di servizio e che quindi, in ragione della definitiva rottura del rapporto di
fiducia, il licenziamento risultava legittimo.

C. 
Con ricorso in materia civile del 26 ottobre 2015 A.________ postula
l'annullamento del lodo, invocando una violazione del diritto di essere sentito
e del divieto dell'arbitrio (art. 393 lett. d ed e CPC). Lamenta
l'impossibilità d'interrogare due persone che hanno reso dichiarazioni
figuranti nei documenti agli atti e ritiene il lodo arbitrario perché la
Commissione speciale di ricorso non ha sospeso la procedura in attesa
dell'esito delle procedure penali.
Con osservazioni 27 novembre 2015 il Tribunale arbitrale propone la conferma
del lodo e con risposta 2 dicembre 2015 l'EOC postula la reiezione del ricorso.

Diritto:

1. 
Il tempestivo ricorso in materia civile, diretto contro un lodo finale emanato
dal tribunale arbitrale previsto dal contratto collettivo di lavoro applicabile
ai medici e al personale dell'EOC (sentenza 4A_292/2013 del 27 gennaio 2014
consid. 1.2, in RtiD 2014 II 740), è in linea di principio ammissibile.

2. 
Giusta l'art. 77 cpv. 1 LTF le decisioni emanate nella giurisdizione arbitrale
nazionale sono suscettive di un ricorso in materia civile alle condizioni di
cui agli art. 389-395 del CPC.

La procedura di ricorso in materia di arbitrati interni è retta dalla LTF,
fatte salve le disposizioni contrarie del primo capitolo del settimo titolo
della terza parte del CPC (art. 389 cpv. 2 CPC). L'art. 77 cpv. 2 LTF dichiara
inapplicabili diverse disposizioni di questa legge e in particolare gli
articoli da 95 a 98 relativi ai motivi di ricorso e l'art. 105 cpv. 2 che
permette - a determinate condizioni - di rettificare o completare
l'accertamento dei fatti dell'autorità inferiore.
Via di ricorso straordinaria e di natura essenzialmente cassatoria (art. 77
cpv. 2 LTF che esclude l'applicazione dell'art. 107 cpv. 2 LTF per quanto
quest'ultimo consente al Tribunale federale di giudicare esso stesso nel
merito), il ricorso in materia civile diretto contro una decisione della
giurisdizione arbitrale nazionale è unicamente ammissibile per i motivi di
ricorso elencati nell'art. 393 CPC. È pertanto escluso prevalersi di una
violazione del diritto federale nel senso dell'art. 95 lett. a LTF.
Il Tribunale federale esamina soltanto le censure che il ricorrente propone e
motiva (art. 77 cpv. 3 LTF). Questa norma corrisponde a quanto previsto
dall'art. 106 cpv. 2 LTF per le censure attinenti alla violazione di diritti
fondamentali o di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale. Alla
stregua di tale disposto essa istituisce il principio dell'allegazione
(Rügeprinzip) ed esclude quindi l'ammissibilità di critiche appellatorie
(sentenza 4A_355/2016 del 5 agosto 2016 consid. 2.1).

3. 

3.1. L'art. 393 lett. d CPC precisa che un lodo pronunciato in un arbitrato
interno può essere impugnato se è stato violato il principio della parità di
trattamento delle parti o il loro diritto di essere sentite. Questo motivo di
ricorso deriva dalle regole sull'arbitrato internazionale (art. 190 cpv. 2
lett. d LDIP), ragione per cui la giurisprudenza sviluppata in tale ambito è
pure applicabile agli arbitrati interni. Il diritto di essere sentito in
procedura contraddittoria ha quindi essenzialmente il medesimo contenuto del
diritto costituzionale garantito dall'art. 29 cpv. 2 Cost. La giurisprudenza ne
ha dedotto che ogni parte ha il diritto di esprimersi sui fatti essenziali per
il giudizio, di presentare la sua argomentazione giuridica, di proporre i suoi
mezzi di prova sui fatti pertinenti e di partecipare alle udienze del tribunale
arbitrale (DTF 142 III 284 consid. 4.1, con rinvii). Il diritto di far
amministrare prove presuppone che esso sia stato esercitato tempestivamente e
secondo le regole della procedura applicabile. Il tribunale arbitrale può
rifiutarsi di assumere una prova, senza violare il diritto di essere sentito,
se ritiene il mezzo di prova non idoneo a dimostrare i fatti rilevanti o perché
reputa, sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove, che un'ulteriore
istruttoria non modificherebbe il suo convincimento fondato sulle prove già
amministrate (DTF 142 III 360 consid. 4.1.1).

3.2. Giusta l'art. 393 lett. e CPC, norma che riprende il motivo di ricorso già
previsto dall'abrogato art. 36 lett. f del Concordato sull'arbitrato del 27
marzo 1969 (CA), la sentenza emanata in un arbitrato interno può essere
impugnata se è arbitraria nel suo esito perché si fonda su accertamenti di
fatto palesemente in contrasto con gli atti o su una manifesta violazione del
diritto o dell'equità. La nozione di arbitrio di questa norma corrisponde
sostanzialmente a quella sviluppata dalla giurisprudenza con riferimento
all'art. 9 Cost. (sentenza 5A_978/2015 del 17 febbraio 2016 consid. 3; DTF 131
I 45 consid. 3.4). Una decisione non è pertanto arbitraria per il solo motivo
che un'altra soluzione sarebbe sostenibile o addirittura preferibile, ma il
giudizio attaccato dev'essere, anche nel suo risultato, manifestamente
insostenibile, in aperto contrasto con la situazione effettiva, fondato su una
svista manifesta oppure in urto palese con il sentimento di giustizia ed equità
(DTF 141 III 564 consid. 4.1, con rinvii).
Un accertamento di fatto è unicamente arbitrario nel caso in cui il tribunale
arbitrale, in seguito a un'inavvertenza, si è posto in contraddizione con gli
atti dell'incartamento, sia perdendo di vista certi passaggi di un determinato
atto o attribuendo loro un contenuto diverso da quello che hanno realmente, sia
ammettendo per errore che un fatto è dimostrato da un atto, quando questo in
realtà non dà invece alcun ragguaglio in materia. L'oggetto della censura di
arbitrio è quindi ridotto e non concerne l'apprezzamento delle prove e le
conclusioni derivatene, ma riguarda unicamente le constatazioni di fatto
manifestamente confutate da atti dell'incartamento. In materia di arbitrato il
modo in cui il tribunale arbitrale ha esercitato il proprio potere di
apprezzamento non può essere oggetto di ricorso: la censura di arbitrio è
limitata agli accertamenti che non dipendono da una valutazione e cioè a quelli
che sono inconciliabili con gli atti della causa (DTF 131 I 45 consid. 3.6 e
3.7 ancora confermati nella sentenza 4A_156/2016 del 23 agosto 2016 consid.
3.1).
L'arbitrio vietato dalla norma in discussione può anche realizzarsi con una
manifesta violazione del diritto. Per diritto si intende unicamente il diritto
materiale, ad esclusione del diritto di procedura. Rimangono tuttavia
riservati, in analogia alla giurisprudenza sviluppata in applicazione dell'art.
190 cpv. 2 lett. e LDIP, gli errori procedurali che violano l'ordine pubblico
procedurale (sentenza 4A_599/2014 del 1° aprile 2015 consid. 3.1, in SJ 2015 I
405; 4A_511/2013 del 27 febbraio 2014 consid. 2.3.2).
Infine, la violazione manifesta dell'equità, pure sanzionata da questa norma,
presuppone che il tribunale sia stato autorizzato a statuire in equità o che
applichi norme che rinviano all'equità (sentenza 4A_599/2014 del 1° aprile 2015
consid. 3.1, in SJ 2015 I 405).

4. 
Il ricorrente invoca l'art. 393 lett. e CPC e sostiene che il Collegio
arbitrale sarebbe caduto nell'arbitrio respingendo la richiesta di sospendere
la procedura in attesa della definizione dei procedimenti penali avviati dal
direttore dei servizi centrali e da una dipendente, perché le risultanze di
queste procedure sarebbero " determinanti per stabilire i fatti sui quali si
basa la decisione di licenziamento ", atteso che le motivazioni addotte dal
datore di lavoro non sarebbero sufficienti a comprovare l'accusa di aver
inviato lettere anonime.
Con tale argomentazione il ricorrente misconosce il - ristretto - campo di
applicazione della norma invocata (sopra, consid. 3.2). Questa non permette
infatti di criticare l'accertamento dei fatti, rispettivamente l'apprezzamento
delle prove né di prevalersi di una in concreto nemmeno specificata violazione
del diritto procedurale. La censura si rivela pertanto di primo acchito
inammissibile.

5.

5.1. A mente del ricorrente il lodo viola anche l'art. 393 lett. d CPC, perché
il tribunale arbitrale ha respinto la richiesta di sentire in qualità di
testimoni le autrici di due scritti prodotti dall'opponente. Afferma che una
dichiarazione testimoniale scritta non è un mezzo di prova contemplato dal CPC,
che il contraddittorio è espressamente previsto dall'art. 373 cpv. 4 CPC e che
l'unico modo di verificare le dichiarazioni scritte dell'opponente è costituito
dall'interrogatorio in presenza delle parti delle persone che hanno scritto le
dichiarazioni agli atti. Il rifiuto di sentire le due testimoni sarebbe pure in
contrasto con l'art. 75 ROC/EOC che prevede che gli arbitri accertino i fatti
d'ufficio.

5.2. Il Tribunale arbitrale, dopo aver indicato che secondo il convenuto il
lavoratore avrebbe redatto le lettere anonime agli atti, ha considerato che
dagli scritti di due dipendenti al direttore del settembre 2014 risulta che
l'attore " sobillando colleghi e colleghe contro la capoturno e anche contro il
direttore, aveva creato un clima di sospetti, di malintesi, di cattivi rapporti
interpersonali e di disagi ". Esso aggiunge che nella dichiarazione rilasciata
nell'ottobre 2014 davanti al direttore dei servizi centrali e al responsabile
delle risorse umane una delle predette dipendenti ha confermato il malessere
provocato dall'attore. Il Tribunale arbitrale ha quindi ritenuto che l'incarto
e la discussione svoltasi innanzi alla commissione paritetica contengano
sufficienti elementi per decidere la vertenza senza che sia necessario assumere
testimoni, perché " il grave disagio creato nell'ambiente di lavoro è
sufficientemente documentato ed eventuali ulteriori dichiarazioni riguardanti
l'ambiente di lavoro non toglierebbero valore alle conclusioni prese ".

5.3. In concreto l'argomentazione ricorsuale misconosce che la facoltà,
sgorgante dal diritto di essere sentito, di ottenere l'assunzione di prove non
è illimitata e che il Tribunale arbitrale ha rifiutato le richieste audizioni
testimoniali perché ha proceduto ad un apprezzamento anticipato delle prove,
ritenendo che esse non avrebbero modificato il convincimento a cui è giunto
sulla base delle prove già acquisite. Ora l'apprezzamento anticipato di una
prova permette a un tribunale arbitrale di non assumerla, senza violare il
diritto di essere sentito della parte che l'ha offerta (sopra, consid. 3.1).
Giova inoltre rilevare che né l'apprezzamento anticipato delle prove - come la
valutazione delle prove in generale - né un obbligo di accertare d'ufficio i
fatti rientrano nel campo di applicazione della norma invocata dal ricorrente
(sentenza 4A_599/2014 del 1° aprile 2015 consid. 5.1). Senza pertinenza si
rivela poi il richiamo all'art. 373 cpv. 4 CPC, atteso che il ricorrente non
indica alcuna prova su cui non avrebbe potuto esprimersi. Ne segue che la
censura si rivela infondata.

6. 
Da quanto precede discende che il ricorso, nella misura in cui è ammissibile,
si appalesa infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie e le
ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 1 LTF).

 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2. 
Le spese giudiziarie di fr. 600.-- sono poste a carico del ricorrente, che
rifonderà all'opponente fr. 1'000.-- a titolo di ripetibili per la procedura
innanzi al Tribunale federale.

3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla Commissione speciale di
ricorso.

Losanna, 15 febbraio 2017

In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero

La Presidente: Kiss

Il Cancelliere: Piatti

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