Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 5A.182/2014
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

[8frIR2ALAGK1]     
{T 0/2}
                   
5A_182/2014

Sentenza del 12 dicembre 2014

II Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali von Werdt, Presidente,
Marazzi, Herrmann, Schöbi, Bovey,
Cancelliera Antonini.

Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinata dall'avv. Emanuele Verda,
ricorrente,

contro

1. B.________,
2. C.________,
patrocinati dall'avv. Alberto F. Forni,
opponenti.

Oggetto
azione di mantenimento,

ricorso contro la sentenza emanata il 24 gennaio 2014 dalla I Camera civile del
Tribunale d'appello del
Cantone Ticino.

Fatti:

A.

A.a. A.________, così autorizzata dal Pretore del Distretto di Lugano con
sentenza 7 aprile 2010, ha cambiato sesso, diventando donna ed acquisendo
l'attuale nome. Era nata D.________, si era sposata nel 1984 con E.________ ed
era diventata padre di due figli: B.________ (1990) e C.________ (1991). Il
medesimo Pretore ha sciolto il matrimonio con sentenza 15 settembre 2010, senza
- tra l'altro - fissare alcun contributo alimentare.

A.b. Nel frattempo, in data 14 dicembre 2009, i figli B.________ e C.________
hanno convenuto in giudizio A.________ davanti al Pretore del Distretto di
Lugano postulando un contributo alimentare a decorrere dalla loro maggior età e
fino al termine dei loro studi universitari e postuniversitari. Con sentenza 2
settembre 2011, il Pretore ha accolto nel principio l'azione dei figli,
obbligando A.________ a versare loro dei contributi alimentari - diversi per
ognuno di loro e differenziati secondo il periodo.

B. 
Contro la predetta sentenza, A.________ ha adito il Tribunale di appello del
Cantone Ticino con appello 3 ottobre 2011, chiedendo la reiezione dell'azione
dei figli, subordinatamente il rinvio degli atti al Pretore per nuova
decisione. Avanti all'autorità giudiziaria cantonale, A.________ ha contestato
il principio del suo obbligo contributivo, il fabbisogno dei figli ed il loro
reale impegno agli studi, nonché il proprio reddito e fabbisogno. Con la qui
imp ugnata sentenza 24 gennaio 2014, il Tribunale di appello ha confermato nel
principio l'obbligo contributivo di A.________, riducendo tuttavia l'ammontare
dei contributi.

C. 
Con allegato 5 marzo 2014, A.________ (qui di seguito: ricorrente) insorge
contro la sentenza di appello chiedendone la riforma nel senso di respingere
l'azione "a fronte della colpa esclusiva dei figli" (qui di seguito:
opponenti); subordinatamente chiede il rinvio dell'incarto all'autorità
inferiore per nuovo giudizio "che consideri una riduzione del contributo
alimentare a fronte della grave colpa dei figli".

Non sono state chieste determinazioni.

Diritto:

1.

1.1. La tempestiva (art. 100 cpv. 1 LTF) impugnativa è stata proposta dalla
parte (parzialmente) soccombente in sede cantonale (art. 76 cpv. 1 LTF) contro
una decisione finale (art. 90 LTF) pronunciata su ricorso dall'autorità di
ultima istanza del Cantone Ticino (art. 75 cpv. 1 e 2 LTF) in una causa civile
(art. 72 cpv. 1 LTF; art. 277 cpv. 2 CC) di natura pecuniaria (DTF 133 III 393
consid. 2; sentenze 5A_503/2012 del 4 dicembre 2012 consid. 1; 5A_560/2011 del
25 novembre 2011 consid. 1.1), il cui valore litigioso supera la soglia di fr.
30'000.-- prevista dall'art. 74 cpv. 1 lett. b LTF. Il ricorso in materia
civile è pertanto in linea di principio ammissibile.

1.2. Il Tribunale federale è tenuto ad applicare d'ufficio il diritto (art. 106
cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione
posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce
all'inammissibilità del gravame, il Tribunale federale esamina di regola solo
le censure sollevate (DTF 140 III 86 consid. 2; 137 III 580 consid. 1.3; 134
III 102 consid. 1.1). Nell'atto di ricorso occorre pertanto spiegare in modo
conciso, riferendosi all'oggetto del litigio, in cosa consiste la violazione
del diritto e su quali punti il giudizio contestato viene impugnato (DTF 134 II
244 consid. 2.1). Le esigenze di motivazione sono più rigorose quando è fatta
valere la violazione di diritti fondamentali. II Tribunale federale esamina
queste censure solo se la parte ricorrente le ha debitamente sollevate e
motivate, come prescritto dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Ne discende che l'allegato
ricorsuale deve indicare chiaramente i diritti costituzionali che si pretendono
violati, precisando altresì in che consista tale violazione (DTF 134 II 244
consid. 2.2; 133 III 393 consid. 6).

1.3. Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico
sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1
LTF); può scostarsene o completarlo solo se è stato svolto in violazione del
diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105
cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può
essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione
dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della
causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità cantonale un
accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario (DTF 137 III
268 consid. 1.2 con rinvio; 136 II 304 consid. 2.4 con rinvio) - il ricorrente
deve motivare la censura conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2
LTF (DTF 136 II 304 consid. 2.5).

2. 
Avanti al Tribunale federale, la ricorrente non mette più in discussione lo
svolgimento regolare ed assiduo degli studi da parte degli opponenti né gli
accertamenti relativi ai fabbisogni ed ai redditi delle varie parti coinvolte.
Contesta per contro il principio di un qualsiasi obbligo contributivo a suo
carico: mancano del tutto relazioni personali fra lei ed i figli, a suo
giudizio per esclusiva colpa di questi ultimi. La ricorrente postula pertanto,
in via principale, la reiezione dell'azione introdotta dagli opponenti.
In via subordinata, la ricorrente sembra chiedere che venga almeno attestata
una grave colpa dei figli e postula che l'incarto sia rinviato all'autorità
inferiore per nuovo giudizio "che consideri una riduzione del contributo
alimentare". Tale conclusione è inammissibile poiché non è riformatoria (DTF
134 III 379 consid. 1.3) e non è cifrata (DTF 134 III 235 consid. 2), e non
sono adempiuti i presupposti che permettono di rinunciare a tali esigenze: la
ricorrente, segnatamente, non pretende che il Tribunale federale non sarebbe in
grado di decidere esso stesso la pretesa riduzione del contributo di
mantenimento per mancanza di accertamenti fattuali sufficienti (DTF 133 III 489
consid. 3.1).

3.

3.1. L'obbligo di mantenimento dei genitori cessa con la maggiore età del
figlio (art. 277 cpv. 1 CC). Se, raggiunta la maggiore età, il figlio non ha
ancora una formazione appropriata, i genitori, per quanto si possa
ragionevolmente pretendere da loro dato l'insieme delle circostanze, devono
continuare a provvedere al suo mantenimento fino al momento in cui una simile
formazione possa normalmente concludersi (art. 277 cpv. 2 CC). Il concetto di
ragionevole esigibilità secondo l'art. 277 cpv. 2 CC non concerne unicamente la
situazione economica, bensì anche la relazione personale fra il debitore di
alimenti ed il figlio (esigibilità tanto in senso economico quanto personale:
DTF 129 III 375 consid. 3; 127 I 202 consid. 3e; sentenza 5A_503/2012 cit.
consid. 3.1, in FamPra.ch 2013 pag. 525).

3.2. I genitori ed i figli si devono vicendevolmente l'assistenza, i riguardi
ed il rispetto che il bene della comunione richiede (art. 272 CC). Le relazioni
personali sono un'espressione di questo dovere, e la loro interruzione ne
costituisce una violazione (sentenza 5C.231/2005 del 27 gennaio 2006 consid. 2,
in FamPra.ch 2006 pag. 488). L'assenza di ogni e qualsiasi rapporto personale,
attribuita al solo comportamento del figlio, può dunque giustificare un rifiuto
del contributo alimentare. La giurisprudenza esige tuttavia che l'attitudine
del figlio sia ascritta a sua colpa (DTF 120 II 177 consid. 3c), ciò che va
apprezzato dal punto di vista soggettivo del figlio; quest'ultimo deve aver
provocato l'interruzione delle relazioni personali con il suo rifiuto
ingiustificato di intrattenerle, con la sua attitudine particolarmente
litigiosa oppure con la sua ostilità profonda. In altre parole, al figlio deve
poter essere rimproverata la responsabilità dell'assenza di rapporti con il
genitore chiamato a versare i contributi alimentari (sentenze 5A_503/2012 cit.
consid. 3.3.2; 5A_560/2011 cit. consid. 4.1.1, in FamPra.ch 2012 pag. 496;
5A_563/2008 del 4 dicembre 2008 consid. 5.1, in FamPra.ch 2009 pag. 520). Se
tali condizioni sono adempiute, la conferma di un obbligo di mantenimento oltre
la maggiore età equivarrebbe a sminuire il ruolo del genitore a quello di mero
sostegno finanziario, ciò che certamente non corrisponde alla volontà del
legislatore ("Zahlstelle", "parent payeur"; sentenze 5A_560/2011 cit. eod.
loc.; 5A_563/2008 cit. eod. loc.).

Questa giurisprudenza impone un riserbo particolare quando deve essere
giudicato il comportamento - oggettivamente riprovevole - di un figlio nei
confronti di uno od entrambi i genitori divorziati: va allora tenuto conto
delle emozioni che il divorzio dei genitori suscita nel figlio, e delle
tensioni che ne scaturiscono, senza che gliene si possa muovere rimprovero. La
ragione di questo riserbo viene tuttavia meno man mano che il figlio cresce,
potendosi esigere da lui che con l'età prenda distanza dagli avvenimenti
passati; se egli persiste nel proprio atteggiamento di rifiuto anche dopo il
raggiungimento della maggiore età, allora tale atteggiamento gli può venire
imputato a colpa (DTF 129 III 375 consid. 3.4; sentenze 5A_503/2012 cit.
consid. 3.3.1; 5A_560/2011 cit. eod. loc.).

3.3. L'applicazione del concetto di ragionevole esigibilità dell'art. 277 cpv.
2 CC è una questione di diritto, mentre l'accertamento delle circostanze che il
tribunale pone alla base della propria valutazione e che sono la causa - anche
psicologica, dunque interiore - dell'assenza di relazioni fra genitore e
figlio, è questione fattuale (sentenza 5A_503/2012 cit. consid. 3.3.3 con
rinvio).

3.4. Nell'esame dell'esigibilità del mantenimento del figlio maggiorenne, il
giudice dispone di un ampio margine d'apprezzamento, in applicazione dell'art.
4 CC (DTF 127 III 136 consid. 3a; 111 II 410 consid. 2a; sentenze 5A_503/2012
cit. consid. 3.3.4; 5A_560/2011 cit. consid. 4.1.2). Il Tribunale federale si
impone un certo riserbo nel riesame di tali decisioni ed interviene unicamente
in caso di eccesso o abuso del margine di apprezzamento, segnatamente nel caso
in cui la decisione impugnata si basi su un apprezzamento insostenibile delle
circostanze, si riveli inconciliabile con le regole del diritto e dell'equità,
od ometta di tener conto di tutti gli elementi pertinenti rispettivamente ne
consideri di quelli senza pertinenza; infine il Tribunale federale interviene
se la decisione impugnata si riveli manifestamente iniqua o ingiusta (DTF 132
III 97 consid. 1; 132 III 49 consid. 5.2).

4.

4.1. Sul principio di un obbligo di mantenimento a carico della ricorrente, il
Tribunale di appello ha rammentato che dopo la separazione dei genitori nel
2005, gli opponenti non l'hanno più incontrata. Essi non hanno mai accettato il
cambiamento di sesso del padre, e non si sono resi disponibili per un diritto
di visita. Il tentativo di avviare un percorso di riavvicinamento è fallito
anche a causa della reticenza degli opponenti alla proposta di un appoggio
terapeutico nella loro complessa situazione familiare, che peraltro anche la
madre non ha favorito. Il Tribunale di appello ha considerato che in ogni caso
la causa di divorzio era risultata lacerante per i figli, che nello stesso
periodo si erano trovati confrontati con la decisione della ricorrente di
cambiare sesso, ciò che aveva acuito il loro disagio. Tant'è che avevano
dichiarato che mai avrebbero accettato di vedere il padre un giorno "come
donna". Le vicissitudini personali della ricorrente sono poi state ampiamente
mediatizzate, e lei è divenuta un personaggio pubblico - fatto che ha creato un
certo imbarazzo ai figli, a quel momento adolescenti.

Posteriormente al raggiungimento della maggiore età degli opponenti, la
ricorrente ha cercato un incontro almeno con la figlia, che però ha declinato,
spiegando che "dopo tutto quello che è stato, è difficile rivederlo". Anche il
figlio ha rifiutato un incontro, temendolo "scioccante". In sostanza, nessuno
dei due, interrogati formalmente dal Pretore, si è detto pronto a "ricostruire
rapporti relazionali e affettivi con il padre".

Un tentativo di mediazione ha avuto luogo nel 2011, su impulso del Pretore. Le
parti si sono incontrate in data 3 dicembre 2011 alla presenza della
mediatrice. In quell'occasione è riemerso il desiderio della ricorrente di
riprendere una relazione regolare con i figli, ma anche la perplessità di
quest'ultimi. Essi hanno chiesto tempo per elaborare l'accaduto ed hanno
accettato l'idea di contatti via e-mail, ma non si sono attivati ulteriormente.
La ricorrente ha rilanciato il tentativo di riavvicinamento nell'aprile 2012;
gli opponenti hanno segnalato una loro disponibilità per il successivo mese di
giugno, ma non vi hanno poi dato seguito.

Sulla scorta degli accertamenti appena riassunti, il Tribunale di appello è
giunto alla conclusione che gli opponenti non denotano una chiusura totale e
assoluta nei confronti della ricorrente. Non hanno invero dato prova di grande
indulgenza né si sono sforzati per capire il travaglio che ha portato la
ricorrente a diventare donna. Nemmeno hanno dimostrato volontà di intraprendere
il percorso terapeutico consigliato dal perito, ed anche la mediazione tentata
in tempi più recenti non ha portato frutti. D'altro canto, nemmeno la
ricorrente ha fatto prova di particolare comprensione nei confronti del disagio
provocato in ragazzi ancora adolescenti al momento delle sue scelte, disagio
ulteriormente acuito dalla vasta eco mediatica che le ha accompagnate. Il
tentativo di riavvicinamento della ricorrente si è scontrato con una oggettiva
fatica degli opponenti a vederla nella sua nuova identità. Il Tribunale di
appello ne ha concluso che la mancanza di contatti non può essere loro ascritta
quale colpa esclusiva e non preclude loro dunque il diritto a un contributo di
mantenimento. Si tratta piuttosto, concludono i Giudici cantonali, di una
situazione dolorosa per entrambe le parti, cui concorrono fattori oggettivi di
incomunicabilità.

4.2. Quantunque la ricorrente lamenti, qua e là, un'arbitraria valutazione
delle prove, ella critica essenzialmente la sussunzione operata dalla Corte
cantonale: a suo dire, il rifiuto di contatto che i figli - con il pieno
appoggio della madre - le oppongono assurge a loro colpa ai sensi della
giurisprudenza e deve avere quale conseguenza l'esclusione di un qualsivoglia
obbligo contributivo a suo carico. A più riprese ella si dice convinta che il
rifiuto dei figli di frequentarla è il risultato di una loro ferma volontà;
solo a parole si dicono disposti a incontrarla, ma tali loro parole hanno
unicamente finalità strategiche nel quadro della presente procedura. La
ricorrente rammenta ripetutamente la propria sofferenza per la tormentata e
difficile scelta di cambiare sesso, e vede la propria condanna a versare
alimenti a figli che non vogliono aver più nulla a che fare con lei, e che sono
in realtà del tutto indifferenti alla sua sofferenza per la loro lontananza,
come ulteriore pena per averli fatti soffrire. Peraltro, versar loro i
contributi richiesti non solo trasforma gli stessi in una sorta di risarcimento
per torto morale, ma è pure atto diseducativo e deresponsabilizzante. Infine la
ricorrente ammette invero di aver contribuito all'avvenuta mediatizzazione
della propria vicenda, ma ricorda che in quanto medico era già persona nota
nella regione, e che i propri pazienti hanno continuato a seguirla senza
curarsi del suo percorso fisico.

5.
Va preliminarmente precisato, in fatto, che il Tribunale di appello non ha
accertato finalità strategiche nel fatto che gli opponenti si siano detti
disponibili ad un incontro nel mese di giugno 2012, per poi non dar seguito
all'impegno. La corrispondente accusa della ricorrente riflette unicamente la
sua opinione personale e si fonda esclusivamente su supposizioni: se tale
accusa vuole essere una censura rivolta contro l'accertamento dei fatti da
parte del Tribunale di appello, essa è meramente appellatoria e come tale
inammissibile.

Lo stesso vale per l'affermazione ricorsuale secondo la quale la madre degli
opponenti li avrebbe sostenuti nel loro rifiuto di ogni contatto con la
ricorrente: anche a questo proposito il Tribunale di appello non ha accertato
alcunché (a parte constatare che la madre non ha favorito la proposta di un
appoggio terapeutico per i figli). Se, anche qui, tale insinuazione si vuole
censura contro l'accertamento dei fatti da parte della Corte cantonale, allora
essa si appalesa appellatoria e di conseguenza inammissibile. Del resto, anche
qualora si volesse ammettere che la madre degli opponenti possa aver esercitato
un qualsiasi influsso, gli opponenti hanno ormai un'età che impone di
relativizzare, se non del tutto trascurare, eventuali influssi esterni che
invece potevano giocare un ruolo fintanto che essi erano minorenni.
Sottolinea la ricorrente che il rifiuto dei figli di frequentarla è il
risultato di una loro ferma e mai mutata volontà. Contraddice in tal modo
l'apprezzamento del Tribunale di appello, che - richiamato il tentativo di
riavvicinamento verificatosi nel 2011/2012 - ha invece negato una chiusura
totale e assoluta. La valutazione dei Giudici cantonali lascia invero piuttosto
perplessi: certo il contatto avuto dalle parti a dicembre 2011 poteva suscitare
qualche speranza di riavvicinamento, rafforzata dalla dichiarazione di
disponibilità a un nuovo incontro espressa dagli opponenti nella primavera
2012. Tuttavia, è difficile interpretare il mancato seguito se non come
l'espressione di un rifiuto di contatto, che appare addirittura ancor più
radicato che in passato proprio perché oggetto, a fine 2011/inizio 2012, di una
riflessione che appare essere stata approfondita. Il punto non è tuttavia
decisivo. Il mero rifiuto di contatto non basta per far cadere l'obbligo
contributivo della ricorrente: è necessario che tale comportamento dei figli
possa essere ascritto a loro colpa esclusiva.

6.

6.1. Nel caso di specie l'assenza di relazioni personali tra le parti ha
origine nella separazione dei genitori e nella contemporanea decisione della
ricorrente di cambiare sesso. A tal proposito giova abbondanzialmente rilevare
che studi specialistici ammettono che l'interruzione dei rapporti fra un
genitore che cambia sesso ed i figli non è un fenomeno raro: tali studi
attestano che quando il nucleo famigliare si scioglie contestualmente al
cambiamento di sesso di uno dei genitori, un certo numero di genitori perde
ogni contatto con i figli e non lo recupera nemmeno più tardi - uno studio
parla del 5 % durante la transizione e del 10 % sei anni dopo; un altro del 30
% (v. Stotzer/Herman/Hasenbush, Transgender Parenting: A Review of Existing
Research, ottobre 2014, pag. 9 <http://williamsinstitute.law.ucla.edu/research/
parenting/transgender-parenting-oct-2014/> [consultato il 26 novembre 2014]).
Dagli accertamenti di fatto dell'autorità cantonale emerge che in concreto i
predetti eventi familiari hanno causato grande sofferenza agli opponenti,
all'epoca adolescenti, portandoli ad interrompere ogni tipo di contatto con la
ricorrente. Ora, se da un canto va rilevato che nemmeno con il passare del
tempo, e segnatamente dopo il raggiungimento della maggiore età, essi hanno
saputo iniziare un percorso di riavvicinamento e di accettazione della nuova
identità della ricorrente, d'altro canto non si può non constatare come la -
benché legittima - scelta di quest'ultima di prestarsi ad una mediatizzazione
delle sue vicende personali abbia aggravato il disagio dei figli e contribuito
al loro allontanamento.
In tali condizioni, l'autorità inferiore non è incorsa in un eccesso o abuso
del suo potere di apprezzamento per aver considerato che l'assenza di relazioni
personali tra le parti non può essere ascritta a colpa esclusiva dei figli e
non giustifica il rifiuto del contributo di mantenimento ex art. 277 cpv. 2 CC.

6.2. Le obiezioni della ricorrente non riescono a sovvertire le conclusioni dei
Giudici cantonali.

6.2.1. Che numerosi adulti, già prima del cambiamento di sesso suoi pazienti,
non si siano fatti disorientare dall'avvenimento e l'abbiano frequentata anche
dopo, non le può essere di alcun pregio: certo queste persone avevano con lei
implicazioni affettive meno importanti che i suoi figli, ciò che favorisce
senz'altro un approccio più razionale all'avvenimento. E comunque, visto che
decisivo non è un apprezzamento oggettivo della reazione del figlio, bensì
quello fondato sul suo peculiare modo di sentire l'avvenimento, appare
irrilevante constatare che altri abbiano reagito meglio, dimostrando in tal
modo che è oggettivamente possibile accettare razionalmente il suo cambiamento
di sesso.

6.2.2. A più riprese la ricorrente tematizza la propria sofferenza, in duplice
contesto: sofferenza per la tormentata e difficile scelta di cambiare sesso, e
sofferenza per l'allontanamento dai figli. Dal ricorso traspare che la
ricorrente legge la sentenza impugnata come una colpevolizzazione della propria
decisione di cambiare sesso: se il Tribunale di appello ha ritenuto i figli non
colpevolmente responsabili di negarle ingiustificatamente ogni contatto, allora
quell'autorità ritiene invero lei responsabile per l'accaduto e per la distanza
che si è venuta a creare nel rapporto con i figli. Questa lettura della
sentenza impugnata è ingiustificata. I Giudici cantonali hanno fatto esplicito
riferimento al "travagliato iter di transizione che ha portato il padre (...) a
diventare donna"; ed hanno pure definito quella della ricorrente "una scelta
sicuramente legittima". Hanno in tal modo dimostrato di cogliere la sofferenza
con la quale la ricorrente ha vissuto il cambiamento di sesso. Né vi è traccia
di una benché minima colpevolizzazione della ricorrente. Al contrario: è
chiaramente discorso di una scelta oggettivamente "difficile da assimilare per
ragazzi ancora adolescenti" e di "una situazione dolorosa per entrambe le
parti".

6.2.3. Da ultimo, per completezza, va contraddetto l'argomento della ricorrente
secondo il quale la sua condanna a versare i contributi richiesti non solo
trasforma gli stessi in una sorta di risarcimento per torto morale, ma è pure
atto diseducativo e deresponsabilizzante. In nessun punto la decisione
impugnata fa sorgere il sospetto che i Giudici cantonali abbiano considerato i
contributi in questione quale forma di torto morale per i figli. Che, poi, il
loro versamento possa essere atto diseducativo e deresponsabilizzante, è mera
opinione personale della ricorrente: qui importa unicamente constatare che,
date le condizioni, è obbligo determinato dalla legge.

7. 
Il Tribunale di appello non ha pertanto violato il diritto federale quando ha
negato che sussistano i presupposti per un'esclusione dell'obbligo contributivo
della ricorrente. La sentenza impugnata non appare il risultato di un
apprezzamento insostenibile delle circostanze; né essere inconciliabile con le
regole del diritto e dell'equità; né, infine, manifestamente iniqua o ingiusta.

Il ricorso va pertanto respinto nella misura in cui è ammissibile, co n
conseguenza di tassa e spese a carico della ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF).
Non sono dovute ripetibili agli opponenti, che non sono stati invitati ad
esprimersi avanti al Tribunale federale (art. 68 cpv. 1 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2. 
Le spese giudiziarie di fr. 2'500.-- sono poste a carico della ricorrente.

3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla I Camera civile del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 12 dicembre 2014

In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero

Il Presidente: von Werdt

La Cancelliera: Antonini

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