Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.920/2013
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

[8frIR2ALAGK1]     
{T 0/2}
                   
6B_920/2013

Sentenza del 18 maggio 2015

Corte di diritto penale

Composizione
Giudici federali Denys, Presidente,
Eusebio, Jacquemoud-Rossari, Rüedi, Jametti,
Cancelliera Ortolano Ribordy.

Partecipanti al procedimento
A.A.________,
patrocinata dall'avv. Pietro Pellegrini,
ricorrente,

contro

1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio
16, 6901 Lugano,
2. B.B.________,
3. C.________,
entrambe patrocinate dall'avv. Mario Branda,
opponenti.

Oggetto
Ripetuta istigazione in assassinio (in parte tentata), appropriazione indebita,
arbitrio,

ricorso in materia penale contro la sentenza emanata
il 7 giugno 2013 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone
Ticino.

Fatti:

A. 
Il 1° luglio 2011, D.B.________ è stato ucciso, all'interno del suo
appartamento, da E.A.________, ovvero dal figlio della di lui moglie
A.A.________, partita qualche ora prima per un viaggio a destinazione della
Serbia. Con sentenza del 13 novembre 2012, passata in giudicato, il Tribunale
dei minorenni ha riconosciuto E.A.________ autore colpevole di assassinio,
turbamento della pace dei defunti, nonché infrazione alla LStr.

B. 
Per i fatti connessi alla morte di D.B.________, è stato avviato un
procedimento penale a carico di altre persone, tra cui A.A.________, che con
atto di accusa del 23 maggio 2012 è stata rinviata a giudizio per titolo di
ripetuta istigazione in assassinio (in parte tentata) subordinatamente in
omicidio, appropriazione indebita, nonché incitazione all'entrata, alla
partenza o al soggiorno illegale.

Dopo essere stata prosciolta da tutte le accuse dalla Corte delle assise
criminali, con sentenza del 7 giugno 2013, pronunciata nelle forme
contumaciali, la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino
(CARP) ha dichiarato A.A.________ autrice colpevole di ripetuta istigazione in
assassinio (in parte tentata) e di appropriazione indebita, prosciogliendola
dall'imputazione di incitazione all'entrata, alla partenza o al soggiorno
illegale. L'ha quindi condannata alla pena detentiva a vita, da dedursi il
carcere preventivo sofferto, nonché a versare alle accusatrici private vari
importi a titolo di risarcimento.

C. 
A.A.________ insorge al Tribunale federale con un ricorso in materia penale,
postulando l'annullamento della sentenza della CARP e la conferma del giudizio
di proscioglimento da ogni accusa pronunciato dalla Corte delle assise
criminali. Chiede inoltre di essere posta al beneficio dell'assistenza
giudiziaria e del gratuito patrocinio.

Diritto:

1. 
Presentato dall'imputata (art. 81 cpv. 1 LTF) e diretto contro una sentenza
finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da
un'autorità cantonale di ultima istanza che ha giudicato su ricorso (art. 80
LTF; in relazione alla decisione contumaciale v. sentenza 6B_141/2013 del 18
aprile 2013 consid. 1), il ricorso in materia penale, tempestivo (art. 100 cpv.
1 LTF) e interposto nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF), è di massima
ammissibile.

2.

2.1. Giusta l'art. 97 cpv. 1 LTF, la parte ricorrente può censurare
l'accertamento dei fatti soltanto se è stato svolto in modo manifestamente
inesatto, ovvero arbitrario (DTF 137 III 226 consid. 4.2 pag. 234), o in
violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può
essere determinante per l'esito del procedimento. Per giurisprudenza invalsa,
l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso
possa apparire sostenibile o addirittura migliore rispetto a quella contestata;
il Tribunale federale annulla la pronunzia criticata solo se il giudice del
merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo nella sua motivazione
bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con
la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico
chiaro e indiscusso, oppure in contraddizione urtante con il sentimento della
giustizia e dell'equità (DTF 138 I 49 consid. 7.1). Per quanto attiene più in
particolare alla valutazione delle prove e all'accertamento dei fatti, il
giudice - il quale in questo ambito dispone di un ampio margine di
apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e
la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto
di un elemento di prova importante suscettibile di modificare l'esito della
vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con
gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 137 I 58 consid.
4.1.2).

Se, come in concreto, in merito ai fatti l'autorità cantonale ha forgiato la
sua convinzione sulla base di un insieme di elementi o d'indizi convergenti,
non basta che l'uno o l'altro di questi o addirittura ciascuno di essi, preso
isolatamente, risulti insufficiente. La valutazione delle prove dev'essere
esaminata nel suo insieme. Non sussiste arbitrio se i fatti accertati possono
essere dedotti in modo sostenibile dal collegamento dei diversi elementi o
indizi. Analogamente non vi è arbitrio per il solo fatto che uno o più
argomenti corroborativi appaiono fragili, nella misura in cui la soluzione
ritenuta può essere giustificata in modo sostenibile con altri argomenti atti a
portare a un convincimento (sentenza 6B_367/2014 dell'8 settembre 2014 consid.
2.1).

2.2. Le critiche di arbitrio, come quelle di violazione di garanzie di rango
costituzionale, devono adempiere accresciute esigenze di motivazione. A norma
dell'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina infatti tali censure
solo se motivate in modo chiaro e preciso (DTF 138 I 171 consid. 1.4).
L'allegato ricorsuale deve pertanto indicare chiaramente i diritti che si
pretendono violati e precisare altresì in che consista tale violazione;
critiche appellatorie, argomentazioni vaghe e semplici rinvii agli atti
cantonali non sono quindi ammissibili (DTF 136 II 101 consid. 3). In
particolare, qualora sia lamentata la violazione del divieto dell'arbitrio
(art. 9 Cost.), non ci si può limitare a criticare la decisione impugnata
opponendovi semplicemente la propria opinione, come in una procedura d'appello,
ma occorre dimostrare che essa è manifestamente insostenibile con
un'argomentazione chiara e dettagliata (DTF 134 II 349 consid. 3 pag. 352).

2.3. Il gravame in esame, come si vedrà ancora in seguito, adempie solo in
parte queste esigenze. D'acchito inammissibili, perché di natura puramente
appellatoria, risultano le riflessioni sulle pretese inverosimiglianze degli
eventi, sul rapporto della vittima con sua madre, nonché sul comportamento
dell'insorgente nel periodo precedente il suo arresto. Lo stesso dicasi per i
capitoli dell'impugnativa dedicati ai diversi motivi addotti dal figlio per
l'uccisione, alla determinazione di quest'ultimo a uccidere il patrigno e alla
personalità del ragazzo, ove la ricorrente si limita a riprodurre stralci di
dichiarazioni o di atti raccolti nel corso dell'istruttoria senza formulare
censure di sorta, argomentando a ruota libera. Infine anche le critiche volte a
infirmare la sussistenza del reato di favoreggiamento appaiono inammissibili,
atteso che l'insorgente non è stata condannata per tale imputazione.

3. 
La CARP ha ritenuto che la ricorrente, agendo con particolare mancanza di
scrupoli, ha intenzionalmente prima tentato di determinare F.________ a trovare
qualcuno che commettesse l'assassinio del marito e poi chiesto al figlio
minorenne di cercare qualcuno che lo potesse fare: l'ha quindi riconosciuta
colpevole dell'imputazione di ripetuta istigazione in assassinio (in parte
tentata). Questi accertamenti sono il risultato della ponderazione di
molteplici indizi, nonché della valutazione di due chiamate di correo, quelle
di F.________ e del figlio dell'insorgente.

4. 
In relazione alle due chiamate di correo, la ricorrente lamenta la violazione
del diritto a un adeguato contraddittorio.

 La censura si appalesa infondata. Anche volendo ammettere che le modalità dei
confronti organizzati nel corso dell'istruzione non siano state ottimali sotto
il profilo dell'invocato diritto garantito dall'art. 6 n. 3 lett. d CEDU (v.
sul tema sentenza 6B_704/2012 del 3 aprile 2013 consid. 2.2), l'insorgente
disattende che sia F.________ sia il figlio sono comparsi e stati interrogati,
in presenza del suo difensore, al dibattimento di appello (verbale del
dibattimento di appello pag. 20-23, 27-29, 33 segg.), da lei
ingiustificatamente disertato (sentenza impugnata pag. 18-19). Contrariamente a
quanto avvenuto in prima istanza, in quell'occasione nessuno di loro si è
avvalso del diritto di non rispondere. L'autorità cantonale ha offerto alla
ricorrente la possibilità di interrogare i testimoni a carico. Il preteso
mancato contraddittorio è quindi imputabile solo alla sua scelta di non
presenziare al dibattimento. Al proposito giova inoltre rilevare che il suo
patrocinatore ha rinunciato a "sollevare qualsiasi obiezione od eccezione che
potesse derivare dalla tenuta del processo in assenza dell'imputata" (sentenza
impugnata pag. 18). Peraltro egli ha assistito al dibattimento e potuto porre
domande ai testi. Sicché nulla osta all'utilizzabilità delle chiamate di
correo.

5.

5.1. La CARP si è chinata sulla credibilità di F.________. Dopo averne
descritto le particolari caratteristiche, segnatamente i gravi deficit fisici e
psichici, essa ha osservato che alcune variazioni nelle versioni dei fatti da
lui fornite fossero da ricondurre a diversi fattori, tra cui le sue limitazioni
intellettive, le sue difficoltà espressive e i numerosi interrogatori a cui è
stato sottoposto. Se su alcuni aspetti in un primo tempo egli ha mentito agli
inquirenti, per il giudizio sulla sua credibilità la Corte ne ha relativizzato
la rilevanza in ragione dei suoi particolari percorsi mentali, sottolineando la
spontaneità delle successive rettifiche. Nel complesso, le sue dichiarazioni
sono state ritenute costanti, verosimili e spesso confortate nella loro
sostanza da altri elementi probatori. F.________ né aveva motivi di rancore nei
confronti della ricorrente né altri interessi ad accusarla falsamente. A
incrementare la sua credibilità, continuano i giudici cantonali, è anche la
confessione di aver avuto l'idea, seppur in un momento di delirio alcolico e in
seguito alle continue e ripetitive lamentele dell'insorgente su suo marito, di
manomettere i freni dello scooter della vittima, episodio di cui nessuno era al
corrente. A ciò si aggiungono le dichiarazioni del figlio che ha parlato delle
richieste della ricorrente in termini e contenuti completamente sovrapponibili
a quelli di F.________, senza che vi fosse un pregresso accordo tra i due.
Sulla scorta della chiamata di correo, la CARP ha quindi accertato che la
ricorrente ha più volte chiesto a F.________ di trovare qualcuno che potesse
uccidere il coniuge.

5.2. L'insorgente contesta questa valutazione e critica la CARP per non aver
applicato con rigore i criteri della giurisprudenza cantonale in materia, che
non dovrebbero essere relativizzati nei confronti delle persone portatrici di
handicap come in concreto accaduto. Secondo la ricorrente, le dichiarazioni di
F.________ non godrebbero della benché minima credibilità. Sarebbero
contraddistinte da menzogne, smentite, contraddizioni e continui mutamenti di
versione. Già solo il suo basso livello intellettivo ne inficerebbe la
credibilità intrinseca. La CARP avrebbe peraltro disatteso che egli aveva un
movente proprio per eliminare D.B.________, nei confronti del quale nutriva
odio e gelosia, avendo anch'egli accarezzato l'idea di sposare l'insorgente. Le
sue intenzioni omicide trasparirebbero con evidenza dal messaggio inviato il 25
maggio 2011 al figlio dell'insorgente: avrebbe ideato un disegno di morte,
anche se poi avrebbe desistito. Inoltre F.________ non sarebbe disinteressato,
ciò che invaliderebbe la sua chiamata in correità: al fine di sminuire la sua
responsabilità e dirottare l'attenzione, avrebbe avuto un manifesto interesse a
far credere di aver agito come ha agito perché glielo avrebbe chiesto la
ricorrente. Infine, secondo l'insorgente, le deduzioni tratte dalla CARP in
merito alla pretesa istigazione in assassinio sarebbero smentite dai diversi
verbali di interrogatorio dello stesso F.________.

5.3. La credibilità intrinseca di F.________ non può essere negata unicamente a
causa dei suoi deficit cognitivi. Seguire la tesi difensiva al riguardo sarebbe
contrario al principio della libera valutazione delle prove ancorato agli art.
10 cpv. 2 e 139 cpv. 1 CPP, escludendo di fatto le dichiarazioni di persone con
simili handicap quale mezzo di prova (v.  mutatis mutandis DTF 133 I 33 consid.
2.5).

In merito alle menzogne e alle contraddizioni, la CARP non le ha sottaciute,
spiegando inoltre le ragioni per cui non intaccavano l'attendibilità della
chiamata di correo. Con tali motivi però la ricorrente non si confronta e
dunque nemmeno dimostra l'arbitrarietà della decisione impugnata. Si limita
infatti a elencare una serie di mutamenti di versione, senza discutere le
relative argomentazioni dei giudici cantonali. Lo stesso dicasi con riguardo
alla verosimiglianza del racconto di F.________, contestata dall'insorgente in
relazione segnatamente alla sua richiesta di trovare qualcuno, eventualmente
"qualche slavo", per eliminare il marito. La CARP ha illustrato perché i fatti
addotti dal chiamante in causa non apparivano inverosimili, considerazioni
sulle quali la ricorrente omette di esprimersi.

 Contrariamente a quanto preteso nel gravame, nemmeno risulta che F.________
avesse un movente proprio per eliminare la vittima. È pur vero che egli aveva
accettato l'idea di sposare la ricorrente, ma ciò solo per permetterle di
vivere in Svizzera e unicamente in cambio della promessa di trovargli una
ragazza. Il preteso sentimento di gelosia era semmai nutrito dalla vittima
stessa a causa dei rapporti (amichevoli) intrattenuti con la moglie, come
peraltro si evince dagli stralci di deposizioni trascritti nell'impugnativa.

Quanto all'asserto per cui F.________ non sarebbe persona disinteressata,
ancora l'insorgente omette di confrontarsi con la sentenza impugnata. Oltre a
osservare che non aveva motivi di incolpare falsamente la ricorrente, con cui
intratteneva uno stretto rapporto di amicizia, la CARP ha rilevato che ritenere
le accuse da lui formulate un mezzo per sviare l'attenzione dalla sua persona
significherebbe attribuirgli una capacità di astrazione inconciliabile con il
suo handicap. Questa considerazione di per sé non è contestata. Certo, in
relazione al messaggio inviato al figlio della ricorrente relativo
all'intenzione di sabotare lo scooter della vittima ("Se non ci vediamo piu lo
fatto fuori io se lo faccio se riesci trova uno truso ma io odio. 2 se sparisce
scute marito tua madre fai finta di niete ne ho abbastanza"), sul quale
l'impugnativa si dilunga ritenendolo la prova pesantissima dei propositi
omicidi di F.________, la sentenza impugnata è assai succinta. Tuttavia, il
fatto che abbia ideato un espediente per nuocere alla vittima è comunque già
stato accertato dalla CARP sulla base delle dichiarazioni dello stesso
F.________, avendo questi confessato che quella sera, in preda all'ebbrezza e
dopo che la ricorrente gli aveva "fatto la testa come un pallone", si era
diretto verso il domicilio dell'uomo con l'intento di manomettere i freni del
suo scooter, pur desistendovi strada facendo. Fondandosi sul citato messaggio,
l'insorgente trae una serie di deduzioni che non fanno nondimeno apparire la
sentenza impugnata arbitraria, in quanto meramente appellatorie. In particolare
risulta irrilevante l'obiezione ricorsuale secondo cui lo stratagemma dello
scooter sarebbe stato escogitato dal solo F.________, senza il concorso e
all'insaputa dell'insorgente. L'autorità cantonale ha infatti solo stabilito
che ella gli ha chiesto se poteva reperire qualcuno per eliminare il marito, ma
non che gli abbia anche chiesto di farlo personalmente o suggerito come
procedervi oppure che l'abbia coadiuvato nell'ideazione del progetto di
manomissione dei freni. Sapere se tale richiesta possa essere qualificata quale
tentata istigazione in assassinio è una questione di merito, esaminata più
avanti (v. consid. 8.2).

 Ne segue che la CARP non ha commesso arbitrio nel ritenere credibili le
dichiarazioni di F.________.

5.4. Sulla base di queste dichiarazioni, la Corte cantonale ha stabilito che la
ricorrente ha più volte chiesto a F.________ di trovare qualcuno che potesse
uccidere il marito. L'insorgente non riesce a dimostrare l'arbitrarietà di tale
conclusione, visto che argomenta sempre liberamente senza confrontarsi con la
sentenza impugnata. In particolare non discute le considerazioni della CARP
secondo la quale le diverse espressioni usate da F.________ avevano sempre lo
stesso senso e neppure la deduzione per cui la domanda "  se conosceva
qualcuno" (laddove il termine  conoscereè mutuato dal dialetto) implicava la
richiesta di contattare e ingaggiare eventuali personaggi disposti ad
ammazzare, rilevato inoltre che la donna gli aveva indicato di disporre dei
soldi per pagare.

Nemmeno risulta pertanto arbitrario ritenere che la ricorrente ha chiesto a
F.________ di trovare qualcuno per uccidere il marito.

6. 
In relazione alla chiamata di correo del figlio della ricorrente, la CARP ha
dapprima riportato le valutazioni dei periti sulla capacità del giovane di
mentire e sulla sua attitudine e abilità alla manipolazione e alla
strumentalizzazione. Benché alcune sue dichiarazioni non erano state costanti
nel tempo, segnatamente in merito alla chiamata di correo nei confronti
dell'insorgente, i giudici cantonali hanno osservato che il loro nucleo
centrale ha nondimeno trovato conferma in altri elementi probatori e negli
accertamenti di prima e seconda istanza. Dopo aver esposto le varie e diverse
dichiarazioni del figlio sul coinvolgimento della madre, essi hanno concluso
che difettavano in particolare della caratteristica della costanza nel tempo,
negando dunque alla chiamata di correo valenza probatoria autonoma.

La CARP ha però rilevato numerosi indizi sull'implicazione dell'insorgente
nell'uccisione del marito: il suo mancato ritorno dalla Serbia dopo aver saputo
della morte del coniuge per mano del figlio, la sua sceneggiata quando la
polizia le ha riferito di aver scoperto il cadavere del marito, le sue menzogne
sui contatti telefonici intercorsi con il figlio e su molte altre circostanze,
il traffico telefonico fra madre e figlio nei primi giorni del luglio 2011, il
prelevamento di denaro dal conto del marito appena ritornata in Svizzera, il
tentativo di influenzare le dichiarazioni di F.________, nonché il precedente
tentativo di istigare quest'ultimo a reperire un sicario. Considerato che si
inseriscono in una situazione relazionale estremamente degradata, questi
elementi hanno convinto i giudici precedenti che la ricorrente era coinvolta
sin dall'inizio nell'uccisione del marito.

Del resto, per la CARP, è solo la sua implicazione a dare un senso plausibile
alla vicenda, atteso che suo figlio non aveva alcun possibile consistente
movente che avrebbe potuto spingerlo a volere autonomamente la morte del
patrigno. L'unica ad averlo era proprio l'insorgente: ha voluto liberarsi di un
marito che detestava, mantenendo nel contempo alcuni dei vantaggi derivanti dal
vincolo matrimoniale.

Secondo la CARP, l'accertamento del coinvolgimento della ricorrente fondato sui
citati indizi dimostra che, malgrado l'incostanza e le contraddizioni delle sue
dichiarazioni, il giovane ha detto la verità quando ha chiamato in causa la
madre, dando quindi credito alle stesse. Sulla scorta di ciò, i giudici
cantonali hanno concluso che, malgrado talune ombre, l'insorgente ha chiesto al
figlio di trovare qualcuno che eliminasse il marito e che, dopo che lui finse
di avere trovato dei sicari disposti ad uccidere per fr. 2'000.--/3'000.--, gli
disse di accettare e partì infine per la Serbia, sapendo che tutto sarebbe
stato fatto durante la sua assenza.

7. 
Secondo la ricorrente, tale accertamento sarebbe arbitrario in quanto frutto di
una valutazione insostenibile delle prove. Censura sia la valutazione della sua
credibilità (v. consid. 7.1) sia gli indizi ritenuti per stabilire il suo
coinvolgimento nella morte del coniuge (v. consid. 7.2) sia l'esistenza di un
suo personale movente (v. consid. 7.3) sia infine l'esame della chiamata in
correità del figlio (v. consid. 7.4).

7.1. L'insorgente contesta il giudizio sulla sua credibilità, ritenuta nulla
dalla CARP allo scopo di metterla in cattiva luce. Tenuto conto dei suoi
problemi mnemonici, i suoi cambiamenti di versione, che i giudici cantonali
definiscono menzogne, dovrebbero essere considerati come correzioni o
specificazioni. Molte di esse concernerebbero tra l'altro elementi del tutto
marginali e irrilevanti ai fini del processo. La ricorrente sottolinea che,
malgrado il carcere preventivo sofferto e la debilitazione fisica e psichica,
sarebbe sempre stata univoca nel professare la propria estraneità
all'assassinio.

Contestando di aver mentito sui numerosi aspetti elencati nella sentenza
impugnata, l'insorgente propone un'argomentazione puramente appellatoria,
inammissibile in questa sede. Un punto che rispetta i requisiti di motivazione
concerne il consumo di bevande alcoliche da parte della vittima. Tuttavia,
anche volendo riconoscere che sul tema non abbia riferito cose inveritiere, i
cambiamenti di versione sugli altri elementi, anche irrilevanti, conducono a
ritenere sostenibile la conclusione dei giudici cantonali sulla mancanza di
credibilità dell'insorgente. Aggiungasi che i problemi mnemonici avanzati nel
gravame non trovano riscontro, ricordato che non spetta al Tribunale federale
ricercare negli atti di causa i riferimenti a sostegno di una censura (DTF 133
IV 286 consid. 6.2).

7.2. La ricorrente critica anche gli indizi ritenuti per stabilire il suo
coinvolgimento. Tutti si riferirebbero al suo comportamento posteriore
all'uccisione del marito, laddove il quesito del procedimento sarebbe di sapere
se vi sia stata istigazione del figlio, ovvero un fatto anteriore. Il
ragionamento a ritroso e per induzione effettuato dalla CARP sarebbe
insostenibile.

Di per sé, considerare degli indizi posteriori all'uccisione non appare
arbitrario, nella misura in cui diano indicazioni pertinenti sull'implicazione
nel reato. Decisiva è dunque la valutazione dell'indizio concreto, esaminando
se è sostenibile considerarlo un elemento convincente sul coinvolgimento nel
fatto di sangue. Occorre pertanto verificare se, come sostenuto nel gravame, i
giudici cantonali abbiano commesso arbitrio nel valutare gli indizi.

7.2.1. I contatti telefonici tra madre e figlio nelle ore e nei giorni
immediatamente successivi alla morte della vittima sono stati considerati dalla
CARP un indizio del pieno coinvolgimento della donna. Sulla loro scorta, essa
ha inoltre stabilito che il 2 luglio 2011 la ricorrente è stata informata dal
figlio della morte del coniuge. Ha in particolare osservato che il fatto che il
primo contatto abbia avuto luogo subito dopo l'uccisione della vittima è da
mettere necessariamente in relazione con tale evento e ne ha dedotto che il
figlio abbia voluto avvisare la madre di quanto accaduto. Questa tempistica si
spiegherebbe solo nel caso di un pregresso accordo tra i due e nella
conseguente necessità di comunicare che quanto concordato era stato eseguito.
Inoltre, dal testo di alcuni messaggi, segnatamente quello con cui il giovane
chiedeva alla ricorrente di rimanere in Serbia ancora una settimana affermando
di volere che tutti sappiano che si trovava là, la CARP evince la sua
preoccupazione di procurarle un alibi: sennonché, l'autore di un reato si
dovrebbe preoccupare di fornire un alibi soltanto a chi ha partecipato al
reato. Per i giudici cantonali la fitta rete di contatti successivi e la loro
durata si spiegherebbero unicamente con l'eccezionalità del loro oggetto ed
erano volti a trovare il modo di gestire la situazione, in un momento in cui il
minore cercava di sbarazzarsi del cadavere.

A fronte di questo articolato esame dei contatti telefonici, la ricorrente
obietta che non sarebbe noto il contenuto delle comunicazioni e che il figlio
stesso avrebbe sostanzialmente affermato di non ricordare cosa si siano detti
in quelle occasioni. A suo dire, anche nell'ipotesi a lei più sfavorevole, essi
dimostrerebbero tutt'al più la sua consapevolezza dell'omicidio, ma non si
presterebbero a provare una sua istigazione. Sarebbe del resto comprensibile
che il figlio minorenne abbia intravisto nella madre l'unica persona a cui
confidarsi e chiedere aiuto. Diretta verso la Serbia al momento dell'uccisione,
la ricorrente già aveva un alibi, di modo che, dal messaggio con cui il figlio
le domandava di prolungare colà il suo soggiorno, nulla potrebbe essere dedotto
sul suo coinvolgimento, solo semmai che egli avrebbe avuto un interesse
personale all'assenza della madre.

Con tale argomentazione la ricorrente propone la propria valutazione delle
comunicazioni telefoniche con il figlio, senza riuscire a dimostrare
l'insostenibilità di quella della CARP. Benché il loro contenuto non sia noto,
la constatazione della sua consapevolezza dell'uccisione del marito già il 2
luglio 2011 resisterebbe anche a un libero esame da parte di questo Tribunale.
Peraltro, l'insorgente non contesta l'accertamento secondo cui quella sera il
figlio, nonostante quanto perpetrato, era tranquillo, sicché in modo
sostenibile i giudici cantonali hanno escluso che egli abbia contattato la
madre per chiederle aiuto perché sopraffatto e spaventato dall'enormità del suo
gesto. Quanto poi agli ulteriori contatti, in particolare il messaggio con cui
il figlio chiedeva alla ricorrente di prolungare la sua permanenza all'estero,
le deduzioni della CARP reggono alle censure di arbitrio. Infatti, sebbene
questo sia stato scritto quando il marito era già stato ucciso, il giovane non
era ancora riuscito a liberarsi del cadavere, di modo che non risulta
insostenibile ritenere un'intenzione di fornire un alibi alla madre, tanto meno
ove si consideri che la richiesta era intesa a consolidare la circostanza che
"tutti sanno che tu [l'insorgente] eri giù".

7.2.2. Altro indizio del coinvolgimento della ricorrente ritenuto dalla CARP è
il suo mancato immediato ritorno in Svizzera dopo aver appreso della morte del
marito per mano del figlio. Oltre a essere la moglie della vittima, era pure la
madre alla quale il figlio, allora sedicenne, aveva annunciato di aver ucciso
un uomo, il cui cadavere giaceva nell'appartamento nel quale il minore ancora
viveva. Per la Corte, una madre e moglie non coinvolta in quanto accaduto non
avrebbe avuto altra reazione se non quella di ritornare subito a casa, quanto
meno per essere accanto al figlio e aiutarlo ad affrontare una simile
situazione.

L'insorgente adduce un conflitto interiore, dilaniata dalla perdita del marito
e contemporaneamente disposta a proteggere il figlio minorenne, assecondando la
sua richiesta di prolungare il suo soggiorno in Serbia. Sottolinea di essere
tornata in Svizzera volontariamente, preannunciando il suo rientro alla
polizia, ciò che costituirebbe la migliore dimostrazione della sua innocenza.

Di questo conflitto interiore non v'è traccia negli accertamenti cantonali (v.
art. 105 cpv. 1 LTF). Risulta, al contrario, che è arrivata a rinnegare il
figlio per quanto commesso, atteggiamento inconciliabile con l'asserita
disponibilità a proteggerlo facendo prevalere il suo istinto materno. Vero è
che, raggiunta telefonicamente dagli inquirenti, ha subito fatto rientro in
Svizzera. Al riguardo, tuttavia, la CARP ha rilevato che ciò era necessario per
mantenere la "storiella" della vedova afflitta e dunque per la buona riuscita
del suo piano. Non ha per contro riconosciuto la presenza di esigenze pratiche,
sicché a nulla vale l'obiezione ricorsuale secondo cui non sarebbe stata
obbligata né avrebbe avuto bisogno di tornare in Svizzera.

7.2.3. Il 7 luglio 2011 la polizia ha contattato telefonicamente l'insorgente
per informarla della scoperta del cadavere del marito. Alla notizia ella ha
urlato e si è agitata al punto da spingere gli inquirenti a cercare, dalla
Svizzera, qualcuno in Serbia che potesse soccorrere la vedova e madre
disperata. Appurato che la ricorrente era a conoscenza della morte del coniuge
già il 2 luglio 2011, la CARP ha ritenuto tale reazione una sceneggiata
recitata a uso e consumo degli inquirenti, indiziante il suo coinvolgimento in
quanto accaduto.

Secondo l'insorgente, questa sarebbe una mera congettura priva di qualsiasi
fondamento. L'autenticità della sua reazione non potrebbe essere contestata.
Nemmeno la polizia avrebbe dubitato della sua sincerità e diversi testimoni
riferirebbero di averla vista triste nelle settimane successive.

 La tesi ricorsuale parte dal presupposto che la notizia della morte del
coniuge sia stata riferita all'insorgente solo il 7 luglio 2011. È stato però
accertato, senza arbitrio (v. consid. 7.2.1), che ne era al corrente già da
cinque giorni. Quanto ai testimoni, non si scorge a quali alluda il gravame:
dalla sentenza impugnata emerge invero la testimonianza di G.________, secondo
cui, incontrata la ricorrente dopo la morte del marito, la sua tristezza e le
lacrime da lei versate erano false. Questa immagine di prefica è resa ancor più
chiara dall'immediato prelievo di quasi l'intero saldo del conto del marito,
appena tornata in Svizzera. Oltre a costituire la dimostrazione che il motore
delle sue azioni fosse l'avidità, la CARP ha considerato questo comportamento
la prova della falsità delle manifestazioni di afflizione propinate agli
inquirenti. Ne segue che nessun arbitrio può essere imputato ai giudici
cantonali per aver ritenuto la reazione dell'insorgente una sceneggiata.

7.2.4. In aggiunta, pur non conferendogli grande importanza, la CARP ha pure
valutato il tentativo della ricorrente, per spingere gli inquirenti a
ipotizzare una lite fra ubriachi, di indurre F.________ a dichiarare alla
polizia che il figlio e il marito abusavano di alcol. Per la Corte anche ciò
dimostra come ella cercasse in ogni modo di allontanare i sospetti di un suo
coinvolgimento. Il gravame nulla obietta al riguardo. Da ultimo, e di
significativa rilevanza indiziante, la CARP ha rilevato anche i precedenti
tentativi di istigazione fatti proprio nei confronti di F.________.

7.2.5. Tutti gli indizi sono stati poi contestualizzati nella situazione
relazionale estremamente degradata tra la ricorrente e il marito. L'insorgente
avrebbe sposato la vittima solo per ottenere la possibilità di vivere in
Svizzera e un certo agio finanziario. Dopo averlo allontanato dalla sua
famiglia, ha messo in atto una sistematica spoliazione dei beni del coniuge,
cosa che non le sarebbe più stato possibile fare in seguito, visto che a fine
giugno si prospettava l'istituzione di una curatela amministrativa. A causa del
suo comportamento prevaricatore ed egoistico, la vita matrimoniale è presto
diventata per l'uomo fonte di gravi sofferenze, al punto che il suo medico lo
ha indirizzato a uno psichiatra. Inoltre, a pochi mesi dal matrimonio, la
ricorrente ha dichiarato a diverse persone e a più riprese di non sopportare
più il marito e di desiderare di vederlo morto.

 Questo contesto fattuale non è oggetto di specifiche censure. L'insorgente
adduce semplicemente che non sarebbe straordinario o riprovevole essersi
sposata anche con l'intento di poter risiedere in Svizzera, che i rapporti con
il marito sarebbero stati buoni, che non avrebbe avuto alcun interesse a
descrivere negativamente il suo matrimonio e che non avrebbe mai abusato dei
poteri che aveva sui conti del coniuge. Trattasi di affermazioni che omettono
però un confronto con l'accurata valutazione delle prove alla base di tali
accertamenti.

7.3. La CARP ha individuato il movente nella volontà di liberarsi di un marito
che la ricorrente detestava, ponendo fine a una convivenza per lei non più
sopportabile, con la prospettiva dell'istituzione di una curatela
amministrativa che l'avrebbe privata della possibilità di dar fondo alla
rendita d'invalidità del coniuge. Benché inferiore, riservata comunque una
rendita complementare, la rendita vedovile sarebbe invece stata completamente
nella sua disponibilità. I giudici precedenti hanno pure ritenuto che la
ricorrente, sposata con uno svizzero, fosse convinta che la morte del coniuge
non avrebbe pregiudicato la sua possibilità di rimanere in Svizzera,
contrariamente a quanto successo dopo la separazione con il suo precedente
marito straniero.

L'insorgente contesta di aver avuto un movente. Sennonché, incentra la sua
censura sui moventi contenuti nell'atto d'accusa, che cita a più riprese,
omettendo di confrontarsi compiutamente con la sentenza della Corte cantonale,
unico oggetto di impugnazione in questa sede (v. art. 80 LTF). Si limita
infatti ad affermare di aver saputo che la morte del marito avrebbe avuto come
conseguenza l'ordine di partenza dalla Svizzera, avendo già dovuto lasciare il
Paese dopo la cessazione della vita comune con il precedente marito. Inoltre,
contestando di adempiere i presupposti per chiedere una rendita complementare,
la ricorrente rileva che la situazione economica in costanza di matrimonio
sarebbe stata migliore rispetto alla sola rendita vedovile. Non spiega però
perché la CARP avrebbe commesso arbitrio nel ritenere che, avendo stavolta
sposato uno svizzero, l'insorgente fosse convinta di poter continuare a
soggiornare nel nostro Paese e nemmeno mette in discussione la considerazione
secondo cui, benché inferiore, la rendita vedovile, contrariamente alla rendita
d'invalidità del coniuge, sarebbe stata completamente nella sua disponibilità.
Ricordato che il movente è una questione di fatto (DTF 128 IV 53 consid. 3a
pag. 63), la critica risulta dunque inammissibile, in quanto non adempie le
esigenze di motivazione afferenti le contestazioni sui fatti (v. consid. 2.1 e
2.2).

7.4. In merito alla chiamata in correità del figlio, secondo la ricorrente, la
CARP avrebbe, senza una valida giustificazione, disatteso la propria
giurisprudenza in materia, esaminando con minore rigore formale le di lui
dichiarazioni. Queste, caratterizzate da contraddizioni e incostanti nel tempo,
sarebbero già talmente invalidate che nessun elemento indiziante esterno
potrebbe ridar loro forza probatoria. La credibilità del giovane, scaltro
manipolatore, sarebbe nulla. Tutti i suoi verbali andrebbero dunque stralciati
e annullati, in quanto privi di ogni valenza. La Corte cantonale invece
opererebbe una cernita, pretendendo di sceverare le affermazioni credibili da
quelle che non lo sono. Per l'insorgente, i molteplici moventi addotti dal
figlio, persona disturbata, non si eliderebbero, la sua decisione di uccidere
potendo derivare dalla loro somma, e pertanto sarebbe inaccettabile la
conclusione dei giudici cantonali sull'assenza di un movente plausibile.
Peraltro, già anteriormente alla imputata istigazione per opera della
ricorrente, il figlio avrebbe manifestato inequivocabilmente a terzi la sua
volontà di eliminare il patrigno e a tal fine si sarebbe adoperato per trovare
un'arma da fuoco. Tali aspetti sarebbero però stati arbitrariamente negletti
dalla CARP. Inoltre, a mente della ricorrente, il giovane non sarebbe
disinteressato. La sua chiamata in causa sarebbe strumentale al
ridimensionamento della sua colpa ai fini processuali e alla vendetta nei
confronti della madre che odiava, dopo che lo ha rinnegato a causa di quanto
commesso.

7.4.1. La giurisprudenza cantonale a cui la ricorrente si richiama (v. al
proposito RtiD I-2012 pag. 289 segg.) stabilisce i criteri di valutazione di
una chiamata di correo, affinché da semplice indizio possa assurgere a prova
capace, da sola o quasi, di sostenere un'ipotesi accusatoria. Nella
fattispecie, la chiamata in correità non è però stata considerata dalla CARP
quale unico elemento alla base dell'accertamento del coinvolgimento
dell'insorgente nell'uccisione del coniuge. Al contrario, è solo dopo averlo
stabilito sulla scorta degli altri indizi che i giudici cantonali hanno
riconosciuto forza probatoria alle dichiarazioni del figlio. In simili
circostanze, non si può rimproverare alla CARP di essersi scostata dalla sua
giurisprudenza. Neppure ha dato prova di minor rigore formale. Infatti essa ha
solo affermato, usando il condizionale, che le dichiarazioni del figlio
andrebbero valutate con meno rigore di quanto fatto dai giudici di prima
istanza, tenuto conto delle particolari caratteristiche della sua personalità,
della sua immaturità, del contesto in cui è maturata la decisione di chiamare
in causa la madre, della relativa carica emotiva e della sua concretizzazione
nel tempo. Ciò posto, ha esaminato con minuzia il contenuto della chiamata in
correità, la sua genesi, i suoi motivi, la verosimiglianza del racconto e il
tormento interiore del figlio. La criticata cernita delle sue affermazioni,
operata dalla CARP, non è del resto censurabile. Infatti, per ricercare la
verità materiale non è tanto determinante la credibilità generale della persona
interrogata, quanto piuttosto l'attendibilità della dichiarazione concreta da
essa rilasciata (DTF 133 I 33 consid. 4.3 pag. 45). Sicché le dichiarazioni del
figlio non possono essere ritenute nulle, come preteso nel ricorso, adducendo
semplicemente la sua tendenza a mentire e a manipolare, senza che sia stata
riscontrata alcuna vera patologia dai periti. La veridicità di talune sue
deposizioni (connesse segnatamente alla dinamica dell'uccisione, al fatto di
esserne l'unico autore materiale, di aver tentato di vendere diversi oggetti
della vittima e di aver chiesto l'ausilio di terzi per far sparire il cadavere)
non è d'altronde confutata nemmeno dall'insorgente. Come peraltro neppure
contesta che su taluni aspetti il figlio abbia mentito, ad esempio sul fatto
che la vittima picchiasse la ricorrente.

7.4.2. Contrariamente alla tesi difensiva, nemmeno la chiamata in correità può
essere considerata nulla, perché asseritamente strumentale e quindi priva del
carattere disinteressato. La ricorrente dimentica che il figlio ha rinnovato le
proprie dichiarazioni sul suo coinvolgimento nel corso del dibattimento
d'appello, quando ormai era già stato condannato per assassinio con sentenza
cresciuta in giudicato. Come rilevato dalla CARP, a quel momento egli non aveva
alcun motivo di accusarla falsamente e nulla da guadagnarci. Certo, egli ha
cominciato a chiamare in causa la madre dopo che si è sentito tradito da quanto
andava dicendo, ossia che per lei non era più suo figlio. I giudici cantonali
al proposito hanno osservato che il sentimento di tradimento poteva
giustificarsi solo se aveva agito con il suo consenso o dietro sua richiesta,
ma non invece se l'avesse fatto a sua insaputa. Non hanno poi espresso dubbi
sul motivo della successiva ritrattazione (fatta in una fase in cui il
coinvolgimento della madre avrebbe ancora potuto essergli utile nell'ottica di
un'attenuazione della colpa), da ricondurre alle indicazioni del suo avvocato
sui rischi penali per l'insorgente. Al dibattimento d'appello nel procedimento
a carico della madre, egli si è presentato deciso a non comprometterla. La CARP
ha rilevato che il cambiamento di atteggiamento è intervenuto solo dopo
l'esortazione del patrocinatore delle accusatrici private a considerare il loro
diritto alla verità sui motivi della morte del loro congiunto. Confrontato per
la prima volta con le altre vittime del suo gesto, ha richiamato in causa la
madre senza alcun livore nei suoi confronti, ribadendo le sue dichiarazioni
quattro giorni dopo, al momento della ripresa della sua audizione. In simili
circostanze, tenendo anche conto che la madre rappresentava in pratica l'unica
famiglia rimastagli, la CARP non ha commesso arbitrio nel considerare
disinteressata la chiamata in correità, del resto riformulata quando per il
figlio potevano derivarne solo svantaggi.

7.4.3. Nelle pagine del ricorso dedicate alla cronistoria della chiamata in
correità, delle relative ritrattazioni e divergenze, l'insorgente propone una
propria interpretazione e analisi, concludendo che il preteso colloquio, nel
corso del quale secondo il figlio lei gli avrebbe chiesto di trovare dei
sicari, non sarebbe mai avvenuto. Sennonché, argomenta come dinanzi a un
tribunale dotato di pieno potere cognitivo in fatto e in diritto, ciò che il
Tribunale federale non è (art. 105 seg. LTF; v. consid. 2). Omette un puntuale
confronto con la sentenza impugnata e non sostanzia alcuna violazione del
diritto da parte della CARP. In questa misura il ricorso risulta inammissibile.

7.4.4. La CARP ha concluso per l'inaffidabilità delle dichiarazioni del figlio
in merito ai moventi da lui avanzati prima di chiamare in causa la madre,
spiegando perché li ha considerati inconsistenti e pretestuosi. Non ha comunque
escluso che al movente della ricorrente il figlio abbia aggiunto altri
elementi, soprattutto per trovare il coraggio che gli mancava per passare
all'atto. Ha però precisato trattarsi di elementi marginali, che da soli non
l'avrebbero mai spinto a uccidere il patrigno. La ricorrente tenta di
contestare questa conclusione, adducendo che sarebbe "assai verosimile" che la
decisione di uccidere derivi da una somma di moventi del figlio o addirittura
da moventi inconfessati e non individuati nell'inchiesta. Ribadito che il
movente costituisce una questione di fatto (v. consid. 7.3), le critiche
ricorsuali al riguardo risultano inammissibili in quanto appellatorie.
L'insorgente non si confronta con le ragioni esposte dalla CARP per ritenere
pretestuosi e infondati i moventi addotti dal figlio e nemmeno sostanzia
arbitrio di sorta, non bastando a tal fine, come visto, affermare che sarebbero
verosimili o non sarebbero escluse altre ipotesi rispetto a quanto stabilito
nella sentenza impugnata.

7.4.5. Infine, per quanto concerne i tentativi del figlio di procurarsi un'arma
da fuoco già prima della contestata istigazione, la CARP non li ha negletti. Ha
infatti accertato che una delle sue prime preoccupazioni, appena arrivato in
Svizzera, è stata quella di reperire un fucile e una pistola. Tuttavia, ha pure
stabilito che le ricerche nulla avevano a che fare con l'uccisione del
patrigno, ma solo con la sua passione per le armi. Secondo la ricorrente,
invece, questi tentativi dimostrerebbero la pregressa determinazione omicida
del figlio, volontà nata motu proprio e quindi indipendente dalla madre. A
sostegno di ciò si avvale delle dichiarazioni da questi rese in data 27 ottobre
2011 secondo cui una delle armi che intendeva comprare l'avrebbe usata per
uccidere il patrigno. Disattende però che, quello stesso giorno, nel prosieguo
del suo interrogatorio, ribadendo la sua passione per le armi, egli ha
precisato che l'idea di usare la pistola per l'assassinio gli è venuta solo
dopo aver parlato proprio con l'insorgente (v. verbale di interrogatorio del 27
ottobre 2011, accluso nel rapporto di inchiesta di polizia giudiziaria allegato
n. 386 pag. 5). La censura non appare quindi fondata.

7.5. In conclusione, gli indizi e la chiamata in correità del figlio sono stati
valutati in modo sostenibile, per cui non appare arbitrario l'accertamento
finale della CARP sul coinvolgimento della ricorrente nell'uccisione del
marito.

8. 
La ricorrente contesta la sussistenza degli estremi dell'istigazione in
assassinio.

8.1. L'istigazione consiste nel determinare altri a commettere un crimine o un
delitto (art. 24 cpv. 1 CP). Essa presuppone un rapporto di causalità tra
l'atto d'incitamento dell'istigatore e la decisione dell'istigato di commettere
il reato. L'istigatore deve esercitare un'influenza psichica diretta sulla
formazione dell'altrui volontà. Non occorre che egli abbia dovuto vincere la
resistenza dell'istigato, la volontà di commettere un reato può essere indotta
anche nella persona disposta ad agire o che si offre di compiere l'atto punito
penalmente e ciò fintantoché l'autore non si sia ancora risolto a passare
concretamente all'azione. L'istigazione non è invece più possibile se l'autore
del reato era già determinato a perpetrarlo. Chi si limita a creare una
situazione in cui un'altra persona potrebbe eventualmente decidersi a
commettere un'infrazione non è istigatore. L'istigazione esige infatti un
influsso psichico o intellettuale diretto sulla formazione dell'altrui volontà.
Essa può essere commessa mediante ogni comportamento idoneo a suscitare in una
persona la decisione di agire, anche con una semplice domanda, una suggestione
o un invito concludente. L'istigazione non costituisce un reato indipendente,
bensì una forma di partecipazione all'infrazione commessa da altri. Gli
elementi costitutivi oggettivi corrispondono a quelli del reato commesso
dall'istigato (DTF 128 IV 11 consid. 2a e rinvii). Sotto il profilo soggettivo,
l'istigazione richiede l'intenzionalità che deve riferirsi, da un lato, alla
provocazione della decisione di passare all'atto e, dall'altro, all'esecuzione
dell'atto da parte dell'istigato (DTF 127 IV 122 consid. 4a). Il dolo eventuale
è sufficiente. Occorre dunque che l'istigatore abbia saputo e voluto o,
quantomeno, preso in considerazione e accettato che il suo intervento era
idoneo a persuadere l'istigato a commettere il reato (DTF 128 IV 11 consid.
2a).

 Perché l'istigazione possa ritenersi realizzata, l'istigato dev'essere passato
all'atto, ovvero deve aver commesso o almeno tentato di commettere
l'infrazione. Sussiste invece solo un tentativo di istigazione nel caso in cui,
per un motivo o per un altro, l'istigato non ha agito (DTF 128 IV 11 consid. 2a
pag. 15). Benché di regola la partecipazione a un'infrazione sia punibile solo
ove questa sia stata commessa o almeno tentata, l'art. 24 cpv. 2 CP erige ad
atto penalmente punibile l'istigazione a un crimine, quand'anche non sia stato
perpetrato né tentato (sentenza Str.84/1983 del 7 settembre 1983 consid. 2a, in
SJ 1984 pag. 160).

Una persona può determinare altri a far commettere un reato da un terzo. Si è
allora in presenza di un'istigazione indiretta o di secondo grado. Secondo la
giurisprudenza, anche l'istigatore indiretto è punibile sulla base dell'art. 24
CP, la sua partecipazione non risultando meno colpevole perché l'istigato si
serve di una terza persona invece di agire personalmente (DTF 73 IV 216 consid.
2a pag. 218, recentemente ribadita nella sentenza 6B_592/2013 del 22 ottobre
2014 consid. 2.2.2).

8.2. Secondo l'insorgente, il suo comportamento nei confronti di F.________ non
configurerebbe il reato di istigazione in assassinio, i cui termini sarebbero
alquanto nebulosi e semmai limitati a un accenno molto generico. Poiché non gli
avrebbe mai chiesto di uccidere personalmente il marito, egli non sarebbe stato
in alcun caso destinatario di un'istigazione. Nemmeno gli avrebbe peraltro dato
un esplicito incarico di reperire un assassino. Inoltre, F.________, atteso che
avrebbe sempre risposto negativamente alle richieste della ricorrente e non si
sarebbe mai adoperato per trovare un sicario, neppure sarebbe stato persona
istigabile. Infine, l'insorgente rileva che l'uccisione del marito è avvenuta a
opera del figlio, sicché difetterebbe pure un nesso di causalità fra
l'istigazione e la morte. Non sussistendo alcuna istigazione diretta o
indiretta per interposta persona e mancando un nesso causale tra la contestata
istigazione sulla persona di F.________ e la morte della vittima, l'art. 24 CP
non sarebbe applicabile.

8.2.1. È stato accertato, come visto senza arbitrio (v. consid. 5), che la
ricorrente ha più volte chiesto a F.________ di trovare, nel senso di
contattare e ingaggiare (avendo precisato che aveva i soldi per pagare),
qualcuno che potesse uccidere il marito e che egli rifiutò di fare quello che
gli si domandava.

8.2.2. Contrariamente a quanto sostenuto nel gravame, la contestata richiesta
risulta tutt'altro che generica: permetteva di ben comprendere sia il genere di
infrazione finale prospettata (reato contro la vita) sia la vittima designata
sia il comportamento da assumere, ossia reperire e ingaggiare qualcuno allo
scopo, atteso che vi era a disposizione denaro. F.________ non si è risolto a
commettere alcunché, motivo per cui si è di fronte solo a un tentativo di
istigazione e la questione del nesso causale tra l'atto di persuasione e la
decisione dell'istigato di commettere il reato neppure si pone. Infatti, il
nesso di causalità è necessario esclusivamente in presenza di un'istigazione
consumata (v. BERNHARD Sträuli, in Commentaire romand, Code pénal I, 2009, n.
20 ad art. 24 CP). Non è peraltro contestato che l'istigazione aveva quale
scopo ultimo la commissione di un assassinio, ossia di un crimine.

In quanto la ricorrente non ha chiesto a F.________ di provvedere a uccidere il
marito, ma "solo" di trovare qualcuno che lo facesse, si è in presenza di un
tentativo di istigazione indiretta. In passato il Tribunale federale ha
lasciato irrisolta la problematica della punibilità del tentativo d'istigazione
di un altro all'istigazione di una terza persona (sentenza 6S.448/2004 del 3
ottobre 2005 consid. 4.3). Sull'argomento la dottrina è divisa. Per una parte,
il tentativo di istigazione di secondo grado non sarebbe punibile. Poiché,
rispetto all'istigatore diretto e al potenziale autore, l'istigatore indiretto
è più distante dal risultato del reato prospettato (e quindi da una lesione o
da un'esposizione a pericolo del bene giuridico tutelato), non dovrebbe essere
trattato più severamente degli altri e pertanto non dovrebbe essere punito se
l'istigatore diretto nulla ha intrapreso per istigare il potenziale autore del
crimine (Micha Nydegger, Zurechnungsfragen der Anstiftung im System strafbarer
Beteiligung, 2012, pag. 169; Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht,
Allgemeiner Teil I: Die Straftat, 4a ed. 2011, § 13 n. 132; Donatsch/Tag,
Strafrecht I, Verbrechenslehre, 9 ^aed. 2013, pag. 162). Per un'altra corrente
della dottrina invece, atteso che l'art. 24 cpv. 2 CP deroga al principio
dell'accessorietà reale, il tentativo di istigazione di secondo grado sarebbe
punibile anche se l'istigatore diretto neppure ha cominciato a persuadere il
potenziale autore del crimine (Bernhard Sträuli, op. cit., n. 54 ad art. 24 CP;
Philippe Graven, L'infraction pénale punissable, 2 ^aed. 1995, pag. 304).
Quest'ultima opinione merita assenso. Entrambi i capoversi dell'art. 24 CP sono
strutturati in modo identico, per cui, come l'art. 24 cpv. 1 CP non esclude
l'istigazione (consumata) di secondo grado, non esigendo di determinare 
direttamente altri a commettere un crimine o un delitto (v. DTF 73 IV 216
consid. 2a), così anche l'art. 24 cpv. 2 CP non estromette dal suo campo di
applicazione la tentata istigazione di secondo grado, non essendo limitato al
tentativo di determinare  direttamente altri a commettere un crimine. L'autore
di un tentativo di istigazione, anche se indiretta, ha la volontà che il
crimine sia commesso: la sua intenzionalità non si riferisce a una semplice
minaccia verso un bene giuridico, ma alla sua lesione (v. sentenza Str.84/1983
del 7 settembre 1983 consid. 2a, in SJ 1984 pag. 160). Certo l'esposizione a
pericolo del bene giuridico tutelato dal diritto penale è minore in caso di
tentativo di istigazione indiretta rispetto al tentativo di istigazione
diretta; l'art. 24 cpv. 2 CP non fissa tuttavia una soglia di pericolo a
partire dalla quale sanzionare la tentata istigazione. È piuttosto nell'ambito
della commisurazione della pena che occorre considerare la gravità reale del
tentativo di istigazione, le conseguenze concrete dell'atto commesso e la
prossimità del risultato (v. sentenza 6S.44/2007 del 6 giugno 2007 consid.
4.5.5). Nella fattispecie la CARP ha effettivamente considerato tali aspetti al
momento di commisurare la pena.

Sicché su questo punto la condanna della ricorrente non viola l'art. 24 cpv. 2
CP ed è conforme al diritto federale.

8.3. L'insorgente contesta pure la sussistenza di un'istigazione in assassinio
del figlio. Egli sarebbe un  omnimodo facturus, in quanto già determinato a
commettere il reato e quindi non istigabile, di modo che difetterebbe il nesso
causale tra l'imputata istigazione e la decisione criminosa da un lato, nonché
la commissione del reato dall'altro. La ricorrente non avrebbe mai chiesto al
figlio di perpetrare di persona il crimine, pensiero a cui era contraria, ma
secondo le dichiarazioni di questi, di cercare qualcuno che lo facesse. Non vi
sarebbe dunque istigazione diretta, ma semmai indiretta. Invece di attenersi
alla richiesta di reperire un terzo, il figlio ha però deciso di agire in
proprio, dimostrando così intenzioni omicide indipendenti dall'istigazione.
L'insorgente non potrebbe quindi essere condannata per un reato che non ha mai
voluto, che anzi ha escluso, e nemmeno potrebbe essere ritenuta colpevole di
un'istigazione indiretta.

8.3.1. Secondo gli accertamenti cantonali, esenti da arbitrio (v. consid. 6 e
7), l'insorgente ha chiesto al figlio di trovare qualcuno che uccidesse il
marito e, dopo che lui finse di avere trovato dei sicari disposti a farlo per
fr. 2'000.--/3'000.--, gli disse che accettava. Autore materiale e diretto
dell'uccisione è stato il figlio. La CARP ha pure stabilito che senza le
richieste della ricorrente, che aveva un grande ascendente sul figlio, egli non
si sarebbe mai deciso ad agire.

8.3.2. Nella misura in cui l'insorgente adduce una pretesa pregressa
determinazione omicida del figlio, sulla quale la CARP avrebbe sorvolato, si
scosta in modo inammissibile dai fatti accertati in sede cantonale, senza
tuttavia dimostrarne l'arbitrio con una motivazione conforme agli art. 42 cpv.
2 e 106 cpv. 2 LTF (v. consid. 2). Appurato che il comportamento della
ricorrente è stato determinante per la nascita e la concretizzazione della
decisione criminosa del figlio, che non aveva nessun movente per uccidere il
patrigno con cui del resto intratteneva un buon rapporto, i giudici cantonali
hanno escluso la figura dell'  omnimodo facturus.

Premesso che l'adempimento degli elementi costitutivi dell'assassinio non è
minimamente contestato, i presupposti dell'art. 24 cpv. 1 CP sono dati. Le
richieste della ricorrente non solo erano idonee a far suscitare ma hanno anche
provocato nel figlio la decisione di passare concretamente all'azione. Il nesso
di causalità è quindi dato. Anche il reato finale prospettato (eliminazione
fisica del marito, di cui non sopportava più la presenza) era sufficientemente
caratterizzato e lo stesso non solo è poi stato tentato, ma anche consumato.
Che poi, invece di ingaggiare realmente dei sicari, il figlio lo abbia
perpetrato personalmente, nulla cambia nella sostanza. Come già rilevato dalla
CARP, l'insorgente lo ha istigato a istigare a sua volta la commissione di un
assassinio. L'art. 24 cpv. 1 CP tratta infatti l'istigatore alla stessa stregua
dell'autore del delitto o del crimine, comminando la pena applicabile a
quest'ultimo. Il ruolo dell'istigatore, per gravità e importanza, è quindi
equiparato a quello dell'autore materiale, perché, senza il primo, il reato non
sarebbe con ogni verosimiglianza stato commesso (DTF 73 IV 216 consid. 2a pag.
218). La partecipazione della ricorrente non risulta dunque meno colpevole
perché il figlio, invece di ricorrere a un terzo, ha agito di persona. La sua
condanna per istigazione (indiretta) in assassinio non viola pertanto l'art. 24
cpv. 1 CP.

9. 
L'insorgente è stata pure condannata per titolo di appropriazione indebita, per
avere, poco dopo il suo rientro in Svizzera, prelevato pressoché l'intero saldo
del conto corrente postale del marito, in danno della comunione ereditaria.

La ricorrente asserisce di aver agito in assoluta buona fede, senza alcuna
intenzionalità. Beneficiando di una procura sul conto del coniuge, sarebbe
stata convinta di poter disporre del denaro anche dopo il suo decesso. Con la
liquidazione del regime matrimoniale della partecipazione agli acquisti, nel
cui ambito le sarebbe pertoccata gran parte dei beni, ella non avrebbe avuto
l'esigenza di entrare in possesso dei soldi usando stratagemmi di sorta, per
finalmente sottrarre solo scarsi fr. 2'000.-- della quota ereditaria spettante
agli altri eredi della vittima.

Non contesta quindi la realizzazione degli elementi costitutivi oggettivi,
bensì unicamente di quelli soggettivi del reato di appropriazione indebita.

9.1. L'appropriazione indebita ai sensi dell'art. 138 CP è un reato
intenzionale. L'autore deve inoltre agire al fine di procacciare a sé o ad
altri un indebito profitto. Non agisce con il proposito di conseguire un
indebito profitto l'autore che ha la possibilità e la volontà di fornire in
qualsiasi momento all'avente diritto l'equivalente dei valori patrimoniali
affidatigli e da lui impiegati a profitto proprio o di un terzo (capacità di
restituzione, Ersatzbereitschaft; DTF 133 IV 21 consid. 6.1.2).

Ciò che l'autore sapeva, voleva o ha preso in considerazione sono questioni di
fatto (DTF 138 V 74 consid. 8.4.1 e rinvii), che vincolano di principio questa
Corte, tranne se accertate in modo manifestamente inesatto o in violazione del
diritto (v. art. 105 LTF).

9.2. La CARP ha ritenuto che, temendo il blocco dei conti del defunto marito,
la ricorrente aveva prelevato il denaro con la volontà di garantirsi la
possibilità di disporne a piacimento e appropriarsene. Perfettamente
consapevole di non identificarsi con la comunione ereditaria, non avrebbe agito
in buona fede: ha svuotato il conto per poi custodire il denaro in un luogo a
cui lei sola aveva accesso. Benché avesse la possibilità di risarcire, i
giudici cantonali hanno constatato che l'insorgente non aveva comunque la
volontà di farlo.

Con la sua argomentazione la ricorrente si scosta dai fatti appena riassunti,
senza tuttavia dimostrarne l'arbitrio con una motivazione conforme agli art. 42
cpv. 2 e 106 cpv. 2 LTF (v. consid. 2). Della convinzione di poter disporre del
denaro del coniuge, anche dopo la sua morte, non v'è traccia. È stato al
contrario accertato che, senza che sussistessero esigenze pratiche a tal fine,
ha agito appena ha potuto, prima dell'attuazione del blocco dei conti, volendo
appropriarsi dei valori patrimoniali del marito e ben sapendo che parte di essi
spettavano agli altri eredi riservatari. Infine, non aveva, né d'altronde lo
sostiene, la volontà di rendere quanto indebitamente sottratto. In simili
circostanze, sono riuniti tutti gli elementi dell'aspetto soggettivo del reato
e la sua condanna per titolo di appropriazione indebita non viola il diritto.

10. 
Per quel che concerne la commisurazione della pena e le pretese civili, la
ricorrente non formula alcuna censura.

11. 
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso si appalesa infondato e va
pertanto respinto.

Tenuto conto della situazione finanziaria dell'insorgente e considerato che le
conclusioni ricorsuali non apparivano fin dall'inizio prive di probabilità di
successo, la domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio può
essere accolta (art. 64 cpv. 1 e 2 LTF).

Non essendo stati invitati a esprimersi, alle parti opponenti non spetta
nessuna indennità per ripetibili della sede federale (art. 68 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2. 
Alla ricorrente viene concessa l'assistenza giudiziaria.

3. 
Non si prelevano spese giudiziarie.

4. 
L'avv. Pietro Pellegrini viene incaricato del gratuito patrocinio della
ricorrente e la cassa del Tribunale federale gli verserà un'indennità di fr.
4'000.--.

5. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico e alla Corte
di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.

Losanna, 18 maggio 2015

In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero

Il Presidente: Denys

La Cancelliera: Ortolano Ribordy

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