Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 5A.200/2009
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
5A_200/2009

Sentenza del 13 agosto 2009
II Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Hohl, Presidente,
Marazzi, von Werdt,
Cancelliere Piatti.

Parti
A.________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Gabriele Ferrari,

contro

B.________,
opponente, patrocinato dall'avv. Marco Armati.

Oggetto
collazione,

ricorso contro la sentenza emanata il 18 febbraio 2009 dalla I Camera civile
del Tribunale d'appello del
Cantone Ticino.

Fatti:

A.
A.a C.________ è deceduto nell'ottobre 1993 a Bellinzona lasciando quali eredi
la moglie D.________, il figlio B.________ e l'abiatico A.________, figlio di
una figlia premorta. Nel marzo 2003 è morta D.________. I suoi eredi sono i
predetti discendenti, che nel maggio seguente hanno suddiviso il patrimonio di
una fondazione costituita dalla defunta qualche hanno prima.
A.b Il notaio divisore nominato dal Pretore del distretto di Bellinzona ha
allestito un unico inventario per le due successioni, che ha chiuso il 6 maggio
2005. Atteso che sono sorte delle contestazioni, egli ha trasmesso gli atti al
Pretore, il quale ha assegnato agli eredi un termine di 20 giorni per far
riconoscere giudizialmente le rivendicazioni contestate.
A.c Il 20 agosto 2007 il Pretore ha accolto la petizione di A.________ e ha
accertato un credito dell'eredità fu C.________ nei confronti di B.________ di
fr. 1'468'029.--, oltre interessi. Il Pretore ha altresì parzialmente accolto
la petizione di quest'ultimo e ha segnatamente modificato l'inventario
successorio dichiarando soggetti a collazione una serie di importi.

B.
Con sentenza 18 febbraio 2009 la I Camera civile del Tribunale di appello del
Cantone Ticino ha accolto l'appello di B.________ e ha respinto la petizione
inoltrata da A.________. La Corte cantonale ha altresì parzialmente accolto un
appello di quest'ultimo e ha modificato l'inventario successorio. Vi ha
tuttavia lasciato inserite pretese di collazione nei confronti di A.________ di
fr. 240'000.-- (dispositivo I.1.a), di fr. 7'000'000.-- (dispositivo I.1.b) e
di fr. 90'000.-- (dispositivo I.1.c). Ha invece stralciato le pretese di
collazione di fr. 105'000.-- (dispositivo I.1.d) e di fr. 700'000.--
(dispositivo I.1.e) pure avanzate da B.________. I Giudici cantonali hanno
ritenuto che, anche qualora la consegna di fr. 7'000'000.-- a A.________ fosse
stata una donazione della de cuius, tale liberalità dev'essere considerata una
dotazione ai sensi dell'art. 626 cpv. 2 CC e quindi soggetta a collazione. La
Corte cantonale ha altresì reputato che la nonna non aveva nemmeno dispensato
il nipote dal collazionare la parte eventualmente eccedente la sua - per altro
non nota - quota ereditaria. I giudici cantonali hanno poi considerato
inattendibili le spiegazioni date dal beneficato, secondo cui l'importo di fr.
240'000.-- sarebbe incluso nella somma di fr. 4'841'130.-- ricevuta quale
acconto della spettanza successoria e già collazionata. Con riferimento alla
petizione con cui A.________ aveva chiesto che lo zio fosse obbligato a
collazionare fr. 1'468'029.--, la Corte di appello ha ritenuto che quest'ultimo
era riuscito a dimostrare di non avere alcun debito nei confronti del padre,
rispettivamente che questi aveva già provveduto in vita a pareggiare i conti
con la figlia.

C.
Con ricorso in materia civile del 24 marzo 2009 A.________ chiede che la
sentenza cantonale sia annullata e riformata nel senso che il suo appello sia
accolto e la petizione avversaria respinta. Domanda inoltre che l'appello di
B.________ sia respinto e la sentenza pretorile - che accoglie la sua petizione
- confermata. Lamenta un apprezzamento arbitrario delle prove con riferimento
alla constatazione secondo cui B.________ era riuscito a dimostrare di non aver
alcun debito nei confronti del padre. Sostiene pure che la Corte cantonale ha
violato l'art. 8 CC, perché non ha riconosciuto "l'impegno processuale" da lui
"investito". Afferma poi che l'importo di fr. 240'000.-- era incluso nel
conteggio di dare e avere allegato all'inventario. Ritiene anche violato l'art.
626 CC, perché con la donazione di fr. 7'000'000.-- la nonna ha inteso
favorirlo. Termina il suo rimedio indicando che in ogni caso tale liberalità
eccedeva la sua quota ereditaria e che giusta l'art. 629 CC l'eccedenza non è
soggetta a collazione.

Non è stato ordinato uno scambio di scritti.

Diritto:

1.
Il rimedio è diretto contro una sentenza pronunciata in una procedura di
divisione di una successione e il valore di lite è manifestamente superiore ai
fr. 30'000.-- previsti dall'art. 74 cpv. 1 lett. b LTF. Il tempestivo (art. 46
cpv. 1 lett. c in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) ricorso in materia
civile (art. 72 cpv. 1 LTF) è quindi in linea di principio ammissibile.

2.
Il Tribunale federale fonda la propria sentenza sui fatti accertati
dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). L'accertamento dei fatti può
essere censurato unicamente se è stato svolto in violazione del diritto ai
sensi dell'art. 95 LTF oppure in maniera manifestamente inesatta (art. 97 cpv.
1 LTF); quest'ultima definizione corrisponde a quella di arbitrio (DTF 133 II
249 consid. 1.2.2 pag. 252) e configura a sua volta una violazione del diritto
(art. 9 Cost.; DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1 pag. 39). Poiché il divieto
d'arbitrio rientra fra i diritti fondamentali, la censura relativa ad una sua
violazione va espressamente sollevata e motivata in termini qualificati (art.
106 cpv. 2 LTF). Come già sotto l'egida dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, le cui
esigenze restano determinanti per le censure sottoposte al principio
dell'allegazione secondo l'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 134 II 244 consid. 2.2; 133
III 638 consid. 2 pag. 639), il ricorrente che lamenta una violazione del
divieto d'arbitrio non può limitarsi a criticare la decisione impugnata come in
una procedura d'appello, dove l'autorità di ricorso gode di cognizione libera,
opponendo semplicemente la propria opinione a quella dell'autorità cantonale
(DTF 133 III 585 consid. 4.1 pag. 589; 130 I 258 consid. 1.3 pag. 262), bensì
deve dimostrare, attraverso un'argomentazione precisa, che la decisione
impugnata si fonda su un'applicazione della legge od un apprezzamento delle
prove manifestamente insostenibile (DTF 134 II 349 consid. 3; 133 III 638
consid. 2 pag. 639; 133 IV 286 consid. 1.4). Non basta, in particolare, che il
ricorrente affermi l'arbitrarietà della decisione impugnata adducendo
considerazioni generiche (DTF 133 III 589 consid. 2 pag. 591 seg.; 125 I 492
consid. 1b). Il mancato rispetto di queste esigenze di motivazione conduce
all'inammissibilità della censura (DTF 133 III 589 consid. 2 pag. 591 seg.).
Inoltre, la censura di arbitrio nell'accertamento dei fatti è ammissibile
unicamente qualora l'eliminazione del vizio possa essere determinante per
l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF), ciò che il ricorrente deve
puntualmente allegare e dimostrare.

3.
3.1 I Giudici cantonali hanno indicato che tra il gennaio 1975 e il gennaio
1976 il qui opponente aveva ricevuto complessivi fr. 1'468'029.--, somma
servita a risanare la E.________ società in accomandita semplice (s.a.s), di
cui egli era socio in accomandita, mentre la F.________ AG era una delle due
società accomandanti. L'8 novembre 1976 la E.________ è stata trasformata in
società per azioni (s.p.a), avente per azionisti tre società anonime, fra cui
la F.________ AG. Fondandosi sulle deposizioni dei testi G.________ e
H.________, i giudici cantonali hanno considerato che la madre del qui
ricorrente aveva ottenuto una quota di partecipazione nella E.________ s.p.a
dal padre - tramite la F.________ - in contropartita del finanziamento concesso
al qui opponente e che quindi la figlia del de cuius non sarebbe "entrata" -
come sostenuto dal qui ricorrente - nella E.________ già nel 1971.

3.2 Il ricorrente rimprovera all'ultima istanza cantonale di aver effettuato
degli accertamenti di fatto arbitrari, perché la F.________ AG sarebbe entrata
nella E.________ già nel 1971. Ne deduce quindi che sua madre sarebbe divenuta
proprietaria di una parte della E.________ già in quell'anno e quindi prima
dell'erogazione del mutuo in discussione. Rileva poi quelle che ritiene una
serie di "impressionanti" incongruenze fra le deposizioni dei testi G.________
e H.________ con riferimento ad altre società che detenevano azioni della
E.________. Ritiene che per i predetti motivi la sentenza impugnata violi anche
l'art. 8 CC. Tale norma sarebbe pure violata dal fatto che i giudici cantonali
non hanno richiesto dall'opponente un "maggior impegno probatorio" e hanno
invece misconosciuto l'impegno profuso a evidenziare quanto ricevuto dallo zio
quando il ricorrente era ancora bambino.

3.3 L'art. 8 CC regola da un lato l'onere e il grado della prova e dall'altro
conferisce alle parti il diritto di offrire prove (DTF 130 III 591 consid. 5.4,
con rinvii), ma non concerne la valutazione delle prove (DTF 130 III 321
consid. 5). Inoltre, per costante giurisprudenza, quando come nella fattispecie
in esame il giudice è giunto al convincimento, apprezzando le prove, che un
fatto litigioso si è verificato, la questione della ripartizione dell'onere
della prova - e quindi anche il quesito di un'eventuale alleggerimento
probatorio (DTF 128 III 271 consid. 2b/aa pag. 277) - diventa senza oggetto
(DTF 132 III 626 consid. 3.4; 131 III 646 consid. 2.1 con rinvii). Ne segue che
in concreto una violazione dell'art. 8 CC non entra in linea di conto. Rimane
quindi da esaminare se - come sostenuto dal ricorrente - gli accertamenti di
fatto contenuti nella sentenza impugnata siano arbitrari.

Con la sua argomentazione il ricorrente confonde la partecipazione della
F.________ AG nella E.________ prima s.a.s e poi s.p.a con quella di sua madre
in quest'ultima società tramite la prima. Il fatto che la defunta madre del
ricorrente sia "entrata" nella E.________ attraverso la F.________ non
significa altro che ella è divenuta proprietaria di azioni di quest'ultima. Il
ricorrente non dimostra in alcun modo che sua madre sarebbe già stata azionista
della F.________ prima della concessione del mutuo all'opponente né indica una
qualsiasi prova che smentirebbe la deposizione del teste G.________, su cui si
sono fondati i giudici cantonali, che ha espressamente dichiarato che ella ha
ottenuto la sua quota "in cambio del finanziamento di cui ho riferito in
precedenza da parte di C.________, su volontà di quest'ultimo". In queste
circostanze le pretese incongruenze fra le deposizioni dei testi H.________ e
G.________ concernenti altre società azioniste della E.________ si rivelano del
tutto irrilevanti ai fini del presente giudizio e la censura - per altro in
larga misura appellatoria - si rivela manifestamente infondata.

4.
4.1 La Corte cantonale ha accertato che il 18 giugno 1996 sono stati versati
fr. 800'000.-- su un conto riconducibile a D.________ e che il qui ricorrente
non contesta di aver ricevuto fr. 240'000.-- prelevati 6 giorni più tardi da
questo conto. I giudici di appello non hanno però ritenuto dimostrata la tesi
del beneficiario, secondo cui tale importo sarebbe già compreso nella somma di
fr. 4'841'130.-- percepita in acconto della spettanza ereditaria e già
collazionata. Essi hanno considerato che la composizione di tale montante è del
tutto ignota e che i vari conteggi allestiti fra gli eredi riportano totali
diversi. La Corte cantonale indica segnatamente che dal conteggio di dare e
avere accluso all'inventario, firmato anche dall'opponente, risulta che il qui
ricorrente ha ricevuto il 20 giugno 1996 un anticipo di fr. 279'433.-- e non di
fr. 240'000.--, quale parte del ricavato di fr. 805'748.-- relativo alla
vendita di monete.

4.2 Il ricorrente lamenta una violazione dell'art. 8 CC e una valutazione
arbitraria delle prove con riferimento al predetto importo di fr. 240'000.--:
quest'ultimo risulterebbe dal predetto conteggio di dare e avere firmato dalle
parti (doc. BJ), motivo per cui sarebbe superfluo conoscere la composizione
dell'importo di fr. 4'841'130.--. I vari documenti sarebbero poi sempre stati
aggiornati con l'aggiunta degli interessi, circostanza che - a mente del
ricorrente - spiegherebbe i diversi montanti rilevati dai giudici cantonali.
Dagli atti relativi alla procedura di allestimento dell'inventario risulterebbe
inoltre che l'opponente non avrebbe mai contestato che l'importo in discussione
fosse incluso nel conteggio firmato dalle parti: il ricorrente ritiene quindi
che la sua allegazione va considerata ammessa in virtù dell'art. 170 CPC/TI.

4.3 Ora, pur invocando l'art. 8 CC, il ricorrente si limita in realtà a
censurare l'apprezzamento delle prove effettuato dalla Corte cantonale. Egli
non pretende infatti che i giudici cantonali abbiano ripartito in modo errato
l'onere probatorio o abbiano applicato un grado della prova errato, né invoca
una violazione del diritto alla prova (v. supra consid. 3.3). Contrariamente a
quanto sostenuto dal ricorrente, alla pagina 5 del menzionato conteggio
risulta, per quanto riguarda il ricavo della vendita delle monete,
effettivamente solo l'importo di fr. 279'433.-- (aggiornato al 15 ottobre 1996)
ed egli non fornisce alcuna plausibile spiegazione, perché la somma ricevuta di
fr. 240'00.-- avrebbe fruttato quasi fr. 40'000.-- di interessi in 4 mesi.
Irrilevante appare poi il richiamo all'art. 170 CPC/TI, che concerne la
risposta di causa ed è estraneo alla procedura di allestimento dell'inventario.
Ne segue che la Corte cantonale non è caduta nell'arbitrio, ritenendo che il
ricorrente non ha dimostrato che tale importo è già stato collazionato.

5.
Giusta l'art. 626 cpv. 2 CC è soggetto a collazione, salvo espressa
disposizione contraria del defunto, tutto ciò che il medesimo ha dato ai suoi
discendenti per causa di nozze, corredo, cessione di beni, condono di debiti o
simili liberalità. Tale enumerazione ha unicamente natura esemplificativa, il
carattere comune decisivo è quello di dotazione (DTF 131 III 49 consid. 4.1.2;
116 II 667 consid. 3a con rinvii).

5.1 I giudici cantonali hanno accertato che fra il 27 e il 31 dicembre 1996 il
qui ricorrente aveva prelevato da un conto della nonna titoli e contanti per
complessivi fr. 7'000'000.--, sulla base di uno scritto autografo della
titolare del conto, in cui questa chiedeva al funzionario di banca che gestiva
la sua fortuna di "mettere a disposizione" dell'abiatico il citato importo. La
Corte di appello ha indicato che anche considerando - come preteso dal qui
ricorrente - che la consegna del predetto patrimonio fosse una donazione, essa
costituirebbe nondimeno una liberalità con carattere di "dote" soggetta a
collazione giusta l'art. 626 cpv. 2 CC, atteso che essa migliora notevolmente
la situazione finanziaria del beneficato.

5.2 Il ricorrente afferma che dagli atti risulta che egli era l'erede
prediletto della nonna, la quale ha voluto fargli una importante donazione.
Egli sostiene poi, richiamando la DTF 124 III 102, che il campo di applicazione
dell'art. 626 cpv. 2 CC sarebbe "ridotto a quelle situazioni in cui il defunto
non ha espresso la sua volontà o non ha confermato, in un modo o un altro, il
sistema previsto dalla legge, per cui, qualora il de cuius ha preso
disposizioni che contrastano al principio della parità di trattamento degli
eredi legali non si potrà pretendere l'applicazione di quel principio stesso
che il defunto aveva voluto escludere".

5.3 Occorre innanzi tutto rilevare che nella fattispecie il ricorrente non
contesta che la liberalità in questione sia avvenuta, come indicato dalla Corte
cantonale, a titolo di dote. Egli pare però aver frainteso la DTF 124 III 102:
in tale sentenza il Tribunale federale ha specificato che gli art. 626 segg. CC
- concernenti l'obbligo di collazione - non si applicano ai discendenti
istituiti eredi per delle quote differenti da quelle previste dalla legge,
riservata una diversa volontà del testatore (consid. 5a). In altre parole, la
citata giurisprudenza presuppone che vi sia una disposizione di ultime volontà
in cui viene derogato alle quote previste dalla legge. Ora nemmeno il
ricorrente pretende che ciò sia avvenuto, riconoscendo anzi - come si vedrà nel
considerando 6.2 - che la successione va divisa a metà fra gli eredi. Ne segue
che, in assenza di un'esplicita dispensa, la Corte cantonale non ha violato il
diritto ritenendo la liberalità in discussione soggetta a collazione.

6.
In virtù dell'art. 629 cpv. 1 CC, se le liberalità eccedono l'importo di una
quota ereditaria, ma è provato che con ciò il disponente ha voluto favorire
l'erede di cui si tratta, l'eccedenza non è soggetta a collazione.

6.1 La Corte cantonale ha innanzi tutto ritenuto che non è dato a sapere se la
predetta liberalità ecceda veramente la quota ereditaria del qui ricorrente.
Essa ha poi indicato che in ogni caso il fatto che la nonna prediligesse
l'abiatico rispetto al figlio non significava ancora che ella intendesse
favorirlo al punto di dispensarlo dalla collazione.

6.2 Il ricorrente rimprovera ai giudici cantonali di essere caduti
nell'arbitrio per aver preteso di ignorare se la predetta liberalità ecceda la
sua quota ereditaria e ritiene che la sentenza impugnata misconosca palesemente
il senso e la portata delle prove raccolte ed in particolare delle risultanze
dell'inventario notarile. Asserisce che dall'inventario risulterebbero attivi
incontestati di fr. 4'130'462.-- e pretese contestate di fr. 8'539'681.--.
Afferma poi che da tale importo andrebbero dedotte le poste decadute nel corso
di causa per giungere ad un asse ereditario di fr. 10'465'143.-- ed a una quota
ereditaria di fr. 5'232'571.50. Sempre a mente del ricorrente, poiché sarebbe
"assolutamente dimostrato" che la defunta lo avrebbe voluto favorire, la
differenza, ammontante a fr. 1'767'429.--, fra la summenzionata liberalità e la
sua quota ereditaria non è soggetta a collazione.

6.3 L'art. 629 cpv. 1 CC presuppone innanzi tutto la conoscenza dell'ammontare
della liberalità e della quota ereditaria. Ora l'importo della prima è
pacifico, mentre dalla sentenza impugnata non risulta l'ammontare della
successione e quindi nemmeno la quota ereditaria del ricorrente. Ora,
quest'ultimo indica per la prima volta innanzi al Tribunale federale che
l'eredità di sua nonna assommerebbe a fr. 10'455'143 e rimprovera ai giudici
cantonali di aver misconosciuto la portata dei mezzi di prova raccolti.
Sennonché, ricordato che non trattasi di una causa in cui vige la massima
ufficiale, alla Corte cantonale può unicamente venir rimproverato di essere
caduta nell'arbitrio se i fatti che non ha accertato sono stati allegati
innanzi ad essa: l'istruzione probatoria non ha infatti per scopo di completare
una carente allegazione dei fatti (DTF 108 II 337 consid. 3). Limitandosi a
chiedere innanzi all'ultima istanza cantonale che la petizione sia respinta in
applicazione dell'art. 629 CC "nella denegata eventualità in cui" la Corte di
appello dovesse confermare la sentenza di primo grado circa la collazione,
perché la volontà della defunta di favorirlo ad ogni effetto era comprovata, il
ricorrente non ha affatto allegato l'ammontare della sua quota ereditaria. Egli
si è infatti limitato a insistere sull'intenzione di favorire l'erede
beneficato, parendo ritenere sufficiente questo elemento per evitare una
collazione della - completa - liberalità, e ha del tutto ignorato il requisito
della conoscenza della quota ereditaria. Così stando le cose, pure questa
censura si rivela infondata.

7.
Giova infine rilevare che il ricorrente, con il suo ricorso in materia civile,
ha chiesto l'accoglimento del proprio appello con la conseguente reiezione
della petizione dello zio. Sennonché egli prende posizione unicamente
sull'obbligo di collazionare due importi (fr. 240'000.-- e fr. 7'000'000.--),
ma non spende una parola con riferimento all'accoglimento della richiesta del
qui opponente attinente alla collazione di fr. 90'000.-- per un prelievo
effettuato il 18 dicembre 1998 (dispositivo I.1.c). Ne segue che su questo
punto il ricorso si rivela inammissibile per carenza di motivazione (art. 42
cpv. 2 LTF).

8.
Da quanto precede discende che il ricorso si appalesa, nella misura in cui
risulta ammissibile, infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie
seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF), mentre non si giustifica assegnare
ripetibili all'opponente, che non essendo stato invitato a presentare una
risposta, non è incorso in spese per la sede federale.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 12'000.-- sono poste a carico del ricorrente.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla I Camera civile del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 13 agosto 2009

In nome della II Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: Il Cancelliere:

Hohl Piatti