Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 4A.155/2009
Zurück zum Index I. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 2009
Retour à l'indice I. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 2009


Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
4A_155/2009

Sentenza del 27 gennaio 2010
I Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Klett, Presidente,
Rottenberg Liatowitsch, Kolly,
Cancelliera Gianinazzi.

Parti
A.________Srl,
patrocinata dall'avv. dott. Gianmaria Mosca,
ricorrente,

contro

B.________,
patrocinato dall'avv. Gianluca Ferrara,
opponente.

Oggetto
contratto di locazione, disdetta, protrazione,

ricorso in materia civile contro la sentenza emanata
il 20 febbraio 2009 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone
Ticino.

Fatti:

A.
A.a Il 15 gennaio 2002 B.________, in qualità di locatore, e A.________Srl in
qualità di conduttrice, hanno stipulato un contratto di locazione per il locale
commerciale xxx del 2° livello dello stabile denominato Y.________, nel Canton
Ticino. Le parti hanno convenuto un corrispettivo pari al 10 % della cifra
d'affari netta annua, IVA esclusa, oltre alle spese accessorie, ai contributi
al budget pubblicitario e al rimborso sull'avviamento sostenuto dal precedente
conduttore. La locazione è stata pattuita per un periodo di 5 anni a partire
dal 1° aprile 2002 con scadenza al 31 marzo 2007 e possibilità - in assenza di
disdetta con preavviso di 6 mesi - di rinnovo tacito del contratto per
ulteriori 5 anni.

L'11 marzo 2002 le medesime parti hanno stipulato un secondo contratto di
locazione, di durata determinata (dal 15 maggio 2002 al 14 maggio 2007), con
riferimento al locale commerciale zzz del livello 0 dello stabile denominato
Y.________, nel Canton Vaud.
A.b Il 10 maggio 2006 A.________Srl ha disdetto il contratto di locazione
avente per oggetto il vano locato presso il centro commerciale vodese; la
disdetta è stata accettata dal locatore per il 14 maggio 2007.
A.c Dal canto suo, il 15 settembre 2006 B.________ ha notificato a
A.________Srl la disdetta del contratto di locazione avente per oggetto il
locale commerciale situato nel centro commerciale ticinese, con effetto a
decorrere dal 31 marzo 2007.

Questa è la disdetta che ha dato luogo all'attuale causa.

B.
B.a Adito dalla conduttrice, l'11 dicembre 2006 il competente Ufficio di
conciliazione in materia di locazione ha ammesso la validità della disdetta e
concesso una protrazione unica della locazione fino al 31 marzo 2009.
B.b In accoglimento dell'istanza presentata da A.________Srl Omegna - ora in
Milano - per sé e per la Succursale, il 21 febbraio 2008 la Segretaria
assessora della Pretura di Mendrisio-Nord ha invece annullato la disdetta
notificata il 15 settembre 2006, siccome data in ritorsione alla disdetta del
contratto di locazione notificata dalla conduttrice il 10 maggio 2006 e alle
sue richieste di riduzione della pigione per lo spazio locato in Ticino.
B.c Di diverso avviso la II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone
Ticino, che con sentenza del 20 febbraio 2009 ha accolto l'appello di
B.________ e riformato la pronunzia di primo grado.

In breve, la suprema corte ticinese ha negato il carattere abusivo della
disdetta, della quale ha accertato la validità, e ha concesso alla conduttrice
"una proroga unica e definitiva di due anni, fino al 31 marzo 2009, nel corso
della quale il canone di locazione ammonterà al 10 % della cifra d'affari netta
annua esclusa IVA, con un minimo garantito di fr. 60'000.-- annui, oltre alle
spese contrattuali."

C.
Prevalendosi della violazione del diritto federale e dell'arbitraria
valutazione dei fatti di causa, in particolare per quanto riguarda i motivi
all'origine della disdetta, il 27 marzo 2009 A.________Srl è insorta dinanzi al
Tribunale federale con un ricorso in materia civile volto a ottenere, previa
concessione dell'effetto sospensivo al gravame, la modifica della sentenza
impugnata nel senso della reiezione dell'appello di B.________ e
dell'annullamento della disdetta da lui notificata il 15 settembre 2006. In via
subordinata ha postulato il rinvio della causa per nuovo giudizio sulla
disdetta, rispettivamente, nell'eventualità in cui il Tribunale federale
dovesse confermarne la validità, la concessione di una protrazione della
locazione fino al 31 marzo 2012 alle stesse condizioni indicate nella sentenza
criticata.

L'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo al ricorso è stata accolta
con decreto del 12 maggio 2009.

Con risposta del 18 maggio 2009 B.________ ha proposto di respingere il ricorso
e confermare la sentenza impugnata, mentre l'autorità cantonale ha rinunciato a
presentare osservazioni.

Diritto:

1.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sulla
propria competenza e sull'ammissibilità del rimedio (art. 29 cpv. 1 LTF; DTF
135 III 1 consid. 1.1 pag. 3).

Il ricorso è stato interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) dalla parte
soccombente in sede cantonale (art. 76 cpv. 1 lett. a LTF) contro una decisione
finale (art. 90 LTF) pronunciata dall'autorità ticinese di ultima istanza (art.
75 cpv. 1 LTF) in una causa civile (art. 72 LTF) concernente una controversia
in materia di diritto della locazione.

La lite verte in particolare sulla validità della disdetta del contratto di
locazione. In questi casi, il valore litigioso viene determinato in base al
periodo durante il quale il contratto sussisterebbe necessariamente qualora la
disdetta non fosse valida. Secondo la giurisprudenza, quando - come nel caso
concreto, trattandosi della locazione di locali commerciali - il rapporto di
locazione beneficia della protezione dalle disdette giusta l'art. 271 segg. CO,
questo periodo corrisponde ai tre anni previsti dall'art. 271a cpv. 1 lett. a
CO (sentenza 4A_181/2008 del 24 giugno 2008 consid. 1.1 con rinvii, non
pubblicato in DTF 134 III 446). Nella fattispecie, come rilevato nella sentenza
cantonale, le parti non hanno fornito alcuna indicazione concreta sull'importo
del canone di locazione, pari al 10 % della cifra d'affari netta annua. Esse si
sono tuttavia accordate - pendente causa - su di un canone di locazione minimo
annuo di fr. 60'000.--, sicché si può senz'altro ritenere che il valore
litigioso minimo prescritto dall'art. 74 cpv. 1 lett. a LTF è ampiamente
superato.

Ne discende che i requisiti per la ricevibilità del ricorso in materia civile
sono adempiuti.

2.
Considerato che la società principale ha sede in Italia, la controversia
presenta un aspetto internazionale, che impone al Tribunale federale di
verificare d'ufficio e con pieno potere d'esame il diritto applicabile (DTF 132
III 626 consid. 2).

La Corte cantonale ha esaminato la questione al consid. 4 (pag. 4) della sua
decisione, giungendo alla conclusione che il diritto applicabile è quello del
luogo di situazione dell'immobile oggetto del contratto di locazione, ovverosia
quello svizzero. Questa conclusione, peraltro non contestata, merita di essere
confermata (cfr. art. 119 LDIP).

3.
La ricorrente rimprovera al Tribunale d'appello un accertamento arbitrario dei
fatti e la violazione dell'art. 271 segg. CO.

Ambedue le censure sono proponibili (art. 95 lett. a e 97 cpv. 1 LTF). Dato il
tenore dell'allegato ricorsuale appare tuttavia utile, prima di esaminare gli
argomenti ivi sollevati, riepilogare le esigenze di motivazione poste a tali
censure.

3.1 Nel quadro del ricorso in materia civile il diritto federale viene
applicato d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, tenuto conto dell'onere
di allegazione e motivazione posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata
ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame (art. 108 cpv. 1 lett. b
LTF), il Tribunale federale vaglia di regola solo le censure sollevate (DTF 134
III 102 consid. 1.1 pag. 104 seg.).

Le esigenze di motivazione quando viene fatta valere la violazione di diritti
fondamentali e di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale sono più
rigorose. Il Tribunale federale tratta infatti queste censure solo se la parte
ricorrente le ha debitamente sollevate e motivate, come prescritto dall'art.
106 cpv. 2 LTF (DTF 134 II 244 consid. 2.2). Questo implica che l'allegato
ricorsuale deve indicare chiaramente i diritti che si pretendono violati e
precisare altresì in che consista tale violazione; critiche appellatorie non
sono ammissibili (DTF 134 I 83 consid. 3.2 pag. 88 con rinvii). In particolare,
qualora sia lamentata la violazione del divieto d'arbitrio (art. 9 Cost.), non
ci si può limitare a criticare la decisione impugnata opponendovi semplicemente
la propria opinione, come in una procedura d'appello, ma occorre dimostrare -
con un'argomentazione chiara e dettagliata - che essa è manifestamente
insostenibile (DTF 134 II 244 consid. 2.2). L'arbitrio, infatti, non si
realizza già qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire
sostenibile o addirittura migliore rispetto a quella contestata; il Tribunale
federale annulla la pronunzia criticata per violazione dell'art. 9 Cost. solo
se il giudice del merito ha emanato un giudizio che appare - e ciò non solo
nella sua motivazione bensì anche nell'esito - manifestamente insostenibile, in
aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di
un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con
il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 135 V 2 consid. 1.3 pag. 4 con
rinvii).

3.2 Per quanto riguarda l'accertamento dei fatti, in linea di principio il
Tribunale federale fonda il proprio ragionamento giuridico sui fatti così come
accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); nuovi fatti e nuovi
mezzi di prova possono essere addotti soltanto se ne dà motivo la decisione
dell'autorità inferiore (art. 99 cpv. 1 LTF).

Il Tribunale federale può scostarsi dall'accertamento dei fatti contenuto nella
sentenza impugnata o completarlo solo se è stato violato il diritto ai sensi
dell'art. 95 LTF o se i fatti sono stati accertati in modo manifestamente
inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). Spetta alla parte che intende prevalersi di una
fattispecie diversa da quella constatata nella sentenza criticata esporre in
maniera circostanziata il motivo che la induce a ritenere adempiute queste
condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa
influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF).

Dato che la definizione di "manifestamente inesatto" corrisponde a quella di
arbitrario (DTF 135 III 397 consid. 1.5; 134 V 53 consid. 4.3) e configura
dunque a sua volta una violazione di un diritto fondamentale (art. 9 Cost.; DTF
134 IV 36 consid. 1.4.1 pag. 39), valgono le esigenze di motivazione poste
dall'art. 106 cpv. 2 LTF, sopra descritte. Giovi rammentare che nell'ambito
dell'apprezzamento delle prove e dell'accertamento dei fatti il giudice del
merito dispone di un ampio margine di apprezzamento. Secondo la giurisprudenza
egli incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e la portata
di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto di un
elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della
vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con
gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 134 V 53 consid.
4.3 pag. 62; 129 I 8 consid. 2.1).

4.
Nella prima parte del suo allegato la ricorrente rimprovera al Tribunale
d'appello di non aver esaminato tutti gli argomenti da lei addotti per
invalidare la disdetta. Sin dall'inizio della procedura essa l'ha infatti
contestata per tre ragioni: i) siccome lesiva dell'art. 271a cpv. 1 lett. a CO,
in quanto data in ritorsione alla disdetta del contratto di locazione da lei
notificata per gli spazi locati nel centro vodese e alla richiesta di ridurre
la pigione per il locale del centro ticinese; ii) siccome lesiva dell'art. 271a
cpv. 2 CO, in quanto data nonostante le parti avessero già raggiunto un accordo
sul rinnovo del contratto; iii) nonché, infine, siccome lesiva dell'art. 271
CO, in quanto motivata in maniera contraddittoria.

Nella sentenza impugnata, prosegue la ricorrente, i giudici ticinesi si sono
limitati a negare - a torto - la violazione dell'art. 271a cpv. 1 lett. a CO e
dell'art. 271a cpv. 2 CO, mentre non hanno dato nessun seguito agli argomenti
relativi alla motivazione pretestuosa della disdetta.
A suo modo di vedere, il Tribunale federale dovrebbe annullare la pronunzia
cantonale già per questo motivo e rinviare la causa al Tribunale d'appello per
una decisione al riguardo.

4.1 Alla Corte cantonale viene implicitamente imputata la violazione del
diritto di essere sentito, garantito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., nella forma del
diritto a ottenere una decisione motivata (cfr. DTF 134 I 83 consid. 4.1 pag.
88). In quanto formulata "implicitamente", la censura non ossequia
evidentemente le esigenze di motivazione descritte al consid. 3.1, sicché
dev'essere dichiarata inammissibile.

4.2 Sia come sia, la critica mossa alla Corte cantonale è ingiustificata. I
giudici ticinesi hanno infatti adeguatamente esaminato gli argomenti addotti
dalle parti per sostanziare rispettivamente negare il carattere abusivo della
disdetta e la decisione impugnata su questo punto non risulta lesiva del
diritto federale, come verrà esposto nei prossimi considerandi.

5.
In concreto è pacifico che il 15 gennaio 2002 le parti in causa hanno stipulato
un contratto di locazione di durata indeterminata, avente per oggetto un locale
commerciale, e che ciascuna di esse aveva il diritto di rescindere tale
contratto osservando i termini legali di preavviso e la scadenza, così come
previsto dall'art. 266a al. 1 CO.

Sotto questo aspetto la disdetta in rassegna, notificata con un preavviso di
sei mesi per la scadenza del 31 marzo 2007, conformemente a quanto pattuito nel
contratto, non è censurabile.

6.
In caso di locazione di locali d'abitazione e commerciali la disdetta può
comunque essere annullata se risulta contraria alle regole della buona fede
(art. 271 cpv. 1 CO).

6.1 La legge non esige che, per essere valida, la disdetta dev'essere motivata;
se così richiesta, la parte che dà la disdetta è però tenuta a farlo (art. 271
cpv. 2 CO), in modo da permettere al destinatario di valutare con cognizione di
causa la situazione (DTF 132 III 737 consid. 3.4.2 pag. 744 con rinvii).

A questo riguardo la ricorrente evidenzia come, nel corso della procedura,
l'opponente abbia modificato i motivi addotti per giustificare la decisione di
rescindere il contratto.
Dopo aver in una prima fase sostenuto che la disdetta andava ricondotta
all'antieconomicità del rapporto locativo con la ricorrente - che poi non è
stata dimostrata - dinanzi al Pretore e in sede di appello essa ha invece
asseverato la necessità di eseguire "impellenti lavori di miglioria" -
necessità che però non ha trovato conforto negli atti istruttori.
L'atteggiamento mutevole e contraddittorio adottato dall'opponente nel corso
della procedura quo alle ragioni della disdetta del contratto avrebbe dovuto -
secondo la ricorrente - indurre la Corte cantonale ad ammetterne il carattere
abusivo.

6.2 La disdetta è contraria alle regole della buona fede se non poggia su di un
interesse degno di protezione e risulta essere una mera manovra vessatoria, se
si fonda su motivi pretestuosi o costituisce un provvedimento sproporzionato,
considerati i legittimi interessi in gioco (DTF 135 III 112 consid. 4.1 pag.
119; 132 III 737 consid. 3.4.2 pag. 744 con rinvii).
6.2.1 Secondo la giurisprudenza, qualora vengano addotti più motivi di
disdetta, rispettivamente qualora i motivi vengano successivamente modificati -
anche nel corso della procedura (Raymond Bisang Kündigungsanfechtung bei
wechselnder Begründung, commento alla sentenza 4C.131/2003 del 6 agosto 2003,
in MRA 2004 pag. 170 segg., in particolare n. 3 pag. 175) - la disdetta è di
principio valida se uno di questi motivi si avvera legittimo (Beat Rohrer,
Begründung der Kündigung, commento alla sentenza 4C.85/2006 del 24 luglio 2006
consid. 2 in MRA 2008 pag. 135 segg., in particolare pag. 140; sentenza 4C.365/
2006 del 16 gennaio 2007 consid. 3.2, in MRA 2006 pag. 171 segg.).
6.2.2 La determinazione dei motivi all'origine della disdetta attiene ai fatti
(DTF 130 III 699 consid. 4.1 pag. 702 con rinvii).

Di principio, incombe al destinatario della disdetta dimostrare ch'essa
contravviene alle regole della buona fede. La parte che l'ha significata è
comunque tenuta a collaborare in maniera onesta alla ricerca della verità,
fornendo tutti gli elementi in suo possesso idonei a permettere la verifica del
motivo di disdetta da lei allegato (DTF 135 III 112 consid. 4.1 con rinvii), in
modo da renderlo almeno verosimile (Hans-Jakob Studer, Kündigungsgrund und
Beweislast; Missbräuchlichkeit wird nicht vermutet, commento alla sentenza
4C.170/2004 del 27 agosto 2004 consid. 2.1 in MRA 2004 pag. 135 segg). Se non
lo fa, così come quando rifiuta di motivare la disdetta, il giudice può -
nell'ambito dell'apprezzamento delle prove - giungere alla conclusione ch'essa
non aveva nessun legittimo motivo per rescindere il contratto. Questo non
significa tuttavia che l'onere della prova sia rovesciato (sentenza 4A_345/2007
dell'8 gennaio 2008 consid. 2.4.3 con numerosi rinvii giurisprudenziali e
riferimenti dottrinali).

6.3 Da quanto appena esposto discende che il solo fatto di aver indicato un
nuovo motivo di disdetta in sede giudiziaria e di essersi poi concentrato solo
su di esso - sempre che tale sia il caso, visto che nell'atto impugnato non vi
sono accertamenti in merito, e questo fa dubitare dell'ammissibilità di questo
argomento sotto il profilo dell'art. 99 cpv. 3 LTF (cfr. consid. 3.3) - non
permette di considerare il comportamento dell'opponente contrario alle regole
della buona fede.

A maggior ragione se si considera che, stando a quanto stabilito nella sentenza
cantonale, tale motivo, ovvero la necessità di procedere al rifacimento della
zona davanti allo spazio locato, "appare plausibile, da un lato per la
situazione effettiva, constatata mediante il sopralluogo del 20 settembre 2007
corredato da fotografie, e dall'altro per l'ammissione della conduttrice
medesima sull'esistenza di tale necessità".

Contrariamente a quanto affermato nel gravame, la figlia dell'opponente,
sentita quale teste, non ha smentito questa necessità, e il solo richiamo a una
sua dichiarazione - "non mi risulta che quando abbiamo dato la disdetta fossero
previsti lavori di miglioria" - non basta per far apparire manifestamente
insostenibile la constatazione (decisiva) eseguita dai giudici ticinesi secondo
cui al momento in cui la disdetta è stata notificata vi era un motivo legittimo
per rescindere il contratto (sentenza 4C.85/2006 del 24 luglio 2006 consid. 2,
in MRA 2008 pag. 135 segg.).

6.4 In siffatte circostanze, la censura relativa alla violazione dell'art. 271
cpv. 1 CO si avvera infondata.

7.
La ricorrente non ha miglior fortuna laddove rimette in discussione gli
accertamenti eseguiti dai giudici ticinesi in relazione agli ulteriori motivi
da lei addotti per invalidare la disdetta.

7.1 Il Tribunale d'appello ha stabilito che la tesi dell'intervenuto accordo
fra le parti sul rinnovo del contratto di locazione non ha trovato il minimo
riscontro in sede d'istruttoria. Le deposizioni testimoniali hanno infatti
permesso solo di accertare che vi erano state trattative relative al locale
sito nel centro commerciale vodese e che nel corso di tali trattative la figlia
del locatore aveva avvisato la conduttrice che non aveva alcun potere
decisionale, di modo che avrebbe in ogni caso dovuto riferire al padre affinché
questi prendesse le necessarie decisioni.

Dinanzi al Tribunale federale la ricorrente ribadisce la tesi secondo la quale,
quando fu notificata la disdetta, le parti avevano raggiunto un'"intesa di
massima" in merito al rinnovo del contratto di locazione concernente lo spazio
locato in Ticino, ciò che renderebbe la disdetta lesiva dell'art. 271a cpv. 2
CO. È inoltre dell'avviso che l'"intervento autorevole" della figlia del
locatore non possa essere risolto adducendo semplicemente ch'essa non aveva
diritto di firma. Queste considerazioni non fanno tuttavia apparire
manifestamente insostenibili le diverse conclusioni raggiunte dalla Corte
cantonale. A prescindere dal fatto che non si comprende quali sarebbero le
deduzioni che la ricorrente intende trarre dal comportamento della figlia
dell'opponente, essa non si confronta criticamente con la valutazione
probatoria eseguita dai giudici ticinesi bensì si limita a contrapporvi
genericamente la propria, dimenticando che con questo genere di argomentazione
- appellatoria - non sostanzia adeguatamente la censura di arbitrio (cfr.
consid. 3).

7.2 Lo stesso vale per le critiche mosse contro la decisione del Tribunale
d'appello di negare che la disdetta del 15 settembre 2006 sia stata data in
ritorsione a quella precedentemente notificata dalla ricorrente per i vani
locati nel centro commerciale vodese.

La Corte ticinese ha stabilito che i contratti di locazione per i due centri
commerciali, siti in due Cantoni diversi, sono stati allestiti separatamente,
in date diverse e per scadenze diverse, ciò che esclude la loro asserita
connessione. È possibile - hanno osservato i giudici cantonali - che per la
ricorrente fosse fondamentale trattarli insieme, ma non risulta che questo sia
stato il caso per l'opponente, il quale, stando a quanto emerso dalle tavole
processuali, voleva invece tenere separate le discussioni per ogni singolo
contratto. In queste circostanze, i giudici del Tribunale d'appello hanno
negato che la disdetta data dalla ricorrente sia stata la causa della disdetta
contestata nell'attuale procedimento. Così come hanno negato che questa
disdetta sia da ricondursi alle discussioni in merito alla riduzione del canone
di locazione a causa dell'altezza dei locali. La pigione originariamente
pattuita non dipendeva infatti in nessun modo dalle dimensioni dell'ente locato
e dall'istruttoria è piuttosto risultato che erano i dirigenti della casa madre
italiana che volevano far pressione sul locatore per ottenere una riduzione del
canone di locazione pattuito nel 2002.
Gli argomenti che la ricorrente adduce per ribadire il carattere ritorsivo
della disdetta significatale il 15 settembre 2006, a suo modo di vedere lesiva
dell'art. 271a cpv. 1 lett. a CO, hanno ancora una volta mero carattere
appellatorio e non sono suscettibili di dimostrare l'asserito arbitrio
nell'accertamento dei fatti. Essa si limita infatti a proporre la propria
lettura delle tavole processuali, sottolinenando la prossimità temporale fra la
disdetta del contratto relativo al locale in Ticino e quella da lei significata
per il locale sito nel Canton Vaud, ma non prende posizione - con
un'argomentazione chiara e dettagliata - sull'apprezzamento contenuto nella
sentenza impugnata né tantomeno asserisce che i giudici avrebbero
manifestamente misconosciuto la portata di mezzi probatori (cfr. consid. 3).

7.3 In quanto rivolto contro la decisione di negare l'esistenza di una
connessione fra le due disdette e di un accordo sul rinnovo del contratto di
locazione il ricorso deve pertanto venir dichiarato inammissibile.

8.
Data la conferma del giudizio cantonale sulla validità della disdetta occorre
ora determinarsi sulla protrazione della locazione. In via subordinata,
nell'ipotesi della conferma della validità della disdetta da parte del
Tribunale federale, la ricorrente rinnova infatti la richiesta - già formulata
in sede cantonale - tendente alla concessione di una protrazione della
locazione fino al 31 marzo 2012, alle stesse condizioni indicate nella sentenza
criticata.

8.1 A norma dell'art. 272 cpv. 1 combinato con l'art. 272b cpv. 1 CO il
conduttore può domandare la protrazione della locazione di locali commerciali
per una durata massima di sei anni, se la fine del contratto produce per lui
effetti gravosi che non si giustificano tenendo conto degli interessi del
locatore. Entro questi limiti possono essere accordate una o due protrazioni.

Il giudice decide secondo le regole del diritto e dell'equità (art. 4 CC) se la
protrazione dev'essere concessa e, nell'affermativa, in quale forma e per quale
durata. A tal fine egli pondera gli interessi delle parti, tenuto conto dei
fattori elencati all'art. 272 cpv. 2 CO e dello scopo della protrazione, che è
quello di attenuare le conseguenze dello scioglimento del contratto per il
conduttore, il quale dispone così di più tempo per provvedere al necessario
riorientamento (DTF 125 III 226 consid. 4b pag. 230). La protrazione va
pertanto concessa quando il differimento della fine del contratto pare servire
a limitarne gli effetti gravosi; essa non mira per contro a permettere al
conduttore la continuazione della locazione il più a lungo possibile, in altre
parole essa non può essere giustificata dai disagi inevitabilmente connessi
alla fine del contratto (DTF 116 II 446 consid. 3b).

Per giurisprudenza invalsa il Tribunale federale esamina con riserva
l'esercizio del potere d'apprezzamento da parte dell'ultima istanza cantonale
in questo ambito. Esso interviene, segnatamente, quando la decisione si scosta
senza motivo dai principi stabiliti da dottrina e giurisprudenza in materia di
libero apprezzamento e si fonda su fatti che nel caso particolare non avevano
importanza alcuna, oppure, al contrario, quando non si è tenuto conto di
elementi che avrebbero dovuto essere presi in considerazione (DTF 125 III 226
consid. 4b). Il Tribunale federale sanziona inoltre le decisioni rese in virtù
di un tale potere d'apprezzamento quando esse sfociano in un risultato
manifestamente ingiusto o in un'iniquità scioccante (DTF 133 III 201 consid.
5.4 pag. 211 con rinvii).

8.2 In concreto, la Corte ticinese ha osservato che l'assortimento dei prodotti
venduti dalla ricorrente - padelle, suppellettili di cucina varia, pentole a
pressione e oggettistica varia - è reperibile in ogni negozio che offre
materiale da cucina e non richiede un arredamento specializzato. Non solo, il
negozio del centro commerciale ticinese è arredato con mobili totalmente
amovibili. In queste circostanze non si vede per quale motivo l'assortimento
giustificherebbe una protrazione della locazione, potendo esso trovare spazio
in qualsiasi altro locale commerciale senza particolari accorgimenti. I giudici
ticinesi hanno inoltre rilevato come dagli atti risulta che la ricorrente non
ha compiuto il benché minimo tentativo di trovare un'altra sistemazione.
Ritenuto comunque che l'opponente non ha motivato la sua opposizione alla
proroga né ha fatto valere un interesse alla riconsegna immediata dei locali,
il Tribunale d'appello ha ritenuto equo concedere alla conduttrice una proroga
unica e definitiva del contratto di locazione per la durata di due anni, ovvero
fino al 31 marzo 2009.

8.3 Le obiezioni che la ricorrente muove contro questa decisione sono
inconsistenti. L'affermazione secondo cui dagli atti risulta chiaramente che la
ricorrente "non ha alternative nel Cantone Ticino per quanto concerne le
superfici di vendita" non solo è formulata in maniera - inammissibilmente -
generica, ma appare anche temeraria se si considera l'accertamento contenuto
nel giudizio impugnato - e non contestato in sede federale - secondo il quale i
suoi prodotti potrebbero essere facilmente esposti in qualsiasi altro spazio.
E la perdita della possibilità di tenere aperto il negozio la domenica non
configura un "effetto gravoso" suscettibile di giustificare la concessione di
una protrazione di una durata superiore a due anni. Non va inoltre dimenticato
che, di principio, il conduttore è tenuto ad avviare le ricerche per nuovi
locali anche se reputa la disdetta annullabile (sentenza 4A_568/2008 del 18
febbraio 2009 consid. 5, in MRA 2008 pag. 195 segg.). Considerato che in
concreto la ricorrente non risulta aver fatto il benché minimo sforzo in tal
senso, la decisione di concederle una protrazione unica e definitiva di due
anni non appare manifestamente ingiusta né scioccante.

8.4 Ritenuto che il termine fissato dalla Corte cantonale è ormai trascorso e
che al gravame è stato concesso l'effetto sospensivo, si rende in ogni caso
necessaria la fissazione di un nuovo termine per la liberazione dell'ente
locato.

La ricorrente viene obbligata a restituire l'ente locato entro il 30 giugno
2010. Come già stabilito nell'atto impugnato, sino a quel momento il canone di
locazione ammonterà al 10 % della cifra d'affari netta annua esclusa IVA, con
un minimo garantito di fr. 60'000.-- annui, oltre alle spese contrattuali.

9.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è pertanto respinto.

Le spese giudiziarie e le ripetibili della sede federale seguono la soccombenza
(art. 66 cpv. 1 e 68 cpv. 1 e 2 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. La ricorrente è
tenuta a riconsegnare l'ente locato entro il 30 giugno 2010.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 5'500.-- sono poste a carico della ricorrente, la
quale rifonderà all'opponente fr. 6'500.-- per ripetibili della sede federale.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 27 gennaio 2010

In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: La Cancelliera:

Klett Gianinazzi