Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 5A.583/2009
Zurück zum Index II. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 2009
Retour à l'indice II. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 2009


Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
5A_583/2009

Sentenza del 10 novembre 2009
II Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Hohl, Presidente,
Escher, Marazzi,
Cancelliere Piatti.

Parti
A.________,
patrocinata dagli avv.ti Luigi Mattei e Alessia Dolci,
ricorrente,

contro

1. B.________, patrocinato dall'avv.Patrizia Casoni Delcò,
2. C.________, rappresentato dalla curatrice avv. Marianne Galli-Widmer,
opponenti.

Oggetto
rapimento di minorenni,

ricorso contro la sentenza emanata il 21 agosto 2009 dalla I Camera civile del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Fatti:

A.
A.a C.________ è nato il 25 marzo 2008 a Belgrado dall'unione di A.________ e
B.________, che si erano sposati in tale città l'8 novembre precedente.
Nell'ottobre 2008 A.________ ha lasciato con l'infante il domicilio coniugale
di Belgrado, si è trasferita in Ticino nell'abitazione paterna e ha adito il
Pretore del distretto di Riviera con un'istanza di protezione dell'unione
coniugale. Il mese seguente ella ha domandato il divorzio con un'azione
unilaterale. Il 18 dicembre 2008 B.________ ha dal canto suo promosso a
Belgrado un'identica azione. Il 31 dicembre 2008 egli si è rivolto al Ministero
di giustizia della Repubblica di Serbia per ottenere il ritorno immediato del
figlio in base alla Convenzione dell'Aia sugli aspetti civili del rapimento
internazionale di minori del 25 ottobre 1980 (CArap; RS 0.211.230.02) e ha nel
contempo contattato un legale in Ticino.
A.b Il 22 gennaio 2009 B.________ ha chiesto all'autorità di vigilanza sulle
tutele del Cantone Ticino di ordinare in applicazione della CArap l'immediato
ritorno del figlio. Dopo aver emanato provvedimenti cautelari e convocato le
parti ad un'udienza a cui A.________ non si è presentata perché assente in
Norvegia, la predetta autorità ha accolto il 10 marzo 2009 la richiesta di
rientro e ha posto entrambi i genitori al beneficio dell'assistenza
giudiziaria.

B.
A.________ ha impugnato tale decisione con appello del 31 marzo 2009 alla I
Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino. Atteso che il 1°
luglio 2009 è entrata in vigore la legge federale sul rapimento internazionale
dei minori e sulle Convenzioni dell'Aia sulla protezione dei minori e degli
adulti (LF-RMA; RS 211.222.32), la predetta Camera ha designato una mediatrice
incaricata di tentare una conciliazione - fallita - fra i coniugi e ha nominato
l'avv. Marianne Galli-Widmer quale curatrice di rappresentanza del minore. Dopo
aver tenuto un'udienza alla personale presenza dei coniugi e della curatrice e
aver respinto la richiesta dell'appellante di allestire una perizia psicologica
e psichiatrica sulle capacità parentali di entrambi i genitori, la Corte
cantonale ha confermato la decisione dell'autorità di vigilanza e ha ordinato
alla madre di assicurare entro il 30 settembre 2009 il ritorno del figlio
C.________ a Belgrado dal padre.
Accertata l'applicabilità della CArap alla fattispecie, ritenuto in particolare
che la madre trattiene il figlio in Ticino in violazione della custodia che
compete anche al marito, la Corte cantonale ha negato che un ritorno in Serbia
metterebbe il bambino in una situazione intollerabile nel senso degli art. 13
cpv. 1 lett. b CArap e 5 LF-RMA. I giudici cantonali hanno considerato che la
madre ha la possibilità materiale di ritornare e soggiornare a Belgrado, atteso
segnatamente che agli atti vi è una dichiarazione scritta in cui B.________ si
impegna a lasciare gratuitamente a disposizione della moglie e del figlio
l'appartamento coniugale, nonché di assumersi le loro "spese di vita". A
comprova di quest'ultimo impegno l'Ufficio federale di giustizia ha pure
trasmesso una dichiarazione bancaria circa l'importo disponibile su un conto
del padre del bambino. I giudici cantonali hanno pure reputato che nessuna
circostanza concreta induce a credere che una volta in Serbia, A.________ debba
scontare conseguenze penali.

C.
C.a Contro la sentenza di appello sono insorti con un ricorso in materia civile
sia C.________, tramite la sua curatrice, che A.________. Quest'ultima postula,
previo conferimento dell'effetto sospensivo, in via principale che in
accoglimento del proprio ricorso la decisione di appello sia annullata e
l'istanza di B.________ respinta. In via subordinata chiede che, dopo
l'annullamento della decisione impugnata, la causa sia rinviata all'autorità
cantonale per nuova decisione nel senso dei considerandi. Ella domanda altresì
di essere posta al beneficio dell'assistenza giudiziaria. Dopo aver narrato e
completato i fatti, afferma che il marito non esercitava effettivamente il
diritto di custodia sul neonato e lamenta una violazione dell'art. 13 cpv. 1
lett. a CArap, perché il coniuge avrebbe dato il proprio assenso al
trasferimento del lattante in Svizzera. La ricorrente ritiene pure che la Corte
cantonale avrebbe violato l'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap e l'art. 5 LF-RMA,
perché un rientro alla precedente dimora esporrebbe il bambino ad una
situazione intollerabile, mancando un accertamento sulla reale possibilità di
alloggiare in Serbia, sulla capacità di mantenimento del marito e
sull'esistenza di procedimenti penali nei propri confronti in tale paese.
Lamenta pure una violazione dell'art. 9 LF-RMA, perché non vi sarebbe stata
un'audizione personale dei coniugi, dell'art. 3 LF-RMA, perché non è stata
effettuata una perizia psicologica, e dell'art. 11 LF-RMA, perché mancherebbero
misure di esecuzione.
C.b Con osservazioni 25 settembre 2009 B.________ propone invece la reiezione
del ricorso in materia civile della moglie e la conferma del giudizio
impugnato, con il rimpatrio del figlio entro 30 giorni dall'emanazione della
sentenza del Tribunale federale. Egli chiede pure di essere posto al beneficio
dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio nel senso dell'art. 26
CArap. Replica ai fatti descritti dalla ricorrente e nega di aver acconsentito
al trasferimento del figlio. Non ritiene dati i presupposti cumulativi
dell'art. 5 LF-RMA e afferma che non vi sono ostacoli al rientro della moglie
con il figlio e di essere in grado se necessario di occuparsi di quest'ultimo
anche senza la coniuge. Contesta altresì che le altre norme di tale legge
federale citate nel ricorso siano state violate dalla decisione impugnata.
C.c Con decreto del 30 settembre 2009, dopo aver rilevato che le parti non si
oppongono alla pronuncia di una misura d'urgenza, la Presidente della II Corte
di diritto civile ha conferito effetto sospensivo al ricorso.

Diritto:

1.
1.1 La sentenza impugnata è una decisione finale emanata dall'autorità
cantonale di ultima istanza (art. 75 cpv. 1 e art. 90 LTF) e fondata sulla
CArap. Il 1° luglio 2009 è entrata in vigore la LF-RMA. L'art. 16 LF-RMA
prevede che le disposizioni di tale legge concernenti i rapimenti
internazionali di minori sono applicabili anche alle domande in vista del
ritorno già presentate presso autorità cantonali al momento della sua entrata
in vigore. Il ricorso in materia civile (art. 72 cpv. 2 lett. b n. 1 LTF; DTF
133 III 584 consid. 1.2), introdotto nel termine ricorsuale di 10 giorni
previsto dall'art. 100 cpv. 2 lett. c LTF dal genitore che si oppone al rientro
del minore, è in linea di principio ammissibile.

1.2 Per lunghi tratti la ricorrente narra una fattispecie che non trova
riscontro negli accertamenti di fatto contenuti nella sentenza impugnata. Così
facendo pare dimenticare che il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui
fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF) e che
l'accertamento dei fatti può essere censurato unicamente se è stato svolto in
violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF oppure in maniera
manifestamente inesatta (art. 97 cpv. 1 LTF); quest'ultima definizione
corrisponde a quella di arbitrio (DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252) e
configura a sua volta una violazione del diritto (art. 9 Cost.; DTF 134 IV 36
consid. 1.4.1 pag. 39). Poiché il divieto d'arbitrio rientra fra i diritti
fondamentali, la censura relativa ad una sua violazione va espressamente
sollevata e motivata in termini qualificati (art. 106 cpv. 2 LTF), come già
sotto l'egida dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG le cui esigenze restano in questo
ambito determinanti (DTF 134 II 244 consid. 2.2).

2.
2.1 Contrariamente al parallelo ricorso inoltrato dal minore, la ricorrente
pare contestare l'applicabilità della CArap alla fattispecie. Da un lato
afferma che il trasferimento o il mancato ritorno del minore non può essere
considerato illecito nel senso dell'art. 3 CArap, perché il padre - assente -
non avrebbe esercitato il diritto di custodia sul figlio e ritiene che sarebbe
stata necessaria un'ulteriore istruttoria su tal punto. D'altro canto pretende
che l'applicazione della Convenzione "è puramente pretestuosa", atteso che il
marito avrebbe acconsentito nel senso dell'art. 13 cpv. 1 lett. a CArap - come
risulterebbe dai messaggi di posta elettronica scambiati fra i coniugi - alla
separazione e al trasferimento del figlio. Verranno quindi dapprima esaminate
tali questioni attinenti all'applicabilità della CArap.

2.2 La Corte cantonale ha indicato che, come già appurato dall'autorità di
vigilanza, secondo la legge serba i genitori detengono insieme i diritti
parentali sui figli, circostanza per altro incontestata. Per tale motivo i
giudici cantonali hanno reputato che la madre non poteva portare via il bambino
da Belgrado senza il consenso del padre o una decisione giudiziale. Essi hanno
pure precisato che l'esercizio del diritto di custodia da parte del genitore
titolare è presunto e che nella fattispecie non ricorrono i presupposti che
impongono particolari verifiche: non risulta infatti alcun caso di palese
rinuncia per atti concludenti, né i richiami alle dichiarazioni rilasciate
dalla madre della qui ricorrente o da una testimone di nozze confortano la tesi
secondo cui, di fatto, il marito non esercitava la custodia parentale. Atteso
che quest'ultimo ha chiesto il ritorno del figlio entro un anno, la Corte
cantonale ha ritenuto la CArap applicabile.

Con riferimento al preteso consenso al trasferimento del minore da parte del
padre, la Corte cantonale ha ritenuto che l'autorità di vigilanza sulle tutele
non avrebbe riscontrato alcuna chiara manifestazione di volontà in tal senso e
che la qui ricorrente è rimasta silente su tale accertamento.
2.3
La ricorrente nega di essere rimasta silente su quest'ultima constatazione di
fatto e ridiscute numerosi messaggi di posta elettronica agli atti. Sennonché
ella non formula alcuna critica che soddisfa i requisiti (supra, consid. 1.2)
posti dalla LTF ad una censura diretta contro un accertamento di fatto. Da un
lato ella nemmeno afferma che l'accertamento in questione sarebbe
manifestamente inesatto ai sensi dell'art. 97 LTF. Dall'altro, pare ignorare
che non è manifestamente sufficiente per formulare una valida censura di
arbitrio, alla luce dei severi requisiti di motivazione, semplicemente rinviare
a un passaggio del proprio appello in cui viene descritta una fattispecie
diversa da quella accertata dall'autorità di vigilanza per far apparire
insostenibile l'opinione della Corte cantonale, secondo cui la qui ricorrente
non avrebbe - validamente - contestato la decisione di primo grado. Ne segue
che il ricorso si rivela inammissibile su questo punto.

Anche quando sostiene che la CArap non sarebbe applicabile perché il marito non
avrebbe esercitato il diritto di custodia, la ricorrente non contesta che egli
fosse pure titolare della custodia parentale, né che l'esercizio di tale
diritto è presunto quando il suo titolare chiede il ritorno del minore (DTF 133
III 694 consid. 2.2.1 cpv. 1). Al requisito dell'esercizio della custodia
parentale non devono essere poste esigenze elevate. L'assenza di una custodia
effettiva può essere riconosciuta unicamente se appare manifesto che il
titolare non si preoccupava del figlio e ha abbandonato l'esercizio di tale
diritto (DTF 133 III 694 consid. 2.2.1 cpv. 2). Attraverso tale condizione sono
unicamente da escludere i casi di custodia in cui i diritti legali o
convenzionali non sono affatto esercitati, nemmeno in modo sporadico (Jörg
Pirrung, Staudingers Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch mit
Einführungsgesetz und Nebengesetzen EGBGB/IPR, Vorbem. C-H zu Art. 19 EGBGB,
2009, margin. D32 pag. 232). Così stando le cose, non è nemmeno possibile
rimproverare alla Corte cantonale di non aver ritenuto data una tale
situazione, atteso che la stessa ricorrente nel proprio ricorso non nega che
prima della sua partenza i coniugi vivevano nel medesimo appartamento con il
figlio e riconosce che il marito, dopo aver lavorato lontano da casa per
due-tre giorni rientrava, anche se spesso si sarebbe assentato la sera. In
queste circostanze, la lamentela concernente la necessità di un'ulteriore
istruttoria sull'effettivo esercizio del diritto di custodia appare di primo
acchito priva di fondamento.

Giova inoltre aggiungere che la ricorrente non può nemmeno essere seguita
laddove pare ritenere il richiamo alla CArap pretestuoso, perché il marito
avrebbe dichiarato di trasferirsi in Svizzera nell'eventualità in cui non
riesca ad ottenere il rientro del figlio in applicazione della predetta
Convenzione.

3.
Appurata l'applicabilità della CArap al caso di specie, si giustifica esaminare
preliminarmente le lamentele ricorsuali attinenti alla pretesa violazione di
diverse norme procedurali (art. 3, 9 e 11) contenute nella LF-RMA da parte
della Corte cantonale. Esse verranno trattate prima delle censure concernenti
una violazione della Convenzione. I motivi che secondo la ricorrente
impedirebbero di ordinare un rientro in Serbia del minore e la pretesa
violazione dell'art. 5 LF-RMA saranno vagliati nell'ambito dell'applicazione
dell'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap. Con riferimento all'applicazione delle norme
della LF-RMA occorre premettere che in linea di principio le Convenzioni
internazionali prevalgono sul diritto interno (DTF 131 V 390 consid. 5.2; 131
II 352 consid. 1.3.1) e che giusta l'art. 11 CArap le autorità giudiziarie o
amministrative di ogni Stato contraente devono procedere d'urgenza al fine del
ritorno del minore. Ciò significa che le misure previste dalla citata legge
federale non possono portare ad un'eccessiva protrazione della procedura.

3.1 Secondo la ricorrente la Corte cantonale avrebbe violato l'art. 3 LF-RMA
per non aver assunto una perizia psicologica.

Sennonché tale norma non prevede affatto l'allestimento di una "perizia
psicologica e psichiatrica sulle capacità parentali di entrambi i genitori"
come quella chiesta dalla ricorrente. Infatti al cpv. 1 essa si limita ad
indicare che in collaborazione con i Cantoni, l'Autorità centrale della
Confederazione provvede a una rete di specialisti e istituzioni a disposizione
per la consulenza, la conciliazione e la mediazione, nonché per la
rappresentanza dei minori, e in grado di agire con la dovuta sollecitudine; al
cpv. 2 l'articolo in discussione recita che la predetta autorità centrale può
delegare tali compiti a un ente privato e rifondergli le spese o indennizzarlo
in modo forfetario. Inoltre, contrariamente a quanto sembra ritenere la
ricorrente, con tale norma non è nemmeno stata creata la competenza del
tribunale svizzero di anticipare la decisione sulla custodia parentale (per la
competenza a pronunciare una siffatta decisione v. infra consid. 4 cpv. 2),
procedura nella quale la richiesta perizia avrebbe potuto giustificarsi. La
censura si rivela infondata.

3.2 La ricorrente sostiene pure che la Corte cantonale avrebbe violato l'art. 9
LF-RMA a causa della mancata audizione personale dei coniugi. Ella afferma che
in occasione di un'audizione personale il tribunale avrebbe segnatamente potuto
udire le sue preoccupazioni e il marito avrebbe potuto riferire sulla sua
situazione finanziaria.

Ora, la norma invocata prevede di sentire per quanto possibile le parti
personalmente. Ciò è avvenuto in concreto, atteso che la Corte cantonale ha
indetto un'udienza a cui hanno pure presenziato personalmente le parti. Non è
infatti ravvisabile, né viene indicato nel gravame, il motivo per cui la
ricorrente non avrebbe potuto esternare in occasione di tale udienza i propri
argomenti e timori, né cosa avrebbe impedito al marito di fare le dichiarazioni
ritenute opportune.

3.3 A mente della ricorrente i giudici cantonali avrebbero pure violato l'art.
11 LF-RMA per non aver "designato l'autorità di esecuzione competente del
rientro".

Anche con riferimento a questa censura occorre rilevare che il predetto
articolo di legge non prevede la designazione dell'autorità di esecuzione. La
norma in discussione indica unicamente, per quanto qui interessa, che la
decisione di ritorno del minore deve predisporre anche misure di esecuzione ed
essere comunicata alle autorità preposte all'esecuzione e all'Autorità
centrale. Nella fattispecie la ricorrente pare poi dimenticare che la sentenza
impugnata ha previsto che il ritorno del figlio venga assicurato dalla
ricorrente medesima, senza incaricare alcuna autorità. Un intervento
dell'autorità diverrebbe quindi unicamente necessario nell'eventualità in cui
la madre non dovesse tempestivamente assicurare il ritorno del minore e il
padre chieda l'esecuzione della decisione. Del resto, dalla lettura dell'atto
di ricorso emerge che la ricorrente non lamenta una violazione del menzionato
articolo perché avrebbe voluto ottenere altre o ulteriori misure di esecuzione,
ma propone la censura a sostegno della sua tesi secondo cui la decisione
dell'autorità cantonale dovrebbe essere annullata perché arbitraria. Se la
ricorrente avesse inteso lamentare una mancata predisposizione di misure di
esecuzione, il ricorso è insufficientemente motivato (art. 42 cpv. 2 LTF).

4.
La CArap mira a ripristinare lo status quo ante, assicurando il ritorno
immediato dei minori trasferiti o trattenuti illecitamente in qualsiasi Stato
contraente (art. 1 lett. a CArap). In una procedura come quella in esame non
può essere statuito sul diritto di custodia del minore (art. 16 e 19 CArap; DTF
133 III 146 consid. 2.4): la Convenzione deve infatti permettere una futura
decisione sulla custodia, ma non anticiparla (DTF 131 III 334 consid. 5.3).

Giusta l'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap l'autorità giudiziaria o amministrativa
dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la
persona, l'istituzione o l'ente che vi si oppone accerti che vi è il grave
rischio che il ritorno esponga il minore a un pericolo fisico o psichico,
ovvero lo metta altrimenti in una situazione intollerabile. La costante
giurisprudenza del Tribunale federale ha stabilito che questa norma è da
interpretare in senso restrittivo (sentenza 5A_105/2009 del 16 aprile 2009
consid. 3.3 con rinvii; sentenza 5A_285/2007 del 16 agosto 2007 consid. 4.1).
Giova inoltre ribadire che quando applica tale disposizione l'autorità non deve
emanare una decisione sulla custodia o sull'autorità parentale; per un siffatto
giudizio rimane infatti competente - almeno fino ad un'eventuale reiezione
della domanda di ritorno - il tribunale del luogo in cui il minore aveva la sua
dimora abituale prima del rapimento (DTF 133 III 146 consid. 2.4; 131 III 334
consid. 5.3).

In virtù dell'art. 5 LF-RMA il ritorno mette il minore in una situazione
intollerabile ai sensi dell'appena menzionato dettame convenzionale se il
collocamento presso il genitore richiedente non corrisponde manifestamente
all'interesse del minore (lett. a); se il genitore rapitore, tenuto conto di
tutte le circostanze, non è in grado di prendersi cura del minore nello Stato
in cui il minore aveva la dimora abituale immediatamente prima del rapimento, o
ciò non può ragionevolmente essere preteso da lui (lett. b); e se il
collocamento presso terzi non corrisponde manifestamente all'interesse del
minore (lett. c).

Con questa norma, i cui tre presupposti sono da intendere in senso cumulativo
(v. il suo tenore francese e Monique Jametti Greiner, Der neue internationale
Kindesschutz in der Schweiz, FamPra.ch 2008, pag. 299), il legislatore non ha
inteso sostituire la disposizione convenzionale, ma ne ha unicamente precisato
l'applicazione, chiarendo in quali casi non deve essere ordinato il ritorno del
minore per non porlo in una situazione manifestamente intollerabile (Messaggio
del 28 febbraio 2007 concernente l'attuazione delle convenzioni sul rapimento
internazionale di minori nonché l'approvazione e l'attuazione delle Convenzioni
dell'Aia sulla protezione dei minori e degli adulti, FF 2007 2399 n. 6.4).

Il citato Messaggio (loc. cit.) spiega che, se il collocamento presso il
genitore richiedente non corrisponde all'interesse del minore, occorre
verificare se il genitore rapitore può riaccompagnare quest'ultimo, atteso che
il collocamento presso terzi può unicamente costituire un'ultima ratio in casi
estremi. Non si può esigere dal genitore rapitore di ritornare con il figlio,
se rischia di finire in prigione o se in Svizzera vi è una relazione familiare
molto intensa, ad esempio in seguito ad un nuovo matrimonio o allo stato di
necessità in cui versa un altro membro della famiglia risiedente in questo
paese. Vi sono anche altri casi in cui, considerate tutte le circostanze, non
si può ragionevolmente pretendere che il genitore rapitore si prenda cura del
figlio nello Stato in cui ha vissuto immediatamente prima del rapimento. Deve
però trattarsi di situazioni d'emergenza in cui non si può oggettivamente
pretendere dal genitore rapitore un ritorno nel paese dell'ultima dimora
abituale legale del figlio per attendervi la disciplina definitiva
dell'autorità parentale: non è sufficiente che il genitore, che ha rapito o
trattiene il bambino, si limiti a dichiarare la sua opposizione a un ritorno
nel paese richiedente. Quali esempi per una tale situazione, il Messaggio cita
il caso in cui alla madre non può essere garantita un'accoglienza sicura e
finanziariamente sopportabile, o qualora sia manifesto che il genitore che
richiede il ritorno non può assumersi l'affidamento del minore o non può
ottenerlo in via giudiziale, mentre il genitore rapitore è quello che esercita
in via primaria il diritto di custodia. In una tale eventualità imporre al
genitore rapitore di rientrare nel paese di partenza per attendere la decisione
giudiziaria che gli conferisce l'autorità parentale e gli permetterebbe di
nuovamente trasferirsi - questa volta legalmente - in Svizzera con il figlio
costituirebbe un vuoto formalismo non protetto dalla Convenzione. Il Messaggio
precisa tuttavia che se la situazione non è chiara, non sussiste una situazione
intollerabile per il minore e il Tribunale svizzero ne ordinerà il ritorno.

4.1 I giudici cantonali partono - perlomeno implicitamente - dal presupposto
che una separazione dalla madre porrebbe il bambino in una situazione
intollerabile. Essi hanno quindi esaminato se la madre può accompagnare il
figlio e restare in Serbia con lui, risolvendo in maniera affermativa il
quesito per i motivi che seguono. Dagli atti risulta che la qui ricorrente
potrebbe dapprima soggiornare per 90 giorni quale turista in tale paese e poi
ottenere un permesso di soggiorno temporaneo. In base alle informazioni fornite
dal Ministero degli interni serbo, la durata di quest'ultimo permesso dipende
dalla durata del procedimento giudiziario e può essere stabilita in un anno,
con la facoltà dell'interessata di sollecitarne una proroga 30 giorni prima
della scadenza. Per quanto attiene alle possibilità di alloggio, la Corte
cantonale si è riferita alla dichiarazione 2 giugno 2009 del genitore
richiedente, in cui questi si è impegnato a trasferirsi presso sua madre e
lasciare gratuitamente l'appartamento coniugale a moglie e figlio per la durata
del processo, nonché di assumersi le loro "spese di vita". L'Ufficio federale
di giustizia ha pure trasmesso alla Corte cantonale una dichiarazione bancaria
da cui risulta un importo disponibile di 9'255,25 Euro su un conto del padre
del bambino. Infine, con riferimento ai paventati risvolti penali, la Corte
cantonale ha rilevato che la qui ricorrente ha riconosciuto che in Serbia non
vi è alcun procedimento penale in atto, che il genitore richiedente ha
formalmente sottoscritto un impegno a non domandarne uno e che non vi sarebbero
altre circostanze concrete che indurrebbero a credere che una volta tornata in
Serbia ella debba scontare conseguenze penali. I giudici cantonali hanno
altresì rilevato che il genitore richiedente postula il ritorno del minore a
Belgrado con la madre.

4.2 La ricorrente ritiene che un ritorno in Serbia esporrebbe il figlio ad una
situazione intollerabile nel senso degli art. 13 cpv. 1 lett. b CArap e 5
LF-RMA. Ella sostiene che un collocamento del figlio presso il padre - che non
ha il tempo di occuparsi di lui - non ne tutela né il bene né l'interesse e
ritiene altresì escluso un suo collocamento presso terzi. La ricorrente
rimprovera poi alla Corte cantonale di non aver accertato - se non "in modo
arbitrariamente superficiale" - la reale possibilità di soggiornare in Serbia
per la durata del processo e di aver pure omesso di accertare se in tale paese
vi sono procedimenti penali pendenti contro di lei.

4.3 Prima di passare ad esame dettagliato delle censure ricorsuali attinenti a
tali due norme, si può convenire con la ricorrente che, vista l'età del figlio
e considerato il fatto che ella sia la persona che si occupa principalmente
dell'infante, una loro separazione potrebbe seriamente mettere in pericolo il
bambino nel senso dell'art. 13 cpv. 1 lett. b CArap (sentenza 5A_105/2009 del
16 aprile 2009 consid. 3.3 e 3.4). Sennonché, come già osservato, nemmeno la
Corte cantonale ha previsto una separazione, ma ha ritenuto che si possa
esigere dalla ricorrente che ella accompagni il figlioletto in Serbia. Pure
l'altro genitore parte dal presupposto che la madre torni a Belgrado con il
figlio.

Giova altresì ricordare che alle parti compete un obbligo di collaborazione per
l'accertamento dei fatti (Messaggio, loc. cit.) e che la parte che si oppone al
ritorno deve sopportare le conseguenze di una mancata produzione della prova
(Andreas Bucher, Rapporto complementare al rapporto conclusivo della
Commissione federale di esperti per la protezione dei minori in caso di
rapimento, pag. 56).
4.3.1 La ricorrente rimprovera alla Corte cantonale di non aver accertato la
sua reale possibilità di alloggiare in Serbia, limitandosi a fare proprie le
dichiarazioni del marito. Afferma inoltre che la stessa LF-RMA escluderebbe il
rientro nell'appartamento coniugale, il quale nella concreta fattispecie
sarebbe inaccettabile, perché segnatamente troppo piccolo, atteso che due delle
quattro camere di cui è composto verrebbero utilizzate dal marito per
esercitare la sua professione. Anche l'appartamento della nonna paterna che, in
base alla dichiarazione del marito, potrebbe essere lasciato a disposizione
della ricorrente e del figlio sarebbe troppo piccolo, misurando solo 35 m2.

Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la LF-RMA non si pronuncia sulla
possibilità di alloggiare nell'abitazione coniugale. È per contro vero che il
Messaggio (loc. cit.) menziona il bisogno di "un'accoglienza sicura e
finanziariamente sopportabile al di fuori dell'abitazione dell'ex partner",
sennonché tale frase non può essere intesa nel senso che il coniuge rapitore
non possa alloggiare nell'abitazione coniugale se il marito risiede altrove. La
ricorrente dimentica poi che il Tribunale federale fonda la propria sentenza
sui fatti accertati nella sentenza impugnata e che giusta l'art. 99 cpv. 1 LTF
possono essere addotti nuovi fatti e nuovi mezzi di prova soltanto se ne dà
motivo la decisione dell'autorità inferiore. Ora, come peraltro riconosciuto
nell'atto di ricorso, nell'udienza del 27 luglio 2009 il marito aveva
confermato il proprio impegno concernente la fornitura di un alloggio. La
ricorrente non pretende tuttavia, né risulta dagli atti, che ella abbia
avanzato le obiezioni fattuali di cui si prevale ora concernenti l'adeguatezza
dell'appartamento proposto dal marito nella sede cantonale. Ne segue che tali
obiezioni sono inammissibili, perché sollevate per la prima volta innanzi al
Tribunale federale. Incomprensibile si rivela poi la pertinenza della menzione
da parte della ricorrente in questo contesto del rapporto della psicologa
specializzata in terapia della famiglia. In definitiva la censura, nella
ridotta misura in cui è ammissibile, si rivela infondata.
4.3.2 Secondo la ricorrente la Corte cantonale avrebbe dovuto indagare sulle
reali possibilità finanziarie del marito, chiedendogli in particolare di
documentare le proprie entrate ed uscite mensili. La ricorrente afferma pure
che la dichiarazione bancaria agli atti sarebbe del tutto inattendibile, perché
il marito si sarebbe fatto prestare dalla sorella l'importo depositato in banca
e l'avrebbe restituito subito dopo il rilascio della menzionata dichiarazione.

Ancora una volta, mettendo in discussione l'attendibilità della dichiarazione
bancaria, la ricorrente si fonda inammissibilmente su fatti nuovi. Ricordato
che la stessa ricorrente indica nel proprio gravame che il salario medio in
Serbia è di 250 Euro mensili, la somma depositata in banca dal marito appare
sufficiente al sostentamento di tre persone durante il processo. Del resto,
ella nemmeno sostiene di aver chiesto alla Corte cantonale di far produrre dal
marito la documentazione concernente i suoi introiti e le sue spese o di aver
in altro modo allegato che le risorse finanziarie del marito siano
insufficienti. Ne segue che pure questa censura, pretestuosa, si rivela
infondata nella ridotta misura in cui risulta ammissibile.
4.3.3 A mente della ricorrente, il fatto che non sia stato chiarito se vi sono
procedimenti penali a suo carico metterebbe il minore, nell'eventualità di un
rientro in Serbia, in una situazione intollerabile. Ritiene che la Corte
cantonale avrebbe dovuto ottenere dall'ambasciata svizzera a Belgrado una
dichiarazione ufficiale da parte della competente autorità serba
sull'inesistenza di procedimenti penali pendenti.

In concreto è esatto che l'Ufficio federale di giustizia ha scritto il 6 agosto
2009 che non gli risulta se la ricorrente, al suo ritorno in Serbia, rischi
delle sanzioni penali e che ella ha con lettera 7 agosto 2009 ancora una volta
chiesto alla Corte cantonale di assumere le necessarie informazioni per
accertare la situazione. Sennonché, secondo gli incontestati accertamenti
contenuti nella sentenza impugnata, risulta che ella nemmeno pretende che una
procedura penale nei suoi confronti sia in corso. In queste circostanze,
richiamato l'obbligo di collaborazione delle parti e le conseguenze sgorganti
tale obbligo (supra, consid. 4.3 cpv. 2), in assenza di un qualsiasi concreto
indizio sul rischio di dover scontare una pena privativa della libertà, il
lamentare un mancato accertamento di procedure penali pendenti non basta per
ritenere inesigibile un ritorno in Serbia.

A titolo abbondanziale si può ancora rilevare che nell'art. 2 CArap gli Stati
contraenti si sono obbligati a prendere ogni provvedimento atto ad assicurare,
nei limiti del loro territorio, il conseguimento degli obiettivi della
Convenzione. Ora, la pronuncia di una pena privativa della libertà, che
dovrebbe essere scontata dal genitore rapitore, costituirebbe, nei casi come
quello all'esame, un impedimento al ritorno del minore e sarebbe quindi
contraria agli scopi della Convenzione: lo Stato che perseguisse penalmente,
facendo scontare pene privative della libertà, il genitore che è partito
all'estero con la prole senza il consenso dell'altro genitore (co)detentore
dell'autorità parentale, rischierebbe di vedersi respinte le domande di ritorno
in numerosi casi per aver creato in tal modo un ostacolo al rientro.

5.
5.1 Da quanto precede discende che il ricorso si appalesa, nella misura in cui
è ammissibile, infondato e che la sentenza che ordina il ritorno va confermata.
Giova tuttavia rilevare che la Corte cantonale ha formulato il dispositivo
della propria sentenza in un modo che potrebbe essere frainteso, perché
potrebbe far nascere il dubbio che la ricorrente debba consegnare il figlio al
padre. Per questo motivo, e ricordato che la designazione di Belgrado non è
contestata, in questa sede va precisato che la ricorrente deve unicamente
assicurare il ritorno del figlio in tale città entro la data stabilita. Atteso
che la LTF non prevede un ricorso adesivo, la richiesta formulata nella
risposta dall'opponente 1 di mettere a carico dello Stato le spese di rimpatrio
non entra in linea di conto.

5.2 La procedura con la quale viene chiesto il ritorno del minore è gratuita
(art. 26 cpv. 2 CArap), motivo per cui non vengono prelevate spese giudiziarie.
Con riferimento agli onorari dei legali, la predetta gratuità si estende
unicamente alla partecipazione di un avvocato ordinata dall'autorità coinvolta.
Chi si lascia invece patrocinare volontariamente, rispettivamente in modo
indipendente, come è il caso per la ricorrente deve assumersi i costi del
proprio legale, a meno che non siano dati i presupposti del diritto nazionale
per il gratuito patrocinio (DTF 134 III 88 consid. 5, non pubblicato). Ora,
alla ricorrente indigente può nella fattispecie essere concesso il gratuito
patrocinio (art. 64 cpv. 2 LTF). Nell'onorario attribuito ai suoi patrocinatori
viene però tenuto conto del ridotto impegno profuso nell'allestimento dell'atto
ricorsuale, inutilmente prolisso e in larga misura inammissibile o pretestuoso.
L'assistenza giudiziaria si estende tuttavia unicamente ai costi di patrocinio
della parte e non anche alle ripetibili che ella, a causa della sua soccombenza
(art. 68 cpv. 2 LTF), dovrà versare al marito. Atteso che anche quest'ultimo ha
chiesto al Tribunale federale di assumere il pagamento delle proprie spese
legali, si giustifica in concreto, qualora non gli fosse possibile riscuotere
le ripetibili, far corrispondere l'onorario alla sua legale dalla Cassa del
Tribunale federale. Non si giustifica invece assegnare ripetibili alla
curatrice del minore, che si è limitata a scrivere una lettera in cui ha
dichiarato di associarsi a quanto esposto dalla ricorrente.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto e a A.________ è
ordinato di assicurare il ritorno del figlio C.________ a Belgrado (Serbia)
entro il 15 dicembre 2009.

2.
La domanda di assistenza giudiziaria della ricorrente è accolta e le sono
designati quali patrocinatori per la procedura innanzi al Tribunale federale
gli avv.ti Luigi Mattei e Alessia Dolci, ai quali la Cassa del Tribunale
federale verserà un onorario complessivo di fr. 1'000.--.

3.
La ricorrente rifonderà all'opponente 1 un'indennità di fr. 1'500.-- a titolo
di ripetibili della sede federale. Se tale indennità non potrà essere
incassata, la Cassa del Tribunale federale verserà all'avv. Patrizia Casoni
Delcò un onorario di fr. 1'500.--.

4.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, alla I Camera civile del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino e all'Ufficio federale di giustizia, Autorità
centrale in materia di rapimento internazionale di minori.

Losanna, 10 novembre 2009

In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Il Cancelliere:

Hohl Piatti