Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.536/2014
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

[8frIR2ALAGK1]     
{T 0/2}
                   
6B_536/2014

Sentenza del 5 gennaio 2016

Corte di diritto penale

Composizione
Giudici federali Denys, Presidente,
Eusebio, Jametti,
cancelliera Ortolano Ribordy.

Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Daniele Timbal,
ricorrente,

contro

1. Ministero pubblico della Confederazione, via Sorengo 3, 6900 Lugano,
2. Banca B.B.________,
patrocinata dagli avv. Lucien W. Valloni e Ernesto Gregorio Valenti,
opponenti.

Oggetto
Truffa, istigazione in falsità in documenti, principio della specialità,
diritto di essere sentito,

ricorso in materia penale contro la sentenza emanata
il 4 febbraio 2014 dalla Corte penale del Tribunale
penale federale.

Fatti:

A. 
Con decisione del 13 settembre 2007 il Ministero pubblico della Confederazione
(MPC) ha aperto un'indagine preliminare di polizia giudiziaria nei confronti,
tra altri, di A.________ per titolo di riciclaggio di denaro aggravato. Il 30
ottobre 2007 l'inchiesta è stata estesa all'ipotesi di reato di corruzione
attiva, il 18 marzo 2008 a quella di falsità in documenti e infine il 17 marzo
2009 a quella di truffa, subordinatamente di amministrazione infedele. In
seguito a un ordine in tal senso, A.________ è stato tratto in arresto dalle
autorità slovene e successivamente estradato in Svizzera. Con atto di accusa
del 5 settembre 2013 A.________ è stato rinviato a giudizio dinanzi al
Tribunale penale federale con le imputazioni di truffa, subordinatamente
amministrazione infedele aggravata e ancor più subordinatamente amministrazione
infedele qualificata, riciclaggio di denaro aggravato, falsità in documenti e
corruzione attiva.

B. 
Con sentenza del 4 febbraio 2014 la Corte penale del Tribunale penale federale
(TPF) ha riconosciuto A.________ autore colpevole di truffa e di istigazione in
falsità in documenti; lo ha prosciolto dall'accusa di corruzione attiva e ha
abbandonato il procedimento in relazione all'imputazione di riciclaggio di
denaro aggravato. Lo ha quindi condannato a una pena detentiva di 27 mesi, di
cui 6 da espiare, nonché a un risarcimento equivalente di 1 milione di franchi
in favore della Confederazione. Ha infine respinto la pretesa di indennità
dell'accusatrice privata banca B.B.________, rinviandola al competente foro
civile.

C. 
A.________ insorge al Tribunale federale con un ricorso in materia penale,
postulando l'annullamento della sentenza del TPF e principalmente il rinvio
della causa all'autorità precedente per nuova decisione che non contempli i
reati di truffa, amministrazione infedele qualificata rispettivamente
aggravata, per i quali non sarebbe possibile procedere, subordinatamente il
rinvio della causa per nuovo giudizio.
Invitati a esprimersi sul gravame, il MPC ne propone l'integrale reiezione,
siccome irricevibile, inammissibile e comunque infondato. Il TPF rinvia ai
considerandi del proprio giudizio, formulando brevi osservazioni sulla
verbalizzazione del dibattimento. L'accusatrice privata conclude alla reiezione
dell'impugnativa nella misura in cui è ammissibile. Il ricorrente ha replicato.

Diritto:

1.

1.1. Presentato dall'imputato (art. 81 cpv. 1 LTF) e diretto contro una
decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 LTF) dalla
Corte penale del Tribunale penale federale (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in
materia penale, tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e interposto nelle forme
richieste (art. 42 cpv. 1 LTF), è di massima ammissibile.

1.2. L'accusatrice privata ha inoltrato le proprie osservazioni in lingua
tedesca, facoltà concessale dall'art. 42 cpv. 1 LTF. Non vi sono tuttavia
ragioni, né peraltro è stato richiesto, di scostarsi dalla regola dell'art. 54
cpv. 1 primo periodo LTF, per cui la presente sentenza è redatta in italiano,
ovvero nella lingua della decisione impugnata.

2.

2.1. Il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 76 CPP. L'arringa della
difesa e i secondi interventi delle parti al dibattimento non sarebbero stati
verbalizzati. Non sussistendo alcun obbligo di fornire per iscritto gli
argomenti difensivi, la verbalizzazione delle arringhe sarebbe una necessità
imprescindibile e costituirebbe un presupposto essenziale per la validità del
dibattimento. La sua omissione avrebbe carattere insanabile, in particolare nei
procedimenti di giurisdizione federale privi del rimedio giuridico
dell'appello, ove del resto le fattispecie sarebbero complicate e i pertinenti
documenti di difficile reperibilità a causa del loro numero. La verbalizzazione
dei punti essenziali degli atti non scritti di un dibattimento sarebbe un
principio fondamentale sgorgante dall'art. 29 Cost. I relativi passi non
potrebbero essere oggetto di semplici appunti personali e non pubblici dei
giudici o del cancelliere, pena la violazione del divieto di creare e mantenere
atti segreti. Secondo l'insorgente, la mancata verbalizzazione dell'arringa
imporrebbe l'annullamento della sentenza impugnata.

2.2. Osservando che è stata effettuata una registrazione sonora del
dibattimento, estesosi sull'arco di quattro giornate, l'autorità precedente
rileva che, ricevuti i relativi verbali, qualora l'avesse ritenuto opportuno,
l'insorgente avrebbe potuto inoltrare un'istanza di rettifica giusta l'art. 79
cpv. 2 CPP. Gli opponenti, da parte loro, ritengono che i verbali del
dibattimento sarebbero stati eseguiti in perfetto ossequio degli art. 76 segg.
CPP, tanto più che secondo alcuni autori (MOREILLON/ PAREIN-REYMOND, CPP: Code
de procédure pénale, 2013, n. 5 ad art. 76 CPP) nemmeno sarebbe necessario
verbalizzare le argomentazioni esposte nelle arringhe. Il ricorrente
ometterebbe peraltro di indicare quali elementi, essenziali per il giudizio, il
TPF non avrebbe verbalizzato. Per gli opponenti, l'autorità precedente si
sarebbe comunque pronunciata nella decisione di merito su tutto quanto
sollevato dalla difesa.

2.3. Dal diritto di essere sentito (art. 3 cpv. 2 lett. c CPP e art. 29 cpv. 2
Cost.), che comprende anche il diritto di consultare l'incarto (sul diritto di
essere sentito v. DTF 140 I 99 consid. 3.4), discende l'obbligo di mettere per
iscritto e documentare i fatti e le risultanze rilevanti per la decisione (DTF
130 II 473 consid. 4.2 pag. 478). Nell'ambito del procedimento penale, tale
obbligo si traduce segnatamente in un dovere di verbalizzazione disciplinato
dagli art. 76 segg. CPP, disposizioni applicabili a ogni stadio del
procedimento, dalla procedura investigativa della polizia fino al dibattimento
dinanzi alle autorità di ricorso (sentenza 6B_492/2012 del 22 febbraio 2013
consid. 1.3). Il verbale assolve tre distinti compiti: innanzitutto riporta le
dichiarazioni verbali dei partecipanti al procedimento e in tal senso funge da
base per l'accertamento dei fatti; fornisce poi informazioni sul rispetto delle
norme processuali e garantisce dunque una corretta procedura conforme allo
stato di diritto; infine permette al tribunale e a eventuali istanze ricorsuali
di verificare la fondatezza materiale e la regolarità procedurale della
decisione impugnata (sentenza citata 6B_492/2012 consid. 1.4).

Giusta l'art. 76 cpv. 1 CPP, le deposizioni delle parti, le decisioni orali
delle autorità e tutti gli altri atti procedurali non eseguiti per scritto sono
messi a verbale. Tra le fasi non scritte del procedimento, che devono essere
verbalizzate, la dottrina annovera anche le arringhe delle parti, quanto meno
ove queste non ne producano una versione scritta. Secondo l'opinione
maggioritaria, tale verbalizzazione non dovrebbe ridursi a riportare le loro
conclusioni, ma estendersi anche alle relative motivazioni (PHILIPP NÄPFLI, in
Basler Kommentar, Schweizerische Strafprozessordnung, vol. I, 2 ^aed. 2014, n.
9 ad art. 76 CPP, che si riferisce solo alle arringhe del dibattimento di primo
grado; HAURI/ VENETZ, in Basler Kommentar, Schweizerische Strafprozessordnung,
vol. II, 2 ^aed. 2014, n. 4 segg., segnatamente n. 7, ad art. 346 CPP; DANIELA
BRÜSCHWEILER, in Kommentar zur Schweizerischen Strafprozessordnung [StPO], 2 ^
aed. 2014, n. 6 ad art. 77 CPP; GUT/ FINGERHUTH, in Kommentar zur
Schweizerischen Strafprozessordnung [StPO], 2 ^aed. 2014, n. 1 ad art. 346 CPP;
NIKLAUS SCHMID, Schweizerische Strafprozessordnung [StPO]: Praxiskommentar, 2 ^
aed. 2013, n. 1 ad art. 346 CPP; GALLIANI/MARCELLINI, in Commentario, Codice
svizzero di procedura penale, 2010, n. 5 ad art. 76 CPP; HAUSER/ SCHWERI/
HARTMANN, Schweizerisches Strafprozessrecht, 6 ^aed. 2005, § 44 n. 23 pag. 196;
  contra  MOREILLON/PAREIN-REYMOND, op. cit., n. 5 ad art. 76 CPP). Sotto
l'egida dei vecchi diritti cantonali di procedura penale, il Tribunale federale
aveva già avuto l'occasione di affermare che dovevano essere verbalizzate
almeno le argomentazioni essenziali presentate con l'arringa, tra cui le
conclusioni delle parti nonché, in caso di grossi procedimenti, i motivi
fondamentali a sostegno delle stesse (sentenza 6B_84/2008 del 27 giugno 2008
consid. 1.3).

2.4. Nella fattispecie il TPF ha stilato, oltre al verbale del procedimento (v.
incarto pag. 39.910.001 segg.) e ai verbali di interrogatorio dibattimentale
dell'imputato, dei testimoni e della persona informata sui fatti (incarto pag.
39.930.001 segg.), anche un verbale principale dei dibattimenti (incarto pag.
39.920.001 segg.), in cui descrive lo svolgimento delle udienze dibattimentali.
In relazione alla fase della discussione (v. art. 346 CPP), il TPF si è
limitato a riportare le conclusioni formulate dalle parti in esito ai
rispettivi interventi e l'avvenuto esercizio del diritto a una seconda arringa
(incarto pag. 39.920.007 segg.). Il verbale principale dei dibattimenti si
conclude con l'elenco degli allegati prodotti dalle parti, tra cui la
requisitoria scritta del MPC, l'arringa dell'accusatrice privata e le
conclusioni dell'arringa difensiva (incarto pag. 39.920.013). Quest'ultimo
allegato (incarto pag. 39.925.110 segg.) indica, seppur concisamente, le
ragioni a sostegno delle conclusioni difensive. Ci si può chiedere se ciò non
sia sufficiente sotto il profilo dell'obbligo di verbalizzazione, ove si
consideri che il TPF ha effettuato una registrazione sonora del dibattimento,
come rilevato in tutte le osservazioni sul gravame e come risulta dal verbale
medesimo (incarto pag. 39.920.002). Certo, a ragione il ricorrente eccepisce
nella replica che la registrazione sonora non può sostituire la verbalizzazione
scritta (v. art. 76 cpv. 4 primo periodo CPP; messaggio concernente
l'unificazione del diritto processuale penale del 21 dicembre 2005, FF 2006
1063). Sia come sia, la questione non necessita ulteriore disamina. Infatti,
trattandosi dell'arringa difensiva, in concreto il rispetto dell'obbligo di
verbalizzare va valutato non tanto alla luce del diritto dell'insorgente di
consultare l'incarto, quanto piuttosto di quello a una decisione motivata (al
riguardo v. DTF 139 IV 179 consid. 2.2). Su questo tema il gravame non rispetta
però le esigenze di motivazione poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (sulle stesse v.
DTF 139 I 229 consid. 2.2) : il ricorrente non espone in particolare quali
elementi rilevanti per la decisione abbia sollevato con l'arringa, non
riportati nel verbale, che il TPF avrebbe negletto di esaminare e su cui
avrebbe dovuto pronunciarsi. La natura formale del diritto di essere sentito
(v. DTF 137 I 197 consid. 2.2), invocata nella replica, non esime la parte
ricorrente dal motivare compiutamente le sue critiche, soprattutto qualora la
pretesa violazione non si riferisca al diritto di esprimersi prima
dell'emanazione di una decisione o a quello di consultare l'incarto. La
censura, ispirata a un formalismo sostanzialmente fine a sé stesso, risulta
quindi inammissibile (v. mutatis mutandis sentenze 6B_461/2012 del 6 maggio
2013 consid. 2.4; 6B_383/2011 del 20 gennaio 2012 consid. 2.2; 8C_979/2010 del
9 maggio 2011 consid. 4.5). A titolo abbondanziale, rilevasi che il caso in
esame si distingue da quello di cui alla sentenza 6B_492/2012 del 22 febbraio
2013, in cui il Tribunale federale ha concluso circa l'inutilizzabilità delle
dichiarazioni dibattimentali dell'imputato a causa dell'inosservanza dei
presupposti di validità del verbale d'interrogatorio, non essendo stato dato da
leggere, né presentato per controllo e neppure firmato (sentenza citata consid.
1.4 e 1.5). Si distingue altresì dalla DTF 124 V 389, in cui l'allora Tribunale
federale delle Assicurazioni, chiamato a pronunciarsi in seconda istanza, con
un ampio potere cognitivo, ha annullato la decisione impugnata a causa
dell'assenza totale di un qualsiasi verbale.

3. 
Invocando l'art. 14 della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre
1957 (CEEstr; RS 0.353.1) e l'art. 38 AIMP (RS 351.1), il ricorrente si duole
della violazione del principio della specialità. Solo successivamente alla
decisione di estradizione della Slovenia, subordinata al rispetto degli art. 14
seg. CEEstr, il procedimento elvetico a suo carico sarebbe stato esteso agli
antefatti del riciclaggio di denaro (nello specifico al reato di truffa,
rispettivamente amministrazione infedele), con un atto peraltro irrito perché
mai notificato alle parti. Dopo essere stato scarcerato, avrebbe subito
lasciato la Svizzera e non sarebbe stato informato del rischio, in caso di suo
ritorno, di un'estensione dell'accusa a ipotesi di reato non contemplate nella
decisione di estradizione. Sicché, in relazione a queste ultime, si imporrebbe
l'archiviazione del procedimento.

3.1. Nelle sue osservazioni, il MPC rileva che la fattispecie penale descritta
nell'ambito della procedura estradizionale sarebbe la medesima di quella
oggetto della sentenza di condanna. L'estensione dell'inchiesta al reato a
monte del riciclaggio di denaro, benché posteriore all'estradizione, si
fonderebbe su fatti dettagliatamente comunicati alla competente autorità
slovena, sicché non si tratterebbe di fatti anteriori e diversi da quelli
aventi giustificato l'estradizione. In simili circostanze, il MPC non ritiene
applicabile il principio della specialità. Ma quand'anche fosse applicabile,
sia il ricorrente sia la sua difesa sarebbero stati debitamente informati dalle
autorità slovene della portata del principio della specialità.
Abbondanzialmente, per il MPC l'insorgente avrebbe rinunciato al beneficio di
suddetto principio, tenuto conto del suo comportamento processuale complessivo.
Anche l'accusatrice privata contesta l'applicabilità alla fattispecie del
principio della specialità: poiché l'estradizione sarebbe stata concessa per i
titoli di riciclaggio di denaro, istigazione in falsità in documenti e
corruzione attiva, anche il reato a monte sarebbe forzatamente oggetto
dell'estradizione. Non si tratterebbe quindi di fatti diversi, ma anche se così
non fosse, il principio invocato non sarebbe stato disatteso. Infatti, al
momento della sua scarcerazione, il ricorrente sarebbe stato informato delle
conseguenze di un suo eventuale ritorno in Svizzera e, comunque, essendo già
patrocinato, si dovrebbe presumere che ne fosse al corrente.

3.2. Il TPF ha osservato che dopo la scarcerazione, malgrado l'assenza di
particolari misure coercitive e di depositi cauzionali, nonché l'impossibilità
di essere estradato dal proprio paese, in cui ha fatto ritorno, il ricorrente
ha liberamente scelto di rientrare in Svizzera. Alla luce dell'art. 14 n. 1
lett. b CEEstr, in simili circostanze il principio della specialità decade.
Esso non ha dunque ravvisato alcuna violazione di detto principio e neanche la
necessità di chiedere un'estensione dell'estradizione giusta l'art. 14 cpv. 1
lett. a CEEstr. Ha infine ritenuto irrilevante il richiamo della difesa
all'art. 38 AIMP, trattandosi di una norma relativa alla procedura di
estradizione dalla Svizzera all'estero e non viceversa.

3.3. La regola della specialità, che costituisce un principio generale del
diritto estradizionale (DTF 135 IV 212 consid. 2.1 pag. 214), è ancorata
all'art. 14 CEEstr (RS 0.353.1), applicabile alle procedure estradizionali tra
Svizzera e Slovenia. Secondo tale norma, l'individuo estradato non può in
particolare essere perseguito né giudicato per un fatto qualsiasi anteriore
alla consegna che non sia quello avente motivato l'estradizione (n. 1).

Il principio della specialità tutela sia la sovranità dello Stato richiesto sia
la persona estradata (DTF 123 IV 42 consid. 3b pag. 47). Quest'ultima tuttavia
può rinunciare, senza il consenso del primo, alla garanzia conferita da
suddetto principio. Giusta l'art. 14 n. 1 lett. b CEEstr, infatti, essa decade
qualora l'individuo estradato, avendo avuto la possibilità di farlo, non ha
lasciato, nei 45 giorni successivi alla sua liberazione definitiva (cosiddetto
termine di rispetto), il territorio della Parte alla quale è stato rilasciato o
se vi è ritornato dopo averlo lasciato. Sotteso vi è il concetto che la
protezione accordata all'interessato contro il perseguimento per fatti
anteriori all'estrazione non debba durare indefinitamente. Del resto, si può
presumere che la persona che acconsente, senza alcun tipo di coercizione, di
restare a disposizione delle autorità di perseguimento dello Stato in cui si
trova, accetta anche le conseguenze di questo comportamento e si sottopone alla
giurisdizione territoriale di tale Stato (DTF 135 IV 212 consid. 2.1 pag. 214).

Nel diritto interno, l'art. 38 AIMP (RS 351.1) sancisce il principio della
specialità in termini analoghi a quelli dell'art. 14 CEEstr. Pur escludendo la
garanzia di tale principio alla persona estradata che non abbandona il
territorio dello Stato richiedente entro il termine di rispetto dalla sua
liberazione o che vi ritorna, l'art. 38 cpv. 2 lett. b n. 1 AIMP precisa che
l'interessato deve previamente essere stato edotto delle relative conseguenze.
Tale obbligo discende anche dal principio della buona fede (art. 5 cpv. 3
Cost.), che l'art. 9 Cost. erige a diritto fondamentale (DTF 135 IV 212 consid.
2.6). Il Tribunale federale ha già avuto modo di indicare che per le autorità
elvetiche, in assenza di disposizioni sulla portata del principio della
specialità connesso a un'estradizione, l'art. 38 AIMP ha valenza di principio
generale (DTF 135 IV 212 consid. 2.5).

3.4. Nel caso concreto, senza alcun accenno ai documenti della procedura
estradizionale, il TPF si è limitato a constatare che, successivamente alla sua
liberazione priva di vincoli, il ricorrente è ritornato in Svizzera. Prima di
ciò, avrebbe dovuto accertare se effettivamente egli sia stato perseguito per
fatti anteriori alla sua consegna alla Svizzera, che non siano quelli aventi
motivato l'estradizione. In proposito, giova ricordare che a tal fine occorre
analizzare in primo luogo la decisione con cui lo Stato richiesto ha accordato
l'estrazione e se del caso esaminarla alla luce della domanda di estradizione e
dei documenti allegati (DTF 123 IV 42 consid. 3b pag. 47). Solo dopo aver
stabilito un'eventuale violazione del principio della specialità, avrebbe
dovuto determinare se la relativa garanzia fosse decaduta in seguito al ritorno
dell'insorgente in Svizzera, benché reso edotto delle conseguenze. Come visto
(v. consid. 3.3), in mancanza di disposizioni speciali, il principio enunciato
all'art. 38 AIMP ha portata generale, il TPF dovrà pertanto verificare che al
ricorrente siano state fornite le debite informazioni sulle implicazioni di un
suo ritorno in territorio elvetico.

L'obiezione del MPC, secondo cui la condotta processuale del ricorrente
potrebbe configurare una rinuncia alla tutela garantita dalla regola della
specialità, in assenza di fatti accertati al riguardo, non può essere vagliata
in questa sede. Sarà compito del TPF pronunciarsi in merito.
L'assenza dei necessari accertamenti, che non spetta al Tribunale federale
stabilire quale prima e unica istanza valutando la pertinente documentazione,
non permette di statuire sulla censura ricorsuale di violazione dell'art. 14
CEEStr e dell'art. 38 AIMP. Ne segue che su questo punto la sentenza impugnata
dev'essere annullata.

4. 
Per ragioni connesse all'economia processuale appare opportuno trattare le
censure ricorsuali afferenti la condanna per il reato a monte del riciclaggio
di denaro, ovvero la truffa.

Il ricorrente lamenta un'errata applicazione dell'art. 146 CP, la violazione
del principio accusatorio e arbitrio nella valutazione delle prove e
nell'accertamento dei fatti.

Gli opponenti rilevano il carattere meramente appellatorio e quindi
inammissibile delle critiche ricorsuali, che sarebbero per di più infondate nel
merito.

4.1. In breve, in merito all'imputazione di truffa, l'atto d'accusa rimprovera
l'insorgente per avere, nel quadro del contratto di assicurazione per rischio
politico e commerciale sottoscritto il 17 dicembre 1999 da un lato da banca
B.D.________ e banca B.E.________ e dall'altro da F.________Company, indotto in
errore, attraverso i rispettivi organi e impiegati, banca B.E.________ e
comunque banca B.D.________ sull'entità del premio assicurativo, ammontante a
USD 725'508.85 e non a USD 3'061'312.--, e sulla titolarità del conto bancario
da utilizzarsi ai fini del pagamento di tale premio, nella sua disponibilità di
fatto attraverso un titolare formale. A tal fine, il ricorrente si sarebbe
avvalso di scritti da lui stesso composti e sottoscritti o comunque provocati
nonché, contrariamente ai suoi obblighi verso le predette, avrebbe affermato
cose false e dissimulato la verità sull'ammontare del premio, sulla titolarità
del conto e sulla destinazione finale di parte dell'importo versato e avrebbe
pure abusato della sua posizione di  managing director in seno alla banca
B.D.________ e del partenariato con banca B.E.________. L'astuzia sarebbe
consistita nell'avere l'insorgente artatamente e falsamente affermato,
nell'offerta di proposta assicurativa del 1° luglio 1999, da lui ordita e
composta, così come nel relativo scritto d'accettazione di tale proposta da lui
stesso sottoscritto per conto della sua datrice di lavoro (banca B.D.________)
in data 2 luglio 1999, un premio assicurativo diverso e superiore da quello
dovuto e nell'avere pure dissimulato nell'ordine di pagamento dato
successivamente attraverso la e-mail del 20 dicembre 1999 la reale titolarità
del conto sul quale quest'ultimo avrebbe dovuto essere corrisposto e quindi la
reale destinazione successiva della parte dell'ammontare versato ed eccedente
il vero importo del premio. Avrebbe abusato della sua posizione di  managing
directore quindi del rapporto di fiducia esistente con i colleghi di lavoro,
dell'andamento degli affari con l'organizzazione interna, nonché della sua
posizione di unico rappresentante al momento della negoziazione della polizza e
del premio, in modo che la rinuncia della datrice di lavoro a verificare il
vero ammontare del premio era prevedibile. Avrebbe fatto disporre alla banca
B.E.________ in data 20 dicembre 1999, dal conto intestato alla banca
B.D.________ presso la banca B.G.________ e a titolo di pagamento del premio
per il contratto di assicurazione per rischio politico e commerciale, il
pagamento di USD 3'061'312.-- con destinazione finale un conto di fatto nella
sua disponibilità, di cui solo USD 725'508.85 sarebbero effettivamente
pertoccati alla controparte contrattuale, disponendo a proprio favore e a
favore di altri della rimanenza, equivalente al suo profitto e a quello degli
altri, cagionando un danno di pari ammontare al patrimonio della banca
B.E.________ e comunque della banca B.D.________.

4.2. Il TPF ha accertato che il 20 dicembre 1999 vi è stato uno spostamento di
cespiti patrimoniali tra la banca B.E.________ e un conto corrente nella
disponibilità di fatto del ricorrente. Circa un terzo di tali valori
patrimoniali è poi andato all'assicurazione, mentre il resto (oltre 3,7 milioni
di franchi) è rimasto nelle disponibilità economiche dell'insorgente.
L'autorità precedente ha poi stabilito che H.________, persona che aveva i
poteri di autorizzare il pagamento in questione, era convinto di versare i
soldi all'assicurazione e che l'importo indicato corrispondesse al premio. Egli
e quindi la banca B.E.________ erano in errore, indotto dal ricorrente, atteso
che tutta l'operazione è partita e accuratamente gestita da questi. Per il TPF
la banca, a cui non si può rimproverare alcuna forma di concolpa, ha subito un
danno perché ha pagato un premio assicurativo maggiorato rispetto alla realtà,
l'insorgente avendo fatto una "cresta" superiore al 300 % del premio effettivo,
corrispondente al suo arricchimento. Ha infine intravisto l'astuzia nella
prevedibile rinuncia della persona ingannata a verificare le informazioni
ricevute: H.________ ha correttamente eseguito quello che, secondo la normale
ripartizione dei compiti esistente nella banca, si doveva fare e il ricorrente
lo sapeva. Essendo dati tutti gli elementi costitutivi del reato, il TPF ha
condannato l'insorgente per titolo di truffa ai sensi dell'art. 146 CP.

4.3. Sotto il profilo oggettivo, la truffa (art. 146 CP) presuppone che
l'autore abbia usato l'inganno, ovvero abbia adottato un comportamento volto a
suscitare in una persona una rappresentazione di fatti oggettivi presenti o
passati diversi dalla realtà. Esso può anche risultare da atti concludenti (DTF
140 IV 11 consid. 2.3.2). L'inganno dev'essere astuto. Secondo la
giurisprudenza, vi è astuzia non solo quando l'autore si avvale di un edificio
di menzogne, di maneggi fraudolenti o di una messa in scena, ma anche laddove
si limiti a fornire delle false informazioni la cui verifica non è possibile, è
difficile o non è ragionevolmente esigibile, oppure se dissuade la vittima
dall'effettuare una verifica o prevede, date le circostanze, che essa rinuncerà
a farlo in virtù, segnatamente, di un particolare rapporto di fiducia (DTF 135
IV 76 consid. 5.2 pag. 81 seg. e rinvii). L'inganno astuto deve aver provocato
nella persona ingannata un errore, o confermato un errore pregresso, e tale
errore deve averla indotta ad atti pregiudizievoli al proprio patrimonio o a
quello di un terzo, purché in questo caso ella sia responsabile della sfera
patrimoniale del danneggiato e abbia su tale patrimonio un potere di
disposizione quantomeno di fatto (DTF 133 IV 171 consid. 4.3). La truffa esige
infine un danno patrimoniale. Sotto il profilo soggettivo, l'autore deve aver
agito intenzionalmente e allo scopo di procacciare a sé o ad altri un indebito
profitto (DTF 122 IV 246 consid. 3a).

4.4. Gli accertamenti della sentenza impugnata appaiono lacunosi e
insufficienti per l'esame delle critiche ricorsuali, segnatamente quella di
violazione dell'art. 146 CP. Senza l'ausilio dell'atto d'accusa sarebbe
addirittura arduo comprendere la fattispecie. Il TPF ha accertato che
H.________ era nell'errore e che tale errore lo ha indotto a disporre del
patrimonio della banca B.D.________, per conto della quale è stato pagato un
premio assicurativo maggiorato, causandole un danno. I giudici precedenti hanno
poi scorto l'astuzia nella prevedibile rinuncia della persona ingannata a
effettuare verifiche. Nulla però è detto sul comportamento in quanto tale
concretamente ascrivibile al ricorrente volto a suscitare o confortare
l'errore. La sentenza si limita ad affermare che l'errore è stato indotto
dall'insorgente, perché da lui è partita e accuratamente gestita tutta
l'operazione. Peraltro, neppure indica chi fosse H.________, definita una delle
persone chiave: dalle motivazioni del giudizio impugnato si può solo desumere
che fosse connesso alla banca B.E.________. In relazione alla condanna per
titolo di truffa, il giudizio impugnato difetta dei fatti necessari alla
sussunzione giuridica e viola pertanto il diritto federale (DTF 133 IV 293
consid. 3.4). Sebbene l'art. 105 cpv. 2 LTF autorizzi il Tribunale federale a
rettificare o completare l'accertamento dei fatti, esso non gli permette di
colmare ogni e qualsiasi lacuna fattuale nel giudizio impugnato. Quale autorità
giudiziaria suprema (art. 1 cpv. 1 LTF), il compito del Tribunale federale
resta sostanzialmente limitato alla verifica della corretta applicazione del
diritto. Per un'eventuale completazione dei fatti rimangono competenti i
tribunali di merito (DTF 133 IV 293 consid. 3.4.2). Nel caso concreto, si
impone quindi di annullare la decisione impugnata (art. 112 cpv. 3 LTF) e di
rinviare l'incarto al TPF (art. 107 cpv. 2 LTF), affinché provveda al
completamento degli accertamenti di fatto (art. 112 cpv. 1 LTF) e pronunci un
nuovo giudizio.

5. 
In relazione alla condanna per istigazione in falsità in documenti, il TPF ha
accertato che la documentazione di apertura del conto bancario, su cui è stato
versato il premio assicurativo, indica I.________ quale avente diritto
economico dei valori patrimoniali ivi depositati. Tuttavia, il titolare formale
del conto non ha mai avuto la reale proprietà e disponibilità di detti valori,
la sua designazione altro non essendo che una copertura per il ricorrente al
solo scopo di celare la reale proprietà del denaro, presupposto indispensabile
al buon esito della truffa ai danni dell'accusatrice privata. I giudici
precedenti hanno altresì stabilito che I.________ ha compilato in maniera
inveritiera il formulario A, ossia un documento ai sensi dell'art. 251
unitamente all'art. 110 cpv. 4 CP, e che lo stesso è stato utilizzato in
Svizzera. Hanno poi rilevato che solo I.________, in quanto titolare del conto,
poteva materialmente compiere il falso, ma alla luce delle circostanze fattuali
complessive poteva essere stato indotto a farlo esclusivamente dall'insorgente,
essendo questi l'unico ad avere un interesse materiale diretto a che si
procedesse in tale modo. Il TPF ha quindi ritenuto dati tutti gli elementi
oggettivi e soggettivi dell'istigazione in falsità in documenti.

5.1. Pur ammettendo che I.________ ha agito a titolo fiduciario per celare la
reale proprietà dei valori patrimoniali confluiti sul conto, il ricorrente
contesta che da ciò sia possibile accertare che sia stato lui ad averlo
invitato a sottacere la vera identità dell'avente diritto economico nel
formulario A. L'insorgente adduce che il suo scopo poteva essere conseguito con
l'intestazione fiduciaria del conto, senza necessità di istigare I.________ a
compilare in modo inveritiero il formulario in questione. Il semplice
accertamento di simile intestazione non sarebbe dunque sufficiente per
stabilire l'istigazione. Il ricorrente rileva infine l'assenza di accertamenti
e motivazioni relativi allo scopo di indebito profitto giusta l'art. 251 CP.

5.2. Giusta l'art. 97 cpv. 1 LTF, la parte ricorrente può censurare
l'accertamento dei fatti soltanto se è stato svolto in modo manifestamente
inesatto, ovvero arbitrario (DTF 137 III 226 consid. 4.2 pag. 234), o in
violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può
essere determinante per l'esito del procedimento. Le critiche di arbitrio
devono adempiere accresciute esigenze di motivazione. A norma dell'art. 106
cpv. 2 LTF, infatti, il Tribunale federale le esamina solo se motivate in modo
chiaro e preciso (DTF 138 I 171 consid. 1.4). Critiche appellatorie,
argomentazioni vaghe e semplici rinvii agli atti non sono ammissibili (DTF 136
II 101 consid. 3). Qualora sia lamentata la violazione del divieto
dell'arbitrio, la parte ricorrente non può limitarsi a criticare la decisione
impugnata opponendovi semplicemente la propria opinione, come in una procedura
d'appello, ma deve dimostrare che essa è manifestamente insostenibile con
un'argomentazione chiara e dettagliata (DTF 134 II 349 consid. 3).

5.3. Sapere se l'insorgente abbia indotto I.________ a commettere una falsità
in documenti è una questione di fatto e le censure ricorsuali al riguardo non
adempiono le esigenze di motivazione testé esposte, come pertinentemente
osservato dagli opponenti. Il ricorrente non spiega perché il relativo
accertamento del TPF non sia solo opinabile ma addirittura insostenibile, a tal
fine non essendo sufficiente obiettare che per raggiungere il suo scopo sarebbe
bastata l'intestazione fiduciaria del conto. Oltre a stabilire un accordo con
I.________ sull'apertura del conto in questione, l'autorità precedente ha
rilevato che solo l'insorgente aveva un interesse materiale diretto a che si
procedesse in quel modo, ciò che nel gravame non è adeguatamente contestato.
Invano poi il ricorrente lamenta l'assenza di accertamenti in merito
all'adempimento dell'aspetto soggettivo della falsità in documenti da parte del
"fiduciario". Dall'esposizione dei fatti della sentenza impugnata, risulta
infatti che in data 20 gennaio 2012 nei confronti di I.________ è stato emanato
un decreto di accusa per il reato di falsità in documenti, rimasto incontestato
(sentenza impugnata pag. 4 consid. H che rinvia all'incarto pag. 2.22.2.1).
Orbene, in assenza di valida opposizione il decreto di accusa diviene sentenza
passata in giudicato (art. 354 cpv. 3 CPP), sicché il TPF non doveva accertare
fatti (in particolare lo scopo di procacciare a sé o ad altri un indebito
profitto) già stabiliti in una sentenza passata in giudicato.

6. 
Il ricorrente censura per finire la commisurazione della pena e il risarcimento
equivalente, nonché l'ammontare delle ripetibili riconosciutegli. Considerato
che la condanna per il titolo di truffa deve essere annullata (v. consid. 3.4 e
4.4) e di riflesso anche la pena e il risarcimento equivalente strettamente
connessi con questa, non occorre esaminare tali critiche, il TPF dovendo
nuovamente chinarsi sul caso e rendere una nuova decisione. Analogo discorso
vale per quanto concerne quelle sull'ammontare delle ripetibili, queste ultime
dipendendo dall'esito del procedimento (v. art. 429 cpv. 1 CPP).

7. 
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso merita parziale accoglimento.
La sentenza impugnata è annullata e la causa rinviata al TPF, affinché si
pronunci nuovamente sull'imputazione di truffa, esaminando il rispetto del
principio della specialità e, se del caso, completando gli accertamenti
fattuali relativi a tale capo d'accusa. Per il resto, il ricorso dev'essere
respinto e la condanna per istigazione in falsità in documenti confermata.

Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono pertanto addossate per metà
all'insorgente e per metà all'accusatrice privata (art. 66 cpv. 1 e 4 LTF).
Risultando in parte vincente, al ricorrente può essere accordato un importo
ridotto (fr. 2'000.--) a titolo di ripetibili, di cui fr. 1'000.-- saranno
sostenuti dalla Confederazione (MPC) e fr. 1'000.-- dall'accusatrice privata.
Anche quest'ultima, in quanto parzialmente vincente, ha diritto a ripetibili
ridotte (fr. 2'000.--), a carico dell'insorgente (art. 68 cpv. 1-3 LTF). Le
reciproche pretese del ricorrente e dell'accusatrice privata sono compensate.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è parzialmente accolto. La
sentenza impugnata è annullata in relazione alla condanna del ricorrente per il
titolo di truffa e la causa è rinviata al TPF per nuovo giudizio nel senso dei
considerandi. Per il resto, il ricorso è respinto.

2. 
Le spese giudiziarie, di complessivi fr. 4'000.--, sono poste a carico del
ricorrente in misura di fr. 2'000.-- e dell'opponente (accusatrice privata) in
misura di fr. 2'000.--.

3. 
La Confederazione (Ministero pubblico) verserà al ricorrente fr. 1'000.-- a
titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale.

4. 
Il ricorrente verserà alla banca B.B.________ fr. 1'000.-- a titolo di
ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale.

5. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico della
Confederazione e alla Corte penale del Tribunale penale federale.

Losanna, 5 gennaio 2016

In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero

Il Presidente: Denys

La Cancelliera: Ortolano Ribordy

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