Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 4A.22/2012
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
4A_22/2012

Sentenza del 30 agosto 2012
I Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Klett, Presidente,
Corboz, Ramelli, Giudice supplente,
Cancelliere Piatti.
Partecipanti al procedimento

A.________,
patrocinato dagli avv.ti Andrea Giudici e Gianpiero Raveglia,
ricorrente,

contro

B.________SA,
patrocinata dagli avv.ti Mario Postizzi e Goran Mazzucchelli,
opponente.

Oggetto
mandato; responsabilità della banca,

ricorso contro la sentenza emanata il 23 novembre 2011 dalla II Camera civile
del Tribunale d'appello del
Cantone Ticino.

Fatti:

A.
II 22 dicembre 1999 A.________ ha aperto una relazione presso la B.________SA
comprendente un deposito titoli e un conto di risparmio, sul quale ha versato
in varie tappe la somma totale di fr. 570'000.--. La sua persona di riferimento
presso la banca era C.________. Questi, dal luglio 2000 fino al 2003, ha
effettuato senza autorizzazione diverse operazioni di addebito e accredito, di
acquisto e vendita di titoli nonché su derivati, falsificando la firma del
cliente o comunque a sua insaputa. Le trattative per una soluzione
stragiudiziale non sono andate in porto, nonostante lo storno da parte della
banca di diverse operazioni illecite. Il 16 dicembre 2004 A.________, dopo
avere venduto i titoli in deposito, ha chiuso il conto prelevando il saldo di
fr. 93'130.65.

Il 13 luglio 2006 la Corte delle assise criminali di Lugano ha condannato
C.________ a 2 anni e 10 mesi di reclusione per truffa e falsità in documenti
in relazione con le malversazioni effettuate ai danni di diversi clienti della
banca, tra i quali A.________, le cui pretese di risarcimento sono state
rinviate al foro civile.

B.
In precedenza, con petizione dell'8 maggio 2006, A.________ aveva chiesto al
Pretore di Bellinzona di condannare la B.________SA a pagargli fr. 476'869.35,
costituiti dalla differenza tra la somma di fr. 570'000.-- versata sul conto e
l'importo di fr. 93'130.65 incassato alla chiusura del conto; rendeva la banca
responsabile del danno causatogli dal dipendente, che qualificava organo di
fatto, per tutte le operazioni eseguite senza il suo consenso. La convenuta si
è opposta all'azione obiettando che i prelievi eseguiti con firme false erano
stati stornati e che per il resto le operazioni su titoli e derivati erano
state volute dal cliente, il quale ne doveva sopportare i rischi.

Il Pretore ha respinto la petizione con sentenza del 15 giugno 2009. La II
Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino ne ha confermato il
giudizio respingendo l'appellazione dell'attore il 23 novembre 2011.

C.
A.________ insorge davanti al Tribunale federale con ricorso in materia civile
del 13 gennaio 2012. Chiede che la sentenza cantonale sia annullata e che la
B.________SA sia condannata a pagargli fr. 436'869.35, subordinatamente che la
causa sia rinviata all'autorità cantonale affinché statuisca di nuovo nel senso
dei considerandi; il tutto con carico alla convenuta di spese e ripetibili
delle sedi cantonali e federale. La convenuta propone la reiezione del ricorso
con risposta del 27 marzo 2012. L'autorità cantonale non si è pronunciata.

Le parti hanno presentato una seconda presa di posizione: l'attore con
osservazioni del 27 aprile 2012, la convenuta con duplica datata 15 maggio
2012.

Diritto:

1.
Il ricorso è presentato dalla parte soccombente nella sede cantonale (art. 76
cpv. 1 lett. a LTF), è tempestivo (art. 46 cpv. 1 lett. c e art. 100 cpv. 1 LTF
combinati) ed è volto contro una sentenza finale (art. 90 LTF) emanata su
ricorso dall'autorità giudiziaria ticinese di ultima istanza (art. 75 LTF) in
una causa civile (art. 72 cpv. 1 LTF) con un valore litigioso superiore a fr.
30'000.-- (art. 74 cpv. 1 lett. b LTF). Sotto questo profilo esso è pertanto
ammissibile.

2.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale
(art. 106 cpv. 1 LTF). Tuttavia, tenuto conto dell'onere di allegazione e
motivazione imposto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza
conduce all'inammissibilità del gravame (art. 108 cpv. 1 lett. b LTF),
considera di regola solo gli argomenti proposti nell'atto di ricorso (DTF 134
III 102 consid. 1.1). Le esigenze sono più severe quando è fatta valere la
violazione di diritti fondamentali: in questo caso l'art. 106 cpv. 2 LTF esige
una motivazione puntuale e precisa, analoga a quella che l'art. 90 cpv. 1 lett.
b OG prescriveva per il ricorso di diritto pubblico (DTF 136 I 65 consid.
1.3.1; 134 II 244 consid. 2.2; 130 I 258 consid. 1.3). Il rinvio agli atti
della procedura cantonale non è ammesso (DTF 133 II 396 consid. 3.2).

Di principio il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico
sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1
LTF). Può scostarsene o completarlo solo se è stato effettuato in violazione
del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art.
105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata
può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione
dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della
causa (art. 97 cpv. 1 LTF).
Se rimprovera all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente
inesatto - ossia arbitrario (DTF 137 III 268 consid. 1.2; 133 II 249 consid.
1.2.2 pag. 252) - il ricorrente deve motivare la censura conformemente alle
esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 136 II 304 consid. 2.5 pag. 314).
Deve indicare chiaramente i diritti costituzionali che si pretendono violati e
precisare in cosa consiste la violazione (DTF 134 II 244 consid. 2.2). Siccome
il giudice cantonale fruisce di un grande potere discrezionale nel campo
dell'apprezzamento delle prove (o dell'accertamento dei fatti in genere), chi
invoca l'arbitrio deve dimostrare che la sentenza impugnata ha ignorato il
senso e la portata di un mezzo di prova preciso, ha omesso senza ragioni valide
di tenere conto di una prova importante suscettibile di modificare l'esito
della lite, oppure ha ammesso o negato un fatto ponendosi in aperto contrasto
con gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 137 I 58
consid. 4.1.2 pag. 62; 134 V 53 consid. 4.3 pag. 62; 129 I 8 consid. 2.1).

3.
La Corte ticinese ha osservato dapprima che tra le parti vigevano rapporti di
conto corrente e di deposito aperto, in combinazione con un contratto di
commissione, retti dalle regole del mandato. Ha poi chiarito che, avendo la
banca già riversato al cliente le somme prelevate illecitamente da C.________,
la questione centrale è di sapere se possa considerarsi provata l'esistenza
degli ordini telefonici contestati. I giudici ticinesi hanno in seguito
valutato i diversi elementi agli atti e concluso che la convenuta, che ne
portava l'onere, non ha saputo fornire tale prova, per cui hanno "accertato che
l'attore non aveva autorizzato le operazioni successive al 3 gennaio 2000
(salvo le azioni xxx, il cui acquisto era stato ammesso, doc. 7, 10), quelle
sui derivati e la vendita delle azioni yyy e dell'obbligazione zzz 5.125% Tr
2004 (doc. T)".

Passando al danno, il Tribunale di appello ha ricordato che, in assenza di un
contratto di gestione patrimoniale, la banca risponde secondo le regole della
gestione di affari senza mandato e deve risarcire la differenza tra lo stato
effettivo del patrimonio del cliente e quello ch'egli avrebbe avuto senza
l'evento dannoso, ovvero se il portafoglio fosse stato gestito "in conformità
delle istruzioni del cliente". L'attore, ha soggiunto, aveva rivendicato "il
risarcimento di fr. 436'869.35, pari alla differenza tra l'importo di fr.
570'000.- da lui pacificamente versato sul conto, dedotto il prelevamento in
contanti di fr. 40'000.- (doc. G) da lui eseguito, e il saldo finale del conto
alla sua chiusura il 16 dicembre 2004 di fr. 93'130.65 (doc. H)", ma tale
modalità di calcolo è "improponibile già per il fatto che, per sua stessa
ammissione, era stata formulata solo a titolo 'prudenziale' (petizione p. 15) e
con ciò provvisorio, di fatto a mo' di importo massimo del risarcimento, in
attesa cioè che il perito giudiziario si esprimesse in particolare
sull'evoluzione 'dei titoli voluti dal titolare e di quelli acquistati
all'insaputa dell'attore dal funzionario e organo della convenuta' (petizione
p. 15)". Siccome nel corso della procedura di prima istanza l'attore aveva
rinunciato alla perizia che aveva preannunciato, i giudici ticinesi hanno
accertato che è mancata la prova del danno, precisando che nemmeno l'art. 42
cpv. 2 CO è d'aiuto, poiché lo scopo della norma non è di "ovviare alle carenze
della parte gravata dall'onere della prova".

4.
Sebbene presenti un atto di ricorso lungo, e appesantito da un'infinità di
citazioni di giurisprudenza e dottrina spesso non necessarie, l'attore fa
valere censure tutto sommato abbastanza semplici. Dopo avere premesso di
prevalersi della violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF) e
dell'accertamento inesatto dei fatti (art. 97 cpv. 1 LTF), egli stesso avverte
che "la sola questione che va esaminata in questa sede è l'asserzione che il
qui ricorrente non abbia provato l'esistenza di un danno che deve essere
risarcito dalla banca resistente".

4.1 Una prima serie di censure riguarda la nozione giuridica del danno.
L'attore sostiene che il metodo utilizzato dalla Corte cantonale - che
definisce "comparativo ipotetico" - possa entrare in considerazione soltanto
per i contratti di gestione patrimoniale o di consulenza d'investimenti. È
invece "improponibile nel caso di un cliente che dà degli ordini puntuali alla
banca di effettuare operazioni in borsa (execution only)". Nell'ambito di un
rapporto simile non è necessario ricercare la sua volontà ipotetica; basta la
volontà reale. L'attore aggiunge di avere fatto valere in causa l'interesse
negativo, ossia il ripristino della situazione nella quale si troverebbe se la
banca non avesse effettuato le operazioni non autorizzate. A conforto di questa
tesi egli menziona la DTF 124 III 155. Segue una lunga disquisizione sul
calcolo concreto che la Corte d'appello avrebbe potuto effettuare sulla base
degli atti.

La convenuta obietta che l'adempimento difettoso di un contratto ha quale
conseguenza il risarcimento dell'interesse positivo, come chiesto peraltro
dall'attore con la petizione, perché il creditore deve essere rimesso nella
situazione patrimoniale che avrebbe se il contratto fosse stato rispettato.
Ritiene non pertinente la decisione citata nel ricorso e menziona a sua volta
quella che definisce la "sentenza di riferimento" 4A_254/2008 del 18 agosto
2008, che distingue tra le azioni di ripristino del saldo e di risarcimento del
danno. La convenuta conclude che l'attore, con la petizione e davanti al
Tribunale di appello, ha scelto la seconda via, ma non ha allegato i fatti
suscettibili di giustificare il danno, per cui quelli che propone davanti al
Tribunale federale sono nuovi e irricevibili.

4.2 Nel diritto della responsabilità contrattuale, e della responsabilità
civile in genere, il danno è unanimemente definito come la differenza tra lo
stato attuale del patrimonio del danneggiato e quello ch'esso avrebbe se il
contratto fosse stato adempiuto correttamente, rispettivamente se l'evento
dannoso non si fosse verificato (DTF 133 III 462 consid. 4.4.2 pag. 471; 132
III 359 consid. 4 pag. 366 e rif.). Il secondo termine del raffronto presuppone
la ricostruzione di una situazione che di fatto non si è verificata e racchiude
perciò, per definizione, una componente ipotetica (nella giurisprudenza e nella
dottrina si ritrovano a volte espressamente gli aggettivi ipotetico o
presumibile; DTF 137 III 158 consid. 3.2.2; sentenza 4A_67/2008 del 27 agosto
2009 consid. 9.2.2; WOLFGANG WIEGAND, Commento basilese, Obligationenrecht I,
5a ed. 2011, n. 38 ad art. 97 CO).

L'attore equivoca sulla portata dell'aggettivo ipotetico. Contrariamente a
quanto egli afferma, la sentenza impugnata non dice che per quantificare il
danno occorre ricercare la volontà ipotetica del danneggiato; anzi, come detto
poc'anzi, la Corte d'appello ha ritenuto che il danno consiste nella
"differenza fra lo stato attuale del patrimonio del cliente e quello
presumibile se l'evento dannoso non si fosse prodotto" e ha precisato che nel
caso specifico "occorre dunque confrontare il risultato del portafoglio
amministrato in violazione del contratto, con quello ipotetico, gestito durante
lo stesso periodo in conformità delle istruzioni del cliente". Anche
nell'ottica dell'autorità cantonale è quest'ultimo patrimonio, che nella realtà
non esiste, ad essere ipotetico, non la volontà del cliente/attore che lo
determina. Tant'è che - si legge ancora nella sentenza - con la petizione
l'attore aveva preannunciato una perizia giudiziaria proprio affinché un
esperto si esprimesse sull'evoluzione dei titoli in portafoglio, quelli voluti
e quelli acquistati a sua insaputa.

4.3 La DTF 124 III 155 non porta a conclusioni diverse. Una società di
mediazione aveva indotto un cliente a investire su opzioni senza informarlo dei
rischi né delle commissioni dovute. Accertata la violazione del contratto, per
omissione d'informazione, il Tribunale federale ha giudicato che il cliente
andava rimesso nella situazione che avrebbe avuto se non avesse effettuato le
operazioni andate male; egli aveva perciò diritto alla rifusione dell'intero
capitale investito. Tale conclusione era stata messa in relazione con quanto
stabilito a proposito della causalità, ovvero con l'accertamento secondo cui il
cliente, se fosse stato informato correttamente, non avrebbe affatto consegnato
capitali da investire al mediatore (consid. 3d pag. 165 seg.).

Come intuisce bene la convenuta, in una situazione del genere, ove il contratto
non sarebbe nemmeno stato concluso se il mediatore avesse informato
correttamente il cliente, il ripristino del capitate iniziale oppure il
risarcimento della differenza tra quanto rimasto e il patrimonio che il cliente
avrebbe se il dovere d'informazione fosse stato adempiuto portano esattamente
al medesimo risultato; sono due modi di espressione del medesimo concetto. La
sentenza non fa quindi ricorso a una definizione diversa del danno. Essa
evidenzia, semmai, che a mutare sono le modalità secondo le quali va
determinato il patrimonio (ipotetico) che il cliente avrebbe avuto se il
contratto fosse stato rispettato: esse dipendono dalla natura degli obblighi
disattesi - quindi anche dal contratto - e dalle conseguenze della loro
violazione.

Nemmeno le due sentenze inedite menzionate nella replica giovano all'attore.
Nella decisione 4C.295/2006 del 30 novembre 2006 il Tribunale federale ha
semplicemente costatato che le particolarità del caso specifico rendevano
impossibile determinare le operazioni che il cliente avrebbe accettato, per cui
ha ritenuto giustificato il ricorso all'art. 42 cpv. 2 CO da parte
dell'autorità cantonale (consid. 5.2.2), mentre nella sentenza 4A_482/2009 del
31 agosto 2010 la nozione giuridica del danno non è neppure stata affrontata,
poiché il ricorrente non aveva mosso contestazioni a tale riguardo (consid.
7.3).

4.4 I giudici ticinesi hanno pertanto posto a fondamento del loro giudizio un
concetto giuridico del danno conforme al diritto federale. Esso consiste
nell'interesse positivo del creditore all'esecuzione corretta del contratto,
che va risarcito come conseguenza dell'inadempimento secondo l'art. 97 cpv. 1
CO. Con la replica l'attore sostiene invero di avere avviato un'azione di
rettifica del saldo, ma l'allegazione - nuova - contraddice il contenuto del
lungo atto di ricorso, praticamente tutto incentrato sulla nozione giuridica e
sul calcolo del danno risarcibile.

5.
Il ricorrente critica sotto più punti di vista anche la motivazione del
giudizio impugnato concernente la prova del danno che, secondo la Corte
cantonale, è mancata. Spiega di avere rinunciato alla perizia, durante
l'udienza preliminare, perché, essendo in discussione un rapporto del tipo
execution only, non dovevano essere chiarite "questioni di carattere tecnico o
complicate che avrebbero necessitato l'intervento di un perito giudiziario";
tanto più che la convenuta non aveva contestato i conteggi prodotti. L'attore
sostiene pure che il Tribunale di appello, se riteneva errato il metodo di
calcolo proposto, avrebbe dovuto applicare d'ufficio quello corretto in forza
del principio iura novit curia sancito dall'art. 87 cpv. 1 CPC/TI. Inoltre, non
accertando il danno nonostante che le allegazioni di causa, le prove raccolte e
gli accertamenti della sentenza impugnata permettessero di calcolarlo, la Corte
ticinese ha violato l'obbligo di motivare le decisioni, commesso diniego di
giustizia formale e limitato in modo inammissibile il proprio potere di esame,
contravvenendo all'art. 29 cpv. 1 e 2 Cost. A conforto di queste argomentazioni
l'attore si diffonde di nuovo in valutazioni e calcoli dettagliati volti alla
quantificazione concreta del danno.

Infine, a mente dell'attore, gli art. 106 cpv. 1, 97 cpv. 1 e 105 cpv. 2 LTF
darebbero anche al Tribunale federale la facoltà di applicare d'ufficio il
diritto e di completare gli accertamenti di fatto determinanti e quindi di
calcolare il risarcimento che gli spetta.

5.1 Le predette argomentazioni sono infondate nella misura in cui partono
ancora dal presupposto che il danno non andasse calcolato in applicazione del
metodo usuale illustrato nel considerando 4. Lo sono anche laddove l'attore
rimprovera al Tribunale di appello di non avere applicato il diritto d'ufficio.
Attiene al diritto soltanto la nozione giuridica del danno, con i criteri di
calcolo, mentre l'accertamento concreto dell'esistenza e dell'ammontare sono
questioni di fatto (DTF 132 III 359 consid. 4 pag. 366). La Corte cantonale,
come detto, ha ricordato in diritto quale fosse e come andasse calcolato il
danno risarcibile; in seguito ha stabilito, in fatto, che l'attore, rinunciando
alla perizia, non ne aveva fornito la prova.

Quanto alla procedura di ricorso davanti al Tribunale federale, l'attore non si
avvede che, in forza della giurisprudenza ch'egli stesso menziona, questa Corte
non può né fondare il proprio ragionamento su fatti che non sono accertati nel
giudizio impugnato, né effettuare accertamenti nuovi per esaminare aspetti sui
quali l'autorità cantonale non si è chinata. Tutte le argomentazioni con le
quali l'attore propone calcoli, richiamando atti di causa ed effettuando
valutazioni sulla consistenza del suo patrimonio, in modo peraltro
appellatorio, sono di conseguenza inammissibili.

5.2 Detto questo, la sola questione che può porsi è la verifica formale della
sentenza sotto il profilo del diritto di essere sentiti. L'attore non invoca
disposizioni del diritto cantonale, per cui l'esame, che il Tribunale federale
effettua con potere cognitivo pieno, va limitato alle garanzie minime offerte
dall'art. 29 cpv. 2 Cost. (DTF 135 I 279 consid. 2.2). Questa norma impone al
giudice, tra l'altro, di apprezzare le prove rilevanti (DTF 135 V 465 consid.
4.3.2 pag. 469) e di darne atto nella motivazione, in modo da permettere
all'interessato di capire la portata del giudizio e di proporre i rimedi
adeguati (DTF 133 III 439 consid. 3.3 pag. 445).

La Corte ticinese ha costatato che l'attore, avendo rinunciato alla perizia
giudiziaria, non ha provato l'ammontare del danno. La sentenza non contiene
però nessun accenno alle altre prove documentali che, secondo l'attore,
permetterebbero una quantificazione precisa del danno a prescindere dalla
perizia. I giudici ticinesi hanno invero osservato - per rifiutare
l'applicazione dell'art. 42 cpv. 2 CO - che il danno sarebbe stato "sicuramente
determinabile da un esperto". Ciò non significa, tuttavia, che solo una perizia
lo potesse accertare, in particolare che non potesse essere determinato sulla
base delle altre prove raccolte. Non esprimendosi in alcun modo su di esse la
Corte cantonale è venuta meno al suo obbligo di apprezzare le prove di rilievo
per la decisione finale e di darne ragione nella motivazione.

5.3 La censura di violazione del diritto di essere sentiti garantito dall'art.
29 cpv. 2 Cost. è di conseguenza fondata. Vista la natura formale del diritto,
il ricorso va accolto indipendentemente dalla fondatezza materiale delle
critiche (DTF 137 I 195 consid. 2.2). La causa va perciò ritornata all'autorità
cantonale, affinché esamini se, posta l'assenza di una perizia, le allegazioni
dell'attore e le prove raccolte a loro suffragio permettano o meno di
quantificare l'asserito pregiudizio. Lo dovrà fare tenendo presente che la
nozione e i criteri di determinazione del danno sono quelli ch'essa ha già
posto con ragione a fondamento del giudizio qui impugnato.

Dal momento che l'attore insiste anche davanti al Tribunale federale
sull'inutilità dell'intervento di un perito per chiarire fatti che a parer suo
risultano con evidenza dagli atti, quindi sulla liquidità del pregiudizio
subito, è da escludere l'alleggerimento dell'onere della prova secondo l'art.
42 cpv. 2 CO, che va concesso in modo restrittivo (DTF 133 III 462 consid.
4.4.2 pag. 471) e le cui condizioni di applicazione devono essere rese
perlomeno verosimili da chi se ne vuole prevalere (sentenza 4A_309/2009 del 27
ottobre 2009 consid. 4.3).

6.
In conclusione, il ricorso è fondato per i motivi anzidetti. Gli oneri
processuali seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 1 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è accolto, la sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata
all'autorità cantonale per nuova decisione nel senso dei considerandi.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 7'000.-- sono poste a carico dell'opponente, la
quale rifonderà al ricorrente fr. 8'000.-- a titolo di ripetibili per la
procedura innanzi al Tribunale federale.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 30 agosto 2012

In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero

La Presidente: Klett

Il Cancelliere: Piatti