Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 2C.310/2012
Zurück zum Index II. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 2012
Retour à l'indice II. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 2012



Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
2C_310/2012

Sentenza del 12 novembre 2012
II Corte di diritto pubblico

Composizione
Giudici federali Zünd, Presidente,
Aubry Girardin, Donzallaz,
Cancelliera Ieronimo Perroud.

Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. Yasar Ravi,
ricorrente,

contro

Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione,
6500 Bellinzona,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona.

Oggetto
Rifiuto del rinnovo del permesso per frontalieri CE/AELS,

ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 28
febbraio 2012 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
A.________ cittadino italiano domiciliato in provincia di Como a X.________
(IT), ha ottenuto, il 19 agosto 2005, un permesso per frontaliero valido fino
al 18 agosto 2010 per svolgere un'attività salariata in Svizzera.
L'autorizzazione gli è stata rilasciata nonostante avesse un precedente penale
nel nostro Paese risalente al 1998, poiché ritenuto di poca entità dalla
competente autorità in materia di polizia degli stranieri.

B.
Il 1° luglio 2010 A.________ ha chiesto il rinnovo del permesso per
frontaliero. Venuta a conoscenza dell'esistenza di precedenti penali in Italia,
la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni l'ha invitato,
il 17 agosto 2010, a produrre gli estratti del suo casellario giudiziale
svizzero, di quello generale italiano nonché di quello dei carichi pendenti nel
paese d'origine. Avendo ricevuto solo due documenti (estratto del casellario
giudiziale svizzero e quello dei carichi pendenti), dai quali nulla risultava,
la Sezione della popolazione ha sollecitato l'interessato, il 22 settembre 2010
e il 25 febbraio 2011, a fornire il terzo, senza successo.
In difetto dell'atto richiesto la Sezione della popolazione ha rifiutato di
rinnovare, il 20 maggio 2011, il permesso per frontalieri e ha invitato
A.________ a lasciare la Svizzera. Il rifiuto è stato pronunciato in virtù
degli artt. 5 Allegato I dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione
Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri,
dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), 9
dell'ordinanza del 22 maggio 2002 sull'introduzione della libera circolazione
delle persone (OLCP; RS 142.203), nonché 13 della legge federale sugli
stranieri del 16 dicembre 2005 (LStr; RS 142.20).

C.
La decisione è stata confermata su ricorso dal Consiglio di Stato del Cantone
Ticino il 19 ottobre 2011. Fondandosi sul certificato generale del casellario
giudiziale italiano dinanzi ad esso finalmente prodotto, il Governo ticinese ha
rilevato che le pene inflitte in Italia tra il 1990 e il 2000 superavano,
cumulate, i sei anni di reclusione nonché ha rimproverato all'insorgente di
averle sottaciute. Detto giudizio è stato a sua volta condiviso dal Tribunale
cantonale amministrativo con sentenza del 28 febbraio 2012. Lasciando indecisa
la questione di sapere se l'interessato rappresentava tuttora una minaccia
attuale e concreta all'ordine pubblico, la Corte cantonale ha considerato che
il rinnovo del permesso poteva in ogni caso essere negato in virtù dei
combinati artt. 62 LStr e 24 OLCP; il provvedimento appariva inoltre rispettoso
del principio della proporzionalità.

D.
Il 30 marzo 2012 A.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un
ricorso in materia di diritto pubblico, con cui chiede l'annullamento della
sentenza cantonale e il conseguente rinnovo del permesso per frontalieri.
Adduce, in sintesi, la violazione degli artt. 4 ALC e 5 cpv. 1 Allegato I ALC.
Con decreto presidenziale del 3 aprile 2012 è stato concesso l'effetto
sospensivo al gravame.
Chiamati ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato
nelle conclusioni della propria sentenza. Ad essa fa rinvio anche l'Ufficio
federale della migrazione. La Sezione della popolazione propone la reiezione
del ricorso mentre il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio di questa
Corte.

E.
Con replica del 31 agosto 2012 il ricorrente ha ribadito i propri argomenti.

Diritto:

1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua
competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami
che gli vengono sottoposti (DTF 136 I 42 consid. 1 pag. 43).

1.1 Contro le decisioni finali emanate da un'autorità di ultima istanza
cantonale con natura di tribunale superiore in cause di diritto pubblico è di
principio dato ricorso in materia di diritto pubblico dinanzi al Tribunale
federale (artt. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF). In virtù dell'art.
83 lett. c n. 2 LTF, in ambito di diritto degli stranieri tale rimedio è
tuttavia escluso contro decisioni concernenti permessi o autorizzazioni al cui
ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un
diritto.

1.2 Dal momento che il ricorrente è cittadino italiano, l'Accordo sulla libera
circolazione delle persone gli conferisce, di principio, il diritto di lavorare
come frontaliero in una zona di confine del nostro paese (art. 4 e 10 cpv. 7
ALC; art. 2 cpv. 1, 7 e 28 Allegato I ALC; art. 4 cpv. 3 OLCP), senza che
l'art. 83 lett. c n. 2 LTF gli sia opponibile (cfr. DTF 131 II 339 consid. 1.2
pag. 343; 130 II 493 consid. 1.1 pag. 496, 388 consid. 1.2 pag. 390). Inoltrato
tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF), da una persona legittimata ad agire
(art. 89 cpv. 1 LTF) il presente gravame è, quindi, in linea di principio,
ricevibile.

1.3 Con tale rimedio può, tra l'altro, essere censurata la violazione del
diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti
costituzionali dei cittadini (DTF 133 III 446 consid. 3.1 pag. 447 seg.),
nonché quella del diritto internazionale (art. 95 lett. b LTF). Rispettate le
condizioni prescritte dall'art. 42 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale applica
comunque il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF) e può accogliere o
respingere un ricorso anche per motivi diversi da quelli invocati o su cui si è
fondata l'autorità precedente (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1 pag. 254).

2.
2.1 Ai sensi dell'art. 2 cpv. 2 LStr, l'ordinamento interno si applica nei
confronti dei cittadini comunitari, dei loro familiari, nonché dei lavoratori
distaccati da un datore di lavoro con domicilio o sede in uno di questi Stati
solo se l'ALC non contiene disposizioni derogatorie o se la LStr prevede
disposizioni più favorevoli.

2.2 Come tutti i diritti conferiti dalle disposizioni dell'ALC, il diritto per
i lavoratori frontalieri dipendenti, cittadini di una parte contraente, di
esercitare un'attività economica nel territorio dell'altra parte contraente
(art. 4 ALC; art. 2 cpv. 1 e art. 7 Allegato I ALC), può essere limitato
soltanto da misure giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica
sicurezza o pubblica sanità conformemente all'art. 5 cpv. 1 Allegato I ALC,
nell'ambito e secondo le modalità definite in particolare dalla Direttiva 64/
221/CEE del 25 febbraio 1964 [GU 1964, n. 56, pag. 850] e dalla prassi della
Corte di giustizia delle Comunità Europee, diventata la Corte di Giustizia
dell'Unione europea (di seguito: la Corte di Giustizia) ad essa relativa,
emanata prima della firma dell'Accordo il 21 giugno 1999 (cfr. art. 5 cpv. 2
Allegato I ALC in relazione con l'art. 16 cpv. 2 ALC; per la presa in
considerazione delle sentenze della Corte di giustizia pronunciate dopo tale
data, vedasi sentenza 2C_201/2012 del 20 agosto 2012 consid. 2.1 con numerosi
rinvii giurisprudenziali).
Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, le deroghe alla libera
circolazione garantita dall'ALC vanno interpretate in modo restrittivo. Al di
là della turbativa insita in ogni violazione della legge, il ricorso di
un'autorità nazionale alla nozione di ordine pubblico presuppone il sussistere
di una minaccia attuale, effettiva e sufficientemente grave di un interesse
fondamentale per la società: motivi di prevenzione generale, senza alcun legame
con il caso particolare, non sono quindi ammissibili (DTF 130 II 176 consid.
3.4.1 pag. 183; sentenza della Corte di giustizia del 26 febbraio 1975, causa
67-74 Bonsignore, Racc. 1975 pag. 297 punti 6 e 7). Secondo l'art. 3 cpv. 2
della Direttiva 64/221/CEE, una condanna penale (anteriore) va di conseguenza
considerata come motivo per limitare i diritti conferiti dall'Accordo solo se
dalle circostanze che l'hanno determinata emerga un comportamento personale
costituente una minaccia attuale per l'ordine pubblico (cfr. DTF 136 II 5
consid. 4.2 pag. 20; 134 II 10 consid. 4.3 pag. 24; 130 II 176 consid. 3.4.1
pag. 183 seg.; 129 II 215 consid. 7.4 pag. 222 con rinvii alla giurisprudenza
della Corte di Giustizia).
A seconda delle circostanze, già la sola condotta tenuta in passato può
comunque adempiere i requisiti di una simile messa in pericolo dell'ordine
pubblico (DTF 130 II 176 consid. 3.4.1 pag. 184; sentenza della Corte di
Giustizia del 27 ottobre 1997, causa C-30/77 Bouchereau, Racc. 1977 pag. 1999
punto 29). Per valutare l'attualità della minaccia, non occorre prevedere quasi
con certezza che lo straniero commetterà altre infrazioni in futuro; d'altro
lato, per rinunciare a misure di ordine pubblico, non si deve esigere che il
rischio di recidiva sia praticamente nullo. La misura dell'apprezzamento
dipende in sostanza dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa
appare importante, quanto minori sono le esigenze in merito al rischio di
recidiva (cfr. DTF 136 II 5 consid. 4.2 pag. 20; 130 II 493 consid. 3.3 pag.
299 segg.; sentenza 2C_903/2010 del 6 giugno 2011 consid. 4.3 non pubblicato in
DTF 137 II 233 segg.). Inoltre, l'esame dev'essere effettuato tenendo presenti
le garanzie derivanti della CEDU (RS 0.101) così come il principio della
proporzionalità (DTF 131 II 352 consid. 3.3 e numerosi richiami; sentenze CGCE
del 28 ottobre 1975 nella causa 36-75, Rutili, Racc. 1975, 1219, n. 32 e
dell'11 luglio 2002, nella causa C-60/00, Carpenter, Racc. 2002, I-6279, n. 42
segg.).

3.
3.1 Dopo avere ricordato le norme e i principi giurisprudenziali determinanti
dal profilo del diritto convenzionale (segnatamente l'art. 5 cpv. 1 Allegato I
ALC) e del diritto interno (tra l'altro, gli artt. 23 OLCP, 2 cpv. 2 e 62 LStr;
v. sentenza cantonale consid. 2, pag. 4 segg.), il Tribunale amministrativo
cantonale ha elencato le undici condanne penali inflitte in Italia al
ricorrente tra il 1990 e il 2000, osservando al riguardo che, dopo cumulo delle
pene, egli doveva scontare complessivamente 6 anni, 1 mese e 18 giorni di
reclusione, 4 mesi di arresto e versare una multa di Euro 5'780.51 e un'ammenda
di Euro 25.83 (cfr. decreto del 16 marzo 2006 del Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Como) pena la quale, in seguito all'indulto di cui
l'interessato ha beneficiato l'8 novembre 2006, era stata ridotta di tre anni
per la pena principale, mentre la multa e l'ammenda erano state soppresse (cfr.
sentenza cantonale, consid. 3.1 pag. 7 segg.). In base a questi elementi i
giudici cantonali hanno osservato che con una tale pena complessiva e dato che
era plurirecidivo, il ricorrente avrebbe indubbiamente rappresentato una
minaccia concreta per l'ordinamento elvetico nel 2005, quando ha chiesto il
rilascio di un permesso per confinanti; in proposito hanno anche precisato che
l'indulto ottenuto non avrebbe portato ad una diversa conclusione, siccome si
limitava ad estinguere in tutto o in parte la pena principale, non i reati in
sé. Essi hanno in seguito lasciato indeciso il quesito di sapere se ciò fosse
tuttora il caso, sebbene i precedenti penali non fossero recenti dato che, a
loro parere, il rinnovo del permesso poteva essere rifiutato in applicazione
dei combinati artt. 62 LStr e 24 OLCP (cfr. sentenza querelata consid. 3.2 e 4
pag. 9 segg.). Nel 2005 il ricorrente aveva infatti scientemente sottaciuto dei
fatti determinanti per il rilascio del permesso e, quindi, volontariamente
ingannato le autorità. Inoltre all'atto del rinnovo non aveva prodotto tutti i
documenti domandati dall'autorità di prime cure, malgrado ripetute
sollecitazioni; solo dinanzi al Consiglio di Stato aveva finalmente ottemperato
e fornito l'estratto del casellario giudiziale italiano. Il comportamento
assunto nonché la sua malafede erano pertanto sufficienti per negare il rinnovo
richiesto. Tale argomentazione non può essere tutelata.
3.2
3.2.1 Come già spiegato dal Tribunale federale, in materia di rilascio o di
rinnovo di autorizzazioni di soggiorno, l'ALC non esclude (oltre le proprie
prescrizioni, cfr. artt. 2 cpv. 3 e 4 nonché 6 Allegato I ALC per quanto
riguarda i lavoratori dipendenti) regole di procedura nazionali complementari.
Il richiedente deve quindi collaborare all'accertamento dei fatti determinanti
ai fini del rilascio o del rinnovo dell'autorizzazione di soggiorno (cfr. art.
90 LStr; sentenza 2C_1008/2011 del 17 marzo 2012, consid. 4) e, di riflesso,
sopportare le conseguenze derivanti dalla sua mancata cooperazione. Ciò implica
che può vedersi rifiutare il rilascio o il rinnovo del permesso sollecitato se
non dimostra di adempiere le condizioni che danno diritto al medesimo (cfr. DTF
136 II 329 consid. 2.2. pag. 332 seg.).
3.2.2 Premesse queste considerazioni è quindi a ragione - ciò che peraltro
nemmeno il ricorrente contesta - che l'autorità di prime cure ha rifiutato di
rinnovare il permesso per frontalieri del qui ricorrente. Questi infatti non
aveva dato seguito alle sue ripetute sollecitazioni di fornire un estratto del
casellario giudiziale italiano il quale, viste le informazioni in possesso
della citata autorità riguardo all'esistenza di precedenti penali in Italia,
risultava determinante ai fini della decisione da prendere. Dal momento invece
che detto documento è stato poi esibito nel corso della procedura cantonale,
occorreva allora determinare se il rinnovo sollecitato andava negato perché
l'interessato rappresentava una minaccia concreta e attuale per l'ordine
pubblico (art. 5 cpv. 1 Allegato I ALC). È quindi a torto che il Tribunale
cantonale amministrativo ha lasciato il quesito indeciso e valutato il caso
unicamente dal profilo degli artt. 62 LStr e 24 OLCP. Come già accennato (cfr.
consid. 2), solo l'esistenza di motivi di ordine e di sicurezza pubblici
permettono di rifiutare il rilascio o il rinnovo di un permesso al cui
ottenimento, come in concreto, l'ALC conferisce un diritto. Va poi rammentato
che, come spiegato da questa Corte, il fatto di fornire indicazioni false o di
tacere fatti essenziali non costituisce, alla luce dell'ALC, una causa di
revoca o di rifiuto del rinnovo dell'autorizzazione di soggiorno,
contrariamente a quanto previsto dal diritto federale all'art. 62 LStr. Questo
modo di fare può invece, tenuto conto del contesto nel quale s'inserisce,
essere preso in considerazione per valutare il comportamento del richiedente.
L'impatto che possono avere false indicazioni o fatti essenziali omessi dipende
infatti da cosa si è voluto nascondere. A seconda delle circostanze, un simile
comportamento può quindi costituire un indizio di una minaccia attuale ed
effettiva per l'ordine pubblico (sentenza 2C_908/2010 del 7 aprile 2011 consid.
4.3).
3.2.3 Premesse queste considerazioni occorre quindi valutare se il ricorrente,
quando ha chiesto il rinnovo del proprio permesso per frontalieri nel 2010 -
ciò che egli contesta - rappresentava una minaccia attuale ed effettiva per
l'ordine pubblico e se detto documento andava negato in virtù dell'art. 5 cpv.
1 Allegato I ALC.
Come emerge dalla sentenza cantonale, al cui dettagliato esposto si può
rinviare (cfr. decisione impugnata consid. 3.1 pag. 7 segg.), il ricorrente ha,
a suo carico, 11 condanne penali, accumulate nell'arco di una decina d'anni,
ossia dal 1990 al 2000, ed è stato condannato a una pena complessiva (da
scontare) di 6 anni, 1 mese e 18 giorni di reclusione, 4 mesi di arresto, una
multa di Euro 5'780.51 e un'ammenda di Euro 25.83 (cfr. decreto del 16 marzo
2006 del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Como). Mediante
indulto la pena principale è stata poi ridotta di 3 anni, mentre quelle
pecuniarie (multa; ammenda) sono state totalmente rimesse (cfr. ordinanza del
Tribunale di Como-Sezione distaccata di Menaggio dell'8 novembre 2006). In
sintesi, l'interessato è stato ritenuto colpevole di detenzione illegale di
esplosivo e di armi, ricettazione, tentato furto, falsità materiale e
ideologica in atti pubblici, resistenza a pubblico ufficiale, rifiuto
d'indicazione dell'identità, favoreggiamento (aiuto ad un latitante) nonché
possesso di arnesi atti allo scasso.
Quanto addebitato al ricorrente è grave, ciò che è peraltro dimostrato dalla
severità della pena complessiva comminatagli, ossia più di 6 anni di
reclusione, senza dimenticare i 4 mesi di arresto, la multa e l'ammenda. Il
fatto che successivamente abbia beneficiato dell'indulto nulla modifica alla
gravità di quanto rimproveratogli, rilevato che in ogni caso rimangono comunque
da scontare 3 anni di reclusione (cfr. per analogia DTF 135 II 377 consid. 4.2
pag. 379 segg., ove è stato spiegato che, secondo il diritto interno,
un'autorizzazione di soggiorno può essere revocata se la pena privativa della
libertà è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che sia
stata sospesa in tutto o in parte oppure che vada o sia stata effettivamente
espiata). Allo stesso modo la circostanza che egli non si sia macchiato di
delitti particolarmente gravi - di carattere violento, a sfondo sessuale, o in
relazione con il commercio di stupefacenti - oppure il fatto che l'entità della
pena complessiva è dovuta alla maggiore severità e rigidità del sistema
sanzionatorio italiano non permettono in ogni caso di minimizzare quanto
addebitatogli (cfr. riguardo alla portata dei reati patrimoniali sentenza
2C_447/2008 del 17 marzo 2009 consid. 5.3). Così come è la dimostrazione di una
condotta riprovevole il fatto che sia plurirecidivo e che abbia tentato di
nascondere alle autorità l'esistenza del suo casellario giudiziale italiano.
Nell'ambito della valutazione da effettuare dal profilo della norma
convenzionale non deve tuttavia essere omesso che, come emerge dalla sentenza
impugnata, i reati in questione risalgono a più di 20 anni per i più anziani e
almeno a 12 anni per i più "recenti". E da allora, per quanto risulta
dall'inserto di causa e nemmeno è stato addotto, il ricorrente non ha più
interessato né le autorità penali italiane né quelle svizzere, ha avuto un
comportamento inappuntabile nonché ha fruito sul piano professionale di una
situazione stabile, al più tardi dall'agosto 2005. Orbene, questi elementi sono
propensi a dimostrare che l'evolvere del ricorrente è stato favorevole e
permettono di concludere per una prognosi positiva, motivo per cui non si può
ritenere che è dato un rischio attuale ed elevato di recidiva. Senza poi
dimenticare che egli risiede in Italia e viene in Svizzera solo per lavorare
quale frontaliero.
3.2.4 Da quanto precede discende che il qui ricorrente non costituisce una
minaccia effettiva, attuale e abbastanza grave per l'ordine pubblico ai sensi
dell'art. 5 Allegato I ALC. Egli può, di conseguenza, pretendere al rinnovo
dell'autorizzazione di soggiorno di cui fruiva in virtù del citato Accordo. In
quanto ammissibile, il ricorso va pertanto accolto, senza che si debba ancora
pronunciarsi sulla questione della proporzionalità del provvedimento
contestato.
Occorre tuttavia precisare che se il ricorrente dovesse un giorno avere
nuovamente un comportamento delittuoso, si esporrebbe allora molto
verosimilmente a misure di allontanamento.

4.
4.1 Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso dev'essere accolto
e la sentenza impugnata annullata. La causa è rinviata alla Sezione della
popolazione del Dipartimento delle istituzioni affinché rilasci al ricorrente
un'autorizzazione di soggiorno (art. 107 cpv. 2 LTF).

4.2 Soccombente, lo Stato del Cantone Ticino è comunque dispensato dal
pagamento delle spese giudiziarie, siccome è intervenuto in causa senza alcun
interesse finanziario (art. 66 cpv. 4 LTF). Il ricorrente, assistito da un
avvocato, ha diritto ad un'indennità per ripetibili della sede federale (art.
68 cpv. 1 e 2 LTF).

4.3 Il Tribunale federale non farà uso della facoltà concessagli dall'art. 67
LTF di ripartire diversamente le spese del procedimento anteriore e, su questo
punto, rinvia la causa all'autorità precedente affinché si pronunci nuovamente
sulle spese e le ripetibili della sede cantonale.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è annullata. La causa viene
rinviata alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del
Cantone Ticino affinché rilasci un'autorizzazione di soggiorno al ricorrente.

2.
La causa è rinviata al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino affinché si
pronunci nuovamente sulle spese e le ripetibili della sede cantonale.

3.
Non si prelevano spese. Lo Stato del Cantone Ticino verserà al ricorrente
un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale.

4.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Dipartimento delle
istituzioni, Sezione della popolazione, al Consiglio di Stato e al Tribunale
amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale della migrazione.

Losanna, 12 novembre 2012

In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il Presidente: Zünd

La Cancelliera: Ieronimo Perroud