Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 5A.645/2009
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
5A_645/2009

Sentenza del 5 novembre 2010
II Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Hohl, Presidente,
Marazzi, Herrmann,
Cancelliere Piatti.

Partecipanti al procedimento
A.________,
patrocinato dall'avv. dott. Franco Gianoni,
ricorrente,

contro

B.________,
patrocinata dall'avv. Enrico Bonfanti,
opponente.

Oggetto
divorzio,

ricorso contro la sentenza emanata il 20 agosto 2009 dalla I Camera civile del
Tribunale d'appello del
Cantone Ticino.

Fatti:

A.
A.________ e B.________ si sono sposati nel 1971. Nel 1986 i coniugi hanno
acquistato la particella xxx di Z.________ e ne hanno subito venduto una parte.
Nel 1988 essi hanno sciolto la comproprietà sulla rimanenza e hanno suddiviso
il fondo in due particelle: una intestata al marito (xxx) e l'altra alla moglie
(yyy).

B.
Nel 1990 A.________ ha chiesto al Pretore della giurisdizione di Locarno
Campagna di sciogliere per divorzio il matrimonio. Con sentenza 25 luglio 2005
il Pretore ha pronunciato il divorzio e per quanto concerne le conseguenze
accessorie ha segnatamente dato atto che nessun contributo è dovuto alle parti,
che ognuna di esse rimane proprietaria degli immobili a lei intestati e ha
ordinato all'attore di versare alla convenuta fr. 57'925.-- in liquidazione del
regime matrimoniale e fr. 210'000.--, a rate, quale indennità adeguata secondo
l'art. 124 CC.

C.
La I Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino ha respinto con
sentenza del 20 agosto 2009 un rimedio inoltrato da A.________ e ha confermato
il giudizio pretorile. Con riferimento allo scioglimento del regime della
partecipazione agli acquisti, la Corte cantonale non ha riconosciuto che i fr.
30'000.-- investiti dal marito nella particella xxx fossero beni propri e ha
pure negato che le parti abbiano estinto nel rogito in cui hanno sciolto la
comproprietà di tale fondo eventuali crediti vicendevoli legati al suo
acquisto. I giudici cantonali hanno altresì confermato l'indennità ex art. 124
CC.

D.
A.________ è insorto con un ricorso in materia civile del 25 settembre 2009 al
Tribunale federale in cui chiede che, con riferimento alla liquidazione del
regime dei beni, la sentenza di appello sia in via principale riformata nel
senso che le parti non vantano alcun diritto e in via subordinata che sia
condannato a versare all'ex moglie fr. 11'675.-- a titolo di conguaglio. Il
ricorrente domanda poi l'annullamento della pronunzia di secondo grado con
riferimento all'indennità ex art. 124 CC e il rinvio della causa al tribunale
cantonale per nuovo giudizio dopo l'assunzione di una serie di specificate
prove. Egli postula altresì che le spese processuali e le ripetibili della sede
cantonale siano messe a carico dell'opponente. Dei motivi si dirà, per quanto
necessario ai fini del presente giudizio, nei considerandi di diritto.
Con risposta 11 ottobre 2010 B.________ propone l'integrale reiezione del
ricorso.

Diritto:

1.
La sentenza impugnata è una decisione finale (art. 90 LTF) che è stata emanata
dall'ultima istanza cantonale (art. 75 cpv. 1 LTF) in una causa civile (art. 72
cpv. 1 LTF) con un valore di lite manifestamente superiore al limite di fr.
30'000.-- previsto dall'art. 74 cpv. 1 lett. b LTF. Il tempestivo (art. 100
cpv. 1 LTF) ricorso inoltrato dalla parte soccombente (art. 76 cpv. 1 LTF) è
quindi in linea di principio ammissibile.

2.
2.1 Nella sentenza di primo grado il Pretore aveva stabilito che la moglie
aveva contribuito con fr. 20'000.-- di beni propri all'acquisto della - nuova -
particella xxx intestata al marito, mentre non aveva considerato provata
l'argomentazione di quest'ultimo di avervi a sua volta investito fr. 30'000.--
di beni propri. La Corte cantonale ha condiviso tale giudizio, poiché non è
certo che il termine "ha apportato", menzionato nella convenzione 14 febbraio
1986 concernente l'originario mappale xxx, sia stato utilizzato nella sua
accezione giuridica di "apporto" e abbia quindi voluto indicare nell'ambito del
regime dell'unione dei beni allora vigente un bene proprio: al notaio estensore
della citata convenzione, sentito quale teste, le parti non hanno infatti
chiesto se la predetta locuzione fosse stata impiegata nel senso preteso dal
marito e quest'ultimo non ha spiegato la provenienza del suo contributo, ma
riconosce che i mezzi messi a disposizione dalla moglie provenivano da
un'eredità ed erano di conseguenza beni propri.

2.2 Il ricorrente ribadisce che pure il suo contributo all'acquisto del fondo
in discussione dev'essere considerato un apporto nel senso dell'art. 195 vCC -
e quindi un bene proprio - alla stregua di quello dell'opponente e che la
conclusione contraria della Corte cantonale è il risultato di un accertamento
dei fatti svolto in modo manifestamente inesatto. A sostegno della sua
argomentazione indica che nella convenzione, sottoscritta dalle parti il 14
febbraio 1986 innanzi al notaio, risulta al punto 1 che "i coniugi riconoscono,
ad ogni buon fine, che, per quanto concerne l'importo di fr. 200'000.-- non
coperto da mutuo ipotecario, la moglie ha apportato CHF 170'000.--
(centosettantamila) e il marito CHF 30'000.-- (trentamila)" e al punto 3 "che
in caso di vendita della part. xxx ciascun coniuge ricupera il suo apporto di
cui al punto 1: la somma rimanente viene divisa a metà per ciascuno". Inoltre,
il notaio che ha redatto tale convenzione ha testualmente deposto che "secondo
il mio modo di redigere non ho ripetuto anche per il marito relativamente ai
fr. 30'000.--, l'espressione ha apportato". Sempre a mente del ricorrente, la
Corte cantonale avrebbe pure violato gli art. 8 e 200 CC, richiedendo una
spiegazione sulla provenienza di tali importi, atteso che in concreto si
tratterebbe unicamente di appurare "la loro natura riconosciuta di beni
propri". Soggiunge che in queste circostanze la decisione cantonale sarebbe
insostenibile, tanto più che egli avrebbe tentato di dimostrare con argomenti
convergenti che detto apporto proveniva dalla sua famiglia e sarebbe quindi
spettato all'opponente, trattandosi dell'ambito matrimoniale, fornire la prova
del contrario.

2.3 Giova innanzi tutto rilevare che, pur lamentando una violazione dell'art. 8
CC, il ricorrente non contesta - a giusta ragione - di essere gravato
dall'onere della prova per quanto attiene alla - pretesa - natura di bene
proprio del suo contributo all'acquisto del fondo in discussione. Egli ritiene
però che dalla citata convenzione risulti che le parti avrebbero riconosciuto
di aver entrambe finanziato l'acquisto del fondo con apporti nel senso
dell'art. 195 vCC e quindi con beni propri.
2.3.1 Il contenuto di una clausola contrattuale è determinato in primo luogo
mediante l'interpretazione soggettiva, ossia ricercando la vera e concorde
volontà dei contraenti, piuttosto che la denominazione o le parole inesatte
adoperate per errore o allo scopo di nascondere la vera natura del contratto
(art. 18 cpv. 1 CO). Ciò che le parti hanno voluto e dichiarato durante le
trattative e al momento della conclusione del contratto attiene ai fatti (DTF
135 III 410 consid. 3.2).

Qualora non esistano accertamenti di fatto sulla reale concordanza di queste
volontà, o se il giudice costata che una parte non ha compreso la volontà
dell'altra, la loro volontà (presunta) è determinata interpretando le loro
dichiarazioni oggettivamente secondo il principio dell'affidamento, ovvero
secondo il senso che ogni contraente poteva e doveva ragionevolmente attribuire
alle dichiarazioni dell'altro nella situazione concreta (DTF 136 III 186
consid. 3.2.1, con rinvio). L'interpretazione secondo questo metodo è una
questione concernente l'applicazione del diritto, che può essere esaminata
liberamente dal Tribunale federale; esso si fonda comunque sul contenuto della
manifestazione di volontà e sulle circostanze del caso, che attengono ancora ai
fatti (DTF 135 III 410 consid. 3.2).
2.3.2 In concreto non paiono esservi accertamenti sulla reale e concordante
volontà delle parti. Applicando - come implicitamente suggerito dal ricorrente
- il principio dell'affidamento, non risulta che le parti abbiano
effettivamente - pure - pattuito di riconoscere che gli importi in questione
siano degli apporti nel senso dell'art. 195 vCC. Dalla convenzione emerge
invece che le parti hanno unicamente voluto specificare in che misura esse
contribuivano a finanziare l'acquisto e come procedere in caso di rivendita del
fondo, senza però precisare che tipo di beni matrimoniali venivano utilizzati
nell'operazione. Giova infatti ricordare che il termine "apporto" significa
"contributo" e che al punto 3 della convenzione il termine in discussione
appare essere stato unicamente utilizzato in tal senso. Nemmeno la circostanza
che il testo sia stato redatto da un avvocato e notaio è di soccorso al
ricorrente. Infatti, se le parti avessero pure inteso riconoscere
l'appartenenza di tali importi a una precisa massa di beni matrimoniali, il
professionista avrebbe - verosimilmente - menzionato in modo esplicito tale
accordo. Inconferente si rivela infine la lamentela di una carente motivazione
del giudizio cantonale - da cui viene dedotta una violazione dell'art. 29 cpv.
2 Cost. - per quanto attiene a quella che il ricorrente chiama
l'"interpretazione logica", poiché dalla sentenza impugnata chiaramente
emergono i motivi per cui la Corte cantonale ha condiviso l'interpretazione del
primo giudice.
2.3.3 Atteso che dalla citata convenzione nulla può essere dedotto sulla massa
a cui appartenevano i predetti mezzi finanziari, la Corte cantonale non è
caduta nell'arbitrio ritenendo che il qui ricorrente, non fornendo alcuna
spiegazione sulla provenienza del suo contributo, non abbia provato di aver
utilizzato beni propri. Irrilevante si rivela infatti la circostanza che egli
avrebbe cercato di dimostrare che l'importo in discussione provenisse dalla sua
famiglia: l'esistenza di un tentativo di prova non permette al giudice di
invertire l'onere della prova o di ritenere provata un'allegazione. Ne discende
che la censura dev'essere respinta.

3.
3.1 Sempre con riferimento alla particella xxx, la sentenza impugnata indica
che il rogito con cui le parti hanno sciolto la comproprietà di tale fondo
contiene la frase "non è dato luogo a nessun conguaglio". Tale clausola è stata
interpretata dal Pretore come una semplice rinuncia a compensi per la
differenza dei lotti risultanti dalla divisione in natura (art. 651 cpv. 3 CC).
Secondo i giudici cantonali l'appellante non ha spiegato perché l'opinione del
giudice di prime cure sarebbe errata e non ha portato alcun elemento a sostegno
della sua argomentazione, secondo cui le parti avevano invece inteso di
ritenere estinti eventuali crediti vicendevoli legati all'acquisto di tale
fondo. La Corte cantonale ha poi aggiunto che la tesi attorea non trova
riscontro in alcuna risultanza istruttoria.

3.2 Il ricorrente contesta di non aver sufficientemente motivato il suo appello
e ritiene che in ogni caso la conclusione della Corte cantonale "contrasta in
modo arbitrario (art. 9 Cost.) con la reale e comune volontà delle parti"
risultante dagli atti. Indica di aver pagato, prima che si procedesse allo
scioglimento della comproprietà, fr. 7'800.-- per la costruzione di una rampa
comune per i due fondi, nonché fr. 10'000.-- di spese per l'acquisto del
mappale originario. Tale circostanza, unita al fatto che gli è stato attribuito
il fondo più piccolo, avrebbe fatto sì che le parti avessero voluto pareggiare
i conti relativi all'acquisto del terreno originario, finanziato con apporti di
entità diversa. Questa volontà sarebbe inoltre già stata preannunciata nella
citata convenzione 14 febbraio 1986.

3.3 L'apprezzamento delle prove effettuato in sede cantonale può essere
censurato per violazione del divieto dell'arbitrio. Infatti, giusta l'art. 97
cpv. 1 LTF, il ricorrente può censurare l'accertamento dei fatti unicamente se
è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF oppure in
maniera manifestamente inesatta; quest'ultima definizione corrisponde a quella
di arbitrio (DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252) e configura a sua volta una
violazione del diritto (art. 9 Cost.; DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1 pag. 39).
Poiché il divieto d'arbitrio (art. 9 Cost.) rientra fra i diritti fondamentali,
la censura relativa ad una sua violazione va espressamente sollevata e motivata
in termini qualificati (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 135 III 232 consid. 1.2, con
rinvii; 134 II 244 consid. 2.2). Il ricorrente che lamenta una violazione del
divieto d'arbitrio non può limitarsi a criticare la decisione impugnata come in
una procedura d'appello, dove l'autorità di ricorso gode di cognizione libera,
opponendo semplicemente la propria opinione a quella dell'autorità cantonale
(DTF 133 III 585 consid. 4.1 pag. 589; 130 I 258 consid. 1.3 pag. 262), bensì
deve dimostrare, attraverso un'argomentazione precisa, che la decisione
impugnata sia insostenibile (DTF 134 II 349 consid. 3; 133 III 638 consid. 2
pag. 639; 133 IV 286 consid. 1.4). In materia di apprezzamento delle prove,
visto l'ampio potere che esso riconosce in proposito alle autorità cantonali,
il Tribunale federale si mostra prudente: ammette una violazione dell'art. 9
Cost. unicamente qualora il giudice non abbia manifestamente compreso il senso
e la portata di un mezzo di prova, se ha omesso di considerare un mezzo di
prova pertinente senza serio motivo, infine se, sulla base degli elementi
fattuali raccolti, il giudice cantonale ha tratto delle deduzioni insostenibili
(DTF 129 I 8 consid. 2.1 pag. 9; 127 I 38 consid. 2a pag. 41, con rinvii).

Nella fattispecie la Corte cantonale non si è limitata a criticare la
motivazione dell'appello, ma ha pure esaminato le risultanze probatorie - e
segnatamente i documenti richiamati nel rimedio - per accertare che da esse non
emerge l'esistenza della volontà di compensazione pretesa dal ricorrente. In
queste circostanze è inutile esaminare se l'appello fosse o no sufficientemente
motivato. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l'apprezzamento delle
prove effettuato dalla Corte cantonale non risulta arbitrario. Il fatto che il
ricorrente abbia sostenuto delle spese, di cui è peraltro stato tenuto conto
nell'ambito della liquidazione del regime matrimoniale e che hanno giovato ad
entrambi i coniugi, non dimostra che questi abbiano voluto liquidarle con la
divisione del fondo e ancora meno che l'opponente abbia rinunciato ai suoi
diritti in sede di liquidazione del regime matrimoniale. Nemmeno dalla
convenzione del 14 febbraio 1986 - citata al considerando 2.2 e che menziona
unicamente l'eventualità di una vendita del fondo originario - può essere
dedotto qualcosa che smentirebbe la sentenza impugnata.

4.
4.1 Per quanto attiene all'indennità di previdenza ex art. 124 CC, la Corte
cantonale ha ritenuto che l'attore si è limitato a riprodurre quanto già
esposto nelle conclusioni innanzi al Pretore e cioè che la moglie non aveva
diritto ad una tale indennità, perché ella avrebbe già tratto profitto
dall'operosità e generosità del marito, conseguendo "grandi risparmi,
sicuramente tesaurizzati". I Giudici cantonali hanno pure indicato che
l'appellante ha elencato una serie di crediti che corrisponderebbero ad
altrettanti risparmi. Essi hanno poi considerato che in tal modo il ricorrente
non si sarebbe confrontato - come invece richiesto dall'art. 309 cpv. 2 lett. f
combinato con il cpv. 5 CPC/TI - con la motivazione della decisione pretorile,
secondo cui tali pretese non entrano in linea di conto perché determinante è la
situazione patrimoniale effettiva delle parti e non le ipotetiche possibilità
che queste avrebbero avuto di risparmiare. L'insufficiente motivazione
dell'appello avrebbe reso "senza concreta finalità" le prove di cui il
ricorrente ha chiesto l'assunzione in sede di appello in luogo e vece del
Pretore.

4.2 Il ricorrente ritiene che l'indennità stabilita in sede cantonale viola
l'art. 124 CC, atteso che essa dev'essere determinata tenendo conto di tutte le
circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi concernenti la situazione
economica delle parti, incluso il patrimonio della moglie. Afferma di aver
sostenuto durante la causa che l'opponente, grazie alla sua generosità ed
operosità, ha potuto risparmiare e costituirsi così un notevole capitale, e
asserisce di aver indicato una serie di prove - la cui assunzione è stata
rifiutata - per dimostrare l'esistenza di tale patrimonio. Assevera che,
contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte cantonale, non si tratta di
crediti da mettere in compensazione con le pretese previdenziali della moglie,
ma dell'effettiva situazione economica di quest'ultima, che dev'essere presa in
considerazione per l'applicazione dell'art. 124 CC. Non chinandosi su tale
argomentazione, la Corte cantonale avrebbe commesso un diniego di giustizia e
violato l'art. 322 lett. b CPC/TI che permette l'assunzione di quelle prove che
furono già offerte, ma rifiutate dal Pretore.

4.3 È esatto che nella sede cantonale il ricorrente si era prevalso,
nell'eventualità in cui fosse accordata un'indennità ex art. 124 CC, di una
serie di asseriti crediti nei confronti dell'opponente, scaturenti dalla sua
pretesa generosità. Tale argomentazione, a giusta ragione non più riproposta
nel ricorso in materia civile perché del tutto irrilevante ai fini della
determinazione della citata indennità, non va confusa con l'altra affermazione,
che risulta peraltro testualmente anche dalla sentenza impugnata, secondo cui
la moglie avrebbe tesaurizzato gli importi che la sua generosità le avrebbe
permesso di risparmiare. In altre parole ha contestato - seppure in modo meno
chiaro di quanto fatto nel presente rimedio - la situazione patrimoniale della
coniuge accertata dal Pretore. Pertanto la motivazione della sentenza
cantonale, che rimprovera al ricorrente di non aver contestato la mancata presa
in considerazione degli asseriti crediti nei confronti della moglie, concerne
unicamente la prima argomentazione attorea. Dal canto suo, l'opponente - che
ritiene la censura infondata - riporta nella sua risposta un estratto della
sentenza cantonale in cui sono menzionate le ordinanze con cui il Pretore aveva
respinto le prove offerte dal marito; tale citazione si rivela tuttavia
inconferente, poiché nel considerando in questione la Camera di appello si era
limitata a rimproverare al qui ricorrente di non aver nemmeno tentato di
spiegare la necessità di assumere tali prove in appello "per chiarire una
fattispecie semplice e lineare come quella legata al versamento dei contributi
alimentari". Ne segue che i Giudici cantonali non si sono pronunciati sulla
richiesta di assunzione di prove per accertare la pretesa reale situazione
patrimoniale dell'opponente, che costituisce un fattore rilevante nell'ambito
della decisione su un'indennità ai sensi dell'art. 124 CC (DTF 133 III 401
consid. 3.2 pag. 404), e sono così incorsi in un diniego di giustizia.
Contrariamente a quanto sembra implicitamente suggerire l'opponente, non
compete al Tribunale federale sostituirsi all'autorità cantonale e valutare la
pertinenza delle singole prove. La sentenza impugnata deve quindi essere
annullata con riferimento all'indennità ex art. 124 CC e la causa rinviata alla
Corte cantonale per nuovo giudizio su tale punto dopo aver esaminato e deciso
la richiesta di prove in discussione. Essa dovrà pure verificare se, dopo il
nuovo giudizio, la ripartizione delle spese processuali e delle ripetibili
contenuta nella sentenza impugnata appare ancora corretta e se necessario
modificarla.

5.
Da quanto precede discende che il ricorso deve essere parzialmente accolto. Con
riferimento alle spese giudiziarie e ripetibili occorre rilevare che la
liquidazione del regime dei beni vanamente contestata nel presente ricorso è
oramai definitiva, ma che l'esito della pretesa indennità adeguata ex art. 124
CC è ancora del tutto incerta. In queste circostanze si giustifica ripartire le
predette spese, arrotondando gli importi, in ragione di 2/3 a carico del
ricorrente e di un 1/3 a carico dell'opponente.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è parzialmente accolto, la sentenza impugnata è annullata sia con
riferimento all'indennità ex art. 124 CC di fr. 210'000.--, al cui pagamento è
stato condannato il ricorrente, sia per quanto attiene agli oneri processuali
nonché alle ripetibili della sede cantonale e la causa è rinviata all'autorità
inferiore per nuovo giudizio nel senso dei considerandi. Per il resto la
sentenza impugnata è confermata.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste in ragione di fr. 2'650.-- a
carico del ricorrente e per fr. 1'350.-- a carico dell'opponente. Il ricorrente
rifonderà all'opponente fr. 1'300.-- per ripetibili della sede federale.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla I Camera civile del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 5 novembre 2010

In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Il Cancelliere:

Hohl Piatti