Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 5A.31/2009
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
5A_31/2009

Sentenza del 30 aprile 2009
II Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Hohl, Presidente,
Marazzi, Jacquemoud-Rossari,
Cancelliere Piatti.

Parti
A.________,
ricorrente,

contro

B.________,
opponente,
patrocinato dall'avv. Silvio Pestelacci,
C.________,
opponente, patrocinato dall'avv. Nicola Tschudi.

Oggetto
successione,

ricorso contro la sentenza emanata il 21 novembre 2008 dalla I Camera civile
del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Il 3 febbraio 1974 è deceduto D.________. Suoi eredi sono i figli A.________,
B.________ e C.________. Nell'ambito della procedura di divisione si è tenuta
il 19 febbraio 2001 una riunione innanzi al notaio divisore in cui questi ha
verbalizzato al punto 2 che "le parti sono concordi nel riconoscere come valori
al momento dell'apertura della successione per la part. 592 RF di Y.________
Fr. 1'390'000.--, mentre per le particelle no. 1158/1142 RF di Y.________ Fr.
1'340'000.--". Tutti gli eredi hanno contestato innanzi al Pretore della
giurisdizione di Mendrisio Sud l'inventario successorio chiuso dal notaio
divisore il 22 novembre 2002.

Con sentenza del 16 marzo 2007 il Pretore ha modificato l'inventario: egli ha
segnatamente stabilito che il credito della successione verso A.________,
derivante dalla donazione delle particelle n. 1142 e 1158 RFD di Y.________,
"deve essere collazionato per complessivi fr. 1'340'000.--". Il giudice di
prime cure non ha però incluso nell'inventario un credito di fr. 103'230.--
fatto valere da A.________ per prestazioni svolte nell'interesse della
successione, ma vi ha inserito una pretesa di fr. 97'783.-- di quest'ultima nei
confronti di tale erede, importo pari alla differenza fra quanto depositato su
un conto denominato "Siamese" il 4 marzo 1974 e quanto successivamente
distribuito fra gli eredi.

B.
Con sentenza 21 novembre 2008 la I Camera civile del Tribunale di appello del
Cantone Ticino ha parzialmente accolto gli appelli (principale) di A.________ e
(adesivo) di B.________, ma ha lasciato invariato il predetto obbligo di
collazione, non ha incluso la pretesa per prestazioni svolte da A.________ e
non ha tolto il credito di fr. 97'783.-- accertato nei confronti di
quest'ultimo. I giudici cantonali hanno ritenuto che gli eredi si erano
accordati innanzi al notaio divisore di riconoscere il valore di fr.
1'340'000.-- per le 2 summenzionate particelle, che A.________ non aveva
dimostrato la congruità della rimunerazione domandata e che i motivi addotti
per spiegare la differenza fra il saldo del conto "Siamese" e l'importo
spartito non solo costituivano degli inammissibili nova, ma non erano nemmeno
stati resi verosimili.

C.
Con ricorso in materia civile del 12 gennaio 2009 A.________ chiede che la
sentenza cantonale sia modificata nel senso che il credito della successione
verso di lui sia collazionato per fr. 770'125.--, che non sia accertato un
credito nei suoi confronti di fr. 97'783.-- e che nell'inventario venga
inserito a suo favore un debito della successione di fr. 99'000.--. Afferma che
dagli atti non risulta alcun accordo sul valore per la collazione dei fondi n.
1142 e 1158 RFD di Y.________. Sostiene poi che i giudici cantonali hanno
violato gli art. 8 CC e 394 CO non riconoscendogli alcunché per le prestazioni
svolte nell'interesse dell'eredità e che essi hanno effettuato un accertamento
manifestamente inesatto con riferimento a quanto depositato sul conto
"Siamese".
Non è stato ordinato uno scambio di scritti.

Diritto:

1.
Il rimedio è diretto contro una sentenza pronunciata in una procedura di
divisione di una successione e il valore di lite è manifestamente superiore ai
fr. 30'000.-- previsti dall'art. 74 cpv. 1 lett. b LTF. Il tempestivo (art. 46
cpv. 1 lett. c in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) ricorso in materia
civile (art. 72 cpv. 1 LTF) è quindi in linea di principio ammissibile.

2.
2.1 Il Tribunale federale fonda la propria sentenza sui fatti accertati
dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). L'accertamento dei fatti può
essere censurato unicamente se è stato svolto in violazione del diritto ai
sensi dell'art. 95 LTF oppure in maniera manifestamente inesatta (art. 97 cpv.
1 LTF); quest'ultima definizione corrisponde a quella di arbitrio vigente sotto
l'egida dell'abrogata legge sull'organizzazione giudiziaria (art. 90 cpv. 1
lett. b OG; DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252) e configura a sua volta una
violazione del diritto (art. 9 Cost.; DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1 pag. 39).
Poiché il divieto d'arbitrio rientra fra i diritti fondamentali, la censura
relativa ad una sua violazione va espressamente sollevata e motivata in termini
qualificati (art. 106 cpv. 2 LTF; in proposito, v. consid. 2.2). Inoltre, la
censura di arbitrio nell'accertamento dei fatti è ammissibile unicamente
qualora l'eliminazione del vizio possa essere determinante per l'esito del
procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF), ciò che il ricorrente deve puntualmente
allegare e dimostrare.

2.2 In applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina la
pretesa violazione di diritti fondamentali soltanto se tale censura è stata
espressamente invocata e motivata dal ricorrente. Come già sotto l'egida
dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, le cui esigenze restano determinanti per le
censure sottoposte al principio dell'allegazione secondo l'art. 106 cpv. 2 LTF
(DTF 134 II 244 consid. 2.2; 133 III 638 consid. 2 pag. 639), il ricorrente che
lamenta una violazione del divieto d'arbitrio non può limitarsi a criticare la
decisione impugnata come in una procedura d'appello, dove l'autorità di ricorso
gode di cognizione libera, opponendo semplicemente la propria opinione a quella
dell'autorità cantonale (DTF 133 III 585 consid. 4.1 pag. 589; 130 I 258
consid. 1.3 pag. 262), bensì deve dimostrare, attraverso un'argomentazione
precisa, che la decisione impugnata si fonda su un'applicazione della legge od
un apprezzamento delle prove manifestamente insostenibile (DTF 134 II 349
consid. 3; 133 III 638 consid. 2 pag. 639; 133 IV 286 consid. 1.4). Non basta,
in particolare, che il ricorrente affermi l'arbitrarietà della decisione
impugnata adducendo considerazioni generiche (DTF 133 III 589 consid. 2 pag.
591 seg.; 125 I 492 consid. 1b). Il mancato rispetto di queste esigenze di
motivazione conduce all'inammissibilità della censura (DTF 133 III 589 consid.
2 pag. 591 seg.).

3.
3.1 La Corte cantonale ha dapprima ricordato che giusta l'art. 630 cpv. 1 CC la
collazione si fa in base al valore delle liberalità al momento dell'apertura
della successione. Essa ha poi accertato, basandosi sulla cifra 2 del verbale
allestito dal notaio divisore, che il 19 febbraio 2001 gli eredi hanno
convenuto di fissare il predetto valore per le particelle n. 1158 e 1142 RFD di
Y.________ in complessivi fr. 1'340'000.--. I giudici cantonali hanno indicato
che, sebbene tale valore fosse fondato su una relazione tecnica del 1981 e non
si riferisse alla data di decesso del de cuius, nulla impediva agli eredi di
accordarsi sui valori da attribuire ai beni della successione, evitando in tal
modo di dover far allestire una perizia.

3.2 Secondo il ricorrente, i giudici cantonali avrebbero violato gli art. 1 e
18 CO, perché dal verbale allestito dal notaio divisore non risulterebbe una
manifestazione concorde e reciproca della volontà delle parti. Sostiene che
qualora gli eredi avessero voluto concludere "un contratto successorio", questo
sarebbe stato redatto in altro modo. Afferma che il punto 2 "fa corpo" con il
punto 3 del verbale, da cui risulta la sua proposta, respinta dai fratelli, di
collazionare in natura anche la sua parte del mappale n. 592. Del resto sia il
suo patrocinatore, sia un fratello hanno successivamente rimesso in discussione
la valutazione dei citati fondi. Infine, negli allegati di causa, nemmeno
l'altro fratello si sarebbe basato sul verbale in questione per giustificare
l'obbligo di collazionare l'importo di fr. 1'340'000.--.

3.3 In concreto, il ricorrente non sostiene che la Corte cantonale avrebbe
dovuto procedere ad un'interpretazione soggettiva della volontà delle parti, ma
ritiene che l'interpretazione oggettiva data al predetto verbale sia errata.
3.3.1 Con riferimento all'interpretazione di dichiarazioni scritte è opportuno
rammentare che, anche se il tenore di una clausola contrattuale appare a prima
vista chiaro, dalle altre condizioni menzionate dal documento, dallo scopo
perseguito dalle parti oppure ancora da altre circostanze può risultare che il
testo della clausola non restituisce con esattezza il senso dell'accordo (DTF
131 III 606 consid. 4.2). In questo caso, il senso della pattuizione verrà
determinato mediante interpretazione. Non ci si scosterà, per contro, dal testo
adottato dagli interessati, qualora non vi sia nessun serio motivo di ritenere
ch'esso non corrisponda alla loro volontà (DTF 130 III 417 consid. 3.2 pag.
425).
3.3.2 Ora, dal tenore letterale del verbale risulta espressamente che gli eredi
erano "concordi nel riconoscere come valori al momento dell'apertura della
successione .... per le particelle no. 1158/1142 RF di Y.________ Fr.
1'340'000.--". Da una lettura del verbale non risulta invece che il consenso
del ricorrente al riconoscimento di tale importo fosse sottoposto alla
condizione che i coeredi accettassero la sua proposta - che invece hanno
respinto - di collazionare anche un altro mappale già diviso fra le parti. Non
bisogna del resto dimenticare che il documento in discussione è stato redatto
da un pubblico notaio nell'ambito di una riunione in cui le parti erano
assistite dai propri legali: già tale circostanza giustifica una rigorosa
interpretazione letterale (DTF 131 III 606 consid. 4.2). Contrariamente a
quanto ritenuto dal ricorrente non si tratta nemmeno di stabilire se sia stato
stipulato "un contratto successorio", ma occorre semplicemente determinare se
gli eredi hanno concordato il valore di imputazione di una liberalità
dispensata in vita dal de cuius. Giova rilevare che accordarsi nel 2001 - e
cioè 27 anni dopo la morte del padre delle parti - su un valore stabilito in
una relazione tecnica del 1981 - e quindi in un'epoca relativamente vicina (7
anni) all'apertura della successione - non appare privo di senso, atteso
segnatamente che in questo modo, come rilevato dai giudici cantonali, non è
stato necessario allestire una nuova perizia. Infine, nemmeno gli altri
elementi descritti nel gravame, di non agevole comprensione, sono idonei a
giustificare l'interpretazione data dal ricorrente al verbale: anzi, indicando
che il suo precedente legale avrebbe comunicato il 30 aprile 2001 al notaio "di
riprendersi l'intera libertà di valutazione specie per la valutazione della
collazione al momento dell'aperta successione", lo stesso ricorrente
sottintende che tale "libertà" era stata ceduta. In altre parole egli riconosce
di essersi in precedenza vincolato. La censura, manifestamente infondata, deve
pertanto essere respinta.

4.
4.1 Con riferimento all'importo di fr. 103'230.--, che secondo il ricorrente va
inserito nell'inventario quale debito della successione nei suoi confronti, la
Corte cantonale ha constatato che nel febbraio 1974 egli aveva ricevuto dalla
madre e dai fratelli una procura generale per le pratiche concernenti il de
cuius, ma che egli ha omesso di indicare come è giunto al montante richiesto. I
giudici cantonali hanno reputato che al mandatario incombe di non solo provare
l'esistenza del mandato, ma anche la congruità della pretesa e che in assenza
di ogni elemento che permetta di valutare l'attività del qui ricorrente, non si
giustificava concedergli alcunché. Essi hanno segnatamente rilevato che la nota
11 novembre 2002, trasmessa al notaio divisore, contiene unicamente delle
indicazioni generiche sull'opera svolta, senza però dare alcun ragguaglio sul
dispendio orario.

4.2 Nella sede federale il ricorrente ha ridotto la sua pretesa di fr.
4'230.--, importo concernente tasse di allacciamento alla fognatura di un fondo
escluso dalla successione. Egli lamenta una violazione degli art. 8 CC e 394
CO, perché i coeredi non hanno mai contestato che egli abbia svolto le
prestazioni indicate nella sua nota d'onorario, che hanno avuto un esito
positivo. Assevera che sarebbe manifestamente iniquo negargli qualsiasi
retribuzione, atteso segnatamente che la predetta nota permetterebbe ai giudici
cantonali di stabilire una rimunerazione ad valorem.

4.3 Con la propria argomentazione il ricorrente pare dimenticare che la Corte
cantonale non ha negato che il mandato sia stato eseguito né che fosse oneroso.
Ora, in virtù del diritto federale quando non è stata pattuita una mercede,
l'onorario giusta l'art. 394 cpv. 3 CO deve corrispondere in modo oggettivo
alle prestazioni effettuate (DTF 117 II 282 consid. 4c). Come constatato dalla
Corte cantonale, dalla nota prodotta dal ricorrente non emerge tuttavia in
nessun modo il tempo consacrato all'espletamento del mandato, né il ricorrente
afferma di aver fornito tale informazione in altro modo. Quest'ultimo lamenta
invero una violazione dell'art. 8 CC, ma nemmeno indica (art. 42 cpv. 2 LTF) se
ritiene violata tale norma perché l'onere di provare la congruità della pretesa
è stato posto a suo carico, invece che a carico degli opponenti. Sia come sia,
nella fattispecie appare impossibile stabilire una mercede che corrisponde
oggettivamente al lavoro svolto. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto nel
gravame, la mera conoscenza del - preteso - risultato economico derivante
dall'oggetto del mandato è a tal fine insufficiente. Ne segue che pure questa
censura, nella misura in cui risulta ammissibile, si appalesa infondata.

5.
5.1 Infine, il Pretore aveva accolto, limitatamente a fr. 97'783.-- oltre
interessi dal 4 marzo 1974 al 30 giugno 2006, la richiesta di uno dei qui
opponenti di inserire nell'inventario un credito della successione nei
confronti del qui ricorrente, sgorgante da un conto denominato "Siamese". In
base agli accertamenti della Corte d'appello il qui ricorrente gestiva
l'eredità e dagli atti risulta che il 4 marzo 1974 sul predetto conto erano
depositati fr. 702'217.--, ma che agli eredi erano unicamente stati distribuiti
fr. 604'434.--, e cioè fr. 201'478.-- ciascuno. I giudici cantonali hanno poi
ritenuto che i motivi citati per giustificare la differenza di fr. 97'783.--
non solo sono inammissibili perché addotti per la prima volta in appello, ma
non sono neppure verosimili: il ricorrente non ha nemmeno spiegato perché dalla
proposta di divisione da lui allestita con il figlio ed inviata al - primo -
notaio divisore risulterebbe che gli eredi si sarebbero invece spartiti fr.
702'217.--. La Corte cantonale ha altresì respinto la richiesta del qui
ricorrente di far decorrere gli interessi dal 15 gennaio 2002, data della messa
in mora, perché non trattasi di interessi moratori, ma di quelli maturati
sull'importo rimasto indiviso.

5.2 Il ricorrente sostiene che dal documento citato nella sentenza impugnata
risulta che il 4 marzo 1974 sul menzionato conto vi erano fr. 63.29 e 8285
parti di un fondo della banca con un corso di fr. 84.75 per un valore di fr.
702'153.75. Egli indica poi che la differenza fra quanto spartito fra gli eredi
nel 1977 e il valore indicato il 4 marzo 1974 è dovuta ad un minor valore delle
parti del fondo al momento in cui queste sono state vendute, circostanza del
resto riconosciuta dal notaio divisore. Afferma che non sarebbe nemmeno esatto
che egli avrebbe spiegato tali circostanze per la prima volta in appello,
atteso che il notaio divisore le aveva recepite. Ritiene che sarebbe spettato
al fratello dimostrare che quanto distribuito non corrispondeva all'intero
ricavo della vendita dei titoli. Atteso inoltre che la ripartizione è avvenuta
nel settembre 1977, non sarebbe nemmeno giustificato far decorrere gli
interessi dalla data di apertura della successione. Pure il vice-direttore
della banca che ha seguito l'iter della successione ha deposto che il
ricorrente non ha fatto operazioni a suo vantaggio; il precedente legale
dell'altro fratello aveva inoltre affermato, dopo aver visto i documenti
relativi ai conti bancari con le operazioni eseguite, "che per lui tutto era a
posto".

5.3 Occorre innanzi tutto rilevare che il ricorrente non contesta di essersi
occupato della gestione del conto "Siamese", né che da esso sono stati
distribuiti unicamente fr. 604'434.--. È esatto che, come indicato nel ricorso,
tale conto era in stragrande maggioranza composto di parti di un fondo
d'investimento. Il ricorrente non indica tuttavia a quale prezzo né quando
esattamente ha venduto tali parti e tanto meno da quali documenti agli atti
risulterebbe che l'importo effettivamente versato ai fratelli corrisponda al
prodotto della loro realizzazione. Nemmeno il tempo trascorso è di soccorso al
ricorrente: tali operazioni sono state svolte per una successione che non è
ancora divisa, motivo per cui egli non poteva ritenere definitivamente conclusa
la liquidazione del conto in discussione e semplicemente sbarazzarsi dei
documenti giustificativi. Poiché giustifica la distribuzione effettivamente
effettuata prevalendosi di un minor valore delle quote del fondo al momento in
cui sono state realizzate, incombeva al ricorrente dimostrare di quanto esse si
sarebbero svalutate. Egli non solo omette tale dimostrazione, ma anche nella
sede federale non spiega perché nella proposta di divisione da lui allestita -
con il figlio - ed inviata al primo notaio divisore aveva indicato che gli
eredi si sarebbero invece già spartiti fr. 702'153.--. Ora, questo documento
depone invece per il fatto che il corso dei fondi non sarebbe sceso fra la
primavera 1974 e il momento della spartizione. Ne segue che la constatazione
della Corte cantonale, secondo cui non sarebbe stato distribuito l'intero
valore del conto non appare manifestamente inesatta. Così stando le cose,
risulta pure corretto far decorrere gli interessi a partire dall'apertura della
successione sulla frazione non distribuita: in caso contrario la successione
sarebbe infatti privata degli interessi di tale importo, che le appartiene.

6.
Da quanto precede discende che il ricorso si rivela, nella misura in cui
risulta ammissibile, infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie
seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF), mentre non si giustifica assegnare
ripetibili agli opponenti, che non sono stati invitati a presentare una
risposta.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 8'000.-- sono poste a carico del ricorrente.

3.
Comunicazione alle parti e alla I Camera civile del Tribunale d'appello del
Cantone Ticino.

Losanna, 30 aprile 2009

In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: Il Cancelliere:

Hohl Piatti