Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.194/2013
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

[8frIR2ALAGK1]     
{T 0/2}
                   
6B_194/2013

Sentenza del 3 settembre 2013

Corte di diritto penale

Composizione
Giudici federali Mathys, Presidente,
Schneider, Eusebio,
Cancelliera Ortolano Ribordy.

Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Stefano Pizzola,
ricorrente,

contro

1.  Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio
16, 6901 Lugano,
2. B.________,
patrocinato dall'avv. Massimiliano Parli,
opponenti.

Oggetto
Tentato omicidio per dolo eventuale; arbitrio,

ricorso in materia penale contro la sentenza emanata
il 7 dicembre 2012 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone
Ticino.

Fatti:

A.
Con sentenza del 24 maggio 2012 la Corte delle assise criminali ha riconosciuto
A.________ autore colpevole di lesioni intenzionali gravi, rissa,
contravvenzione alla LStup, ripetuta minaccia, danneggiamento, ripetuta
ingiuria, nonché violenza o minaccia contro le autorità e i funzionari e lo ha
condannato, avendo agito in stato di lieve scemata imputabilità, alla pena
detentiva di 3 anni, a valere quale pena unica comprensiva di quella di 45
aliquote giornaliere di fr. 100.-- inflittagli con decreto d'accusa del 4
febbraio 2008. L'esecuzione della pena è stata parzialmente sospesa
condizionalmente. La Corte ha pure ordinato un trattamento psicologico
ambulatoriale della durata di 3 anni. A.________ è stato inoltre condannato a
versare all'accusatore privato B.________ un risarcimento del torto morale e un
indennizzo per le spese legali.

B.
Il Ministero pubblico e l'accusatore privato hanno inoltrato appello,
impugnando la condanna per lesioni intenzionali gravi, mentre A.________ un
appello incidentale, contestando i reati di ripetuta minaccia e violenza o
minaccia contro le autorità e i funzionari. Con sentenza del 7 dicembre 2012,
constatata la crescita in giudicato della condanna per gli altri capi
d'imputazione nonché della misura, la Corte di appello e di revisione penale
del Cantone Ticino (CARP) ha respinto l'appello incidentale e, in parziale
accoglimento degli altri appelli, ha dichiarato A.________ autore colpevole di
tentato omicidio per dolo eventuale, in luogo di lesioni intenzionali gravi.
Riconosciutogli in parte uno stato di lieve scemata imputabilità, gli ha quindi
inflitto la pena detentiva di 5 anni e 3 mesi, a valere quale pena unica
comprensiva di quella summenzionata, e alla multa di fr. 100.--, fissando a 1
giorno la pena detentiva sostitutiva in caso di mancato pagamento. Ha infine
aumentato gli importi degli indennizzi in favore dell'accusatore privato.

In breve la condanna per tentato omicidio per dolo eventuale si fonda sui fatti
seguenti:

La sera del 17 aprile 2011, sulla via pubblica, è sorto un diverbio tra
A.________, l'accusatore privato e un terzo uomo, sfociato in una rissa nel
corso della quale il primo è stato ferito (in modo non grave) alla schiena,
mentre il secondo a una mano. L'accusatore privato si è poi allontanato e si è
recato in un esercizio pubblico poco distante, cercando qualcosa per ovviare al
sanguinamento della sua lesione. Pulita la ferita, si è fermato davanti al
bancone del bar per bere uno o due whisky. Dopo una decina o una quindicina di
minuti, anche A.________ è entrato nel medesimo esercizio pubblico attraverso
la porta secondaria e si è immediatamente avventato sull'accusatore privato,
attaccandolo da tergo, e brandendo un coltello ha colpito a casaccio la parte
anteriore del suo volto a due distinte riprese. Un altro avventore ha quindi
afferrato A.________ e lo ha allontanato a forza dal bar, facendo così cessare
l'attacco. A.________ è poi rientrato con il coltello ancora in mano,
proferendo minacce di morte all'indirizzo dell'accusatore privato. Sul viso di
quest'ultimo sono state riscontrate due ferite da taglio di 12, rispettivamente
15 centimetri; egli non è mai stato in pericolo di vita.

C.
A.________ si aggrava al Tribunale federale con ricorso in materia penale,
postulando in sostanza la derubricazione dell'imputazione di tentato omicidio
per dolo eventuale in lesioni intenzionali gravi, con conseguente conferma
della pena pronunciata in prima sede. Chiede inoltre il beneficio
dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio con designazione
dell'avvocato Stefano Pizzola quale suo patrocinatore d'ufficio.

Diritto:

1.
Presentato dall'imputato, le cui conclusioni sono state disattese (art. 81 cpv.
1 LTF), diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia
penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un tribunale cantonale superiore che ha
giudicato su ricorso (art. 80 LTF), il gravame è di massima ammissibile, perché
interposto nei termini legali (art. 100 cpv. 1 LTF) e nelle forme richieste
(art. 42 cpv. 1 LTF).

2.
Il ricorrente contesta di essersi reso colpevole di tentato omicidio per dolo
eventuale. La conclusione dei giudici cantonali al proposito poggerebbe su
accertamenti che egli censura come arbitrari, perché fondati su una valutazione
insostenibile delle prove.

2.1. Prima di esaminare le censure ricorsuali relative al dolo, è necessario
vagliare quelle di arbitrio. La nozione di arbitrio, vietato dall'art. 9 Cost.,
è oggetto di abbondante giurisprudenza, a cui per brevità si rinvia (v. tra
tante DTF 138 I 49 consid. 7.1; con particolare riguardo alla valutazione delle
prove e all'accertamento dei fatti v. DTF 137 I 58 consid. 4.1.2).

Trattandosi di un diritto costituzionale, il ricorrente che si prevale della
violazione del divieto dell'arbitrio deve soddisfare le accresciute esigenze di
motivazione poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (sulle stesse v. DTF 137 V 57
consid. 1.3) : critiche vaghe o di stampo appellatorio sono inammissibili (DTF
136 II 101 consid. 3). Rilevasi ancora che, a norma dell'art. 97 cpv. 1 LTF, la
parte ricorrente, che censura un accertamento arbitrario dei fatti, deve
dimostrare che l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del
procedimento.

2.2. Nella fattispecie l'argomentazione ricorsuale disattende le citate
esigenze: in larga misura l'insorgente si limita in effetti a criticare in modo
generico e appellatorio la decisione impugnata, richiamando semplicemente
determinate prove e proponendone la sua interpretazione, senza confrontarsi
tuttavia con la dettagliata valutazione globale operata dalla CARP.

3.

3.1. Secondo il ricorrente sarebbe in primo luogo arbitrario attribuire
credibilità alle dichiarazioni dell'accusatore privato e non alle sue, come
fatto dalla CARP. Citando alcuni stralci dei verbali di interrogatorio, egli
sostiene che la versione fornita dall'accusatore privato non possa essere
definita coerente.

Orbene, i giudici cantonali non hanno proceduto a una valutazione della
credibilità generale delle parti, ma l'hanno piuttosto riferita ai singoli
frammenti di tutta la vicenda che li ha visti coinvolti. Hanno confrontato le
loro versioni su ogni specifico punto e quindi ricercato se fossero supportate,
laddove possibile, da altri riscontri. Sulla base di questo dettagliato esame,
la CARP ha infine stabilito i fatti. Nel rilevare le pretese omissioni e
incoerenze dell'accusatore privato, l'insorgente non ne spiega minimamente
l'incidenza sugli accertamenti ritenuti. Insufficientemente e impropriamente
motivato, su questo punto il ricorso risulta inammissibile.

3.2. L'insorgente definisce arbitraria la conclusione della CARP
sull'impossibilità di determinare chi lo abbia ferito alla schiena nel corso
della rissa. Sennonché, non si scorge, né d'altronde è spiegato nel gravame,
quale influenza l'eventuale correzione di questo accertamento possa avere per
l'esito del procedimento (v. art. 97 cpv. 1 in fine LTF), ossia per il giudizio
di quanto accaduto all'interno dell'esercizio pubblico. Non si giustifica
quindi attardarsi oltre su questo aspetto.

3.3. Per il ricorrente l'accertamento secondo cui egli sarebbe entrato
nell'esercizio pubblico per vendicarsi non troverebbe nessun riscontro negli
atti. Considerato il lasso di tempo intercorso tra i rispettivi arrivi nel
locale dell'accusatore privato e dell'insorgente, non vi sarebbero motivi per
ritenere che quest'ultimo sapeva di potersi imbattere nel primo. Il loro
incontro sarebbe quindi fortuito.

Malgrado i ripetuti cambiamenti di versione, rilevati minuziosamente dalla
CARP, è lo stesso ricorrente ad affermare, nel suo verbale di interrogatorio
del 16 novembre 2011, di essersi recato nell'esercizio pubblico per raggiungere
l'accusatore privato. È vero che successivamente ha modificato tale
dichiarazione, ma i giudici cantonali hanno spiegato con dovizia le ragioni che
li hanno spinti a ritenere che si è diretto nel locale per vendicarsi. Il
ricorrente, che neppure indica perché sarebbe penetrato nel bar, omette
tuttavia di confrontarsi compiutamente con la sentenza impugnata. Oltre che
insufficientemente motivata, la censura risulta pertanto pure infondata, in
quanto l'accertamento poggia sulle affermazioni del diretto interessato.

3.4. L'insorgente lamenta arbitrio anche in relazione all'accertamento
dell'origine del coltello con cui ha aggredito l'accusatore privato all'interno
dell'esercizio pubblico. Egli stesso però ammette che, ai fini del giudizio,
poco cambia sapere se sia entrato nel locale disponendo già dell'arma o se,
come sostiene, l'abbia trovata lì. Non v'è dunque motivo di entrare nel merito
della critica (v. art. 97 cpv. 1 LTF e consid. 2.1).

3.5. Il ricorrente infine lamenta arbitrio anche in merito alla dinamica del
ferimento. Non censura tuttavia gli accertamenti come tali, ma piuttosto la
sussunzione giuridica operata dalla CARP, questione esaminata nei considerandi
che seguono.

4.
Si rende colpevole di omicidio intenzionale ai sensi dell'art. 111 CP chiunque
intenzionalmente uccide una persona. Secondo la giurisprudenza, sussiste
tentativo (art. 22 CP) qualora l'autore realizzi tutti gli elementi soggettivi
dell'infrazione e manifesti la sua intenzione di commetterla, senza che siano
adempiuti integralmente quelli oggettivi (DTF 137 IV 113 consid. 1.4.2 pag. 115
e rinvii). Il tentativo presuppone sempre un comportamento intenzionale, il
dolo eventuale è però sufficiente (sentenza 6B_246/2012 del 10 luglio 2012
consid. 1.1.1). Giusta l'art. 12 cpv. 2 CP, commette con intenzione un crimine
o un delitto chi lo compie consapevolmente e volontariamente. Basta a tal fine
che l'autore ritenga possibile il realizzarsi dell'atto e se ne accolli il
rischio. La seconda frase dell'art. 12 cpv. 2 CP definisce la nozione di dolo
eventuale (DTF 133 IV 9 consid. 4), che sussiste laddove l'agente ritiene
possibile che l'evento o il reato si produca e, cionondimeno, agisce, poiché
prende in considerazione l'evento nel caso in cui si realizzi, lo accetta pur
non desiderandolo (DTF 137 IV 1 consid. 4.2.3).

In mancanza di confessioni, il giudice può, di regola, dedurre la volontà
dell'interessato fondandosi su indizi esteriori e regole d'esperienza. Può
desumere la volontà dell'autore da ciò che questi sapeva, laddove la
possibilità che l'evento si produca era tale da imporsi all'autore, di modo che
si possa ragionevolmente ammettere che lo abbia accettato (DTF 133 IV 222
consid. 5.3 pag. 226). Tra gli elementi esteriori, da cui è possibile dedurre
che l'agente ha accettato l'evento illecito nel caso che si produca, figurano
in particolare la gravità della violazione del dovere di diligenza e la
probabilità, nota all'autore, della realizzazione del rischio. Quanto più grave
è tale violazione e quanto più alta è la probabilità che tale rischio si
realizzi, tanto più fondata risulterà la conclusione che l'agente, malgrado i
suoi dinieghi, aveva accettato l'ipotesi che l'evento considerato si
realizzasse (DTF 135 IV 12 consid. 2.3.2; 134 IV 26 consid. 3.2.2 e rinvii).
Altri elementi esteriori rivelatori possono essere il movente dell'autore e il
modo nel quale egli ha agito (DTF 130 IV 58 consid. 8.4; 125 IV 242 consid.
3c).

4.1. Il ricorrente sostiene che non vi sarebbero elementi per concludere che
abbia considerato e accettato il rischio di uccidere l'accusatore privato. Egli
avrebbe unicamente inteso sfregiarlo. L'unico motivo per cui avrebbe affermato
di averlo colpito a casaccio risiede nella strategia difensiva, abbandonata in
questa sede, volta a prevalersi della legittima difesa, legata a un preteso
attacco dell'accusatore privato munito di un bicchiere appositamente rotto.
Asserisce che avrebbe agito da tergo e all'improvviso e che, se l'avesse
realmente voluto, avrebbe potuto uccidere la vittima mirando direttamente al
suo collo. Rilevato che l'accusatore privato non sarebbe mai stato in pericolo
di vita e che l'intervento di un avventore avrebbe di fatto deviato il corso
della seconda pugnalata, l'insorgente osserva che i suoi colpi non si sarebbero
avvicinati a zone potenzialmente letali.

4.2. In base agli accertamenti cantonali, esenti da arbitrio, agendo da tergo,
il ricorrente ha inferto due distinte coltellate, puntando intenzionalmente la
lama tagliente "verso la faccia" dell'accusatore privato e colpendo alla cieca
il suo volto, ossia una zona sensibile (faccia e collo), sede di importanti
vasi sanguigni (arterie carotidi, vene giugulari), con un'arma atta a causare
in quel punto ferite potenzialmente letali. Ha agito in una situazione
dinamica, con una vittima non immobilizzata, che senza dubbio si sarebbe in
ogni caso mossa dopo il primo colpo. La prima ferita si estende orizzontalmente
per circa 12 centimetri, partendo dalla parte retrostante l'orecchio, passando
per la tempia e lo zigomo, fino a giungere a un centimetro dall'occhio destro;
mentre la seconda è verticale, partendo dinanzi al padiglione auricolare, corre
per 7 centimetri fino all'angolo mandibolare, per poi cambiare direzione
estendendosi per 8 centimetri parallelamente alla mandibola. Il cambiamento di
direzione è stato attribuito all'intervento di un avventore del bar, che ha
afferrato l'insorgente mentre assestava il suo secondo colpo. Soltanto il caso
ha permesso di evitare un esito letale, atteso che per soli pochi centimetri la
ferita inferta nella zona mandibolare non ha interessato il collo. Malgrado
fosse stato buttato fuori dall'esercizio pubblico, il ricorrente vi è subito
rientrato, sempre con il coltello alla mano, gridando "ti ammazzo".

4.3. Alla luce di tutti questi elementi, la condanna del ricorrente per tentato
omicidio per dolo eventuale risulta corretta e conforme al diritto. Agendo da
tergo, egli ha inferto alla cieca due coltellate alla parte anteriore del capo
dell'accusatore privato, correndo così un elevato rischio di recidere le vene e
arterie site in quella zona, la cui lesione è potenzialmente e notoriamente
letale. La rapida ripetizione dei colpi, oltre a denotare la sua
determinazione, ha pure aumentato tale pericolo, atteso che, in modo del tutto
prevedibile, la vittima si sarebbe mossa dopo aver ricevuto il primo colpo, con
la conseguenza di deviare inopinatamente la direzione del secondo, comunque
inferto a casaccio. Peraltro, l'insorgente non ha smesso spontaneamente di
colpirlo, è stato infatti l'intervento di un altro avventore che ha posto fine
all'attacco. Come pertinentemente osservato dai giudici cantonali, una
"semplice" intenzione di sfregiare non può essere ritenuta nella fattispecie,
posto che il ricorrente non ha mirato a un punto ben circoscritto, ma si è
assunto il rischio di colpire zone vitali, soprattutto perché, agendo da tergo,
non poteva disporre della visuale necessaria per indirizzare precisamente le
sue coltellate. Aggiungasi abbondanzialmente che, pochissimi secondi dopo
essere stato cacciato dall'esercizio pubblico, vi è rientrato impugnando ancora
l'arma e minacciando di morte la sua vittima. A questo proposito i giudici
cantonali hanno rilevato che il ricorrente era intenzionato a continuare quanto
interrotto poco prima e precisato che, considerato il brevissimo lasso
temporale intercorso tra l'allontanamento e il rientro, nonché l'assenza di
circostanze atte a far modificare il suo iniziale intendimento, la minaccia
costituiva un ulteriore elemento a comprova che in ogni caso l'insorgente
avesse preso in considerazione e accettato l'eventuale esito letale già al
momento delle coltellate. Sicché, tenuto conto del modo d'agire del ricorrente,
della sua determinazione, del futile movente, nonché dell'elevato rischio di
lesionare zone vitali dell'accusatore privato, la CARP poteva concludere che
l'insorgente ha accettato il rischio di cagionare la morte della vittima, pur
non desiderandola. La sua condanna per tentato omicidio per dolo eventuale non
viola quindi il diritto federale.

5.
Ne segue che il ricorso dev'essere respinto in quanto ammissibile.

La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio può essere accolta
solo parzialmente. Infatti, assodato che l'insorgente non dispone dei mezzi
necessari, il ricorso non sembrava privo di possibilità di successo unicamente
in relazione alla sussunzione giuridica dei fatti, alla luce soprattutto della
diversa qualificazione attribuita loro in prima e in seconda istanza cantonale.
Altrettanto non si può dire delle censure di arbitrio che, laddove ammissibili,
apparivano manifestamente infondate (v. art. 64 cpv. 1 LTF). In questa misura,
al patrocinatore del ricorrente viene attribuita un'adeguata indennità, versata
dalla cassa del Tribunale federale (art. 64 cpv. 2 LTF). Per il resto l'istanza
dev'essere respinta e quindi parte delle spese giudiziarie poste a carico
dell'insorgente soccombente (art. 66 cpv. 1 LTF), il cui importo viene comunque
ridotto, tenuto conto della sua situazione finanziaria (art. 65 cpv. 2 LTF).

Non essendo stati invitati a esprimersi, agli opponenti non spetta nessuna
indennità per ripetibili della sede federale (art. 68 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è parzialmente
accolta.

3.
Le spese giudiziarie di fr. 800.-- sono poste a carico del ricorrente.

4.
L'avv. Stefano Pizzola viene incaricato del gratuito patrocinio del ricorrente
e per la procedura in sede federale al medesimo viene corrisposta un'indennità
di fr. 1'500.--, a carico della cassa del Tribunale federale.

5.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico e alla Corte
di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.

Losanna, 3 settembre 2013

In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero

Il Presidente: Mathys

La Cancelliera: Ortolano Ribordy

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