Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.949/2014
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

[8frIR2ALAGK1]     
6B_949/2014        

Sentenza del 6 marzo 2017

Corte di diritto penale

Composizione
Giudici federali Denys, Presidente,
Eusebio, Rüedi,
Cancelliera Ortolano Ribordy.

Partecipanti al procedimento
A.A.________,
patrocinato dall'avv. Daniele Timbal,
ricorrente,

contro

1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio
16, 6901 Lugano,
2. aa.________Ltd,
patrocinata dall'avv. Georg Zondler,
3. G.________,
4. Cliente 01,
5. H.________,
entrambi patrocinati dall'avv. dott. Elio Brunetti,
6. I.________,
patrocinato dall'avv. Ilario Bernasconi,
7. Cliente 02,
8. bb.________Inc.,
9. Cliente 03,
10. cc.________Familienstiftung,
11. dd.________Inc.,
12.ee.________Inc.,
13. J.________,
14. Cliente 04,
15. Cliente 05,
16. K.________,
tutti patrocinati dall'avv. Luca Marcellini,
17. ff.________SA in liquidazione,
patrocinata dall'avv. Paolo Bernasconi,
18. gg.________Inc.,
patrocinata dall'avv. Emanuela Agustoni,
19. Titolare relazione 06,
patrocinato dall'avv. Raffaele Bernasconi,
20. hh.________Corp. SA,
patrocinata dall'avv. Andrea Molino,
opponenti.

Oggetto
Cattiva gestione, amministrazione infedele, appropriazione indebita, truffa,
falsità in documenti,
dolo, arbitrio, pretese civili, commisurazione della pena,

ricorso in materia penale contro la sentenza emanata
il 18 agosto 2014 e il 29 settembre 2014 dalla Corte
di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.

Fatti:

A.

A.a. Costituita agli inizi degli anni '70, ff.________SA, attualmente
ff.________SA in liquidazione (di seguito: ff.________SA o società), aveva
quale scopo essenziale la consulenza finanziaria, la gestione patrimoniale e il
commercio di valori mobiliari. L.________ è stato l'azionista di maggioranza e
il promotore della società. Nel corso degli anni, ha ceduto gradualmente il suo
pacchetto azionario, fino a quando nel 1996 ha trasferito tutte le sue azioni a
E.E.________, che è divenuto nuovo azionista di maggioranza. Hanno fatto parte
del Consiglio di amministrazione della società, tra gli altri, C.________,
quale presidente dal 1983 al 26 aprile 2004, A.A.________, quale vice
presidente dal 28 gennaio 1999 e tuttora iscritto, E.E.________, membro dal 10
gennaio 1992 e tuttora iscritto, nonché D.________, quale amministratore
delegato dal 1988 al 2003.

A.b. A cavallo degli anni '80 e '90 ff.________SA ha avuto serie difficoltà
finanziarie, riconducibili in particolare all'utilizzo delle liquidità dei
clienti per operazioni effettuate nell'interesse della stessa e/o dei relativi
azionisti, accumulando importanti perdite. Si è reso così necessario un
risanamento della società: negli anni 1991-1993 L.________ e E.E.________ vi
hanno immesso beni propri per complessivi 6 milioni di franchi. L'operazione è
stata però solo di facciata, in quanto il primo ha fornito titoli senza valore,
poi venduti per buoni ai clienti di ff.________SA, e il secondo fondi mutuati
da terzi, la cui remunerazione e restituzione è avvenuta, almeno in parte, con
i fondi della stessa società. Durante tutti gli anni '90 è stata tenuta, quanto
meno per parte dei clienti, una doppia contabilità, volta a celare agli
investitori la minore consistenza del proprio patrimonio rispetto a quello che
ritenevano di possedere in base alle fasulle comunicazioni fornite loro
sull'esito degli investimenti. Nel 1996 è inoltre sorta una lite giudiziaria
negli Stati Uniti tra L.________ e E.E.________, conclusasi nel giugno 1998 con
un accordo extragiudiziale (settlement), che ha sancito l'uscita del primo da
ff.________SA e comportato per i clienti della società una perdita di circa il
38 % dei loro investimenti. In quel periodo è stato costituito pure il fondo di
investimenti T.________, entità giuridica delle Antille Olandesi gestita dalla
società americana ii.________Inc. con sede a New York e appartenente
economicamente a E.E.________ e a D.________. Quote di tale fondo, in cui non
si sa quali beni siano effettivamente stati immessi all'epoca, sono state
attribuite ai clienti di ff.________SA in sostituzione delle loro quote di
investimenti perdenti e al fine di coprire la perdita generata dal settlement,
e ciò a tal punto che la società non aveva più il controllo sul numero di quote
del fondo in circolazione.

A.c. Nel 1999 un cliente della società ha denunciato al Ministero pubblico del
Cantone Ticino E.E.________ e D.________ per i titoli di appropriazione
indebita, amministrazione infedele e falsità in documenti, in relazione a
irregolarità nella gestione del suo portafoglio. Ne è scaturito un procedimento
penale, nel corso del quale nell'agosto 2000 nei confronti dei denunciati e di
L.________ è stata promossa l'accusa di appropriazione indebita qualificata e
di amministrazione infedele a scopo di lucro. L'istruzione penale si è in
seguito arenata, al punto che il 4 aprile 2012 è stato decretato l'abbandono
del procedimento motivato dall'imminente prescrizione dell'azione penale.

A.d. In reazione alla notizia dell'apertura del procedimento penale, il 13
ottobre 1999 si è tenuta una riunione del Consiglio di amministrazione (CdA) di
ff.________SA, in assenza del suo vice presidente scusato, a cui hanno
presenziato anche gli avvocati di E.E.________ e D.________. Dopo l'esposizione
dell'oggetto dell'inchiesta penale, in cui è stata evocata l'eventuale
esistenza di una contabilità parallela volta a presentare ai clienti della
società una situazione migliore della realtà, nonché una situazione non chiara
in relazione al fondo d'investimento T.________, il CdA ha predisposto una
verifica contabile dei flussi di denaro, attribuendo tale incarico a
N.________, dipendente di jj.________SA, poi divenuto revisore interno di
ff.________SA, assistito da E.E.________ e D.________. Nella successiva
riunione del CdA del 18 novembre 1999 si è discusso, tra l'altro, dello stato
della procedura penale, nonché della composizione del citato fondo
d'investimento ed è stato proposto di chiedere un colloquio con il Ministero
pubblico per informarlo dei controlli effettuati in seno alla società e della
prosecuzione regolare dell'attività.

A.e. Benché a conoscenza della denuncia penale in fase di istruzione, con
decisione del 4 luglio 2000 la Commissione federale delle banche (di seguito:
CFB; confluita nell'autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari
[FINMA]) ha concesso a ff.________SA l'autorizzazione a esercitare quale
commerciante di valori mobiliari, riservandosi tuttavia la possibilità di
rivalutare la situazione in funzione degli sviluppi dell'inchiesta penale. Nel
febbraio 2003, in occasione di un controllo, essa ha constatato gravi
violazioni dei doveri di diligenza degli intermediari finanziari commesse da
ff.________SA. La CFB ha quindi ordinato a kk.________, revisore esterno della
società, una verifica approfondita dell'attività. Nel relativo rapporto
venivano rilevate alcune irregolarità, non tali però da rimettere in
discussione l'autorizzazione a esercitare quale commerciante di valori
mobiliari. Adita da alcune denunce di clienti di ff.________SA, che non avevano
ottenuto la restituzione del denaro affidatole, il 18 giugno 2004 la CFB ha
disposto una revisione straordinaria, nominando la società di revisione
ll.________SA quale osservatrice. A seguito di un rapporto preliminare, la CFB
ha vietato alla società l'esercizio di tutti i negozi giuridici, dei pagamenti
a detrimento dei suoi attivi e l'accettazione di nuovi fondi di clienti e ha
nominato l'osservatrice quale incaricata delle inchieste ai sensi dell' (ormai
abrogato) art. 23 ^quater della legge dell'8 novembre 1934 sulle banche (LBCR;
RU 1971 817). Sulla base delle emergenze del rapporto stilato dall'incaricata
delle inchieste, con decisione del 19 agosto 2004, la CFB ha ritirato a
ff.________SA l'autorizzazione a esercitare l'attività di commerciante di
valori mobiliari e ha dichiarato il suo fallimento a far tempo dal 20 agosto
2004, nominando ll.________SA quale sua liquidatrice.

B. 
Il 29 marzo 2004 un cliente di ff.________SA ha inoltrato una denuncia penale,
in particolare per i titoli di truffa e amministrazione infedele, preludio di
una serie di denunce presentate da numerosi altri clienti della società. È
stata così avviata una nuova inchiesta penale che ha condotto sul banco degli
imputati, tra gli altri, A.A.________.

C. 
Con sentenza del 14 dicembre 2012, la Corte delle assise criminali ha
riconosciuto A.A.________ autore colpevole di cattiva gestione, ripetuta
appropriazione indebita aggravata, truffa, amministrazione infedele qualificata
e ripetuta falsità in documenti, prosciogliendolo dalle accuse di truffa
aggravata e appropriazione indebita. A.A.________ è stato quindi condannato
alla pena detentiva di 3 anni e 6 mesi, da dedursi il carcere preventivo
sofferto, e al pagamento in favore dello Stato di un risarcimento compensatorio
di 7 milioni di franchi. È stato inoltre condannato al pagamento, in parte in
solido con altri coimputati, di vari importi ai numerosi accusatori privati. La
Corte delle assise criminali ha confiscato [recte: mantenuto il sequestro
conservativo di] valori patrimoniali di pertinenza del condannato e di terze
persone a lui vicine. Ha infine devoluto il risarcimento compensatorio in
favore degli accusatori privati i cui crediti sono stati riconosciuti.

D. 
In parziale accoglimento dell'appello del condannato, con sentenza del 18
agosto 2014, rettificata in data 29 settembre 2014, la Corte di appello e di
revisione penale del Cantone Ticino (CARP) ha riconosciuto A.A.________ autore
colpevole di cattiva gestione per dolo eventuale, ripetuta appropriazione
indebita aggravata, truffa per dolo eventuale, amministrazione infedele
qualificata per dolo eventuale, nonché di ripetuta falsità in documenti,
prosciogliendolo da alcune imputazioni di appropriazione indebita aggravata.
Ritenuta la violazione del principio della celerità e considerato il lungo
tempo trascorso, gli ha inflitto una pena detentiva di 2 anni e 6 mesi, da
dedursi il carcere preventivo sofferto, sospendendone parzialmente l'esecuzione
in ragione di 24 mesi con un periodo di prova di 2 anni e fissando a 6 mesi la
pena da espiare. Lo ha inoltre condannato al versamento di vari importi, in
parte in solido con altri coimputati, in favore di diversi accusatori privati,
nonché al pagamento in favore dello Stato di un risarcimento compensatorio di 7
milioni di franchi, a garanzia del quale la CARP ha ordinato il sequestro
conservativo di numerosi beni di sua pertinenza. Ha devoluto il risarcimento
compensatorio, previo soddisfacimento di tasse e spese di giustizia, in favore
degli accusatori privati, i cui crediti sono stati riconosciuti. Infine ha
posto parte degli oneri processuali a carico del condannato, per esso (al
beneficio dell'assistenza giudiziaria) anticipati dallo Stato.

E. 
A.A.________ impugna questo giudizio con ricorso in materia penale al Tribunale
federale. Postula, previa concessione dell'effetto sospensivo al gravame,
l'annullamento della sentenza cantonale per quanto lo concerne, il suo
proscioglimento da ogni accusa e il rinvio degli atti alla CARP, perché si
pronunci sulla sua domanda di risarcimento e decreti la decadenza di tutti i
sequestri. Domanda inoltre di essere posto al beneficio dell'assistenza
giudiziaria con gratuito patrocinio.

Senza formulare osservazioni, la CARP si rimette al prudente giudizio del
Tribunale federale, mentre il Ministero pubblico chiede la conferma della
decisione impugnata. G.________ (opponente 3) comunica di non avere
osservazioni da presentare, ricordando che le prove sono state valutate sia in
prima sia in seconda istanza e che il ricorrente è stato condannato a
risarcirlo. In esito alle loro rispettive osservazioni, aa.________Ltd
(opponente 2), i clienti 02, 03, 04, 05, K.________, dd.________Inc.,
cc.________Familienstiftung, ee.________Inc. e J.________, unico beneficiario
delle predette strutture societarie, nonché bb.________Inc. (opponenti 7-16),
ff.________SA in liquidazione (opponente 17) e gg.________Inc. (opponente 18)
postulano la reiezione del gravame, con protesta di spese e ripetibili. Il
Cliente 01, H.________, I.________, il Titolare relazione 06 e hh.________Corp.
SA sono rimasti silenti.

Il ricorrente ha replicato e gli opponenti 7-16 nonché l'opponente 18 hanno
duplicato, riconfermandosi nelle rispettive conclusioni.

F. 
Con decreto presidenziale del 25 novembre 2014 al ricorso è stato conferito un
parziale effetto sospensivo limitatamente alla condanna al pagamento dei
risarcimenti riconosciuti agli accusatori privati, nonché del risarcimento
equivalente in favore dello Stato.

Diritto:

1.

1.1. 
Presentata dall'imputato (art. 81 cpv. 1 LTF) e diretta contro una decisione
finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità
cantonale di ultima istanza (art. 80 LTF), l'impugnativa è di massima
ammissibile perché inoltrata tempestivamente (art. 100 cpv. 1 unitamente
all'art. 45 cpv. 1 LTF) e nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF).

Con scritto del 9 giugno 2016, il ricorrente ha presentato fatti nuovi
all'attenzione di questo Tribunale, in relazione alla riapertura del
procedimento penale a carico di E.E.________. Il 13 dicembre 2016 ha poi
trasmesso la sentenza di merito emanata nei confronti di quest'ultimo. Poiché
le condizioni poste dall'art. 99 cpv. 1 LTF non sono realizzate (v. al riguardo
DTF 139 III 120 consid. 3.1.2) e nemmeno il contrario è preteso
dall'insorgente, tali fatti risultano inammissibili e non sono presi in
considerazione.

1.2. Per quanto attiene alle risposte al ricorso, si appalesa d'acchito
inammissibile lo scritto dell'opponente 3, in quanto privo di conclusioni (v.
art. 42 cpv. 1 LTF).

Nella sua replica il ricorrente chiede di valutare la legittimazione
dell'opponente 18 a presentare osservazioni volte a ottenere la conferma della
sentenza impugnata, in cui non le è stato riconosciuto alcun risarcimento,
avendo fatto valere le sue pretese in sede civile. L'insorgente pare confondere
la legittimazione dell'accusatore privato a presentare ricorso in materia
penale disciplinata dall'art. 81 cpv. 1 lett. a nonché lett. b n. 5 LTF con
quella di parte opponente di cui all'art. 102 cpv. 1 LTF. Orbene, il postulato
proscioglimento da ogni accusa avrebbe delle conseguenze sull'indennizzo dei
costi di patrocinio riconosciuto in sede cantonale all'opponente 18. In questa
misura sussiste un interesse di quest'ultima a partecipare quale opponente al
procedimento di ricorso federale, formulando delle conclusioni
sull'impugnativa.

2.

2.1. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv.
1 LTF). Tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione imposto dall'art.
42 cpv. 1 e 2 LTF, di regola esso considera tuttavia solo gli argomenti
proposti nell'atto di ricorso (DTF 140 III 86 consid. 2; 134 III 102 consid.
1.1). Il ricorrente deve spiegare i motivi per i quali l'atto impugnato lede a
suo parere il diritto e deve perciò confrontarsi almeno brevemente con la
relativa motivazione (DTF 134 II 244 consid. 2.1).

2.2. Giusta l'art. 97 cpv. 1 LTF, la parte ricorrente può censurare
l'accertamento dei fatti soltanto se è stato svolto in modo manifestamente
inesatto, ovvero arbitrario (DTF 141 IV 249 consid. 1.3.1), o in violazione del
diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può essere
determinante per l'esito del procedimento. Per giurisprudenza invalsa,
l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso
possa apparire sostenibile o addirittura migliore rispetto a quella contestata;
il Tribunale federale annulla la pronunzia criticata solo se il giudice del
merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella sua motivazione
bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con
la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico
chiaro e indiscusso, oppure in contraddizione urtante con il sentimento della
giustizia e dell'equità (DTF 141 I 49 consid. 3.4). Per quanto attiene più in
particolare alla valutazione delle prove e all'accertamento dei fatti, il
giudice - che in questo ambito dispone di un ampio margine di apprezzamento -
incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata di un
mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un elemento di
prova importante suscettibile di modificare l'esito della vertenza, oppure se
ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o
interpretandoli in modo insostenibile (DTF 140 III 264 consid. 2.3 pag. 266).
Se, come in concreto, in merito ai fatti l'autorità cantonale ha forgiato la
sua convinzione sulla base di un insieme di elementi o d'indizi convergenti,
non basta che l'uno o l'altro di questi o addirittura ciascuno di essi, preso
isolatamente, risulti insufficiente. La valutazione delle prove dev'essere
esaminata nel suo insieme. Non sussiste arbitrio se i fatti accertati possono
essere dedotti in modo sostenibile dal collegamento dei diversi elementi o
indizi. Analogamente non vi è arbitrio per il solo fatto che uno o più
argomenti corroborativi appaiono fragili, nella misura in cui la soluzione
ritenuta può essere giustificata in modo sostenibile con altri argomenti atti a
portare a un convincimento (sentenza 6B_367/2014 dell'8 settembre 2014 consid.
2.1).

2.3. Le critiche di arbitrio, come quelle di violazione di garanzie di rango
costituzionale, devono adempiere accresciute esigenze di motivazione. A norma
dell'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina infatti tali censure
solo se motivate in modo chiaro e preciso (DTF 140 III 264 consid. 2.3 pag.
266). L'allegato ricorsuale deve pertanto indicare chiaramente i diritti che si
pretendono violati e precisare altresì in che consista tale violazione;
critiche appellatorie, argomentazioni vaghe e semplici rinvii agli atti
cantonali non sono quindi ammissibili (DTF 141 IV 317 consid. 5.4; 136 II 101
consid. 3). In particolare, qualora sia lamentata la violazione del divieto
dell'arbitrio (art. 9 Cost.), non ci si può limitare a criticare la decisione
impugnata opponendovi semplicemente la propria opinione, come in una procedura
d'appello, ma occorre dimostrare che essa è manifestamente insostenibile con
un'argomentazione chiara e dettagliata (DTF 137 V 57 consid. 1.3 pag. 60).

Come si vedrà in seguito l'allegato ricorsuale è poco rispettoso di queste
esigenze di motivazione, ciò che gli opponenti non mancano di rilevare. Anche
le osservazioni dell'opponente 17 risultano problematiche, atteso che vengono
in parte addotti fatti non accertati a complemento di quanto ritenuto in sede
cantonale rispettivamente fatti in aperto contrasto con quelli della sentenza
impugnata, senza dimostrazione della realizzazione dei presupposti di cui
all'art. 97 LTF e senza un riferimento preciso agli atti dell'incarto. Così è,
per esempio, laddove afferma che il ricorrente sarebbe stato attivo in società
dal 1977 oppure quando evoca un incontro con l'avv. O.________ della CFB. In
tale misura, esse si rivelano inammissibili.

3. 
La CARP ha ritenuto realizzato il reato di cattiva gestione. Pur non avendo una
cognizione diretta delle malversazioni perpetrate ai danni dei clienti della
società, coperte attraverso fittizi collocamenti nei fondi T.________ e
U.________, ha accertato la consapevolezza iniziale del ricorrente, risalente
al più tardi al momento della presa di conoscenza del verbale della riunione
del CdA del 13 ottobre 1999, del sospetto di commissione di reati da parte di
D.________, E.E.________ e L.________. Ciò nonostante, malgrado disponesse
delle conoscenze e capacità per giudicare rettamente quanto stava accadendo, si
è comportato come se nulla fosse accaduto, senza cogliere quei segnali che
avrebbero dovuto imporre di far fronte ai doveri impostigli dalla legge e dalla
carica ricoperta. Per la CARP il ricorrente ha infranto i suoi doveri di organo
societario e dunque gestito malamente ff.________SA ai sensi dell'art. 165 CP.
Inoltre ha concluso con quest'ultima un contratto di locazione di locali di sua
proprietà, senza che i vani siano mai stati occupati dalla società che ha fatto
fronte a costi ingenti e inutili. L'autorità precedente ha ritenuto che nel
periodo coperto dall'atto d'accusa vi è stato un importante aggravamento
dell'indebitamento societario di oltre 45 milioni di franchi, di cui quasi la
metà attribuibile ai reati imputati. Chinandosi sul nesso causale, ha osservato
che la condotta e le omissioni rimproverate all'insorgente, pur non costituendo
l'unica o la principale causa, hanno provocato o quantomeno favorito in maniera
determinante il fallimento della società. Infine, sotto l'aspetto soggettivo,
la CARP ha concluso all'esistenza di un dolo diretto per quanto concerne
l'affitto dei suoi locali e di un dolo eventuale per le altre imputazioni di
cattiva gestione.

Il ricorrente censura gli accertamenti di fatto in relazione sia al danno
subito dalla società (v. infra consid. 5), sia al nesso di causalità tra le
omissioni imputategli e il danno (v. infra consid. 6), sia alla ritenuta sua
consapevolezza sulle irregolarità della gestione societaria (v. infra consid.
7). Contesta la realizzazione degli elementi soggettivi del reato di cattiva
gestione (v. infra consid. 8), nonché il carattere penalmente rilevante della
locazione degli spazi commerciali a ff.________SA (v. infra consid. 9).

4. 
Si rende colpevole di cattiva gestione giusta l'art. 165 n. 1 CP il debitore
che, in un modo non previsto dall'art. 164 CP, a causa di una cattiva gestione,
in particolare a causa di un'insufficiente dotazione di capitale, spese
sproporzionate, speculazioni avventate, crediti concessi o utilizzati con
leggerezza, svendita di valori patrimoniali, grave negligenza nell'esercizio
della sua professione o nell'amministrazione dei suoi beni, cagiona o aggrava
il proprio eccessivo indebitamento, cagiona la propria insolvenza o aggrava la
sua situazione conoscendo la propria insolvenza, sempre che venga dichiarato il
suo fallimento o venga rilasciato contro di lui un attestato di carenza di
beni.

L'autore della cattiva gestione può essere unicamente il debitore. Se il
debitore è una persona giuridica, il reato è imputato alla persona fisica che
agisce in qualità di organo o membro di un organo della stessa (v. vecchio art.
172 CP in vigore all'epoca dei fatti in giudizio, rispettivamente art. 29 CP in
vigore dal 1° gennaio 2007).

L'art. 165 CP menziona quale atto di cattiva gestione segnatamente le spese
sproporzionate. Secondo la giurisprudenza, le spese possono risultare
sproporzionate alla luce delle risorse del debitore o della scarsa
giustificazione commerciale (sentenza 6B_765/2011 del 24 maggio 2012 consid.
2.1.1). Sussiste invece grave negligenza nell'esercizio della professione in
caso di inosservanza delle disposizioni legali relative alla gestione
dell'impresa, in particolare in caso di violazione dei doveri incombenti al
consiglio di amministrazione di una società anonima (sentenze 6B_492/2009 del
18 gennaio 2010 consid. 2.2, 6S.1/2006 del 21 marzo 2006 consid. 8.1). Secondo
l'art. 716a cpv. 1 CO, tra le attribuzioni inalienabili del consiglio di
amministrazione figurano, oltre alla nomina e alla revoca delle persone
incaricate della gestione (n. 4), l'alta vigilanza sulle stesse, in particolare
per quanto concerne l'osservanza della legge, dello statuto, dei regolamenti e
delle istruzioni (n. 5). Se l'art. 716a cpv. 1 n. 5 CO non fonda un obbligo
generale dei membri del consiglio di amministrazione di controllare
costantemente la legalità delle attività della società, impone loro di
intervenire ove abbiano conoscenza della commissione di atti illeciti (sentenza
6P.164/2006 del 29 dicembre 2006 consid. 11.2). Giusta l'art. 717 cpv. 1 CO,
gli amministratori sono tenuti ad adempiere i loro compiti con ogni diligenza e
a salvaguardare secondo buona fede gli interessi della società. Questo dovere
di fedeltà obbliga i membri del consiglio di amministrazione a improntare il
loro comportamento all'interesse della società e a relegare, se del caso, in
secondo piano i loro propri interessi. In presenza di un conflitto di
interessi, l'amministratore interessato deve prendere i provvedimenti adeguati
affinché gli interessi della società siano presi in debita considerazione (DTF
130 III 213 consid. 2.2.2; v. pure sentenza 6P.168/2006 del 29 dicembre 2006
consid. 9.3.1).
La cattiva gestione deve cagionare o aggravare un eccessivo indebitamento. La
nozione di eccessivo indebitamento corrisponde alla situazione descritta
dall'art. 725 cpv. 2 CO e sussiste laddove i debiti sociali non sono più
coperti né stimando i beni secondo il valore d'esercizio, né stimandoli secondo
il valore di alienazione, in altre parole laddove i passivi eccedono gli
attivi. Non è necessario che gli atti o le omissioni rimproverate al debitore
siano la causa unica o diretta dell'eccessivo indebitamento. È infatti
sufficiente che abbiano contribuito alla sua apparizione o al suo aggravamento
e che siano idonei, secondo l'andamento ordinario delle cose e l'esperienza
generale della vita, a cagionare o favorire un simile risultato (sentenza
citata 6B_765/2011 consid. 2.2.1).

L'elemento soggettivo del reato è oggetto di controversie dottrinali che il
Tribunale federale ha illustrato, senza prendere posizione (v. sentenza 6S.24/
2007 del 6 marzo 2007 consid. 3.5). Esso è in ogni caso dato se l'autore ha
agito intenzionalmente in relazione sia al fatto di cagionare o aggravare
l'eccessivo indebitamento o l'insolvenza sia alle circostanze che rendono il
suo comportamento superficiale o negligente. Il dolo eventuale è sufficiente
(sentenza 6B_359/2010 del 9 luglio 2010 consid. 2.1).

5. 
Sulla scorta della graduatoria fallimentare e della sostanza di pertinenza
della società sequestrata nel procedimento penale, la CARP ha accertato che
nell'agosto 2004 la massa debitoria non coperta dagli attivi era pari a fr.
128'429'909.33. Considerato che al 19 novembre 1999 il complesso dei debiti
verso terzi a carico di ff.________SA era di fr. 83'282'349.73, ha concluso che
nel periodo coperto dall'atto d'accusa (ovvero dal 19 novembre 1999 all'agosto
2004) i debiti sociali sono aumentati di fr. 45'147'559.60. Ha poi precisato
che oltre 22 milioni di franchi, giunti nella società nel periodo in questione,
sono spariti nel nulla senza una causale, forse sottratti da terzi in modo non
prevedibile per il ricorrente, cosicché tale importo dev'essere considerato
ancora presente nella società. Di conseguenza i giudici cantonali hanno ridotto
a fr. 22'298'440.68 l'aggravamento dell'indebitamento societario riconducibile
alla cattiva gestione.

5.1. Secondo il ricorrente, che si interroga sulla conformità al principio
accusatorio del calcolo del danno, tale accertamento si porrebbe in netto
contrasto con quello dello stato di eccessivo indebitamento al momento della
pronuncia del fallimento, valutato dall'incaricata delle inchieste in circa 2
milioni di franchi. Nei suoi calcoli l'autorità precedente avrebbe considerato
le perdite subite dai clienti della società e quindi un danno estraneo a quello
derivante dal reato in parola, violando l'art. 165 n. 1 CP. Avrebbe così
ignorato il rapporto di ll.________SA e la rilevanza del suo contenuto in
relazione alle cause e alla datazione degli eventi all'origine dello stato
d'insolvenza. Ma anche volendo considerare il danno subito dagli investitori
nel periodo 1999-2004, per l'insorgente la CARP avrebbe proceduto a valutazioni
ipotetiche, approssimative e non affidabili. Avrebbe viepiù negletto i fattori
evidenziati nel rapporto peritale di parte in relazione al cosiddetto scoperto
dei clienti di ff.________SA indicato dall'équipe finanziaria del Ministero
pubblico (EFIN), come per esempio l'impatto dell'importante deprezzamento dei
corsi borsistici o del dollaro sulle masse in gestione. Rileva peraltro la
presenza di voci in graduatoria che nulla avrebbero a che vedere con pretese
risultanti da una non appropriata attività. In assenza di prove certe, la CARP
non avrebbe potuto concludere alla sussistenza di un danno e avrebbe dovuto
prosciogliere il ricorrente, non essendo riuniti tutti gli elementi costitutivi
del reato di cattiva gestione.

5.2. Effettivamente il rapporto dell'incaricata delle inchieste rileva un
eccessivo indebitamento della società per un ammontare di circa 2 milioni di
franchi. La CARP si è riferita però alla graduatoria del fallimento per
stabilire il complesso dei debiti di ff.________SA, ciò che il ricorrente
critica, perché i crediti insinuati corrisponderebbero a pretese risarcitorie
per la perdita degli investimenti subita dai clienti. Sennonché, non sostanzia
oltre tale apodittica obiezione. Peraltro sembra trascurare che i giudici
cantonali hanno ritenuto, senza che vi siano censure al riguardo, che tutti i
denari sono stati usati per scopi diversi da quelli prefissati dalla clientela
(v. sentenza impugnata pag. 173), di modo che a favore di quest'ultima è
insorto un credito corrispondente a carico di ff.________SA (v. sentenza
impugnata pag. 164). L'incaricata delle inchieste non ha tenuto conto di tali
crediti, seppur rilevi anch'essa il mancato rispetto delle istruzioni fornite
dai clienti alla società (v. il relativo rapporto pag. 3). In simili
circostanze, l'autorità cantonale non ha considerato un danno estraneo alla
società, bensì debiti della stessa derivanti dalla sua (non corretta) attività.
Quanto alle critiche sui risultati dell'analisi dell'EFIN, il ricorrente se ne
prevale per sostenere l'assoluta incertezza nel definire gli scoperti afferenti
i clienti post rispettivamente ante novembre 1999, ma non illustra quale
incidenza possano avere sulle conclusioni dell'autorità cantonale in merito al
ritenuto aggravamento della situazione debitoria della società nel periodo
preso in considerazione. Non v'è pertanto motivo di vagliarle. Per determinare
la massa debitoria non coperta dagli attivi al momento del fallimento, la CARP
ha fatto riferimento al riepilogo della graduatoria agli atti (doc. TPC n. 116)
in cui non sono dettagliate le voci che la compongono. Le contestazioni
ricorsuali al riguardo, prive di riferimenti a specifici documenti contenuti
nel copioso incarto da cui risulterebbero tali voci, non indicano in maniera
puntuale e precisa quale prova i giudici cantonali avrebbero valutato in modo
insostenibile e risultano pertanto inammissibili. Non spetta infatti al
Tribunale federale ricercare negli atti di causa i riferimenti a sostegno di
una censura (DTF 133 IV 286 consid. 6.2).

Infine il generico accenno ricorsuale al principio accusatorio disattende le
esigenze di motivazione poste dalla LTF e sfugge quindi a un esame di merito.
L'insorgente infatti si limita a interrogarsi sul rispetto di tale principio da
parte della CARP per essersi scostata dall'importo indicato nell'atto d'accusa.
Il compito del Tribunale federale non consiste nel fornire risposte ad
approssimativi interrogativi, ma nel pronunciarsi su censure chiare e precise
di violazione del diritto. Di transenna rilevasi che la semplice correzione
dell'importo del danno alla società, indicato dalla pubblica accusa, effettuata
valutando gli atti dell'incarto non raffigura una lesione del principio
invocato. La fattispecie per cui è stato condannato l'insorgente non differisce
dai fatti contestatigli con l'atto d'accusa: il comportamento concretamente
rimproveratogli, la parte danneggiata dai reati imputati e il periodo
considerato sono infatti i medesimi.

6. 
Il ricorrente lamenta un mancato corretto accertamento di un nesso causale tre
le omissioni imputategli e l'evitabilità del danno. Il rimprovero mossogli
dall'autorità cantonale, di aver omesso di prendere iniziative sicuramente
idonee a scoprire ed eliminare la gestione truffaldina dei patrimoni in
gestione presso ff.________SA, contrasterebbe con le notorie difficoltà di
smascherare truffe con lo schema Ponzi (Schneeballsystem) e di verificare
l'effettiva consistenza di un fondo d'investimento, che neanche l'istruttoria
avrebbe permesso di stabilire. Peraltro, la CARP neppure avrebbe indicato quali
misure l'insorgente avrebbe dovuto adottare, sicché non le sarebbe stato
possibile affermare che, con un alto grado di probabilità, senza le omissioni
sarebbe stato evitato qualsiasi danno.

6.1. A parte la locazione dei suoi locali mai occupati dalla società, il
comportamento ritenuto costitutivo di cattiva gestione che la CARP rimprovera
al ricorrente è l'aver chiuso entrambi gli occhi di fronte alla malagestione
dei direttori di ff.________SA. Consentendo loro di continuare a gabbare la
clientela, accontentandosi di verifiche visibilmente inadeguate, non rimettendo
in discussione né sorvegliando l'operato di E.E.________ e F.E.________ e
D.________, non adottando misure serie ed efficaci dal punto di vista sia
organizzativo sia di sorveglianza, per i giudici precedenti l'insorgente ha
infranto i suoi doveri di organo societario. Stabilita la posizione di garante
del ricorrente, la CARP ha poi accertato che le omissioni imputategli sono tali
da poter concludere che, pur senza essere le uniche cause o quella principale,
hanno cagionato o, quantomeno, favorito in maniera determinante l'eccessivo
indebitamento di ff.________SA. Se fosse intervenuto per chiarire cosa stesse
avvenendo in seno alla società, avrebbe senza particolari difficoltà scoperto
le gravi irregolarità e avrebbe potuto impedire il protrarsi della
perpetrazione delle truffe, allontanando coloro che agivano in prima linea ai
danni della clientela e di riflesso a quelli della società.

6.2. Al ricorrente è stata in sostanza rimproverata la sua passività a fronte
della probabilità di commissione di reati nell'ambito dell'attività societaria.
Per appurare cosa stesse accadendo in seno a ff.________SA, contrariamente a
quanto sostenuto nel gravame, la CARP ha indicato quali misure egli avrebbe
dovuto adottare. Infatti nei considerandi della decisione impugnata che
precedono il capitolo dedicato al nesso causale e ivi richiamati, essa ha
esplicitamente rilevato la necessità di far capo a un perito esterno al fine di
chiarire le problematiche sollevate con la prima denuncia penale, in merito
alle quali il cosiddetto "rapporto N.________" non aveva fornito risposte di
sorta (sul dovere di ricorrere a un perito v. sentenza 4C.358/2005 del 12
febbraio 2007 consid. 5.2.1 non pubblicato in DTF 133 III 116). I giudici
precedenti hanno inoltre osservato che già solo invitare N.________ a
presentare il suo lavoro ai consiglieri di amministrazione avrebbe permesso di
comprendere cosa avesse effettivamente esaminato e conseguentemente di minare
seriamente la serenità e la fiducia nell'irreprensibilità dell'operato degli
indagati e dello stesso N.________ (sentenza impugnata pag. 100). Uno degli
aspetti da controllare era la provenienza del denaro e la sua esatta
destinazione/collocazione, ciò che avrebbe consentito di verificare l'ipotesi
di utilizzo di soldi di nuovi clienti per soddisfare quelli vecchi che
intendevano disinvestire. Secondo l'autorità cantonale tale questione meritava
maggiore attenzione, perché simile prassi, se riscontrata, sarebbe stata chiaro
sintomo di gestione malata. Riferendosi all'anomala riduzione dei ricavi a
fronte dell'esponenziale aumento della massa in gestione a ff.________SA e alla
dipendenza economica dai guadagni ottenuti mediante l'attività di consulenza
fornita a terzi (ii.________Inc. e i relativi fondi), l'autorità precedente ha
anche ventilato la necessità di procedere a una verifica approfondita e seria
per chiarirne le cause, visto peraltro che la CFB aveva già attirato
l'attenzione della società sulla problematica. Trattasi di misure sicuramente
idonee a evidenziare la fondatezza dei sospetti di malagestione societaria.
Appare dunque conforme al diritto la conclusione della CARP sull'esistenza di
un nesso causale tra le omissioni imputate al ricorrente e l'eccessivo
indebitamento di ff.________SA, tanto più che nell'ambito dell'art. 165 CP,
come già esposto (v. supra consid. 4), non è necessario che il comportamento
del debitore sia la causa unica o diretta dell'eccessivo indebitamento.

7. 
La CARP ha accertato la consapevolezza del ricorrente in relazione alle grosse
probabilità di commissione di reati nell'ambito dell'attività societaria. Egli
è stato tempestivamente informato della denuncia presentata nei confronti di
due direttori in carica e dell'ex azionista di maggioranza. In seguito
all'intervento dei legali dei denunciati al CdA del 13 ottobre 1999, sapeva
inoltre che erano sospettati d'aver commesso gravi reati nell'ambito della loro
attività in seno alla società a danno dei clienti. Non poteva poi essergli
sfuggito il paradosso di far assistere il revisore, incaricato di far luce
sulle ipotizzate malversazioni, proprio dalle persone che avevano in mano le
redini operative della società ed erano state denunciate. Il rapporto che ne è
scaturito e discusso nella successiva riunione del CdA presentava evidenti
lacune, non fornendo le risposte alle problematiche sollevate. Il mancato
invito al suo estensore di presentare il referto al CdA è indicativo di una
manifesta assenza di volontà di comprendere cosa stesse accadendo, tanto più
che lo stesso ricorrente ha riconosciuto di non aver capito il relativo
rapporto. L'autorità cantonale ha poi rilevato come fosse notorio e indiscusso
che, attraverso ii.________Inc. che ha creato il fondo T.________,
ff.________SA piazzava, o meglio dava parvenza di piazzare, i capitali dei
clienti, in realtà usati per scopi totalmente diversi da quelli concordati.
L'insorgente sapeva che la società americana era una costola di ff.________SA
ed era nelle mani di E.E.________ e D.________. In simili circostanze non
poteva fare alcun affidamento sulla certificazione di ii.________Inc. in merito
alla composizione e solidità del citato fondo. Sicché non poteva ritenersi
tranquillizzato da tali verifiche. La CARP ha evidenziato inoltre una serie di
ulteriori fattori oggettivamente idonei a destare seri timori circa la
correttezza dell'attività svolta nella società, quali ad esempio la diminuzione
dei ricavi a fronte di un esponenziale aumento della massa in gestione, nonché
una serie di elementi connessi alla persona del ricorrente o a lui noti,
determinanti per valutare la sua consapevolezza, quali ad esempio la mancata
autonomia da ff.________SA del revisore esterno. Analizzati l'esito positivo
della procedura davanti alla CFB e l'atteggiamento di quest'ultima, il
comportamento del revisore esterno, la struttura interna di ff.________SA, la
presenza in società di personaggi di spicco del mondo economico, nonché
l'inattività del Ministero pubblico nell'ambito della procedura del 1999, la
CARP ha negato trattarsi di elementi idonei a tutelare la buona fede del
ricorrente e a legittimare il suo mancato intervento.

7.1. Il ricorrente critica il metodo di analisi della CARP che, a suo dire,
avrebbe interpretato gli indizi in senso univoco senza contrapporli a quelli di
senso contrario, di cui relativizzerebbe la portata. Elenca quindi una serie di
circostanze di fatto che i giudici precedenti avrebbero omesso di considerare,
non valutando il loro carattere obbiettivamente tranquillizzante. L'insorgente
ritiene poi insostenibile considerare ininfluente l'affidamento che egli
sarebbe stato in diritto di attribuire all'inazione e al silenzio della
Magistratura, rispettivamente della CFB. A torto e senza motivi i giudici
cantonali avrebbero negato la rilevanza, per la buona fede del ricorrente,
dell'organizzazione interna della società, ritenuta soddisfacente dalla stessa
CFB, e del "rapporto N.________", che non avrebbe corroborato alcun motivo di
sospetto. D'altronde, l'effettiva consistenza patrimoniale dei fondi sarebbe
stata confermata nel rapporto speciale commissionato dalla CFB, documento di
particolare importanza ignorato dall'autorità precedente. Sarebbe anche
arbitrario concludere che gli investimenti nei fondi gestiti da ii.________Inc.
dovessero essere ritenuti simulati o fraudolenti unicamente in ragione del
legame con E.E.________ e D.________, tanto più che non risulterebbe si
dovessero nutrire sospetti pure nei confronti del direttore e formale titolare
della società americana. La valutazione degli eventi effettuata dalla CARP si
baserebbe su illogiche forzature, che si ridurrebbero alla sola critica della
scarsezza di contenuto del "rapporto N.________", senza considerare tutti gli
altri fattori che avrebbero infirmato l'ipotetico rischio di una perdurante e
attuale gestione irregolare degli attivi di ff.________SA e dei suoi clienti.

7.2. Le critiche ricorsuali hanno carattere meramente appellatorio e risultano
inammissibili. L'insorgente elenca infatti una serie di fatti asseritamente
negletti dall'autorità cantonale, senza spiegarne l'importanza concreta per
l'esito del procedimento e rimprovera la mancata considerazione o
l'ingiustificata relativizzazione di indizi a suo parere tranquillizzanti,
senza confrontarsi compiutamente con le argomentazioni dell'autorità
precedente, limitandosi a opporre la propria valutazione a quella dei giudici
cantonali.
Abbondanzialmente si rileva che in modo del tutto sostenibile la CARP ha negato
la rilevanza degli elementi addotti dalla difesa a sostegno della pretesa buona
fede. Benché l'organigramma di ff.________SA sia stato ritenuto soddisfacente
dalla CFB, come obiettato nel gravame, l'autorità precedente ha rilevato che
l'organizzazione interna era solo formale: l'allarme della possibile
perpetrazione di reati non è scaturito da controlli interni, ma solo a seguito
di una denuncia penale, inoltre gli elementi cardine della direzione e delle
commissioni interne erano proprio le persone sospettate delle malversazioni, di
modo che era impensabile appoggiarsi sulle stesse; infine il comitato di
direzione, quello investimenti e quello crediti sono praticamente rimasti solo
sulla carta. Sull'atteggiamento della CFB, la CARP ha rimarcato che se è vero
che, pur a conoscenza dell'esistenza di una denuncia, ha concesso a
ff.________SA l'autorizzazione al commercio di valori mobiliari, si era
espressamente riservata di riesaminare la sua decisione in funzione degli
sviluppi della procedura penale. Ciò non poteva essere ritenuto come un
elemento a favore dell'inesistenza di qualsiasi sospetto di reato; per di più,
essa è intervenuta a più riprese, sollevando dubbi e critiche sull'attività
della società. Invece di procedere a una verifica in seno a quest'ultima, il
ricorrente ha sempre cercato di gettare acqua sul fuoco. Quanto poi
all'inattività della Magistratura nell'istruire i fatti oggetto della denuncia
del 1999, i giudici precedenti hanno negato che l'insorgente potesse
legittimamente sentirsi confortato dal silenzio del Procuratore pubblico. A
fronte non solo dell'apertura del procedimento penale ma anche della promozione
dell'accusa e quindi della possibilità che sfociasse in un atto d'accusa, dopo
l'incontro con il Procuratore competente (svoltosi prima della promozione
dell'accusa), egli non ha proceduto a richiedere neppure un aggiornamento della
situazione, né ha preteso di visionare nel dettaglio la denuncia penale, benché
la società potesse intervenire quale vittima dei reati. Tali considerazioni
appaiono più che sostenibili, anche considerando che, nonostante dopo l'agosto
2000 non vi sia più stato alcun atto d'inchiesta, i sigilli apposti alla
documentazione di ff.________SA sono rimasti fino al febbraio 2003, ostacolando
l'attività stessa della società. Pur riconoscendo le gravi manchevolezze del
revisore esterno, la CARP ha osservato che la gestione dei rapporti con il
revisore è stata lasciata principalmente alle persone che avevano dato origine
ai sospetti di malversazioni. Peraltro, se effettivamente dal revisore non è
mai giunto alcun segnale esplicito di rischio di commissione di reati, i
relativi rapporti non contenevano dati rassicuranti. Infatti nonostante
l'aumento della massa in gestione, i ricavi sono diminuiti. Inoltre, emergeva
una sempre maggiore dipendenza di ff.________SA dalle consulenze
(asseritamente) fornite a ii.________Inc., che i revisori hanno considerato
un'entità terza, ciò che il ricorrente sapeva non essere vero. Partendo da
questo presupposto, i revisori non hanno spulciato i portafogli dei singoli
clienti e non hanno formulato alcuna presa di posizione in merito alla loro
situazione, di modo che a nulla giova il richiamo ricorsuale all'indicazione
della composizione e della consistenza dei fondi T.________ e U.________,
contenuta nel rapporto di revisione speciale del 2003. Non va infine
dimenticato che già in passato il revisore esterno aveva dimostrato di non
avere la necessaria autonomia dalla società revisionata. In simili circostanze
appare vana e generica l'obiezione ricorsuale su un preteso pacifico diritto
degli amministratori sociali di far affidamento ai rapporti di revisione.
Infine, il cosiddetto "rapporto N.________" è stato definito dalla CARP una
mera rappresentazione di cifre, per niente comprensibile, che nulla permetteva
di concludere circa la solvibilità del fondo T.________ e che lo stesso
insorgente ha riconosciuto di non aver capito. L'autorità cantonale ha inoltre
rilevato che suddetto rapporto, oltre a produrre cifre che non si conciliavano
con quelle del rapporto di revisione di quell'anno, non forniva indicazioni
sulle problematiche sul tavolo, ovvero la provenienza e l'esatta collocazione/
destinazione del denaro, l'ipotesi di utilizzo di soldi di nuovi clienti per
permettere il disinvestimento di quelli vecchi, la questione della doppia
contabilità e del connesso ipotetico raggiro della clientela, sicché non può
essere seguito il ricorrente laddove afferma che agli occhi del CdA il rapporto
non corroborava alcun concreto motivo di sospetto. Quanto alla scelta di far
assistere il revisore contabile da E.E.________ e da D.________, considerata
scellerata dai giudici cantonali, l'osservazione ricorsuale sulla pretesa
natura "usuale" di tale modalità di verifica nelle revisioni risulta
inconsistente e appellatoria. L'insorgente a ragione non sostiene che ciò sia
il caso anche laddove le persone in questione siano oggetto di una denuncia
penale, come in concreto.

A torto il ricorrente pretende che, in modo arbitrario, la CARP avrebbe
concluso circa il carattere fraudolento degli investimenti nei fondi gestiti da
ii.________Inc. unicamente sulla base dello stretto legame della società
americana con E.E.________ e D.________. Nulla di simile è infatti contenuto
nella sentenza impugnata: l'autorità precedente ha semplicemente rilevato che,
alla luce di tale legame noto al ricorrente, non era possibile fare
acriticamente affidamento sull'"autocertificazione" di ii.________Inc., non
documentata, in merito alla composizione del fondo T.________. Al proposito non
vengono sollevate censure.

8. 
Accertata la sua consapevolezza del sospetto di commissione di reati in seno
alla società, per la CARP il ricorrente ha abbassato inaccettabilmente la
guardia, comportandosi come se nulla fosse accaduto e se si fosse trattato di
un falso allarme. Ha consentito la continuazione dell'attività senza nulla
modificare e senza preoccuparsi di chiarire gli importanti dubbi sollevati
inizialmente con l'avvio della procedura penale del 1999 e poi scaturenti da
tutta una serie di indizi giunti a sua conoscenza in diverse forme e gradi.
Benché a conoscenza delle accuse di malversazioni a carico dei direttori,
dell'ipotesi di doppia contabilità, della situazione di scarsa redditività e
dei costi sproporzionati della società, dei legami con ii.________Inc. e di
riflesso con i due fondi d'investimento, nonché dei vari segnali preoccupanti,
decidendo di non vedere e di non approfondire, oltre a esami di facciata,
l'insorgente ha accettato il rischio che si commettessero delle frodi in seno a
ff.________SA e che quindi, oltre a danneggiare gli investitori, si
danneggiasse finanziariamente anche la stessa società. L'autorità precedente ha
pertanto concluso sulla sussistenza di un dolo eventuale.

8.1. Per il ricorrente tale conclusione sarebbe generica. Osserva che la sua
conoscenza delle accuse a carico dei direttori della società si riferirebbe a
un'unica denuncia di un cliente per fatti risalenti al 1992-1993. Quanto alla
situazione di scarsa redditività e ai presunti costi sproporzionati della
società, sarebbero elementi non contenuti nell'atto di accusa, quindi contrari
al principio accusatorio, e sottratti a qualsiasi contraddittorio.
Risulterebbero peraltro da un apprezzamento soggettivo della CARP e sarebbero
talmente vaghi da neppure permetterne la verifica. L'autorità cantonale,
criticando il suo mancato intervento, gli contesterebbe un'omissione
imprecisata riconducibile a imprevidenza e trascuratezza. L'insorgente lamenta
la violazione dell'art. 12 cpv. 2 CP. Pur ritenendo un dolo eventuale a suo
carico, la CARP gli avrebbe mosso rimproveri riferibili unicamente a un
comportamento negligente, considerando le misure da lui prese non adeguate o
sufficientemente efficaci. Essa avrebbe dunque confuso il dolo eventuale con la
negligenza. Peraltro il dolo sarebbe stato ritenuto senza considerare l'insieme
delle circostanze. I giudici precedenti avrebbero stabilito la sua
consapevolezza del rischio di malversazioni nell'ambito della gestione
patrimoniale senza disporre di elementi sufficienti al riguardo e senza
dimostrare che egli potesse accettare l'avverarsi di tale rischio. Non
avrebbero infatti indicato quali doveri di diligenza avrebbe eventualmente
violato e avrebbero negletto di considerare l'assenza di un valido movente. La
CARP si limiterebbe a rimproverargli di non aver adottato i provvedimenti
adeguati a meglio accertare la situazione. Secondo il ricorrente tuttavia il
dolo eventuale si configurerebbe come un'azione e non come un'omissione di fare
tutto il possibile, atteso che chi prende delle misure per verificare
l'esistenza di un rischio dimostrerebbe di non desiderarne la realizzazione.
Infine l'insorgente contesta pure che a suo carico possa essere ritenuto un
dolo "meno eventuale" di quello del presidente del CdA, giudicato
contemporaneamente, come invece ritenuto in sede cantonale senza alcuna
motivazione.

8.2. Giusta l'art. 12 cpv. 2 CP, commette con intenzione un crimine o un
delitto chi lo compie consapevolmente e volontariamente. Basta a tal fine che
l'autore ritenga possibile il realizzarsi dell'atto e se ne accolli il rischio.
La seconda frase dell'art. 12 cpv. 2 CP definisce la nozione di dolo eventuale
(DTF 133 IV 9 consid. 4), che sussiste laddove l'agente ritiene possibile che
l'evento o il reato si produca e cionondimeno agisce, poiché prende in
considerazione l'evento nel caso in cui si realizzi, lo accetta pur non
desiderandolo (DTF 137 IV 1 consid. 4.2.3).

In mancanza di confessioni, il giudice può, di regola, dedurre la volontà
dell'interessato fondandosi su indizi esteriori e regole d'esperienza. Può
desumere la volontà dell'autore da ciò che questi sapeva, laddove la
possibilità che l'evento si produca era tale da imporsi all'autore, di modo che
si possa ragionevolmente ammettere che lo abbia accettato (DTF 133 IV 222
consid. 5.3 pag. 226). Tra gli elementi esteriori, da cui è possibile dedurre
che l'agente ha accettato l'evento illecito nel caso che si produca, figurano
in particolare la gravità della violazione del dovere di diligenza e la
probabilità, nota all'autore, della realizzazione del rischio. Quanto più grave
è tale violazione e quanto più alta è la probabilità che tale rischio si
realizzi, tanto più fondata risulterà la conclusione che l'agente, malgrado i
suoi dinieghi, aveva accettato l'ipotesi che l'evento considerato si
realizzasse (DTF 138 V 74 consid. 8.4.1; 135 IV 12 consid. 2.3.2 e rinvii).
Altri elementi esteriori rivelatori possono essere il movente dell'autore e il
modo nel quale egli ha agito (DTF 130 IV 58 consid. 8.4; 125 IV 242 consid.
3c).

Il discrimine tra dolo eventuale e negligenza cosciente può rivelarsi delicato,
poiché in entrambi i casi l'autore ritiene possibile che l'evento o il reato si
produca. La differenza si opera quindi al livello della volontà e non della
coscienza. Vi è negligenza, e non dolo, qualora l'autore, per un'imprevidenza
colpevole, agisce presumendo che l'evento, che ritiene possibile, non si
realizzi. Vi è per contro dolo eventuale quando l'autore ritiene possibile che
tale evento si produca e ciononostante agisce, poiché lo prende in
considerazione nel caso in cui si realizzi, accettandolo pur non desiderandolo
(DTF 133 IV 1 consid. 4.1, 9 consid. 4.1; 130 IV 58 consid. 8.3).

Ciò che l'autore sapeva, voleva o ha preso in considerazione sono questioni di
fatto (DTF 138 V 74 consid. 8.4.1 e rinvii) che vincolano di principio il
Tribunale federale, tranne quando i fatti sono stati accertati in modo
manifestamente inesatto o in violazione del diritto (v. art. 105 LTF).

8.3. Dagli accertamenti cantonali risulta in particolare che, venuto a
conoscenza dei sospetti di commissione di reati nell'ambito dell'attività di
ff.________SA, il consiglio d'amministrazione ha disposto una verifica a cura
di N.________, coadiuvato proprio dalle persone denunciate. Il rapporto
scaturitone, che lo stesso ricorrente ha ammesso non aver compreso, non ha
trattato le problematiche sollevate in occasione della riunione del CdA del 13
ottobre 1999. La CARP ha inoltre evidenziato come, alla luce del fallimento del
progetto edilizio riconducibile all'insorgente e finanziato per il tramite
delle società mm.________/ nn.________, i disinvestimenti risultanti nella
finca "oo.________/mm.________-nn.________" della tabella N.________ non
potevano essere considerati delle restituzioni agli investitori del capitale,
bensì delle chiare perdite. Doveva pertanto sorgere il sospetto che i clienti
erano stati tenuti tranquilli con l'inserimento nel loro portafoglio di titoli
T.________/ U.________. Egli avrebbe inoltre dovuto dubitare della copertura
del fondo statunitense, atteso che la concessione di quote per oltre
8'000'000.-- di dollari non si conciliava con pretesi investimenti residui,
indicati nel "rapporto N.________", di 7'334'082.66 di dollari. Ulteriori
timori sulla correttezza della gestione societaria risultavano poi dalla
diminuzione dei ricavi, malgrado un esponenziale aumento della massa in
gestione, e dalla sempre maggiore dipendenza economica di ff.________SA dalle
commissioni di consulenza di ii.________Inc., sulla cui criticità la CFB era
intervenuta più volte. I costi sproporzionati e la scarsa redditività emergono
poi dai rapporti di revisione (v. sentenza impugnata pag. 132) e non sono
dunque il risultato di un apprezzamento soggettivo della CARP, come preteso nel
gravame. A ciò aggiungasi che lo stesso insorgente ha ammesso di essersi
accorto che i dati forniti al CdA relativi alla massa in gestione divergevano,
almeno per alcuni anni, da quelli riportati nei rapporti di revisione. Quale
altro segnale d'allarme la CARP ha anche rilevato la petizione con cui un
cliente di ff.________SA ha adito le vie legali a causa della mancata consegna,
nonostante i ripetuti richiami, degli estratti conto. Considerato il contesto
del momento, le affermazioni ivi contenute avrebbero dovuto apparire quantomeno
inquietanti. Eloquente è poi lo scritto trasmesso dall'insorgente a
ff.________SA con l'indicazione "attestazione su carta ii.________". I giudici
cantonali hanno osservato che, oltre a comprovare la sua piena consapevolezza
sul legame esistente tra le due entità, tale atteggiamento dimostrava che le
dichiarazioni consegnate alla clientela non erano il frutto di un lavoro
scientifico, ma di autocertificazioni.

Alla luce di tutti questi elementi, la gestione di ff.________SA dava adito a
più di un sospetto. Benché la promozione dell'accusa nei confronti di
E.E.________, D.________ e L.________ fosse circoscritta al risanamento della
società, come obiettato nel gravame, essa costituiva nondimeno un'importante
spia di malagestione a carico di persone che ancora avevano in mano le redini
di ff.________SA. Ciò posto e visto l'andamento finanziario della società,
nonché la struttura dei suoi ricavi, non poteva che risultare molto alta la
probabilità di una perdurante malagestione societaria. Accontentandosi di un
rapporto lacunoso e addirittura silente se rapportato alle problematiche
sollevate nel corso della riunione del CdA del 13 ottobre 1999, il
comportamento del ricorrente appare gravemente lesivo del suo dovere di
diligenza verso la società che amministrava (art. 717 cpv. 1 unitamente
all'art. 716a cpv. 1 CO). Non dissipando i timori di una doppia contabilità e
di utilizzo di fondi di nuovi clienti per tacitare quelli che volevano
disinvestire, in particolare, l'insorgente ha dimostrato di accettare simile
eventualità e quindi di commettere una grave negligenza nell'esercizio della
sua professione. Tenuto conto dell'alta probabilità che il rischio si realizzi
e considerata la grave violazione del dovere di diligenza del ricorrente, la
conclusione della CARP sulla sussistenza del dolo eventuale non appare dunque
lesiva dell'art. 12 cpv. 2 CP. E questo a prescindere dal mancato accertamento
sui moventi dell'insorgente. Secondo la giurisprudenza il movente è infatti
solo uno degli elementi da cui è possibile dedurre il dolo (v. supra consid.
8.2).

Quanto al paragone con il dolo ritenuto a carico del presidente della società,
la sentenza impugnata resiste alle critiche ricorsuali. Se è vero che il
presidente ha un ruolo predominante in seno al CdA (v. art. 713 cpv. 1, art.
715 seg. CO) e che C.________ rivestiva questa veste già all'epoca del
risanamento, l'insorgente omette di confrontarsi con gli accertamenti cantonali
che hanno condotto la CARP a ritenere in capo al presidente una consapevolezza
meno diretta e palese rispetto alla sua della gravità della situazione
societaria e dei rischi che pesavano su di essa. Il ricorrente infatti era
consapevole dello stretto legame di ff.________SA con ii.________Inc., avendo
egli messo a disposizione di E.E.________ e di D.________ la
pp.________Familenstiftung, allo scopo di intestarle le azioni della società
americana detenute da questi ultimi, ed essendo ancora lui a fare in modo che
le stesse venissero poi trasferite a un trust, i cui aventi diritto erano
sempre E.E.________ e D.________. L'insorgente intratteneva inoltre uno stretto
rapporto di amicizia e professionale con E.E.________, considerato il
principale artefice delle malversazioni societarie, ed era coinvolto
direttamente in tutte le attività della società, come emerge dalle
dichiarazioni del teste Q.________ citate dalla CARP. Contrariamente al
presidente, che era attivo sulla piazza zurighese, il ricorrente era vieppiù
spesso presente in sede di ff.________SA.

9. 
Quale ulteriore atto di cattiva gestione a carico del ricorrente, la CARP ha
ritenuto la locazione alla società di 7 locali in uno stabile di sua proprietà
per un canone annuo pari a fr. 90'000.-- per il periodo compreso dal 1° ottobre
2000 al giugno 2004, senza che i vani siano mai stati occupati dalla stessa.

9.1. Il ricorrente rileva l'assenza di dimostrazione del carattere inadeguato
della pigione, della contrarietà agli interessi commerciali di ff.________SA
del contratto di locazione, oppure ancora dell'esercizio da parte sua di
un'indebita pressione volta alla conclusione di tale contratto. Rimprovera
inoltre alla CARP di non aver evaso l'obiezione difensiva, secondo cui
l'addebito di un'eventuale spesa inutile e sproporzionata avrebbe dovuto essere
rivolto agli altri membri del CdA e non all'insorgente.

Sul tema, oltre a rilevare che nel periodo in questione la società aveva già
difficoltà ad attraversare il guado, come ritenuto dalla CARP, gli opponenti
7-16 evidenziano che, tenuto conto del mancato utilizzo dei vani da parte della
società, le pigioni sono state corrisposte unicamente nell'interesse economico
dell'insorgente.

9.2. Posto come i locali non siano mai stati occupati dalla società, la loro
locazione non appare avere alcuna giustificazione commerciale, di modo che le
pigioni pagate costituiscono delle spese sproporzionate ai sensi dell'art. 165
CP (v. supra consid. 4) e questo a prescindere da un'eventuale inadeguatezza
del loro importo.
Ciò premesso, si rivela invece fondata la (implicita) censura di violazione del
diritto di essere sentito (su tale diritto v. DTF 139 IV 176 consid. 2.2; 136 I
229 consid. 5.2) per la mancata trattazione dell'obiezione difensiva. Risulta
infatti dal verbale del dibattimento dinanzi alla CARP (pag. 29) che
l'insorgente ha sostenuto che il rimprovero relativo alla locazione dei locali
mai utilizzati avrebbe dovuto essere mosso non a lui, bensì al CdA della
società. I giudici precedenti sono rimasti silenti al riguardo, malgrado
l'argomento non appaia privo di rilevanza ai fini del giudizio. Sembra di
capire che il contratto di locazione sia stato concluso da un lato dal
ricorrente, in veste di locatore, e dall'altro da ff.________SA, in veste di
conduttrice. Non è dato tuttavia di sapere chi abbia rappresentato la società,
se l'insorgente o un altro organo della società. In quest'ultima ipotesi,
l'infrazione non potrebbe essere imputata al ricorrente, ma alla persona fisica
che ha agito in qualità di organo o membro di un organo della persona giuridica
(vecchio art. 172 CP rispettivamente nuovo art. 29 lett. a CP). Sicché
l'insorgente non potrebbe essere ritenuto autore dell'infrazione, ma tutt'al
più istigatore se dati i presupposti di cui all'art. 24 CP. Nel caso in cui
ff.________SA fosse stata rappresentata dal ricorrente medesimo, questi avrebbe
concluso un cosiddetto negozio con sé stesso. Secondo la giurisprudenza, il
contratto con sé stesso è per principio inammissibile a causa del conflitto di
interessi che di regola comporta. Il negozio giuridico concluso in tal modo è
pertanto nullo, a meno che la natura dell'atto escluda il rischio di
pregiudizio per il rappresentato, che questi abbia specialmente autorizzato il
rappresentante ad agire con sé stesso, o che abbia successivamente ratificato
l'atto. Queste regole si applicano pure ai casi di rappresentanza di una
persona giuridica tramite i suoi organi. Anche in una simile eventualità, in
presenza di un rischio di pregiudizio per la società, è necessaria un'esplicita
autorizzazione o una successiva ratifica da parte di un organo paritario o
superiore (DTF 127 III 332 consid. 2a). Considerato il conflitto di interessi,
l'insorgente non poteva quindi rappresentare da solo ff.________SA e l'addebito
di cattiva gestione avrebbe dovuto essere mosso anche a chi ha autorizzato,
rispettivamente ratificato il contratto. Ciò non toglie che, avendo agito come
organo della società, la condanna del ricorrente sarebbe da confermare, giacché
nel diritto penale ognuno risponde del proprio agire, l'eventuale comportamento
antigiuridico altrui non discrimina né attenua la responsabilità per azioni o
omissioni imputabili a propria colpa (DTF 122 IV 17 consid. 2c/bb pag. 24; v.
pure sentenza 6B_310/2014 del 23 novembre 2015 consid. 3.9.5). La CARP dovrà
pronunciarsi in merito, dopo aver completato i fatti e nel rispetto del
principio accusatorio.

10. 
Il ricorrente è stato riconosciuto anche autore colpevole di ripetuta falsità
in documenti, per aver fatto intenzionalmente uso con i suoi clienti
qq.________, R.________, gg.________Inc. e hh.________Corp. SA di false
attestazioni patrimoniali, che la CARP ha definito dei falsi ideologici.

10.1. Pur ammettendo la natura di documento degli estratti patrimoniali
presentati alla clientela, l'insorgente contesta sia la ritenuta loro falsità
sia il loro uso a scopo di inganno. I riepiloghi degli estratti patrimoniali in
atti relativi ai cosiddetti "clienti indiretti" altro non sarebbero che la
trascrizione degli estratti conto delle banche presso cui erano depositati i
titoli. Per quanto concerne la cliente "diretta" qq.________, a cui peraltro
non avrebbe neppure sottoposto il documento, l'estratto conto esprimerebbe il
saldo attivo, ossia il riconoscimento di un debito di ff.________SA nei
confronti della cliente, e conterrebbe la posizione degli investimenti,
indicando i titoli e il loro valore di quotazione. La CARP neppure preciserebbe
quali circostanze sarebbero state attestate in modo inveritiero, tenuto
peraltro conto che, in relazione agli investimenti nei fondi T.________ e
U.________, non risulterebbe il deposito di quote inesistenti o diverse da
quelle effettivamente di pertinenza della cliente, né un NAV (net asset value,
valore dell'attivo netto) diverso da quello pubblicato da TeleKurs. Non vi
sarebbero inoltre riscontri di un'intenzione dell'insorgente di indurre i
clienti in errore.

10.2. Si rende colpevole di falsità in documenti segnatamente chi, al fine di
nuocere al patrimonio o ad altri diritti di una persona o di procacciare a sé o
ad altri un indebito profitto, fa uso a scopo d'inganno, di un documento falso
o menzognero (art. 251 n. 1 cpv. 3 CP; sulle nozioni di documento, di falsità
materiale rispettivamente ideologica v. DTF 142 IV 119 consid. 2.1-2.2 con
rinvii). Vi è uso di un documento ove il documento come tale sia reso
accessibile alla persona destinata a essere ingannata (DTF 120 IV 122 consid.
5c/cc pag. 131). Il reato è intenzionale, il dolo eventuale è sufficiente.
L'autore deve inoltre agire allo scopo di nuocere al patrimonio o ad altri
diritti di una persona o di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto,
precisato che non deve sapere in cosa consista questo profitto (DTF 138 IV 130
consid. 3.2.4). Egli deve viepiù agire con lo scopo di inganno, che risulta
dato dal semplice impiego nel circuito giuridico del documento falso o
menzognero. L'inganno dev'essere volto a suscitare un'errata rappresentazione
circa l'autenticità o la veridicità del documento (DTF 141 IV 369 consid. 7.4).

10.3. La CARP ha fondato l'accertamento del carattere inveritiero dei documenti
in parola sulla perizia EFIN, questa facendo stato di discrepanze tra il
contenuto degli stessi e la reale situazione patrimoniale dei clienti
interessati. Il ricorrente non pretende che l'autorità cantonale abbia valutato
in modo arbitrario tale perizia e nemmeno che questa fosse inconcludente o
lacunosa in punto alla natura menzognera dei documenti. La censura si riduce a
una critica di stampo appellatorio e risulta pertanto inammissibile.
L'insorgente adduce pure l'impossibilità di imputargli l'uso di documenti con
riferimento alla cliente qq.________, non sussistendo riscontri probatori al
riguardo. Disattende tuttavia come proprio dai verbali di interrogatorio del 13
gennaio 2005 rispettivamente del 29 settembre 2010, che cita a sostegno della
sua argomentazione, risulta che, se da un lato ha riferito che i clienti
avevano dei contatti regolari con E.E.________, dall'altro ha ammesso di aver
trasmesso regolarmente agli stessi le situazioni patrimoniali (v. verbali
citati pag. 6 rispettivamente pag. 5), ciò che ne configura senza dubbio un uso
ai sensi dell'art. 251 CP. A riprova del dolo, la CARP si è richiamata alla
richiesta formulata dall'insorgente di far attestare su carta ufficiale della
società dati da lui stesso predefiniti, trasmessa a ii.________Inc. per il
tramite di ff.________SA. Tale richiamo, contrariamente a quanto preteso nel
gravame, non appare insostenibile. Infatti, tra i documenti oggetto
dell'imputazione di falsità figurano anche le attestazioni della società
americana (v. allegato 15 n. 31 alla perizia EFIN esplicitamente menzionato
nella sentenza impugnata pag. 235). Lo scritto del ricorrente non si limitava a
chiedere una conferma o una garanzia alla ii.________Inc. per gli investimenti
della cliente gg.________Inc., ma conteneva un testo ben definito, che avrebbe
dovuto essere riportato su "carta ii.________". Per il resto i giudici
precedenti hanno ritenuto che l'insorgente conosceva il carattere inveritiero
dei documenti in parola ed è solo a comprova di ciò che essi hanno citato la
predetta richiesta, di modo che il fatto che sia posteriore all'uso di
documenti inveritieri imputato nulla muta. Questa consapevolezza costituisce un
accertamento di fatto (v. supra consid. 8.2), vincolante in questa sede (art.
105 cpv. 1 LTF) in difetto di un'adeguata censura ai sensi dei combinati
disposti art. 97 cpv. 1 e 106 cpv. 2 LTF. Quanto all'uso a scopo di inganno,
quello di indebito profitto rispettivamente di nocumento al patrimonio o altri
diritti di una persona non essendo contestato, esso risulta già dato dall'uso
dei documenti come se fossero veritieri (v. supra consid. 10.2).

11. 
L'insorgente è stato condannato anche per titolo di truffa ai danni di
R.________ e dell'ormai defunto marito, per averli indotti a trasferire in data
28 marzo 2000 a favore della ii.________Inc. l'importo di fr. 1'658'273.79
(controvalore) per essere investito nei fondi T.________ e U.________,
sottacendo loro che, quanto meno a far tempo dal novembre 1999, erano
sprovvisti della necessaria copertura e dovendo sapere che di conseguenza non
sarebbe stato fatto alcun investimento, ma che i loro averi sarebbero stati
utilizzati per risarcire altri clienti che chiedevano il disinvestimento. In
sostanza, su consiglio del ricorrente, che conoscevano da 25 anni e di cui si
fidavano, R.________ (classe 1930) e il marito hanno venduto uno stabile di cui
erano proprietari e conferito a ff.________SA il mandato di amministrare il
provento della vendita, ovvero un importo superiore ai 6 milioni di franchi.
L'insorgente non ha mai illustrato loro le caratteristiche legate agli
investimenti nei citati fondi. Ritenuta la posizione di garante del ricorrente,
la CARP ha ravveduto l'inganno astuto, da un lato, nell'aver omesso di rendere
attenti i clienti sul fatto che ff.________SA navigasse in acque burrascose e
che i capitali affidatile venivano sistematicamente malversati, dall'altro
lato, nell'aver evitato di informarli compiutamente sulle caratteristiche dei
fondi di investimento in questione e del fatto che i soldi sarebbero stati
utilizzati per altri scopi.

11.1. Secondo il ricorrente, la CARP avrebbe omesso di descrivere la
fattispecie, non indicando esattamente quali atti penalmente rilevanti avrebbe
compiuto. Contesta che il suo consiglio di affidare la gestione di parte del
patrimonio a ff.________SA e di sottoscrivere investimenti nei citati fondi
possa costituire un inganno astuto. Peraltro non sussisterebbe alcuna prova sul
momento in cui il denaro sarebbe stato utilizzato per altri scopi o sul fatto
che egli potesse sospettarlo. La CARP non avrebbe rilevato alcun suo interesse
personale o indebito profitto, risultante dal comportamento rimproveratogli.
Infine, essa avrebbe ammesso il dolo senza disporre di sufficienti elementi in
merito alla sua consapevolezza di un concreto e serio rischio di malversazione
dei fondi e senza dimostrare che egli potesse accettare la realizzazione di
tale rischio.

11.2. Giusta l'art. 146 cpv. 1 CP si rende colpevole di truffa chiunque, per
procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, inganna con astuzia una
persona affermando cose false o dissimulando cose vere, oppure ne conferma
subdolamente l'errore inducendola in tal modo ad atti pregiudizievoli al
patrimonio proprio o altrui. Sotto il profilo oggettivo, il reato presuppone
che l'autore abbia usato l'inganno, ovvero abbia adottato un comportamento
volto a suscitare in una persona una rappresentazione di fatti oggettivi
presenti o passati diversi dalla realtà. Esso può anche risultare da atti
concludenti (DTF 140 IV 11 consid. 2.3.2). Vi è inganno mediante la
dissimulazione di cose vere quando l'autore si adopera, con le sue affermazioni
o i suoi atti, a nascondere la realtà. Se si limita a tacere o a non rivelare
un fatto, gli può essere imputato un inganno solo se si trovava in una
posizione di garante, ossia se aveva, in virtù della legge, di un contratto o
di un particolare rapporto di fiducia, un obbligo di informare (sentenza 6B_587
/2012 del 22 luglio 2013 consid. 4.1). L'inganno dev'essere astuto (sulla
nozione d'astuzia v. DTF 135 IV 76 consid. 5.2 pag. 81 con rinvii) e deve aver
provocato nella persona ingannata un errore, o confermato un errore pregresso.
Tale errore deve averla indotta ad atti pregiudizievoli al proprio patrimonio o
a quello di un terzo, purché in questo caso ella sia responsabile della sfera
patrimoniale del danneggiato e abbia su tale patrimonio un potere di
disposizione quantomeno di fatto (DTF 133 IV 171 consid. 4.3). Sotto il profilo
soggettivo, l'autore deve aver agito intenzionalmente e allo scopo di
procacciare a sé o ad altri un indebito profitto (DTF 122 IV 246 consid. 3a),
precisato che il dolo eventuale è sufficiente anche per lo scopo di indebito
profitto (v. DTF 118 IV 32 consid. 2a pag. 34).

11.3. L'inganno imputato al ricorrente consiste nella dissimulazione di cose
vere, sottacendo la reale situazione di ff.________SA e dei fondi
d'investimento. Ciò presuppone una posizione di garante che la CARP ha
riconosciuto in capo all'insorgente e che nel gravame non viene contestata. Da
quanto esposto in relazione al reato di cattiva gestione risulta che
l'insorgente già nel novembre 1999 sapeva che l'attività di ff.________SA dava
adito a pesanti sospetti di malversazioni ai danni dei clienti, segnatamente in
relazione all'utilizzo di fondi di nuovi clienti per tacitare coloro che
volevano disinvestire, e che la problematica riguardava in particolare i citati
fondi d'investimento, di cui uno è stato oggetto del più volte citato
inconcludente "rapporto N.________". Queste circostanze non sono state riferite
a R.________ e al marito. Si deve dunque concordare con i giudici cantonali
laddove rimproverano al ricorrente la dissimulazione di cose vere e quindi un
inganno. Anche il carattere astuto dell'inganno va confermato. La CARP ha
stabilito che nell'arco di 25 anni il ricorrente era riuscito a costruire un
rapporto di cieca fiducia e che i coniugi non avevano dimestichezza alcuna con
il mondo della finanza. L'insorgente tenta di contestare quest'ultimo
accertamento con un'argomentazione inconsistente e appellatoria, disattendendo,
da un lato, che esso si fonda sulle dichiarazioni di R.________ - che nemmeno
cerca di mettere in dubbio - e, dall'altro, che il patrimonio liquido di oltre
6 milioni di franchi nulla lascia dedurre in merito alla dimestichezza dei
coniugi con il mondo della finanza, costituendo il provento della vendita del
loro stabile. Ciò posto, i giudici cantonali hanno ritenuto che il ricorrente,
oltre ad avvalersi di documentazione falsa, ha sfruttato la fiducia e la
fragilità dei coniugi, potendo confidare nel fatto che non avrebbero mai
effettuato alcuna verifica. Considerata pure l'accertata e non contestata
assenza di una corresponsabilità delle persone ingannate, l'astuzia appare
data. Infine, l'esistenza di un errore non è censurata e non v'è pertanto
motivo di attardarsi sulla questione. Il ricorrente non nega peraltro che,
sotto l'influenza di questo errore, i coniugi R.________ hanno effettuato degli
atti pregiudizievoli al proprio patrimonio, poco importa al riguardo sapere a
che momento i soldi trasferiti siano stati utilizzati per scopi diversi. In
merito all'aspetto soggettivo della truffa, la CARP, richiamando quanto esposto
in relazione al reato di cattiva gestione, ha ricordato la consapevolezza del
ricorrente dei grossi rischi che i denari investiti nei fondi, la cui solidità
era tutt'altro che scontata, fossero utilizzati per scopi diversi da quelli
illustrati e andassero quindi persi. Tuttavia, come rettamente osservato nel
ricorso, non si pronuncia minimamente sullo scopo di indebito profitto
richiesto dall'art. 146 CP, di modo che questo Tribunale non può verificare
l'adempimento del reato e quindi la correttezza della condanna a questo titolo.
La CARP dovrà quindi esaminare compiutamente l'aspetto soggettivo della truffa,
completando se del caso l'accertamento dei fatti.

12. 
La condanna per ripetuta amministrazione infedele aggravata si riferisce a
dieci fattispecie in cui il ricorrente ha agito nella sua qualità di
amministratore patrimoniale della clientela indiretta di ff.________SA,
commesse tra il gennaio 2000 e l'agosto 2004. Trattasi di clienti diretti
dell'insorgente con i quali era legato da un contratto di mandato di gestione
patrimoniale. In sette casi, l'insorgente ha bonificato vari importi a debito
delle relazioni bancarie intestate rispettivamente a S.________,
gg.________Inc., rr.________Corp., K.________, hh.________Corp. SA,
ss.________Familienstiftung, nonché tt.________Familienstiftung, a favore di
relazioni intestate a ff.________SA, ii.________Inc. o
uu.________Familenstiftung, per essere poi investiti nei fondi T.________ e
U.________. Nelle altre tre fattispecie, il ricorrente ha sottoscritto,
all'insaputa dei clienti, la messa a pegno degli averi riconducibili
rispettivamente a vv.________Inc., ww.________Familenstiftung, nonché
yy.________Familenstiftung, a favore di conti intestati rispettivamente a
ii.________Inc., vv.________Inc., nonché a ff.________SA.

12.1. Si rende colpevole di amministrazione infedele chiunque, obbligato per
legge, mandato ufficiale o negozio giuridico ad amministrare il patrimonio
altrui o a sorvegliarne la gestione, mancando al proprio dovere, lo danneggia o
permette che ciò avvenga (art. 158 n. 1 cpv. 1 CP). L'amministrazione infedele
è aggravata se l'autore ha agito per procacciare a sé o ad altri un indebito
profitto (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP), laddove per profitto s'intende ogni
vantaggio patrimoniale (v. sentenza 6B_494/2015 del 25 maggio 2016 consid.
2.5.1).

Sotto il profilo oggettivo il reato presuppone una posizione di gestore
dell'autore, una violazione di un obbligo scaturente da tale posizione e un
danno. Sotto quello soggettivo, l'autore deve aver agito intenzionalmente, il
dolo eventuale è sufficiente (DTF 129 IV 124 consid. 3.1 e 120 IV 190 consid.
2b relative al vecchio art. 159 CP i cui principi sono stati ribaditi nella
sentenza 6B_310/2014 del 23 novembre 2015 consid. 3.1 concernente l'attuale
art. 158 CP).

12.2. Il ricorrente contesta innanzitutto la realizzazione della forma
aggravata del reato, in assenza della quale esso sarebbe prescritto. La CARP
non accerterebbe un suo personale indebito profitto né indicherebbe chi
l'avrebbe ottenuto, quando e in che misura.

Senza procedere a un distinguo tra i bonifici finalizzati a investimenti nei
già citati fondi e le messe a pegno, la CARP ha ravvisato l'indebito profitto
nel denaro contante che l'insorgente faceva pervenire a ff.________SA (tramite
ii.________Inc.) che poi veniva utilizzato come se fosse di pertinenza della
società e delle persone che vi gravitavano attorno. Ha inoltre aggiunto che la
copertura di tutte le spese di ff.________SA, incluso quanto corrisposto al
ricorrente a titolo di indennità per il CdA e di pigioni, era garantita
esclusivamente dagli apporti in contanti dei nuovi clienti, di modo che anche
quanto percepito dall'insorgente dev'essere considerato un indebito profitto.

In tal modo la CARP descrive il destino riservato almeno in parte ai fondi che
il ricorrente ha bonificato a ff.________SA rispettivamente a ii.________Inc.
Nulla indica invece sugli scopi in quanto tali perseguiti dall'insorgente.
Sennonché l'aggravante di cui all'art. 158 n. 1 cpv. 3 CP è data se, oltre ad
agire intenzionalmente in relazione agli elementi costitutivi del reato,
l'autore è mosso dallo scopo di procacciare a sé o ad altri un indebito
profitto. La sentenza impugnata tuttavia nulla accerta in merito. Nemmeno
ritiene che l'insorgente sapesse o dovesse perlomeno presumere che
ff.________SA si trovava in una situazione tale che riusciva a far fronte alle
proprie spese solo grazie alla distrazione del denaro che le perveniva per
essere investito. Appaiono peraltro dubbie le considerazioni della CARP laddove
ravvede un indebito profitto personale dell'insorgente per quanto
corrispostogli dalla società a titolo di indennità per il CdA e di pigioni,
poiché non accerta che tali prestazioni dipendevano direttamente dall'apporto
di fondi di nuovi clienti. L'opponente 16 osserva che il ricorrente avrebbe
ricevuto nel corso degli anni importanti retrocessioni per l'apporto di nuova
clientela, di modo che lo scopo di indebito profitto sarebbe dato. Nella
replica viene apoditticamente contestata tale conclusione, ma non le
retrocessioni. Al proposito occorre rilevare che la CARP non accerta
esplicitamente il versamento di retrocessioni, che pur sembra ritenere
implicitamente, menzionandole al momento di commisurare la pena (v. sentenza
impugnata pag. 250). Tuttavia non è dato di sapere se siano legate agli atti
oggetto dell'imputazione di amministrazione infedele, non è quindi possibile
stabilire se, percependo le retrocessioni, il ricorrente abbia agito per
procacciare a sé un indebito profitto.

In assenza di (sufficienti) accertamenti sullo scopo perseguito dal ricorrente,
questo Tribunale non può esaminare l'applicazione dell'art. 158 n. 1 cpv. 3 CP.
La CARP dovrà dunque completare i fatti e ripronunciarsi sul tema.

12.3. Secondo l'insorgente, che non contesta il suo ruolo di gestore, la CARP
avrebbe misconosciuto la natura istantanea del reato, nella misura in cui
ritiene che il danno sia intervenuto in seguito alla mancata restituzione dei
fondi investiti, nell'ambito della liquidazione della società intervenuta
diversi anni dopo. Tuttavia non si saprebbe in che momento tali fondi possano
essere considerati persi, in particolare se il danno sia sopravvenuto
immediatamente dopo il loro conferimento. L'ipotesi di un uso sistematico del
denaro investito nei fondi per il pagamento delle spese generali di
ff.________SA non si fonderebbe su alcun accertamento oggettivo.

L'amministrazione infedele è un reato di lesione (  Verletzungsdelikt; 129 IV
124 consid. 3.1) che implica, affinché sia consumato, un danno patrimoniale.
Contrariamente all'opinione del ricorrente non è necessario che il danno sia la
conseguenza immediata e diretta del comportamento del gestore, è sufficiente
che questi permetta a un terzo di provocarlo (BERNARD CORBOZ, Les infractions
en droit suisse, vol. I, 3 ^aed. 2010, n. 10 ad art. 158 CP). Ciò posto,
l'insorgente non si confronta compiutamente con quanto rilevato nella sentenza
impugnata. La CARP ha accertato che le perdite sono il risultato delle
malversazioni di coloro che operavano in seno a ff.________SA, di modo che il
trasferimento di capitali alla società ne ha inevitabilmente e prevedibilmente
comportato un utilizzo delittuoso e dunque un danno: il ricorrente ha
consegnato i fondi amministrati a una società che non li avrebbe utilizzati
nell'interesse degli aventi diritto. Egli inoltre sapeva che gli investimenti
nei due fondi erano l'unica tipologia di utilizzo di denaro che si faceva in
ff.________SA, sicché, come osservato dai giudici cantonali, risulta
infruttuoso sostenere che la scelta delle modalità di collocamento dei soldi
fosse addebitabile unicamente alla società. In simili circostanze appare vana
l'obiezione del ricorrente secondo cui non avrebbe arrecato direttamente il
danno, non avendo egli predisposto concreti atti di investimento.

12.4. In relazione all'aspetto soggettivo, l'insorgente ritiene che il dolo
avrebbe dovuto essere negato a fronte di rimborsi degli investimenti di cui
hanno beneficiato almeno parzialmente alcuni clienti. Rileva poi come non sia
stato accertato che egli abbia conferito mandati o trasferito fondi a
ff.________SA dopo essere venuto a conoscenza di circostanze qualificanti un
rischio di insolvenza. Una sua consapevolezza delle irregolarità operative e
gestionali della società avrebbe potuto essere dedotta, semmai, se avesse
adottato un'attitudine diversa da quella avuta, ossia se si fosse astenuto
sistematicamente dall'affidare alla stessa, di cui era azionista e vice
presidente del CdA, la gestione dei risparmi dei suoi più affezionati clienti.
D'altronde la sua buona fede in merito alla solvibilità dei fondi
d'investimento sarebbe pure dimostrata dal suo impegno personale nei confronti
dell'opponente 18 a garantire solidalmente, in caso di inadempienza di
ii.________Inc., il rimborso del valore di disinvestimento dei titoli
T.________ e U.________, elemento arbitrariamente negletto dalla CARP. Inoltre
i giudici cantonali avrebbero concluso per la sussistenza di un dolo eventuale
senza disporre di elementi sufficienti in merito alla consapevolezza che,
trasferendo il denaro dei suoi clienti, creasse un rischio concreto e serio di
un danno e senza dimostrare che egli potesse accettare la realizzazione di tale
rischio.

12.4.1. Per l'autorità cantonale, il ricorrente ha agito con dolo eventuale. A
conoscenza del rischio che in ff.________SA si commettessero delle
malversazioni ai danni dei clienti, con particolare riferimento al fondo
T.________, egli era cosciente che qualsiasi trasferimento di denaro alla
stessa o a ii.________Inc. fosse indubbiamente svantaggioso e rischioso.
L'insorgente ha assunto e accettato il rischio che il patrimonio dei clienti
che si fidavano di lui subisse nocumento.

12.4.2. Per quanto già esposto in merito al reato di cattiva gestione (v. supra
consid. 8.3), non risulta arbitraria l'accertata consapevolezza del ricorrente
sui rischi inerenti l'attività di ff.________SA e i fondi di investimento. Dal
fatto di aver effettuato cospicui trasferimenti di denaro dei suoi clienti
senza aver dissipato i timori di malversazioni non si può che dedurre che abbia
anche accettato tale rischio, pur non desiderandolo. Nulla muta a questo
riguardo l'impegno del ricorrente a rispondere solidalmente del disinvestimento
dell'opponente 18. Non si conoscono e, salvo un generico rinvio a una sentenza
della Pretura, nemmeno il gravame espone le circostanze in cui tale impegno è
stato assunto. Nelle sue osservazioni l'opponente 18 le menziona brevemente,
trattasi però di fatti che questo Tribunale non può considerare, non essendo
accertati nella sentenza impugnata (art. 105 cpv. 1 LTF). Da quest'ultima
emerge unicamente che suddetto impegno è stato preso con scritto del 14 giugno
2004, ovvero in un periodo in cui la CFB si interessava da vicino all'attività
di ff.________SA (v. supra fatti A.e). Peraltro non risulta, né il ricorrente
pretende, che si sia impegnato anche nei confronti di tutti gli altri clienti
interessati, di modo che non può essere desunto alcunché in relazione
all'invocata buona fede. È vero che, nell'esame del dolo, la CARP non ha tenuto
conto dei (parziali) rimborsi che pur accerta. Se ne deve dedurre che li ha
considerati irrilevanti, ciò che non appare arbitrario. Infatti, considerato
che uno dei sospetti sollevati già nella riunione del CdA del 13 ottobre 1999,
su cui non è stata fatta luce, concerneva l'ipotesi che il disinvestimento di
alcuni clienti fosse finanziato attraverso denaro di nuovi clienti, il
(parziale) rimborso di cui hanno beneficiato alcuni suoi clienti diretti nulla
permette di concludere in merito alla bontà degli investimenti e alla buona
fede del ricorrente. Ininfluente risulta infine l'obiezione secondo cui non
avrebbe trasferito capitali alla società una volta a conoscenza di circostanze
qualificanti un rischio di insolvenza. L'avesse fatto, si porrebbe
eventualmente la problematica di un dolo diretto.

12.5. Il ricorrente si china poi su ciascuna delle fattispecie relative ai
trasferimenti di denaro. Le relative censure saranno trattate nella misura in
cui concernono questioni non evase nei considerandi che precedono (v. supra
consid. 12.3 e 12.4).

12.5.1. In relazione alle condanne per amministrazione infedele ai danni di
ss.________Familienstiftung e di tt.________Familienstiftung, l'insorgente
lamenta un accertamento manifestamente errato del danno. Questo non si
desumerebbe dal rapporto EFIN. Peraltro nessuna delle due fondazioni si sarebbe
costituita accusatrice privata e nemmeno avrebbe fatto valere la propria
pretesa nella graduatoria, per cui si può dedurre che siano state rimborsate.
La censura è infondata. Riferendosi al rapporto EFIN e al relativo allegato 6B,
la CARP ha ritenuto un danno pari a fr. 402'313.73 per
ss.________Familienstiftung e a fr. 129'525.40 per tt.________Familienstiftung.
Se è vero che nel citato allegato 6B, l'EFIN menziona esclusivamente
trasferimenti di denaro per i citati importi dai conti delle due fondazioni,
senza specificare che vi sia stato un danno, tale danno risulta
inequivocabilmente dall'allegato 6del rapporto EFIN costituito da una tabella
riassuntiva del denaro raccolto dai clienti indiretti di ff.________SA per i
quali è stato ritenuto uno scoperto. Nella finca relativa ai rimborsi per
entrambe le fondazioni è indicato l'importo di fr. 0.0, mentre in quella
concernente lo scoperto figurano le somme sopraccitate, cosicché gli
accertamenti contestati non appaiono arbitrari. Che le due entità non si siano
costituite accusatrici private nulla muta perché, oltre al fatto che non ci si
trova in una costellazione in cui l'amministrazione infedele sarebbe punibile
unicamente a querela di parte (art. 158 n. 3 CP), da ciò non è possibile
dedurre l'inesistenza di un danno, ma unicamente la rinuncia a partecipare al
procedimento penale e a far valere in questo contesto pretese civili. Quanto
poi al riferimento alla graduatoria, quella in atti non elenca singolarmente i
creditori e le relative pretese, di modo che le asserzioni ricorsuali si
fondano su fatti non accertati e su prove non contenute nell'incarto e
risultano pertanto inammissibili. Abbondanzialmente rilevasi che l'assenza di
una pretesa in graduatoria da sola non permette di escludere l'esistenza di un
danno, ma soltanto di concludere per l'eventuale volontà del creditore di
rinunciare a far valere la sua pretesa. Infine notisi ancora che per la
realizzazione del reato è sufficiente un danno temporaneo (DTF 123 IV 17
consid. 3d).

12.5.2. L'insorgente si duole anche delle valutazioni delle dichiarazioni degli
aventi diritto di hh.________Corp. SA, di ss.________Familienstiftung e di
tt.________Familienstiftung, nonché di K.________. Oltre a non sostanziare
arbitrio alcuno, egli non spiega che influenza concreta le sue vaghe critiche
possano avere sull'esito del procedimento, cosicché esse risultano
inammissibili e sfuggono a un esame di merito. Di transenna rilevasi che il
ricorrente neppure illustra quale interesse avessero in particolare gli aventi
diritto delle citate fondazioni a sottolineare la loro estraneità agli
investimenti, come avanzato nel gravame, considerato che non si sono costituite
accusatrici private e, secondo quanto preteso dallo stesso insorgente, neanche
risultano in graduatoria.

12.6. Con riferimento alla messa a pegno dei conti dei clienti del ricorrente
su cui disponeva del diritto di firma individuale, volte a garantire operazioni
di finanziamento di cui hanno beneficiato ff.________SA rispettivamente
ii.________Inc., l'insorgente lamenta la mancata considerazione degli argomenti
difensivi e dei documenti volti a sostanziare un ragionevole dubbio sulla
paternità della sottoscrizione degli atti di pegno dei conti di
ww.________Familenstiftung e di vv.________Inc., che avrebbero dovuto imporre
il suo proscioglimento per mancanza di prove in applicazione del principio in
dubio pro reo. Sotto il profilo materiale, il ricorrente contesta la
realizzazione del danno, non essendo stati posti limiti dalla banca
all'utilizzo dei conti messi a pegno e dunque non sussistendo alcuna
diminuzione del valore economico del patrimonio degli interessati. Infine
critica la CARP per non aver ritenuto una sua capacità di restituzione,
concludendo così all'adempimento dell'aspetto soggettivo del reato.

12.6.1. Sulla contestata paternità delle sottoscrizioni delle messe a pegno, la
CARP, dopo aver illustrato l'evoluzione delle dichiarazioni istruttorie del
ricorrente, non ha seguito la tesi difensiva ritenendola una giustificazione
creata ad arte. Ha evidenziato la tardività con cui è stata sollevata
l'eccezione di falso, nonché le modalità titubanti, poco lineari e per certi
versi addirittura contraddittorie in cui è stata presentata e infine ha
rilevato l'assenza di riscontri sull'inoltro di una formale denuncia per
falsità in documenti. A ciò aggiungasi la fretta con cui il 9 luglio 2004
l'insorgente si è recato in banca portando seco più di un milione di franchi, a
cui si sono aggiunti fr. 300'000.-- bonificati in data 12 agosto 2004, per
evitare l'escussione dei pegni e ottenere la loro estinzione. Infine la CARP
non ha ravvisato motivi per cui l'istituto bancario o suoi funzionari avrebbero
dovuto mentire o falsificare la documentazione di messa a pegno, rilevando
l'assenza di elementi agli atti che consentano anche solo di ipotizzare che a
ff.________SA rispettivamente a ii.________Inc. la banca abbia concesso un
credito in bianco e poi, per garantire l'operazione azzardata, creato
illecitamente una serie di pegni di beni di clienti terzi, non direttamente
legati alle due società.

Le critiche ricorsuali si riducono a sollevare generici dubbi fondati su
pretesi usi bancari e sull'incompletezza della documentazione, in particolare
sull'assenza di "Faustpfandbestätigungen" e di lettere che annunciano la
concessione di un credito garantito dai conti messi a pegno. L'insorgente
propone possibili moventi a un'asserita falsificazione (in senso lato) degli
atti di messa a pegno. L'argomentazione risulta di stampo appellatorio e
disattende che, sotto il profilo della valutazione delle prove, l'invocato
principio in dubio pro reo si confonde con il divieto generale dell'arbitrio (
DTF 138 V 74 consid. 7 pag. 82), che l'insorgente non sostanzia. D'altra parte
omette completamente di confrontarsi con la valutazione cantonale delle sue
stesse dichiarazioni che ha condotto la CARP a ritenere l'eccezione di falsità
una giustificazione creata ad arte.

12.6.2. Nel merito la CARP ha rilevato che la messa a pegno di averi di
clienti, senza garanzie di sorta e senza coperture, a favore di terzi privi di
legami con loro, costituiva una messa in pericolo concreta del loro patrimonio
e dunque un danno ai sensi dell'art. 158 CP. Ha osservato che la costituzione
di garanzie a tutela di crediti concessi a terzi crea un debito condizionale
che aumenta, anche solo temporaneamente, i passivi a carico degli aventi
diritto economici sui beni messi a pegno, di modo che i loro interessi
pecuniari sono stati tangibilmente compromessi. Ha quindi aggiunto che in
concreto la messa a pegno in favore di un credito lombard concesso senza
indicazione di limiti a ii.________Inc., che si sapeva o doveva sapere essere
priva di fondi, ha comportato un pregiudizio per i capitali dei clienti
interessati che "solo per un pelo" è rimasto a livello di messa in pericolo.
Difatti se il ricorrente non fosse intervenuto a coprire il debito, l'istituto
bancario avrebbe fatto capo ai pegni.

Nella DTF 121 IV 104 relativa alla costituzione di garanzie, dopo aver
affermato che la nozione di danno nell'ambito dell'amministrazione infedele
comprende anche una messa in pericolo del patrimonio tale da comportare una
riduzione del suo valore economico (consid. 2c), il Tribunale federale ha
concluso che, per ammettere la realizzazione del danno, non è necessario che vi
sia stata una chiamata alla garanzia, potendo essere sufficiente il rischio di
una tale chiamata (consid. 2d). In caso di costituzione di pegni, si deve
dunque ritenere una messa in pericolo del patrimonio penalmente rilevante, e
quindi un danno, laddove sussista il rischio di realizzazione dei pegni. E
questo rischio è stato ritenuto dalla CARP, atteso che i pegni garantivano un
credito lombard, concesso senza indicazione di limiti, a una società priva di
fondi, accertamento quest'ultimo non contestato nel gravame. Il ricorrente
nemmeno critica l'importanza del rischio comprovata dal fatto, peraltro
riconosciuto, che se non fosse intervenuto a coprire il debito, l'istituto
bancario si sarebbe rifatto sui pegni. In queste circostanze è senza violare il
diritto che la CARP ha ammesso la realizzazione del danno.

Che poi, come eccepito nel ricorso unicamente in relazione al pegno dei beni di
vv.________Inc., dall'estratto conto non risultasse la messa a pegno, nulla
muta. Infatti non sussiste alcun obbligo di menzionare negli estratti bancari
la messa a pegno di attivi (v. CARLO LOMBARDINI, Droit bancaire suisse, 2 ^aed.
2008, pag. 893 n. 52). L'insorgente cerca di obiettare che i pegni non erano
effettivi, adducendo come dall'estratto conto risultino importanti prelievi,
circostanza negletta dai giudici cantonali. La sentenza impugnata, invero un
po' succinta in relazione ai pegni, accerta nondimeno che sono stati messi a
pegno i beni di vv.________Inc. depositati sul conto 999. Orbene, dall'allegato
1 del rapporto EFIN emerge che suddetto conto era composto da più sottoconti. I
prelievi menzionati nel gravame concernono però solo uno di questi sottoconti,
di modo che da essi non è possibile dedurre che i pegni non erano effettivi e
difatti nemmeno il ricorrente pretende che tali operazioni siano state
possibili per tutti i sottoconti, né che sia stato possibile disporre a
piacimento degli averi depositati per tutta la durata del pegno. L'effettività
del pegno è poi dimostrata dal fatto che egli stesso si è recato presso
l'istituto bancario per coprire il saldo debitorio di ii.________Inc. ed
evitare l'escussione dei pegni, ottenendo la loro estinzione.

12.6.3. Quanto infine alla capacità di restituzione (  Ersatzbereitscharft),
trattasi di un elemento rilevante unicamente laddove l'autore
dell'amministrazione infedele ha agito per procurare a sé o ad altri un
indebito profitto (art. 158 n. 1 cpv. 3 CP; v. DTF 121 IV 104 consid. 2e,
nonché sentenza 6B_825/2010 del 27 aprile 2011 consid. 6). Considerato che la
CARP dovrà ripronunciarsi sull'aggravante di questo reato completando gli
accertamenti (v. supra consid. 12.2), ci si potrebbe esimere dall'esaminare le
censure al riguardo. Per economia processuale si rileva comunque quanto segue.

La CARP ha escluso una capacità di restituzione del ricorrente, sia a causa del
suo atteggiamento, disponendo con leggerezza e senza scrupoli degli averi di
persone che si erano fidate di lui invece di cercare altre soluzioni, sia
perché per saldare il debito verso la banca ha in parte dovuto ricorrere a
prestiti di terzi. Se è vero che, come obiettato nel gravame, la prima ragione
appare inconferente per giudicare una capacità di restituzione, il secondo
motivo è per contro pertinente. È assodato e non contestato che il ricorrente
ha fatto fronte alle pretese della banca in parte con denaro prestatogli.
Secondo la giurisprudenza, sussiste una capacità di restituzione quando il
denaro è a portata di mano dell'autore, non invece laddove egli se lo debba
procurare presso terzi che non sono tenuti a fornirgli alcuna prestazione, come
per esempio in caso di prestiti. Tale capacità presuppone quindi che l'autore
disponga di mezzi propri (DTF 118 IV 27 consid. 3b pag. 30; v. pure sentenz a
6B_827/2008 del 7 gennaio 2009 consid. 1.4). Poiché il ricorrente ha dovuto far
capo anche a prestiti di terzi, l'autorità cantonale a ragione ha negato
sussistere una capacità di restituzione.

13. 
La CARP ha riconosciuto l'insorgente autore colpevole di 3 imputazioni di
ripetuta appropriazione indebita aggravata, per avere in data 30 aprile 2004
trasferito, all'insaputa dei clienti, euro 193'863.--, fr. 270'000.-- e fr.
160'000.-- a debito dei conti intestati rispettivamente a dd.________Inc.,
vv.________Inc. e hh.________Corp. SA presso ccc.________, sui quali disponeva
diritto di firma individuale, utilizzando tali importi per il finanziamento di
una transazione immobiliare della società bbb.________SA di cui era
amministratore unico. In corso di inchiesta, i suddetti clienti hanno ottenuto
il rimborso degli importi, rimanendo unicamente uno scoperto di fr. 7'000.-- a
favore di hh.________Corp. SA.

13.1. Benché sia stato qualificato gerente di patrimoni, il ricorrente rileva
che la CARP non avrebbe accertato la violazione di esplicite e comprovate
istruzioni dei clienti. Osserva che le somme in questione sarebbero state
conferite a bbb.________SA a titolo di mutuo fruttifero, di modo che non
sussisterebbe impoverimento, neanche temporaneo: egli si sarebbe limitato a
investire il denaro mediante un finanziamento a terzi con un diritto
contrattuale di rimborso diretto. Essendo autorizzato a effettuare degli
investimenti, non avrebbe utilizzato senza diritto i valori patrimoniali
affidatigli. Non sussisterebbe pertanto né appropriazione né disegno di
procurare a sé o a terzi un indebito profitto. L'insorgente lamenta infine un
accertamento manifestamente errato, nella misura in cui l'autorità cantonale
avrebbe ritenuto un saldo scoperto della cliente hh.________Corp. SA pari a fr.
7'000.--.

13.2. Si rende colpevole di appropriazione indebita giusta l'art. 138 n. 1 cpv.
2 CP chiunque, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto,
indebitamente impiega a profitto proprio o di un terzo valori patrimoniali
affidatigli. Sussiste appropriazione indebita aggravata segnatamente qualora
l'autore abbia agito in qualità di gerente di patrimoni (art. 138 n. 2 CP;
sulla nozione di gerente di patrimoni v. sentenza 6B_415/2010 del 1° settembre
2010 consid. 4.3.1 con rinvii). Il reato è oggetto di abbondante
giurisprudenza, a cui per brevità si rinvia (DTF 133 IV 21 consid. 6; 129 IV
257 consid. 2.2.1). Basti qui ricordare che, sotto il profilo oggettivo,
l'infrazione presuppone in particolare l'esistenza di valori patrimoniali
affidati. Ciò implica che l'autore ha ottenuto la possibilità di disporne, ma
che, in virtù di un accordo (espresso o tacito) o in base a un altro rapporto
giuridico, possa farne un uso determinato nell'interesse dell'affidante,
segnatamente conservarli, amministrarli o consegnarli a qualcun altro (DTF 133
IV 21 consid. 6.2 pag. 27). L'art. 138 n. 1 cpv. 2 CP non tutela la proprietà,
bensì il diritto di colui che ha affidato i valori patrimoniali a un loro
utilizzo conforme allo scopo fissato e alle istruzioni impartite. L'elemento
caratteristico di questo reato è dunque il comportamento con cui l'autore
dimostra chiaramente la sua volontà di non rispettare i diritti dell'affidante
(DTF 133 IV 21 consid. 6.1.1; 129 IV 257 consid. 2.2.1).

13.3. Nella misura in cui l'insorgente lamenta un accertamento manifestamente
inesatto con riferimento all'importo residuo di fr. 7'000.-- che non sarebbe
stato restituito a hh.________Corp. SA, rinviando all'istanza di rettifica
della sentenza impugnata, la sua critica si appalesa inammissibile. La
motivazione della censura deve infatti essere contenuta nell'atto di ricorso
medesimo (art. 42 cpv. 1 LTF; DTF 140 III 115 consid. 2 pag. 116).

Per il resto, tutta l'argomentazione ricorsuale parte dal presupposto che il
conferimento del denaro a bbb.________SA sarebbe avvenuto a titolo di mutuo
fruttifero. Nulla di simile è però accertato dalla CARP, senza che al riguardo
sia censurata una violazione del diritto, di modo che questo Tribunale non può
tenerne conto (art. 105 cpv. 1 LTF).

È vero che, come osservato nel gravame, la CARP non precisa quali istruzioni
abbia violato. Accerta nondimeno l'esistenza tra il ricorrente e i clienti in
questione di un ampio mandato di gestione e sottolinea come il conferimento del
denaro a bbb.________SA è avvenuto senza il consenso dei titolari dei conti
addebitati, ciò che il ricorrente non contesta. Ora, il riferimento all'assenza
del consenso non può essere compreso se non come la violazione degli scopi
fissati dagli affidanti. D'altronde non si scorge in che modo il trasferimento
del denaro a bbb.________SA, per finanziare un'operazione immobiliare
effettuata per fini propri a quest'ultima, possa essere considerato un
investimento nell'interesse dei mandanti, interesse sotteso a ogni mandato di
gestione. D'altra parte, la CARP ha accertato che gli averi affidati
all'insorgente da hh.________Corp. SA costituivano la "cassaforte di famiglia"
e dunque potevano essere investiti unicamente in operazioni a basso rischio.
Non risulta, e nemmeno il contrario è preteso nel gravame, che nel conferire il
denaro a bbb.________SA il ricorrente si sia premurato di ottenere delle
garanzie alle pretese di restituzione dei clienti. Né può essere seriamente
negata la sussistenza di un danno (sul danno quale elemento costitutivo
oggettivo dell'art. 138 CP v. DTF 111 IV 19 consid. 5). È indubbio che quanto
messo in atto ha comportato una diminuzione del saldo attivo dei conti dei
clienti interessati, quindi un danno, e questo a prescindere da una pretesa di
restituzione (v. DTF 90 IV 130). Quanto infine allo scopo di indebito profitto
appare pure dato, bbb.________SA avendo beneficiato di fondi a cui non aveva
diritto. La CARP ha vieppiù negato una capacità di restituzione del ricorrente,
senza che siano sollevate censure in merito. La condanna dell'insorgente per
appropriazione indebita non viola pertanto il diritto federale.

14. 
Il ricorrente lamenta anche un errato riconoscimento delle pretese degli
accusatori privati, di cui chiede l'annullamento, da un lato, quale conseguenza
del postulato proscioglimento, dall'altro, perché "avvenuto in modo sommario e
superficiale con riguardo a quanto previsto dall'art. 126 cpv. 3 CPP". Gli
accusatori privati avrebbero dovuto essere rinviati al foro civile, le loro
pretese non essendo "correttamente quantificate secondo i criteri di legge". La
sua condanna al pagamento delle pretese civili sarebbe avvenuta senza
riferimento alcuno ai criteri articolati del CO sulla responsabilità degli
amministratori nei confronti dei creditori sociali in caso di fallimento e
senza tener conto di una possibile concolpa degli stessi.

Se l'imputato è dichiarato colpevole il giudice pronuncia sull'azione civile
promossa in via adesiva (art. 126 cpv. 1 CPP). Riservate le eccezioni di cui
all'art. 126 cpv. 2-4 CPP, il giudice è tenuto a emanare una decisione in
merito all'azione adesiva (sentenza 6B_75/2014 del 30 settembre 2014 consid.
2.4.3). Egli può tuttavia limitarsi a pronunciare una decisione di principio
sulle pretese civili, qualora il giudizio completo delle stesse comportasse un
onere sproporzionato (art. 126 cpv. 3 CPP). Questo onere sproporzionato si
riferisce all'assunzione delle prove e non alla complessità delle problematiche
giuridiche sollevate dall'azione civile (v. Messaggio del 21 dicembre 2005
concernente l'unificazione del diritto processuale penale, FF 2006 1081 n.
2.3.3.4).

Premesso che l'insorgente non lamenta la violazione del diritto a una decisione
motivata, le critiche ricorsuali appaiono incomprensibili e carenti di
motivazione. L'entità del danno patito dagli accusatori privati è stata
stabilita sulla base del rapporto EFIN e la sua determinazione non ha
comportato oneri sproporzionati, visto peraltro che dinanzi alla CARP la difesa
non ha sollevato censure particolari al riguardo. I giudici cantonali hanno poi
rinviato gli accusatori privati al competente foro civile per le restanti
richieste di indennizzo in applicazione dell'art. 126 cpv. 2 lett. b CPP. Il
ricorrente non spiega quali ulteriori prove sarebbero state necessarie per il
giudizio sulle pretese civili, la cui assunzione avrebbe implicato un onere
sproporzionato, né sostanzia oltre i motivi per cui ritiene che le pretese
avanzate non sarebbero state "correttamente quantificate secondo i criteri di
legge". Neppure illustra quali disposti del CO sarebbero violati dalla sua
condanna a risarcire gli accusatori privati. Non si giustifica quindi
attardarsi oltre sull'argomento, salvo osservare che, in seguito
all'accoglimento del ricorso in punto alla condanna per titolo di ripetuta
amministrazione infedele aggravata, decadono i risarcimenti pronunciati in
favore degli accusatori privati danneggiati da questo reato e limitatamente al
danno che ne è scaturito.

15. 
Contestata è inoltre la condanna al risarcimento compensatorio che secondo
l'insorgente violerebbe l'art. 71 cpv. 1 CP, perché egli non avrebbe tratto
alcun vantaggio patrimoniale dai reati per i quali è stato riconosciuto
colpevole. La CARP avrebbe disatteso il principio della specialità. Inoltre, a
fronte all'impossibilità di verificare la sussistenza iniziale di beni
confiscabili, sarebbe illogica l'ipotesi di un loro consumo quale presupposto
del risarcimento compensatorio. Il ricorrente lamenta inoltre l'assenza di una
chiara spiegazione in merito alla determinazione dell'importo ritenuto e una
disparità di trattamento rispetto ai suoi coimputati.

15.1. L'insorgente è stato condannato per cattiva gestione (v. supra consid.
3-9), ripetuta falsità in documenti (v. supra consid. 10), truffa (v. supra
consid. 11), ripetuta amministrazione infedele aggravata (v. supra consid. 12)
e ripetuta appropriazione indebita aggravata (v. supra consid. 13). Queste
condanne hanno trovato conferma in questa sede, eccezion fatta per quelle di
cattiva gestione con riferimento alle pigioni per i locali mai occupati dalla
società, di truffa e di ripetuta amministrazione infedele aggravata, per cui
sono necessari ulteriori accertamenti in punto alle persone che hanno concluso
a nome della società il contratto di locazione rispettivamente allo scopo di
indebito profitto di cui agli art. 146 e 158 n. 1 cpv. 3 CP. Quest'ultimo
aspetto è decisivo anche per quanto riguarda il risarcimento equivalente qui in
discussione, atteso che la maggior parte dei valori patrimoniali che la CARP ha
ritenuto confiscabili risultano proprio da questi reati patrimoniali. Se,
completati gli accertamenti, i giudici cantonali dovessero negare l'adempimento
della forma aggravata dell'amministrazione infedele e constatare l'intervenuta
prescrizione del reato sostenuta dal ricorrente, non sarebbe nemmeno più
possibile una confisca rispettivamente un risarcimento equivalente (v. art. 70
cpv. 3 CP rispettivamente vecchio art. 59 n. 1 cpv. 3 CP). In caso contrario,
invece, sorgerebbe nuovamente e in termini pressoché identici la problematica
sottoposta a questo Tribunale, di modo che, per economia processuale e
considerato che il principio di celerità è già stato violato, si impone
comunque di esaminare le censure sollevate al riguardo.

15.2. Giusta l'art. 70 cpv. 1 CP, il giudice ordina la confisca dei valori
patrimoniali che costituiscono il prodotto di un reato o erano destinati a
determinare o a ricompensare l'autore di un reato, a meno che debbano essere
restituiti alla persona lesa allo scopo di ripristinare la situazione legale.
Se l'importo dei valori patrimoniali sottostanti a confisca non può essere
determinato o può esserlo soltanto con spese sproporzionate, il giudice può
procedere a una stima (art. 70 cpv. 5 CP). Se i valori patrimoniali sottostanti
alla confisca non sono più reperibili, il giudice ordina in favore dello Stato
un risarcimento equivalente; nei confronti di terzi, tuttavia, il risarcimento
può essere ordinato soltanto per quanto non sia escluso giusta l'art. 70 cpv. 2
CP (art. 71 cpv. 1 CP; risarcimento compensatorio). Scopo di tale risarcimento
è quello di evitare che la persona che ha disposto di beni soggetti a confisca
sia avvantaggiata rispetto a chi li ha conservati. Questa misura si sostituisce
alla confisca in natura e, rispetto a quest'ultima, non deve dunque comportare
né vantaggi né inconvenienti. In ragione della sua natura sussidiaria, il
risarcimento compensatorio può essere pronunciato solo se, nel caso in cui i
valori patrimoniali fossero stati disponibili, la confisca sarebbe stata
pronunciata (DTF 140 IV 57 consid. 4.1.2 pag. 62).

La confisca e il risarcimento in favore dello Stato si fondano sul principio
che il crimine non deve pagare (DTF 139 IV 209 consid. 5.3 pag. 211). In virtù
del principio della specialità, possono essere confiscati unicamente i valori
patrimoniali che costituiscono il risultato diretto dell'infrazione o che erano
destinati a determinare o ricompensare l'autore del reato, oppure i loro
surrogati (DTF 136 IV 4 consid. 6.6 pag. 14). Secondo la giurisprudenza, il
reato dev'essere la causa essenziale e adeguata dell'ottenimento dei valori
patrimoniali e questi devono provenire tipicamente dal reato in questione. Deve
quindi esistere, tra il reato e l'ottenimento dei valori patrimoniali un nesso
causale tale da fare apparire il secondo come la conseguenza diretta e
immediata del primo (DTF 141 IV 155 consid. 4.1 pag. 162). È in particolare
questo il caso quando l'ottenimento dei valori patrimoniali costituisce un
elemento oggettivo o soggettivo del reato o quando rappresenta un vantaggio
diretto derivante dalla commissione dell'infrazione. Per contro, i valori
patrimoniali non possono essere considerati come il risultato del reato, quando
quest'ultimo ha soltanto facilitato il loro ottenimento ulteriore mediante un
atto successivo senza connessione immediata con il reato stesso (DTF 137 IV 79
consid. 3.2 pag. 80).

Sono soggetti a confisca tutti i vantaggi economici illeciti, valutabili in
denaro, suscettivi di essere cifrati, se del caso, nell'ambito di una decisione
sul risarcimento compensatorio. Possono presentarsi sotto forma di un aumento
degli attivi, una diminuzione dei passivi, una mancata diminuzione degli attivi
oppure di un mancato aumento dei passivi. La nozione di valori patrimoniali di
cui agli art. 70 seg. CP è vasta e comprende, oltre a cose materiali, quali il
denaro contante, le pietre preziose o beni immobili, anche diritti reali
limitati, i crediti (come gli averi in conto), le carte valore e i diritti
immateriali (sentenza 6S.667/2000 del 19 febbraio 2001 consid. 2b).

15.3. Considerando che tutto quanto apportato dai clienti in ff.________SA è
stato utilizzato in maniera contraria ai loro interessi e consumato nella sua
quasi integralità, la CARP ha concluso che l'attività societaria, la copertura
dei costi, delle evoluzioni e la sopravvivenza in generale della società
dipendevano interamente dai profitti degli atti illeciti. Ha quindi concluso
che tutto quanto incassato dall'insorgente, in qualsiasi forma, da
ff.________SA e da ii.________Inc. dev'essere ritenuto confiscabile. Poiché le
somme in questione non sono più rintracciabili, essa lo ha condannato a un
risarcimento equivalente, confermando l'importo di 7 milioni di franchi
stabilito in prima istanza solo perché limitata dal rispetto del divieto della
reformatio in peius.

Alla luce dei principi appena esposti, queste considerazioni, scarne e alquanto
approssimative, non possono essere tutelate. Richiamando quanto dichiarato
dall'insorgente nel suo verbale di interrogatorio del 18 marzo 2011, la CARP ha
ritenuto confiscabili gli importi versatigli da ff.________SA a titolo di
emolumenti del CdA e di pigioni (per complessivi fr. 415'000.--) a cui ha
aggiunto i capitali oggetto dei reati patrimoniali imputati all'insorgente.
Sennonché i fatti esposti nella sentenza impugnata non permettono di concludere
che l'integralità di questi importi abbiano profittato al ricorrente. Al
contrario, risulta che i capitali (della truffa rispettivamente
dell'amministrazione infedele) sono stati bonificati dai conti dei danneggiati
a conti intestati a ff.________SA rispettivamente a ii.________Inc., o ancora a
uu.________Familenstiftung. Non emerge peraltro che queste entità fossero in
realtà da identificare con la persona dell'insorgente. Aggiungasi viepiù che,
nell'ambito dell'amministrazione infedele aggravata, è considerato prodotto del
reato ai sensi dell'art. 70 cpv. 1 CP, l'indebito profitto di cui all'art. 158
n. 1 cpv. 3 CP (NIKLAUS SCHMID, in Kommentar Einziehung, organisiertes
Verbrechen, Geldwäscherei, vol. I, 2 ^aed. 2007, n. 31 ad art. 70-72 CP). Tale
indebito profitto può essere procacciato in favore dell'autore medesimo e/o di
terzi. Sarebbero dunque confiscabili in capo al ricorrente ad esempio i valori
patrimoniali da questi ottenuti quali commissioni o retrocessioni per l'apporto
dei capitali in parola nelle diverse entità e, se non più reperibili, sarebbe
possibile condannarlo a un risarcimento compensatorio di pari importo. Per
quanto concerne poi gli emolumenti del CdA e le pigioni percepite
dall'insorgente, non possono essere considerati come la conseguenza diretta e
immediata dei reati imputatigli. Risultano piuttosto essere la remunerazione
per prestazioni effettivamente fornite alla società dall'insorgente. Sotto
questo aspetto, benché all'origine dei reati che hanno consentito alla società
di disporre dei fondi per pagare tali importi, la posizione del ricorrente
sarebbe piuttosto da accostare a quella di un terzo acquirente ai sensi
dell'art. 70 cpv. 2 CP (sulle nozioni di terzo acquirente rispettivamente di
beneficiario nell'ambito della confisca v. sentenza 6B_80/2011 dell'8 settembre
2011 consid. 4.2-4.3). Sarebbe dunque concepibile ordinare un risarcimento
compensatorio per le somme in questione nella misura in cui fosse stabilito che
l'insorgente era consapevole, quanto meno per dolo eventuale, dei fatti che
giustificavano una confisca (v. sentenza 6S.298/2005 del 24 febbraio 2006
consid. 4.2, in SJ 2006 I pag. 461), ovvero che la società si trovava in una
situazione tale che riusciva a far fronte alle proprie spese solo grazie alla
distrazione del denaro che le perveniva per essere investito (v. supra consid.
12.2). Su questo punto, il ricorso si rivela dunque fondato, senza che sia
necessario esaminare le ulteriori critiche di disparità di trattamento rispetto
agli altri coimputati.

16. 
Il ricorrente critica infine anche la commisurazione della pena. Considerato
che le condanne per titolo di cattiva gestione riferita alla locazione dei
locali (v. supra consid. 9), di truffa (v. supra consid. 11) e di
amministrazione infedele aggravata (v. supra consid. 12.2) devono essere
annullate e di riflesso anche la pena, non occorre esaminare tali censure,
l'autorità cantonale dovendo nuovamente chinarsi sul caso e rendere una nuova
decisione.

17. 
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso merita parziale accoglimento.
La sentenza impugnata dev'essere annullata e la causa rinviata alla CARP,
affinché si pronunci nuovamente sui reati appena citati, dopo aver effettuato
gli ulteriori necessari accertamenti, nonché sulla pena e sul risarcimento
compensatorio. Per il resto il ricorso dev'essere respinto.

Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 4
nonché art. 68 cpv. 1 e 3 LTF). Il grado di soccombenza dell'insorgente può
essere valutato a 60 %, anche tenendo conto dell'esito della domanda di effetto
sospensivo. Si annullano la condanna per cattiva gestione relativamente a
un'imputazione comunque secondaria (v. consid. 9), la condanna per truffa per
assenza di accertamenti sull'indebito profitto di cui all'art. 146 CP (v.
consid. 11.3), la condanna per amministrazione infedele aggravata per assenza
di accertamenti sullo scopo di indebito profitto di cui all'art. 158 n. 1 cpv.
3 CP (v. consid. 12.2) pur essendo dati gli elementi costitutivi
dell'infrazione di base (v. consid. 12.3-12.6) e la condanna al risarcimento
compensatorio (consid. 15). Sono invece confermate la condanna per cattiva
gestione relativamente all'imputazione più importante di grave negligenza
nell'esercizio della professione (consid. 5-8), la condanna per appropriazione
indebita aggravata (consid. 13), quella per falsità in documenti (consid. 10),
nonché la condanna al risarcimento degli accusatori privati per quanto non
pronunciata sulla base della condanna per titolo di amministrazione infedele
aggravata (consid. 14). Per la parte in cui risulta vincente il ricorrente ha
diritto a un'indennità a titolo di ripetibili a carico degli opponenti che
hanno preso posizione sul gravame chiedendo la sua reiezione.

Nella misura in cui non è divenuta priva di oggetto, la domanda di assistenza
giudiziaria con gratuito patrocinio può essere accolta. Infatti le conclusioni
ricorsuali non apparivano d'acchito prive di possibilità di successo e il
ricorrente non dispone dei mezzi necessari per far fronte alle spese
giudiziarie, alle ripetibili dovute agli opponenti parzialmente vincenti e agli
onorari del suo avvocato (art. 64 cpv. 1 LTF), rilevato che praticamente tutta
la sua sostanza soggiace da anni a sequestro conservativo e che egli e la
moglie vivono con le rendite di vecchiaia. L'avvocato Daniele Timbal viene
pertanto incaricato del gratuito patrocinio dell'insorgente e a tale titolo la
Cassa del Tribunale federale gli verserà un'adeguata indennità. Anche le
ripetibili ridotte dovute agli opponenti in parte vincenti, sono assunte dalla
Cassa del Tribunale federale. Se in seguito però è in grado di farlo, il
ricorrente è tenuto a risarcire la Cassa del Tribunale federale (art. 64 cpv. 4
LTF).
L'opponente 18 è l'unica parte al procedimento che ha presentato una nota
d'onorario e spese di complessivi fr. 3'645.80, IVA compresa. Essa appare
congrua e va quindi riconosciuta per quanto vincente.

 

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è accolto. La sentenza impugnata
è annullata e la causa è rinviata alla Corte di appello e di revisione penale
per nuovo giudizio nel senso dei considerandi. Per il resto il ricorso è
respinto.

2. 
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è accolta nella
misura in cui non è divenuta priva di oggetto. L'avv. Daniele Timbal viene
incaricato del gratuito patrocinio del ricorrente.

3. 
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste in ragione di fr. 1'600.-- a
carico degli opponenti 2 e 7-18 e di fr. 2'400.-- a carico del ricorrente. La
quota del ricorrente è per il momento assunta dalla Cassa del Tribunale
federale.

4. 
La Cassa del Tribunale federale verserà fr. 2'000.-- all'opponente 2, fr.
2'000.-- agli opponenti 7-16, fr. 2'000.-- all'opponente 17 e fr. 2'200.--
all'opponente 18 a titolo di ripetibili della procedura innanzi al Tribunale
federale. Non appena sarà in grado di farlo, il ricorrente è tenuto a risarcire
la Cassa del Tribunale federale.

5. 
Il Cantone Ticino e gli opponenti 2 e 7-18 verseranno al patrocinatore del
ricorrente fr. 1'600.-- a titolo di ripetibili della procedura innanzi al
Tribunale federale.

6. 
La Cassa del Tribunale federale verserà al patrocinatore del ricorrente
un'indennità di fr. 2'400.--.

7. 
Comunicazione alle parti e alla Corte di appello e di revisione penale del
Cantone Ticino.

Losanna, 6 marzo 2017

In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero

Il Presidente: Denys

La Cancelliera: Ortolano Ribordy

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