Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 1C.409/2012
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

[8frIR2ALAGK1]     
{T 1/2}

1C_409/2012,
                   
1C_411/2012,

1C_419/2012

Sentenza del 20 dicembre 2013

I Corte di diritto pubblico

Composizione
Giudici federali Fonjallaz, Presidente,
Aemisegger, Merkli, Karlen, Eusebio,
Cancelliere Crameri.

Partecipanti al procedimento
1C_409/2012
Comune delle Centovalli,
ricorrente,

1C_411/2012
1.  Comune di Isorno,
2.  Comune di Mosogno,
3.  Comune di Onsernone,
4.  Comune di Gresso,
5.  Comune di Vergeletto,
ricorrenti,

1C_419/2012
1.  Comune di Maggia,
2.  Comune di Avegno Gordevio,
3.  Comune di Cevio,
4.  Comune di Linescio,
5.  Comune di Cerentino,
6.  Comune di Campo (Vallemaggia),
7.  Comune di Bosco Gurin,
8.  Comune di Lavizzara,
ricorrenti,

contro

Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
residenza governativa, 6500 Bellinzona,
opponente.

Oggetto
Legge sulla collaborazione fra la Polizia cantonale e le Polizie comunali
(LCPol) e relativo Regolamento (RLCPol),

ricorsi contro la LCPol adottata con decreto legislativo del 16 marzo 2011 dal
Gran Consiglio e il RLCPol adottato dal Consiglio di Stato il 27 giugno 2012.

Fatti:

A. 
Nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del Cantone Ticino
n. 28/2012 del 3 luglio 2012 (pag. 249-253) è stata pubblicata la legge del 16
marzo 2011 sulla collaborazione fra la Polizia cantonale e le Polizie comunali
(LCPol) e il relativo Regolamento del Consiglio di Stato del 27 giugno 2012
(RLCPol, pag. 253-259). Il Governo ha fissato l'entrata in vigore della legge e
del regolamento al 1° settembre 2012. La norma transitoria dell'art. 7 RLCPol
dispone che entro tre anni dall'entrata in vigore del regolamento, i comuni
privi di un corpo di polizia comunale strutturato sono tenuti a dotarsene o a
sottoscrivere un'apposita convenzione con un comune dotato di un siffatto
corpo.

B. 
Avverso la nuova LCPol e il relativo regolamento, il Comune delle Centovalli
(causa 1C_409/2012), i Comuni di Isorno, Mosogno, Onsernone, Gresso e
Vergeletto (causa 1C_411/2012), come pure i Comuni di Maggia, Avegno Gordevio,
Cevio, Linescio, Cerentino, Campo Vallemaggia, Bosco Gurin e Lavizzara (causa
1C_419/2012) presentano tre distinti ricorsi in materia di diritto pubblico al
Tribunale federale. Chiedono, concesso ai gravami l'effetto sospensivo per lo
meno relativamente all'entrata in vigore del RLCPol, in via principale di
annullare la LCPol e il relativo regolamento, in via subordinata di annullare
gli art. 3 e 4 LCPol, nonché l'art. 2 cpv. 2 e 3, e l'art. 3 cpv. 3 e 4 del
regolamento.
Queste ultime norme hanno il seguente tenore:

LCPol :
"Art. 3 Esercizio delle competenze di polizia comunali 
1 Previa ratifica del Consiglio di Stato i comuni esercitano le competenze di
polizia loro attribuite:
a) direttamente mediante un proprio corpo di polizia composto da un minimo di 5
agenti più un comandante (corpo di polizia comunale strutturato), oppure
b) indirettamente sottoscrivendo una convenzione con un comune che ha un corpo
di polizia strutturato.
2 Il regolamento stabilisce i compiti di polizia spettanti ai comuni e le
condizioni del loro esercizio.

Art. 4 Convenzioni 
1 Per l'esercizio dei compiti di polizia, i comuni privi di un corpo di polizia
strutturato sono tenuti a concludere un'apposita convenzione.
2 La convenzione può essere sottoscritta direttamente con il comune polo oppure
fra comuni appartenenti alla medesima regione.
3 La convenzione soggiace alla ratifica del Consiglio di Stato, competente per
l'esame della sua sostanziale uniformità sul piano cantonale del tipo di
prestazioni offerte e dei loro costi.
4 In assenza della convenzione, il Consiglio di Stato può imporre
l'affiliazione del comune interessato ad uno prossimo dotato di un corpo di
polizia strutturato.

RLCPol 
Art. 2 Competenze e compiti delle polizie comunali (art. 3 LCPol) 
1...
2 In ogni regione di polizia comunale, con il coordinamento del comune polo,
tutti i corpi della stessa sono chiamati a garantire congiuntamente la presenza
di un servizio di polizia di prossimità, basato su di un adeguato effettivo di
polizia uniformata operativa ("agenti", ai sensi dell'art. 3 LCPol) per
l'adempimento sull'arco dell'intera giornata (24 ore) dei compiti di base di
cui ai punti 1, 2, 3, 4 e 5.9 dell'Allegato 2 (Sezione A).
Le regioni di polizia comunale sono tenute ad offrire al pubblico i servizi
residuali della Sezione A dell'Allegato 2 unicamente durante gli orari di
apertura degli uffici.
3 Ulteriori competenze, di cui alla Sezione B dell'Allegato 2, possono essere
attribuite in base alla specifica struttura del corpo ed al grado di formazione
del personale.
L'eventuale delega non preclude l'intervento della polizia cantonale.
...

Art. 3 Convenzione
1...
2...
3 In caso di disaccordo tra le parti in relazione alle controprestazioni
patrimoniali, il fabbisogno di servizi di polizia finalizzato alla garanzia di
un adeguato effettivo ai sensi dell'art. 2 cpv. 2, espresso in termini di
agenti (art. 3 LCPol), ed il relativo costo procapite, vengono calcolati in
base ad una formula fattoriale che ritenga quale elemento principale
l'imputazione del territorio comunale e della popolazione residente ad uno
spazio funzionale, così come individuato nella Scheda R1 del Piano Direttore
cantonale, ritenuto un coefficiente massimo di fabbisogno di servizi di polizia
di un agente di polizia uniformato operativo ogni 500 unità di popolazione
residente permanente nelle zone centrali ed un coefficiente minimo di
fabbisogno di servizi di polizia di un agente di polizia uniformato operativo
ogni 2000 unità di popolazione residente permanente nelle zone di montagna.
4 Il Dipartimento delle istituzioni regola per mezzo di un'apposita direttiva i
dettagli del modello calcolatorio fattoriale di cui al precedente capoverso,
fondandolo su elementi quantitativi e qualitativi. Il modello calcolatorio
fattoriale contenuto nella direttiva trova parimenti applicazione in caso di
disaccordo tra le parti nell'ambito di un eventuale conferimento, successivo
all'entrata in vigore della convenzione, di ulteriori competenze di polizia
sulla base dell'art. 2 cpv. 3.
..."

C. 
Con decreti presidenziali dell'11 e del 19 settembre 2012, le domande di
conferimento dell'effetto sospensivo sono state respinte.

D. 
Il Consiglio di Stato, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio, propone
di respingere i ricorsi, in quanto ammissibili. I Comuni ricorrenti si
riconfermano negli allegati ricorsuali. Con osservazioni del 14 gennaio 2013,
il Governo cantonale ha brevemente ribadito le osservazioni presentate nella
risposta: i ricorrenti non hanno replicato.

Diritto:

1.

1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio se e in che misura un ricorso può
essere esaminato nel merito (DTF 138 I 367 consid. 1).

1.2. I ricorsi riguardano le medesime normative, concernono fattispecie
analoghe e le censure sollevate sono essenzialmente uguali. Si giustifica
quindi di trattarli congiuntamente e di statuire sugli stessi con un unico
giudizio (art. 71 LTF in relazione con l'art. 24 cpv. 2 PC).

1.3. Il Tribunale federale giudica i ricorsi contro gli atti normativi
cantonali (art. 82 lett. b LTF), nella composizione di cinque giudici quando
sottostanno al referendum (art. 20 cpv. 3 LTF). Poiché il diritto ticinese non
prevede una procedura di un loro controllo astratto, il ricorso al Tribunale
federale è direttamente aperto in applicazione dell'art. 87 cpv. 1 LTF (cfr.
DTF 124 I 159 consid. 1b; sentenze 1C_69/2011 del 26 maggio 2011 consid. 1.2,
in RtiD 2012 I n. 1 pag. 3 e 1C_459/2011 del 4 settembre 2013 consid. 4).

1.4. Interposti entro trenta giorni dalla pubblicazione della decisione di
promulgazione, ossia dall'accertamento che il termine di referendum è scaduto
infruttuoso, i ricorsi sono tempestivi ai sensi dell'art. 101 LTF in relazione
con l'art. 46 cpv. 1 lett. b LTF (DTF 133 I 286 consid. 1; 135 I 43 consid.
1.1; sentenza 1C_459/2011 del 4 settembre 2013, consid. 1.3).

1.5. Con il ricorso possono essere fatte valere le violazioni del diritto
federale (art. 95 lett. a LTF). Il Tribunale federale esamina liberamente la
violazione dei diritti costituzionali cantonali (art. 95 lett. c LTF), tra i
quali rientra la garanzia dell'autonomia comunale. L'art. 50 Cost. garantisce
l'autonomia comunale nella misura prevista dal diritto cantonale (DTF 138 I 242
consid. 5.2, 143 consid. 3.1; 137 I 235 consid. 2.2); spetta quindi
essenzialmente alla Costituzione e alla legislazione cantonale stabilirne
l'estensione e i limiti (DTF 133 I 128 consid. 3.1). Nella misura in cui si
tratta di interpretare leggi cantonali, il Tribunale federale si limita
tuttavia a vagliare le asserite lesioni soltanto sotto il ristretto profilo
dell'arbitrio (DTF 138 I 242 consid. 5.2 pag. 245, 143 consid. 2 pag. 150; 137
I 235 consid. 2.2 pag. 238).

2.

2.1. Le esigenze di motivazione previste per i ricorsi al Tribunale federale
valgono anche per i gravami contro gli atti normativi cantonali. Secondo l'art.
42 cpv. 1 e 2 LTF, occorre quindi spiegare perché l'atto impugnato viola il
diritto. Questa Corte non è pertanto tenuta a vagliare, come lo farebbe
un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se
queste non sono presentate nella sede federale (DTF 138 I 274 consid. 1.6; 136
I 229 consid. 4.1). Per di più, quando i ricorrenti invocano, come in concreto,
la violazione di diritti fondamentali (divieto dell'arbitrio, principio di
proporzionalità e principio di uguaglianza fra determinati comuni ticinesi), il
Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, esamina le
censure sollevate soltanto se siano state esplicitamente sollevate e motivate
in modo chiaro e preciso (DTF 138 I 171 consid. 1.4, 225 consid. 3.2; 136 II
304 consid. 2.4 e 2.5). In questa misura, argomentazioni vaghe, come quelle
addotte in larga misura nei ricorsi in esame, non sono quindi ammissibili (DTF
134 I 83 consid. 3.2).

2.2. Per interpretare una norma di legge ci si riferisce in primo luogo al suo
tenore letterale. Secondo la giurisprudenza, ci si discosta dal senso letterale
di un testo chiaro, facendo capo all'interpretazione, solamente qualora delle
ragioni obiettive inducano a ritenere ch'esso non restituisce il vero
significato della disposizione in esame. Simili ragioni possono risultare dai
lavori preparatori, dallo scopo e dal senso della disposizione legale, così
come dalla sistematica della legge. Se il testo di una norma non appare invece
completamente chiaro o si presta a diverse possibili interpretazioni, la sua
portata viene determinata tenendo conto dei lavori preparatori (interpretazione
storica), del suo senso e scopo (interpretazione teleologica), nonché della sua
relazione con altri disposti (interpretazione sistematica). Il Tribunale
federale non privilegia un criterio d'interpretazione in particolare: per
accedere al senso di una norma preferisce ispirarsi pragmaticamente a un
pluralismo interpretativo (DTF 139 II 78 consid. 2.4 pag. 83, 49 consid. 5.3.1;
138 II 105 consid. 5.2; sentenza 1C_184/2010 del 7 aprile 2011 consid. 2.1 e
2.2, in RtiD II-2011 n. 1).

2.3. Il Tribunale federale esamina, facendo capo alle regole di interpretazione
riconosciute, se alla norma interessata può essere attribuito un senso che la
possa fare ritenere compatibile con le garanzie costituzionali invocate.
Procede a un esame libero e annulla una disposizione cantonale solo se essa non
si presta ad alcuna interpretazione conforme al diritto costituzionale o al
diritto federale di rango superiore (DTF 138 I 321 consid. 2; 135 II 243
consid. 2 pag. 248). Occorre considerare la portata dell'ingerenza nel diritto
fondamentale, la possibilità di ottenere una sufficiente protezione di questo
diritto nel contesto di un successivo controllo puntuale della norma, le
circostanze concrete in cui essa va applicata, la possibilità di una
correzione, come pure gli effetti sulla sicurezza del diritto. La semplice
circostanza che in singoli casi la disposizione impugnata possa essere
applicata in modo lesivo della Costituzione non conduce di per sé al suo
annullamento. Le spiegazioni fornite dalle autorità cantonali riguardo alla sua
futura applicazione possono essere prese in considerazione (DTF 137 I 31
consid. 2 pag. 39; 134 I 293 consid. 2 e rinvii; sentenza 1C_225/2012 del 10
luglio 2013 consid. 2.1).

2.4. Un atto normativo di portata generale viola il divieto dell'arbitrio (art.
9 Cost.), quando non si fonda su motivi obiettivi, seri o se è sprovvisto sia
di senso sia di scopo e sia insostenibile anche nel risultato (DTF 138 I 232
consid. 6.2). Al legislatore cantonale, organo politico soggetto a un controllo
democratico, dev'essere riconosciuta una grande libertà nell'elaborazione delle
leggi: esso dispone di un largo potere formatore in particolare nelle materie
che dipendono in maniera molto estesa da fattori politici. Non spetta al
Tribunale federale rivedere l'opportunità delle scelte effettuate in tale
ambito. Una norma legale non verrà pertanto annullata per il motivo che altre
soluzioni potrebbero essere ravvisabili o addirittura preferibili (DTF 136 I
241 consid. 3.1 e rinvii).

2.5.

2.5.1. Gli insorgenti fondano la loro legittimazione a ricorrere sull'art. 89
cpv. 2 lett. c LTF, secondo cui i Comuni hanno diritto a ricorrere se fanno
valere la violazione di garanzie loro conferite dalla Costituzione cantonale o
dalla Costituzione federale. La legittimazione, basata su un'asserita
violazione dell'autonomia comunale garantita dagli art. 50 cpv. 1 Cost. e 16
cpv. 2 Cost./TI, è data. Sapere se i ricorrenti dispongano effettivamente di
autonomia nel campo litigioso e se questa sia stata disattesa è questione di
merito, non di ammissibilità (DTF 136 I 265 consid. 1.3, 404 consid. 1.1.3; 135
I 43 consid. 1.2; sulla nozione di autonomia comunale vedi DTF 139 I 169
consid. 6.1 e rinvii; sulla carenza di legittimazione dei comuni politici a
ricorrere sulla base degli art. 82 lett. c e 89 cpv. 3 LTF, vedi DTF 136 I 404
consid. 1.1.1 e 1.1.2; 134 I 172 consid. 1.3). La sussistenza di un'autonomia
comunale nell'ambito della polizia locale è pacifica (art. 107 della legge
organica comunale del 10 marzo 1987; LOC). Litigiosa è la questione di sapere
se i criticati atti normativi limitino in maniera incostituzionale detta
autonomia.

2.5.2. I ricorrenti richiamano pure la clausola generale dell'art. 89 cpv. 1
LTF, secondo la quale ha diritto di interporre ricorso in materia di diritto
pubblico chi è particolarmente toccato dalla decisione impugnata (lett. b) e ha
un interesse degno di protezione al suo annullamento o alla sua modifica (lett.
c). Questa norma si indirizza in primo luogo ai privati, ma anche una
corporazione di diritto pubblico può fondarvisi, quando impugna una sentenza
che la colpisce analogamente a un privato oppure quando è toccata nei suoi
interessi di pubblico imperio degni di protezione (DTF 138 I 143 consid. 1.3.1;
136 I 265 consid. 1.4; 136 II 383 consid. 2.3 e 2.4).
In concreto è manifesto che i ricorrenti non sono toccati come un privato, ma,
chiaramente, in maniera qualificata nei loro interessi finanziari rilevanti
quali enti pubblici detentori del pubblico impero (DTF 136 II 274 consid. 4.1 e
4.2 pag. 279; 135 I 43 consid. 1.3). In un siffatto caso, di massima, al Comune
può essere riconosciuta la legittimazione a ricorrere anche contro un atto
normativo cantonale (DTF 138 II 506 consid. 2.1.1 e 2.3; 135 II 156 consid. 3;
BERNHARD WALDMANN, in Basler Kommentar, Bundesgerichtsgesetz, 2a ed. 2011, n.
42 seg. e n. 43b ad art. 89).
In effetti i Comuni ricorrenti fanno valere che i costi derivanti dal
finanziamento dei compiti di sicurezza previsti dalla LCPol a loro carico (art.
2 LCPol), costituirebbero un onere insostenibile o per lo meno notevole che non
potrebbero assumere. Ora, se un aumento dei costi di per sé non comporta una
violazione dell'autonomia, la situazione è diversa quando il contributo
litigioso assuma un'importanza tale che, pur senza rimettere in questione la
loro esistenza formale o l'integrità del loro territorio, sia di natura tale da
comportare una perdita di sostanza finanziaria idonea a metterla in pericolo (
DTF 113 Ia 336 consid. 1b-d, 2a in fine; sentenza 8C_848/2010 del 18 novembre
2010 consid. 5.2; Auer/Malinverni/Hottelier, Droit constitutionnel suisse,
3aed. 2013, vol. I, n. 305 e 295), ciò che i ricorrenti rendono verosimile in
concreto.

2.6. Nella misura in cui, criticando i citati atti normativi, i ricorrenti
possono fondarsi sull'art. 89 cpv. 2 lett. c LTF, essi possono far valere una
violazione del divieto dell'arbitrio e del principio di proporzionalità, per
quanto quest'ultima censura sia in stretta connessione con la violazione della
loro autonomia (DTF 134 I 204 consid. 2.2; cfr. anche DTF 138 I 378 consid. 8.2
pag. 393; 136 I 241 consid. 3.1 in fine pag. 251; Auer/Malinverni/Hottelier,
op. cit., n. 306) : senza tale connessione, solo in quanto possano richiamarsi
nel contempo all'art. 89 cpv. 1 LTF (Waldmann, loc. cit., n. 62 ad art. 89).

3.

3.1. Oltre alla violazione dell'autonomia comunale, i ricorrenti adducono,
tuttavia in maniera del tutto generica e quindi inammissibile, una lesione dei
principi di legalità (art. 5 cpv. 1 Cost.), del divieto dell'arbitrio (art. 9
Cost.), del principio di proporzionalità (art. 5 cpv. 2 Cost.) e del diritto
alla parità di trattamento (art. 8 Cost.).

3.2. I ricorrenti contestano l'adozione di una nuova legge cantonale e del
relativo regolamento. La censura di violazione dell'autonomia comunale permette
tuttavia ai comuni d'impugnare un atto legislativo cantonale, che la
limiterebbe, solo nella misura in cui esso sottrae loro in modo materialmente
illecito una competenza legislativa o un settore di autonomia garantiti dalla
Costituzione cantonale: a determinate condizioni, attraverso una modifica
legislativa, il legislatore cantonale può infatti ridurre a posteriori i limiti
dell'autonomia, ciò che i ricorrenti correttamente non contestano (cfr. DTF 136
I 265 consid. 2.4; Auer/ Malinverni/Hottelier, op. cit., n. 269 in fine, n. 309
e 314, secondo i quali, poiché i cantoni possono definire i limiti
dell'autonomia comunale, parrebbe difficile sostenere che vi sia un limite
oltre il quale la relativa legislazione, a dipendenza del suo spazio di
intervento, potrebbe violare la garanzia molto generica offerta dalla
costituzione cantonale). Il comune può pertanto lamentare che il legislatore
cantonale, adottando la legge litigiosa, avrebbe ristretto i limiti
dell'autonomia comunale che lo stesso aveva antecedentemente fissato. Anche in
presenza di una competenza cantonale, il comune può nondimeno far valere che la
regolamentazione cantonale non poggia su alcun interesse cantonale o regionale
preponderante o che viola il principio di proporzionalità (DTF 133 I 128
consid. 3.3 pag. 131 seg. e riferimenti).

Per di più, ciò che è decisivo, essendo in concreto in presenza dell'adozione
di un atto legislativo cantonale, non si tratta di esaminare se l'autorità
cantonale ha esercitato correttamente il suo potere di controllo o di
sorveglianza. Nell'ambito in esame, i ricorrenti possono soltanto far valere
che la criticata normativa li priverebbe indebitamente di una competenza
legislativa o di una materia nella quale l'invocata autonomia è direttamente
garantita e conferita ai comuni dalla Costituzione cantonale (DTF 133 I 128
consid. 3.3 e rinvii) : ciò non è manifestamente il caso nella fattispecie,
ritenuto che nel quadro della regolamentazione della polizia locale l'invocata
autonomia si fonda, come ancora si vedrà, sull'art. 107 LOC.

3.3. Gli insorgenti richiamano l'art. 3 della Carta europea dell'autonomia
locale, conclusa a Strasburgo il 15 ottobre 1985 ed entrata in vigore per la
Svizzera il 1° giugno 2005 (RS 0.102), secondo cui per autonomia locale si
intende il diritto e la capacità effettiva, per le collettività locali, di
regolamentare ed amministrare nell'ambito della legge, sotto la loro
responsabilità, e a favore delle popolazioni, una parte importante degli affari
pubblici. Invocano pure l'art. 4 della Carta, relativo alla portata
dell'autonomia locale. Essi non tentano tuttavia di precisare in che misura la
criticata legge e il relativo regolamento violerebbero tali norme. Il rilievo è
quindi inammissibile per carenza di motivazione (art. 42 LTF).

4.

4.1. I ricorrenti ricordano che, secondo l'art. 107 cpv. 2 (recte: 3) LOC, il
comune, e in particolare il municipio, può avvalersi di agenti di polizia
comunale. Sostengono che, poiché l'esistenza della polizia comunale si fonda su
una base legale in senso formale, ogni comune sarebbe libero di dotarsi, a
dipendenza delle esigenze concrete che si presentano sul suo territorio, di una
polizia comunale, o di rinunciarvi. Sulla base del criticato art. 3 LCPol, i
comuni potranno esercitare le competenze di polizia loro attribuite soltanto o
direttamente per il tramite di un proprio corpo di polizia strutturato,
composto da un minimo di 5 agenti più un comandante, oppure, indirettamente,
sottoscrivendo una convenzione con un comune che dispone di un siffatto corpo.
Di conseguenza, come rilevato nel messaggio governativo n. 6423 del 30 novembre
2010, le polizie comunali che non raggiungeranno il citato limite d'organico
dovranno essere sciolte.

Secondo i ricorrenti, il nuovo sistema introdotto dagli art. 3 e 4 LCPol
impedirebbe a determinati comuni, come per esempio a quello delle Centovalli,
di dotarsi di un proprio corpo di polizia comunale e di convenzionarsi con gran
parte dei comuni viciniori, poiché questi non fanno capo allo stesso comune
polo. Il Comune delle Centovalli precisa di non disporre di alcun agente
comunale e che, sebbene la strada, comunque di valle, che da Ponte Brolla
raggiunge Camedo sia un asse internazionale, la relativa regione non
presenterebbe problemi di ordine pubblico paragonabili a quelli con i quali
sono confrontati i poli urbani: ne conclude che un aumento degli effettivi di
sicurezza non sarebbe necessario. La contestata normativa non attuerebbe
infatti le necessarie distinzioni tra tipologie regionali molto diverse fra
loro e l'esigenza di un corpo di polizia strutturato o la sottoscrizione di una
convenzione risponderebbe esclusivamente alle esigenze di ordine pubblico delle
aree urbane, mentre penalizzerebbe fortemente soprattutto i Comuni periferici,
che dovrebbero assumersi costi sproporzionati per un servizio non richiesto e
non necessario.

4.2. Le censure ricorsuali mosse alla LCPol e al RCPol sono del tutto generiche
e si limitano a una critica vaga e superficiale della soluzione adottata dal
Gran Consiglio: adducendo semplicemente che vi potrebbero essere altri modelli,
i ricorrenti non dimostrano affatto che quello scelto non si fonderebbe su
criteri seri e obiettivi, illustrati e spiegati nel messaggio governativo e nel
"Rapporto del Gruppo di lavoro per la riorganizzazione della polizia in Ticino"
del 25 gennaio 2010, allegato al messaggio. Per quanto riguarda l'integrità
della riforma della polizia, ricordata la grande libertà che spetta al
legislatore cantonale nell'elaborazione delle leggi e rilevato che non compete
al Tribunale federale rivedere l'opportunità delle scelte effettuate in
particolare in materie che dipendono in maniera molto estesa da fattori
politici, i ricorrenti non dimostrano affatto l'arbitrarietà delle soluzioni
adottate con la LCPol e il relativo regolamento (sulle differenti possibilità
di organizzare la polizia vedi JAN SCHEFFLER, Einheitspolizei: Wegweisendes
Modell oder falscher Reformeifer? Zur Diskussion um die Zentralisierung
polizeilicher Organisationsstrukturen auf kantonaler Ebene, in: Sicherheit &
Recht, 2012, pag. 87-100, pag. 98 sui costi: questo autore in materia di
organizzazione della polizia, non riconosce ai comuni una competenza per
definizione e nega una violazione dell'autonomia comunale qualora la
centralizzazione di compiti di polizia avvenga sulla base di una legge che la
tolga ai comuni, pag. 89 seg.; PIERRE AEPLI, Les réformes de la police en
Suisse, in Revue internationale de criminologie et de police technique et
scientifique, 2008, pag. 463-480, in particolare pag. 472 sulla fusione delle
polizie cantonali e comunali). Il semplice assunto, secondo cui la LCPol
sarebbe in conflitto con la LOC, per i motivi di cui ancora si dirà, non è
sufficiente al riguardo. La conclusione di annullare integralmente sia la legge
sia il relativo regolamento deve pertanto essere disattesa.

4.3. I ricorrenti fanno valere che l'interesse pubblico perseguito
dall'obiettivo di riorganizzare e coordinare i corpi di polizia del Cantone non
potrebbe essere disgiunto dall'osservanza del principio di proporzionalità (su
questo principio vedi DTF 136 I 87 consid. 3.2 pag. 92). La nuova normativa
sarebbe sproporzionata, ritenuto che determinati comuni, come quello delle
Centovalli o tutta la Valle Onsernone, non hanno finora fatto capo ad alcun
agente di polizia comunale. Per di più, non vi sarebbero ancora dati certi in
merito ai costi effettivi, che potrebbero variare da fr. 183'750.-- a fr.
229'250.--.
La tesi, sulla quale sono incentrati i ricorsi, non regge. Già l'art. 107 LOC
dispone che il Municipio deve esercitare le funzioni di polizia locale: senza
dubbio non si tratta di una norma potestativa, come parrebbero ritenere i
ricorrenti adducendo semplicemente che finora non avrebbero istituto alcun
corpo di polizia. La circostanza che la tutela della sicurezza dei cittadini di
questi comuni sia stata fino ad ora assicurata facendo capo alla Polizia
cantonale e non a quella comunale, inesistente, non è infatti decisivo.

4.3.1. Rilevando che fra tutte le possibilità, peraltro non meglio precisate,
il Legislatore cantonale non avrebbe scelto quella più idonea, i ricorrenti non
dimostrano affatto che sarebbe stato leso l'interesse pubblico. Quest'ultimo,
come ancora si vedrà, non è infatti leso già per il fatto che i comuni
periferici si vedrebbero privati di una parte consistente delle loro risorse.
Il generico riferimento all'effettivo degli agenti e alle loro competenze,
rispetto alle asserite necessità reali di una determinata zona, non muta tale
conclusione. I ricorrenti accennano a una pretesa debolezza strutturale della
nuova legge, che non permetterebbe una vera e propria riorganizzazione della
polizia cantonale, ma non spiegano i motivi di tale critica. Sostenendo che
secondo il messaggio la nuova legge non comporta oneri supplementari per i
Comuni provvisti di un corpo di polizia strutturato, essi omettono di indicare
che nello stesso si precisa che la LCPol non dovrebbe comportare particolari
oneri supplementari neppure per quei comuni che, pur se in misura
insufficiente, già dispongono di un singolo agente o di un corpo di polizia,
visto ch'essi potranno compensare i costi delle prestazioni di sicurezza
percepite con l'integrazione dei loro agenti nel corpo di polizia strutturato
(pag. 15).

4.3.2. Certo, nel citato messaggio si sottolinea che ciò non vale per quei
comuni sguarniti di agenti di polizia, nei confronti dei quali per
l'adempimento dei compiti di prossimità a loro carico è richiesto il versamento
di un congruo compenso finanziario, in ossequio al principio generale
dell'obbligo contributivo sancito dall'art. 2 LCPol. Al riguardo, ricordato che
i ricorrenti non criticano specificatamente questa norma, essi parrebbero
disattendere che, contrariamene al loro assunto, nel messaggio si precisa che a
questi comuni non vengono attributi compiti aggiuntivi, ritenuto che l'art. 107
LOC già oggi impone agli enti locali l'espletamento dei compiti di polizia
locale: la novità consiste nel rendere effettivamente efficace l'esecuzione di
questi compiti, se del caso facendo capo a un servizio di polizia esterno (pag.
15 seg.). I ricorrenti non contestano questa conclusione, peraltro corretta,
che dimostra l'infondatezza della loro tesi principale, fondata sull'affermata
introduzione di un nuovo onere finanziario sproporzionato.

In effetti, riguardo all'asserita incostituzionalità della legge litigiosa e
anche in relazione alle specifiche norme criticate, i ricorrenti si limitano in
sostanza a deplorare gli asseriti costi che deriverebbero dalla sua
applicazione. Ora, come si è visto, la criticata normativa impone semplicemente
ai comuni di assumere - in maniera concreta - le spese della polizia locale,
oneri che attualmente già derivano o dovrebbero risultare da un'applicazione
effettiva dell'art. 107 LOC e ribadito dall'art. 2 LCPol, norma la cui
incostituzionalità non è censurata e tanto meno dimostrata dai ricorrenti.

4.3.3. È vero che, sempre nel messaggio, si sottolinea che l'esatta
quantificazione degli oneri finanziari litigiosi per i comuni, soprattutto per
quelli sprovvisti di un servizio di polizia, non è agevole, dipendendo la
stessa da un numero di variabili influenti sull'operazione di computo, quali ad
esempio i criteri ritenuti per la fatturazione delle prestazioni, le specifiche
esigenze locali di sicurezza, la gamma prescelta delle prestazioni di
sicurezza, ecc. In alcune delle vigenti convenzioni, i costi delle prestazioni
di sicurezza corrispondono a una somma forfettaria per ogni residente del
comune fruitore: per esempio, il costo praticato dal Comune di Chiasso è di fr.
60.-- pro capite per l'esecuzione del servizio di polizia, mentre, riservati i
costi per interventi straordinari, le retribuzioni riscosse in base al tempo
impiegato per l'intervento fornito avvengono sulla base di una tariffa oraria
che varia da fr. 36.-- a fr. 45.--, a dipendenza del comune erogatore. Va del
resto da sé, che qualora un comune non disponga di un proprio corpo di polizia,
esso debba finanziare l'esecuzione dei compiti di sicurezza che concernono il
suo territorio determinando le relative controprestazioni patrimoniali nel
quadro di una convenzione con il comune polo (art. 3 RLCPol).

I ricorrenti, ponendosi la domanda di sapere chi definirà il fabbisogno reale
del servizio di polizia su un determinato territorio, parrebbero misconoscere
che, premessa l'effettiva assunzione dei compiti di polizia di loro competenza,
spetta in primo luogo ai comuni interessati dare una risposta a questo quesito:
ciò avverrà nell'ambito dell'elaborazione delle rispettive convenzioni, che
sono dei contratti di prestazione. In tale contesto potranno infatti essere
concordate sia l'entità sia la natura delle rispettive controprestazioni, ossia
l'esecuzione dei compiti di sicurezza sulla base delle necessità dei comuni
interessati da una parte e le controprestazioni patrimoniali dall'altra,
conformemente a quanto stabilito dagli art. 4 LCPol e art. 3 RLCPol.

5.

5.1. Nemmeno regge la tesi dell'incostituzionalità delle singole criticate
norme, segnatamente degli art. 3 e 4 LCPol e 2 cpv. 2 e 3, nonché 3 cpv. 3 e 4
RLCPol.

5.2. In effetti pure in tale ambito i ricorrenti si diffondono e insistono
essenzialmente sui costi al loro dire sproporzionati per un servizio non
richiesto: l'onere finanziario per il Comune delle Centovalli ammonterebbe per
esempio a fr. 119'500.-- e ne azzererebbe l'autonomia finanziaria,
pregiudicando gravemente l'esistenza stessa del Comune e vanificando i
risultati positivi raggiunti con l'aggregazione comunale.

I comuni ricorrenti della Valle Maggia (causa 1C_419/2012) ribadiscono che la
loro situazione non può essere paragonata a quella dei poli urbani e che
soltanto quelli della Bassa Valle hanno percepito l'esigenza di un leggero
aumento del servizio di sicurezza, quantificabile finanziariamente in fr.
20'000.-- per Maggia e fr. 50'000.-- per Avegno Gordevio mediante
l'attribuzione di mandati di servizi privati di sicurezza, soprattutto per
compiti relativi al traffico e a campeggi abusivi (sulla problematica della
privatizzazione di servizi di polizia cfr. ANDREAS ZÜND/CHRISTOPH ERRAS,
Privatisierung von Polizeiaufgaben, in Sicherheit & Recht, 2012, pag. 162 e
segg.). Aggiungono che per i loro compiti di sicurezza i comuni della Bassa
Valle potrebbero eventualmente far capo a un ulteriore agente comunale, mentre
per l'Alta Valle non si prevede alcuna intensificazione delle attività di
polizia. Ricordano che la Vallemaggia è dotata di un agente della polizia
cantonale a Cevio, contingente che raddoppierà.

Anche i comuni ricorrenti della Valle Onsernone (causa 1C_411/2012) sostengono
che per l'intera Valle non sarebbe data alcuna necessità di qualsivoglia
riorganizzazione dei servizi di sicurezza. La Valle non dispone di agenti di
polizia comunale, né cantonale, per cui non sussisterebbe nessuna necessità del
servizio di polizia imposto dalla nuova legge.

5.2.1. Nelle osservazioni al ricorso, il Consiglio di Stato rileva che la nuova
legge indica quali sono i compiti di polizia svolti dal Cantone e quali, giusta
l'art. 107 cpv. 2 LOC, dai Comuni, per cui essa ripartisce le competenze
conformemente alla norma costituzionale. Ritiene che il legislatore cantonale
non ha modificato ma chiarito tale ripartizione, avendo semplicemente fissato
requisiti minimi, per evitare che in tale ambito gli organi cantonali siano
chiamati a svolgere compiti di polizia spettanti alle autorità locali. Il fatto
che una nuova legge comporti oneri a carico dei comuni non sarebbe comunque
rilevante. Per eseguire i loro compiti i comuni possono scegliere differenti
possibilità: dotarsi di un corpo di polizia proprio, aderire a un corpo
intercomunale o stipulare una convenzione con un altro comune o un consorzio di
comuni che dispone di un corpo di polizia strutturato. A parte le indicazioni
sul numero minimo di agenti del corpo di polizia strutturato, la nuova
normativa garantisce ai comuni un'ampia autonomia per organizzare tale
servizio, poiché, nell'ambito delle relative convenzioni, l'accordo può essere
discusso e stabilito tra i comuni interessati.

5.2.2. I ricorrenti non criticano di per sé la nuova struttura, ma incentrano
la loro argomentazione sul fatto che attualmente nei comuni periferici non vi
sono agenti e che non ve ne sarebbe la necessità nemmeno in futuro. Sia
l'imposizione di un corpo di polizia comunale strutturato sia la sottoscrizione
di una convenzione per svolgere compiti asseritamente non necessari
violerebbero pertanto il principio di uguaglianza per rapporto ai comuni urbani
che già dispongono e finanziano i propri corpi di polizia.

5.2.3. Un atto normativo lede il principio di uguaglianza sancito dall'art. 8
cpv. 1 Cost., se a fronte di situazioni uguali opera distinzioni giuridiche su
aspetti rilevanti non giustificate da motivi ragionevoli, oppure se sottopone a
un regime identico situazioni che presentano differenze tali da rendere
necessario un trattamento diverso (DTF 134 I 23 consid. 9.1 pag. 42). Le
situazioni paragonate nella prima ipotesi non devono essere necessariamente
identiche sotto ogni aspetto; deve però esservi similitudine nei fatti
pertinenti per la decisione da prendere (DTF 119 Ia 123 consid. 2b pag. 128).
Entro i limiti di tali principi e del divieto dell'arbitrio il legislatore
cantonale dispone di un ampio potere discrezionale, nel quale il Tribunale
federale interferisce con riserbo e non lo limita attraverso la propria
concezione d'impostazione di una questione (DTF 138 I 225 consid. 3.6.1). Giova
inoltre ricordare che il quesito di sapere se sussista un motivo ragionevole
per una distinzione può comportare risposte differenti secondo il periodo e le
idee dominanti (DTF 135 I 130 consid. 6.2 pag. 138).

5.2.4. Scopo della nuova legge, come rilevato dal Governo nelle osservazioni, è
garantire che ogni comprensorio, anche se discosto, abbia una copertura
sufficiente con un servizio di polizia minimo. Questa conclusione non è per
nulla insostenibile e quindi arbitraria, visto che si fonda su un criterio
obiettivo e comprensibile. Il nuovo modello organizzativo delle forze di
polizia, imperniato sul rafforzamento del ruolo delle polizie comunali
strutturate all'interno delle previste regioni, intende infatti evitare che nel
Cantone vi siano ulteriormente zone d'ombra nelle attività di polizia
necessarie per fronteggiare le minacce e le nuove forme di criminalità, che
oltrepassano non solo i confini comunali ma anche quelli cantonali (art. 7
LCPol, messaggio pag. 9 seg., 12). Dando una risposta globale, nuova e
differente a questa problematica, che invero preoccupa sempre più la
popolazione, il legislatore cantonale non ha affatto oltrepassato l'ampio
potere discrezionale che gli compete (DTF 135 I 130 consid. 6.2 pag. 138).

Certo, i ricorrenti rilevano che, considerata l'impossibilità materiale di
formare corpi di polizia autonomi, per i comuni periferici l'autonomia di
scelta si ridurrebbe in pratica alla possibilità di convenzionarsi. Premesso
che devono essere garantiti in maniera effettiva l'ordine e la sicurezza,
questo dato di fatto, intrinseco delle peculiarità di detti comuni, non viola
il principio dell'uguaglianza di trattamento: in effetti, ciò che è uguale
dev'essere trattato in maniera uguale, ciò che è disuguale in maniera disuguale
(DTF 138 I 225 consid. 3.6.1).

5.2.5. Del resto, anche in questo ambito, la critica si riduce in sostanza
nell'affermare che solo i singoli comuni sarebbero in grado di determinare i
fabbisogni reali dei servizi di polizia sul loro territorio, mentre la legge e
il regolamento litigiosi li definirebbero in maniera inadeguata e con un costo
finanziario sproporzionato.
L'assunto non regge. I ricorrenti disattendono infatti che le asserite nuove
spese non derivano tanto dall'introduzione della criticata legge, quanto dalla
circostanza che attualmente determinati comuni non si avvalgono di agenti di
polizia comunale per garantire in maniera effettiva il servizio di polizia che
la legislazione cantonale delega loro (art. 107 cpv. 1, cpv. 2 lett. e e cpv. 3
LOC; Stéphane Grodecki, Les compétences communales: comparaison intercantonale,
in Tanquerel/ Bellanger, L'avenir juridique des communes, 2007, pag. 48),
facendo quindi capo all'intervento della polizia cantonale (art. 108 cpv. 1
LOC). Giova inoltre ricordare che già la normativa attualmente in vigore
riserva la collaborazione con la polizia comunale di altri comuni (art. 108
cpv. 2 LOC).

Nella risposta al ricorso, il Consiglio di Stato sottolinea come la nuova legge
intende garantire che su tutto il territorio del Cantone i comuni, direttamente
o per il tramite di accordi, siano in grado di svolgere determinate attività di
polizia, senza la necessità di sopperire alle carenze con l'intervento della
polizia cantonale, per di più con i relativi costi sopportati da tutti i
cittadini del Cantone. Non a torto il Governo adduce che, in siffatte
circostanze, l'asserita disuguaglianza di trattamento andrebbe a pregiudizio
dei comuni che si assumono effettivamente i costi derivanti dall'esercizio
della polizia locale, istituendo e finanziando agenti di polizia comunale o in
futuro, se del caso, concludendo apposite convenzioni con comuni dotati di un
corpo di polizia strutturato e che i pretesi maggiori costi incombenti ai
comuni periferici deriverebbero dal fatto che finora in detti comuni l'attività
di polizia era di fatto demandata perlomeno in parte agli agenti della polizia
cantonale. Questo accertamento, del quale i ricorrenti non dimostrano
l'arbitrarietà, appare attendibile, fondato su ragioni valide, sostenibili e
comprovate dagli atti di causa, per cui l'asserita disparità di trattamento non
è ravvisabile.

In particolare, i comuni ricorrenti della Vallemaggia precisano di non disporre
di agenti di polizia comunale, mentre per quanto concerne quella cantonale il
servizio è assicurato dalla centrale di Camorino: per la sicurezza due di essi
spendono circa fr. 70'000.-- all'anno, destinati all'attribuzione di mandati a
servizi privati di sicurezza, in particolare per compiti relativi al traffico e
ai campeggi abusivi. La nuova normativa comporterebbe uno stravolgimento
sostanziale delle prospettive di spesa per rapporto al passato, poiché questi
comuni sarebbero chiamati ad assumere ingenti costi pur non individuando la
necessità del servizio di polizia imposto.

Con questa argomentazione, sulla quale sono in sostanza imperniati tutti i
gravami, i ricorrenti parrebbero disattendere ch'essi devono assumere in
maniera efficace e concreta i compiti della polizia locale demandati loro
dall'art. 107 LOC e pertanto, sempre in maniera effettiva, anche i relativi
costi, che in effetti non devono essere assunti dai cittadini di tutto il
Cantone. Nel messaggio, riguardo al finanziamento dei costi di sicurezza da
parte dei comuni (ad art. 2 LCPol), si accerta che in taluni la mancata
presenza di forze di polizia è dovuta all'assenza di investimenti nel servizio
di sicurezza da parte di alcune amministrazioni locali: in tal modo, di fronte
a comuni che si organizzano e investono risorse per l'adempimento dei compiti
di polizia di prossimità, ve ne sono altri nei quali l'assolvimento di queste
mansioni è trascurato, benché di per sé tale obbligo sia già attualmente a loro
carico. Dal profilo finanziario, i comuni avranno quindi l'obbligo di
partecipare ai costi della sicurezza proporzionalmente alle loro risorse e alle
loro esigenze, obbligo che deve valere indistintamente per tutti gli enti
locali e al quale si aggiunge l'esigenza di riconoscere gli importanti effetti
di sicurezza indiretta che i comuni dotati di polizie strutturate producono a
vantaggio di quelli che attualmente investono poco o nulla per le attività di
sicurezza derivanti dall'art. 107 LOC (pag. 5). I ricorrenti non dimostrano
l'infondatezza di queste conclusioni.

5.3. Nemmeno si è in presenza della pretesa violazione del principio di
proporzionalità (al riguardo vedi DTF 133 I 77 consid. 4.1), ritenuto che i
comuni sprovvisti di un corpo di polizia strutturato finanzieranno l'esecuzione
dei compiti di sicurezza che concernono il loro territorio con
controprestazioni patrimoniali liberamente definite tra le parti (art. 3 cpv. 2
RLCPol), ossia tenendo conto nello specifico contesto regionale, delle
peculiarità dei territori interessati e dei bisogni di sicurezza effettivi di
ogni regione. Solo in caso di disaccordo tra le parti circa le
controprestazioni patrimoniali il fabbisogno di servizi di polizia e il
relativo costo procapite verranno calcolati in base a una formula fattoriale,
che considera quali elementi principali il territorio comunale e la popolazione
che vi risiede, differenziando tra le zone centrali (coefficiente massimo di un
agente di polizia uniformato operativo ogni 500 unità di popolazione residente
e uno minimo ogni 2'000 unità di popolazione nelle zone di montagna). Questa
soluzione, differenziata, tiene conto del principio di proporzionalità e i
ricorrenti non rendono verosimile che questo schematismo sarebbe addirittura
arbitrario: ciò a maggior ragione ritenuto che, come esposto dal Governo nelle
osservazioni, i criteri per il calcolo del numero di agenti necessari e il
costo pro capite costituiscono solo dati indicativi, che verranno precisati in
seguito nell'ambito delle convenzioni stipulate tra i Comuni interessati.
In tali circostanze, un'interpretazione conforme alla Costituzione delle
criticate norme non è esclusa, come peraltro non è contestato dai ricorrenti
nella replica. Insistendo, anche in tale ambito, sui costi della sicurezza e
sull'assenza di un monitoraggio almeno parziale dell'impatto finanziario della
nuova legge sui piccoli comuni, i ricorrenti disattendono che l'introduzione di
un servizio di polizia conforme alle peculiari esigenze di ogni comune potrà
essere concluso liberamente tra le parti, sulla base delle specifiche
necessità, nel quadro dei citati accordi (art. 4 LCPol e art. 3 RLCPol).
La nuova normativa non impone un modello unico, ma lascia ai comuni diverse
possibilità di scelta, sebbene per i più piccoli sussista in sostanza soltanto
quella di collaborare, definendone tuttavia le condizioni, con altri comuni.
Ciò né costituisce un'immotivata discriminazione né una violazione del
principio di proporzionalità, ma piuttosto una logica e ai fini della
realizzazione degli obiettivi della legge indispensabile limitazione dettata
dalle specifiche e inderogabili peculiarità fattuali di determinati comuni
periferici.
Pure i bisogni effettivi di copertura con servizi di polizia, sui quali
insistono i ricorrenti, potranno essere pertanto valutati e determinati
nell'ambito dell'elaborazione delle apposite convenzioni (art. 4 LCPol). In
tale contesto anche il finanziamento, l'entità e la natura delle
controprestazioni patrimoniali potranno essere definite liberamente tra le
parti e solo in casi di disaccordo sulla base di una formula fattoriale (art. 3
cpv. 2 e 3 RLCPol), che tiene comunque conto delle differenze sussistenti tra i
poli urbani e i comuni periferici.

Come visto, le censure ricorsuali si riducono in estrema sintesi a criticare, a
torto, l'impatto finanziario dei costi per l'assunzione e l'esercizio dei
compiti di polizia di prossimità, spese che tutti i comuni, proprio sulla base
della loro autonomia, dovrebbero assumere in maniera effettiva già attualmente
(art. 107 LOC). Non vi è pertanto contraddizione con la nuova normativa (art. 2
LCPol). Al riguardo, anche nel rapporto di minoranza richiamato dai ricorrenti
si rileva, rettamente, che è evidente che nessun comune può sottrarsi agli
obblighi di contribuire a garantire la sicurezza nel Cantone (pag. 4). Pure nel
verbale del Gran Consiglio del 16 marzo 2011 viene confermata l'affermazione
del Consiglio di Stato secondo cui esistono tuttora Comuni che non hanno
investito nella sicurezza a causa di contingenze varie, tra le quali le esigue
disponibilità finanziarie, lacuna che viene spesso compensata dai servizi della
polizia cantonale e dalle polizie dei Comuni vicini (pag. 6).

6.

6.1. I ricorrenti censurano poi, sempre in maniera generica e quindi in larga
misura inammissibile (art. 42 LTF), il RLCPol. La stessa conclusione vale per i
semplici accenni di critica, meramente teorici, ai principi della separazione
dei poteri (art. 51 Cost./TI; DTF 138 I 196 consid. 4.1; 136 I 241 consid.
2.5.1), con conseguente pretesa violazione del diritto di referendum (art. 28
cpv. 2 e art. 42 Cost./TI), della legalità (sul tema vedi DTF 136 I 87 consid.
3.1, 241 consid. 2.5) e del principio della gerarchia delle norme, nonché la
pretesa violazione degli art. 76-79 della legge del 17 dicembre 2002 sul Gran
Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato, inerenti alla definizione
della legge, del decreto legislativo e del regolamento. Il Tribunale federale
deve pertanto esaminare soltanto le singole norme impugnate del regolamento
censurate in maniera adeguata, segnatamente la sufficienza della base legale e
della delega legislativa.

6.2. Secondo i ricorrenti, la disciplina dell'art. 2 cpv. 2 RLCPol, che
richiede un servizio di sicurezza sull'arco dell'intera giornata (24 ore),
costituirebbe un principio sul quale la legge sarebbe silente e che il
Legislatore cantonale non avrebbe inteso regolamentare, ritenuto che né nella
legge né nei dibattiti parlamentari, tranne un accenno di cui ancora si dirà,
si troverebbe una delega specifica sulla tematica della garanzia del servizio
notturno. Tuttavia, pure in tale ambito, essi incentrano in sostanza la loro
critica sul fatto che questa imposizione comporterebbe costi asseritamente
nuovi, eccessivi e ingiustificati per i comuni. Sostengono che le necessità
reali dei Comuni ricorrenti non imporrebbero l'adempimento di compiti di
polizia locale durante le ore notturne. I dati statistici relativi agli
incidenti stradali dimostrerebbero come le regioni periferiche, per lo meno
quelle non attraversate dall'autostrada, presenterebbero una densità quasi
nulla di incidenti stradali; anche dalla statistica criminale di polizia del
2011 risulterebbe una notevole differenza, per tutte le categorie di reati, tra
regioni periferiche e zone urbane.

6.3. Per dimostrare l'asserito mancato bisogno di disporre di un corpo di
polizia strutturato o di stipulare una convenzione con un comune che ne è già
dotato, i ricorrenti chiedono di invitare la polizia cantonale a produrre i
dati statistici per ogni distretto relativi alle diverse attività da essa
svolte, indicandone i compiti precisi inerenti alla criticata copertura sulle
24 ore.
Visto l'esito dei gravami e ricordato che il Tribunale federale procede solo
eccezionalmente all'assunzione di prove (DTF 136 II 101 consid. 2), non occorre
dare seguito alla richiesta. L'asserita lesione del diritto di essere sentito
sollevata in tale contesto, perché l'obbligo imposto dalla criticata copertura
notturna non potrebbe prescindere da una chiara lettura delle reali necessità
di una determinata regione in materia di sicurezza, non regge, ritenuto che
tali bisogni potranno essere delucidati nell'ambito dell'elaborazione delle
differenti convenzioni. Le autorità cantonali potevano quindi procedere a un
apprezzamento anticipato delle prove e rinunciare ad assumere i dati statistici
proposti dai ricorrenti, poiché non decisivi (DTF 136 I 229 consid. 5.3; 134 I
140 consid. 5.3; 131 I 153 consid. 3). Per di più, contrariamente a quando si
tratta di decisioni concrete, nel cui ambito i comuni devono essere sentiti
dall'autorità cantonale qualora la decisione li tocchi nella loro autonomia (
DTF 116 Ia 52 consid. 2), di massima, nel quadro della procedura legislativa
parlamentare di adozione di norme generali e astratte, non sussiste un diritto
di essere sentito (DTF 131 I 91 consid. 3.1 e rinvii). Né i ricorrenti
richiamano alcuna norma del diritto cantonale che determini in primo luogo
l'invocata garanzia (sentenza 1C_186/2011 del 16 aprile 2012 consid. 2.2, in
RtiD II-2012 n. 1).

6.4. Sempre riguardo alla copertura del servizio sull'arco di 24 ore, nelle
osservazioni il Governo precisa che l'art. 2 cpv. 2 RLCPol non introdurrebbe un
principio nuovo: questa norma si limiterebbe a rendere esplicita la necessità,
che trasparirebbe già dalla legge in relazione a determinati compiti di
polizia, quali ad esempio gli interventi in relazione a schiamazzi molesti,
liti, disturbi della quiete pubblica, chiusura degli esercizi pubblici, di
assumerli anche durante la notte. In futuro queste incombenze non dovranno
infatti più essere svolte, nelle fasce orarie notturne, dalla polizia
cantonale. Nella replica, il Consiglio di Stato insiste sul fatto che la legge
(art. 3 cpv. 1 LCPol) non specifica che i comuni dovrebbero esercitare le loro
competenze di polizia solo in maniera parziale, ossia unicamente durante il
giorno: la contestata norma espliciterebbe un obbligo che già deriverebbe dalla
legge.

Questa conclusione, certo discutibile, non è comunque addirittura insostenibile
e quindi arbitraria. In effetti, la delega prevista all'art. 3 cpv. 2 LCPol
dispone che il regolamento stabilisce i compiti di polizia spettanti ai comuni
e le condizioni del loro esercizio. La contingenza che determinati compiti
intrinseci dell'attività della polizia locale, in particolare quelli testé
citati, vengano svolti notoriamente soprattutto di notte è palese: non è
infatti arbitrario ritenere il mantenimento dell'ordine e della tranquillità,
nonché la repressione di azioni manifestamente illegali, che devono essere
garantiti e svolti anche durante le ore notturne, quali compiti della polizia
locale ai sensi dell'art. 107 LOC. I ricorrenti parrebbero disattendere che ciò
non implica necessariamente, come del resto ammesso dal Governo cantonale nella
risposta, la presenza ininterrotta di un agente di polizia strutturata
sull'arco delle 24 ore, essendo sufficiente che un tale agente possa
intervenire, sulla base delle pertinenti convenzioni, al posto della polizia
cantonale. In siffatte circostanze, la tesi ricorsuale, secondo cui la
copertura sulle 24 ore costituirebbe un nuovo obbligo necessitante una base
legale espressa e una specifica delega, non contenuta nella criticata legge,
non può essere condivisa.

Certo, nel rapporto di minoranza, richiamato dai ricorrenti, si rileva che allo
stato attuale molte zone sono prive di un servizio con copertura notturna e
festiva, per cui la questione non sarebbe risolta. Si sottolinea inoltre che le
poche pattuglie della polizia cantonale non sono in grado di assumere tale
compito, arrivando spesso sul posto con ritardi inconfessabili (pag. 3).
Proprio questa constatazione dimostra che detti interventi non sono svolti in
maniera effettiva, come però è già imposto dall'art. 107 LOC e in futuro, più
precisamente, dall'art. 2 cpv. 2 RLCPol. Nel dibattito parlamentare è poi stato
osservato che anche le "piccole polizie" sono coscienti della necessità di
coprire le esigenze del territorio in modo costante, per cui nessun comune può
esimersi dall'investire finanziariamente nella sicurezza (estratto del verbale
del Gran Consiglio inerente alla seduta del 16 marzo 2011, pag. 6). Si è poi
sostenuto che solo con una forma di collaborazione intercomunale o regionale,
per la stragrande maggioranza delle polizie comunali, è oggi possibile
effettuare con efficacia servizi quali il pattugliamento notturno 24 ore su 24
(pag. 7). La nuova normativa specifica quindi ciò che oggi, di fatto, doveva
valere e in parte avviene.

6.5. Decisiva in tale contesto è però la circostanza che nelle osservazioni
l'Esecutivo cantonale precisa espressamente che, contrariamente a quanto
parrebbero ritenere i ricorrenti, l'art. 2 cpv. 2 RLCPol non impone che un
agente di un corpo di polizia strutturato sia presente tutti i giorni e tutte
le notti sul territorio dei loro Comuni: questa norma si limita a prescrivere
che, qualora un intervento di competenza comunale rientrante nei compiti di
base di cui ai punti 1, 2, 3, 4 e 5.9 dell'Allegato 2 (Sezione A) sia
necessario, vi sia un agente di una polizia comunale che possa intervenire,
senza necessità di far capo a quella cantonale. Nell'applicazione dell'art. 2
cpv. 2 RLCPol, le autorità cantonali appaiono pertanto essere vincolate a
questa interpretazione della contestata norma (DTF 123 I 112 consid. 2c; 118 Ia
427 consid. 3b in fine).

La predetta interpretazione appare peraltro corretta, ritenuto che l'art. 2
cpv. 2 RLCPol chiaramente non impone ad ogni comune di disporre di un agente di
polizia durante il periodo notturno: con il coordinamento del comune polo, ogni
"regione di polizia comunale" (per esempio, secondo l'allegato 1, la Regione
VII, con il Comune polo Ascona, per i Comuni di Ascona, Brissago, Centovalli,
Losone, Ronco sopra Ascona) deve garantire, "congiuntamente" e non
singolarmente, la presenza di un adeguato effettivo di polizia di prossimità
sull'arco dell'intera giornata (24 ore). L'aggettivo "adeguato" tiene inoltre
conto, come preteso dai ricorrenti, delle specifiche necessità ed esigenze
derivanti dalle differenti realtà dei comuni periferici. Pertanto, il paventato
pericolo di istituire un corpo di polizia non corrispondente alle peculiarità
di questi comuni è privo di fondamento. Al riguardo, il Governo cantonale
ribadisce, a ragione, che per evitare una disparità di trattamento con i comuni
che si assumono direttamente tali oneri, l'alternativa consisterebbe
nell'addebitare ai comuni sprovvisti di un servizio di polizia efficiente i
costi di un servizio di picchetto e degli interventi. La nuova normativa non
comporta quindi l'asserita disparità di trattamento tra i comuni, ma implica,
sotto il profilo del finanziamento dei costi di sicurezza, l'uguaglianza tra
essi (art. 2 LCPol).

6.6. Pure la possibilità prevista dall'art. 2 cpv. 3 RLCPol di attribuire le
ulteriori competenze di cui alla Sezione B dell'Allegato 2, peraltro solo con
apposita e peculiare delega singola del Consiglio di Stato, è subordinata alla
specifica struttura del corpo e al grado di formazione del personale, per cui
anch'essa rispetta il principio di proporzionalità.

Al riguardo, i ricorrenti si limitano a rilevare che la norma, così come
formulata, potrebbe aprire le porte anche a un'attribuzione unilaterale delle
competenze in questione e pertanto non su richiesta del corpo di polizia
interessato, ciò che potrebbe comportare ulteriori costi. Ora, nelle
osservazioni il Consiglio di Stato precisa che l'attribuzione di tali
competenze avviene solo con il consenso dei comuni interessati e che il Cantone
non potrà imporre a un corpo di polizia strutturato di assumersi anche l'onere
di assolvere i compiti figuranti nell'Allegato 2 lettera B del regolamento.
Spetterà quindi ai comuni fissare nelle convenzioni le modalità per risolvere
eventuali divergenze sull'assunzione di nuove competenze. Anche in questo caso,
nell'applicazione della criticata norma, le autorità cantonali dovranno
lasciarsi opporre l'interpretazione appena ripresa, che con queste spiegazioni,
non appare incostituzionale.

6.7. Il Governo aggiunge che le due criticate norme si limitano a disciplinare
le modalità di risoluzione dei conflitti tra comuni, nel caso in cui non si
raggiungesse un accordo sulla ripartizione dei costi. Al suo dire l'art. 3
RLCPol relativo alle convenzioni si fonderebbe essenzialmente sulla base legale
dell'art. 4 LCPol. Il Consiglio di Stato potrà imporre l'affiliazione di un
comune solo in caso di assenza di una convenzione: esso la potrà decretare solo
qualora i comuni non trovino un accordo e unicamente in tal caso dovrà
stabilire l'importo a carico del comune. Il regolamento si limita a indicare
che verrà stabilita la prevista formula fattoriale allo scopo di avere un
criterio non arbitrario, bensì uniforme e applicabile a tutte le situazioni.
Anche in questo caso il principio della parità di trattamento è rispettato,
perché le nuove norme permettono di tener conto delle diverse esigenze dei
comuni, in particolare anche di quelli periferici, che potranno essere
considerate nell'elaborazione delle rispettive convenzioni. In caso di mancato
accordo, la citata formula, sufficientemente differenziata e basata su criteri
oggettivi, può essere interpretata e applicata in modo conforme alla
Costituzione.

7. 
I ricorsi, in quanto ammissibili, devono pertanto essere respinti. Non si
prelevano spese giudiziarie e non si attribuiscono ripetibili della sede
federale (art. 66 cpv. 4 e art. 68 cpv. 3 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1. 
Le cause 1C_409/2012, 1C_411/2012 e 1C_419/2012 sono congiunte.

2. 
Nella misura in cui sono ammissibili, i ricorsi sono respinti.

3. 
Non si prelevano spese giudiziarie e non si attribuiscono ripetibili della sede
federale.

4. 
Comunicazione ai ricorrenti e al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, per sé
e per il Gran Consiglio.

Losanna, 20 dicembre 2013

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il Presidente: Fonjallaz

Il Cancelliere: Crameri

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