Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.603/2008
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
6B_603/2008

Sentenza del 1° ottobre 2008
Corte di diritto penale

Composizione
Giudici federali Schneider, presidente,
Ferrari, Eusebio,
cancelliere Crameri.

Parti
Ministero pubblico del Cantone Ticino,
palazzo di giustizia, via Pretorio 16,
6901 Lugano,
ricorrente,

contro

A.________,
opponente, patrocinato dall'avv. Roberto Macconi.

Oggetto
Lesioni semplici e lesioni colpose gravi,

ricorso contro la sentenza emanata il 24 giugno 2008 dalla Corte di cassazione
e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Il 6 aprile 2001 il dott. med. A.________, radiologo, ha sottoposto B.________,
nato nel 1939, a un intervento ambulatoriale di embolizzazione di un "endoleak
tipo II" con il mezzo embolizzante ethibloc. Sebbene l'intervento sia riuscito
(chiusura della sacca contenente l'endoleak), il paziente ha riportato una
lesione del plesso lombosacrale di natura ischemica (ischemia bilaterale) con
relative paresi causate da un accumulo in quest'area del prodotto embolizzante.
Il 18 giugno successivo, il paziente ha denunciato il radiologo per lesioni
colpose gravi, subordinatamente per lesioni semplici.

B.
Con decreto di accusa del 10 maggio 2005 il Procuratore pubblico del Cantone
Ticino (PP) ha ritenuto il radiologo autore colpevole di lesioni semplici, per
avere intenzionalmente cagionato un danno al corpo o alla salute del paziente.
Il PP gli ha rimproverato d'aver eseguito presso l'Ospedale civico di Lugano il
citato intervento di embolizzazione transarteriale percutanea sotto
fluoroscopia senza il valido consenso del paziente, in particolare di aver
omesso d'informarlo adeguatamente sui possibili effetti e sulle possibili
complicazioni dell'operazione, segnatamente riguardo al carattere controverso
nella letteratura scientifica del trattamento dell'endoleak tipo II, sulla
complessità, sulla difficoltà e sul carattere "nuovo" dell'intervento proposto
con la citata sostanza embolizzante e quindi sulla scarsa esperienza generale
maturata in questo campo, sulla scarsa esperienza personale del medico per
questo specifico intervento, sui dolori che il paziente avrebbe potuto
avvertire, sull'usuale associazione all'intervento di fenomeni ischemici
transitori e, infine, sul rischio di embolizzazioni indirette, non volute e
imprevedibili contestuali all'intervento. Il medico avrebbe inoltre proseguito
l'intervento nonostante i forti dolori manifestati dal paziente e il fatto
ch'egli abbia lasciato intendere di non volerlo continuare.

Il PP ha inoltre ritenuto il medico autore colpevole di lesioni colpose gravi
per avere, per negligenza, impiegato un mezzo embolizzante (ethibloc) non
abbastanza sperimentato per il menzionato trattamento, per avere proceduto a
una cateterizzazione non abbastanza superselettiva dei soli rami che
contribuivano alla formazione dell'endoleak, determinando quindi
un'embolizzazione diffusa dei rami periferici delle arterie lombari, e per aver
proseguito nell'operazione anche dopo che il paziente, terminata la procedura
di embolizzazione della parte sinistra, aveva manifestato forti dolori, nonché
per non avere considerato, per imprevidenza colpevole, la possibilità di
un'ischemia nervosa, provocando al paziente una lesione del plesso lombare di
natura ischemica con relativa paresi. Egli ne ha proposto la condanna a 20
giorni di detenzione sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due
anni, al pagamento di una multa di fr. 3'000.-- e delle spese giudiziarie,
compresi i costi della perizia, di fr. 22'500.--. Contro il decreto d'accusa
A.________ ha sollevato opposizione.

C.
Dinanzi alla Pretura penale, autorità alla quale l'opposizione era stata
trasmessa per competenza, il PP ha integrato l'atto di accusa con l'aggiunta,
all'accusa di lesioni semplici, di una subordinata di lesioni semplici colpose,
in relazione all'ottenimento del consenso del paziente, mentre l'accusa di
lesioni colpose gravi è stata precisata nel senso che la cateterizzazione non
fu abbastanza superselettiva dei soli rami che contribuivano alla formazione
dell'endoleak e/o preparando in modo inadeguato il mezzo embolizzante (troppo
liquido/troppo fluido) e/o attuando una pressione troppo elevata
nell'iniettarlo. Sempre durante il dibattimento, il PP ha poi proposto la
condanna del medico, oltre al pagamento della multa, a una pena pecuniaria di
20 aliquote sospese condizionalmente per due anni.

D.
Il giudice della Pretura penale, con sentenza del 15 marzo 2007, ha prosciolto
l'accusato da ogni capo di imputazione e ha respinto le pretese di risarcimento
avanzate dalla parte civile, ponendo le tasse e le spese a carico dello Stato.

E.
Contro questo giudizio sia il PP sia B.________ sono insorti dinanzi alla Corte
di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino
(CCRP). Il PP riproponeva, in via principale, le predette richieste e,
subordinatamente, il rinvio degli atti a un altro giudice per un nuovo giudizio
di merito. La parte civile chiedeva inoltre la condanna alla rifusione delle
ripetibili di prima istanza e al pagamento delle tasse e spese di giustizia.

F.
Con sentenza del 24 giugno 2008, la CCRP ha respinto, in quanto ammissibili,
entrambi i ricorsi, dichiarando gran parte delle censure proposte irricevibili
per carenza di motivazione.

G.
Il PP impugna questa decisione al Tribunale federale con un ricorso in materia
penale del 4 agosto 2008. Rilevato che il termine di prescrizione di 7 ½ anni
secondo il diritto previgente scadrebbe il 6 ottobre 2008, egli chiede, in via
principale, di annullare la sentenza impugnata e di riconoscere il medico
autore colpevole di lesioni semplici, eventualmente di lesioni colpose semplici
e di lesioni colpose gravi, in sostanza nella formulazione adottata in sede di
dibattimento davanti alla Pretura penale, e, in via subordinata, di trasmettere
gli atti alla CCRP per nuovo giudizio.

Con lettera del 6 agosto 2008 B.________, richiamando la giurisprudenza (DTF
133 IV 228; sentenza 6B_697/2007 del 30 novembre 2007), rileva di non ricorrere
per carenza di legittimazione, le sue pretese di risarcimento essendo oggetto
della responsabilità primaria dell'Ente Ospedaliero Cantonale.
A.________ propone, in via principale, di dichiarare inammissibile il ricorso
per carenza di motivazione e, in via subordinata, di respingerlo in quanto
ammissibile. Egli accenna pure alla parallela causa civile promossa dal
paziente contro l'Ente Ospedaliero Cantonale, con la quale sarebbe stata
formulata una richiesta per danni e torto morale di fr. 3'814'343.--.

Diritto:

1.
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio se e in che misura un ricorso può
essere esaminato nel merito (DTF 134 IV 36 consid. 1).

1.2 Il ricorso, tempestivo e diretto contro una decisione finale (art. 100 cpv.
1 e 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità
cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), è di massima ammissibile.

1.3 La legittimazione del ricorrente è pacifica. Il Tribunale federale ha
infatti stabilito che l'art. 81 cpv. 1 lett. b n. 3 LTF non limita il diritto
del pubblico ministero a interporre ricorso in materia penale e ch'esso può far
valere tutti i motivi di ricorso previsti dagli art. 95-98 LTF, segnatamente il
divieto dell'arbitrio e, in particolare, l'asserita valutazione arbitraria
delle prove e l'accertamento manifestamente inesatto dei fatti, critiche sulle
quali è incentrato il ricorso in esame (DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1-1.4.5).

1.4 Conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF, il ricorso in
materia penale al Tribunale federale può essere presentato per violazione del
diritto. Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali
ragioni l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in
linea di principio solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare,
come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che
si pongono, se quest'ultime non sono presentate nella sede federale (DTF 134 II
244 consid. 2.2). Le esigenze di motivazione sono inoltre accresciute laddove
il ricorrente lamenta l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella
valutazione delle prove, dato che ciò equivale a sostenere che i fatti sono
stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. e del diritto federale (DTF 134
IV 36 consid. 1.4.1). Trattandosi infatti di garanzie di rango costituzionale,
il Tribunale federale esamina le relative censure soltanto se siano motivate in
modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 133 IV 286 consid. 1.4; 133 II
249 consid. 1.4.2). In questa misura, argomentazioni vaghe o meramente
appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono quindi ammissibili
(DTF 134 I 83 consid. 3.2; 129 I 113 consid. 2.1).

L'atto di ricorso adempie solo in parte queste esigenze di motivazione: in
larga misura esso si limita in effetti a criticare in maniera appellatoria e
generica la decisione impugnata, richiamando semplicemente determinate
dichiarazioni di parti, testi o periti, senza confrontarsi tuttavia con la
dettagliata valutazione globale delle prove operata dal primo giudice e
avallata dalla Corte cantonale.

2.
2.1 Il PP contesta in primo luogo le modalità di verbalizzazione delle
dichiarazioni rese dalle parti al dibattimento, in particolare la mancata
verbalizzazione di determinate affermazioni, poi nondimeno riprese nelle
motivazioni del giudizio di prima istanza. Quest'ultimo si fonderebbe quindi
anche su deposizioni fatte al dibattimento da testi o periti, che hanno
aggiunto o parzialmente modificato proprie precedenti dichiarazioni, senza che
le stesse siano state verbalizzate. Altre loro dichiarazioni, che completavano
o contestualizzavano il loro pensiero, non sarebbero state per contro riferite
nella sentenza. Il PP indica poi alcune dichiarazioni riportate nella decisione
di primo grado, ma non verbalizzate.
2.1.1 Al riguardo, la CCRP, ammesso che sarebbe stato più indicato se il primo
giudice avesse riportato in sentenza solo le dichiarazioni effettivamente
verbalizzate, ha ritenuto che si è in presenza di due questioni distinte:
quella della mancata verbalizzazione di deposizioni che interessavano il
ricorrente da una parte e quella dell'uso nella sentenza di dichiarazioni fatte
al dibattimento, ma non verbalizzate, dall'altra. Riguardo al primo quesito, la
Corte cantonale ha stabilito che il PP poteva solo rimproverare sé stesso,
visto che nulla gli impediva di esigere la verbalizzazione delle dichiarazioni
da esso ritenute utili ai fini del giudizio, conformemente a quanto previsto
dall'art. 255 cpv. 3 lett. b (recte: c) CPP/TI nella misura della sua
applicabilità giusta il rinvio di cui all'art. 273 CPP/TI. Non avendo reagito
al dibattimento, ha proseguito la CCRP, il PP non potrebbe supplire alla sua
passività lamentando dinanzi ad essa l'operato del primo giudice in tale
ambito: il ricorso per cassazione è infatti ammesso per vizi essenziali di
procedura, purché il ricorrente abbia eccepito l'irregolarità non appena
possibile (art. 288 b CPP/TI).
2.1.2 Secondo l'art. 255 CPP/TI, il verbale del dibattimento deve indicare, tra
l'altro, sommariamente lo svolgimento del dibattimento, nonché l'osservanza di
tutte le formalità essenziali: deve pure menzionare tutti gli atti scritti dei
quali è stata data lettura, le istanze e conclusioni, le decisioni pronunciate
e il dispositivo della sentenza; a richiesta di una parte, la verbalizzazione
di quanto precede può avvenire dettagliatamente (cpv. 2). Nel verbale sono
riportate inoltre le risposte dell'accusato, le deposizioni dei periti e dei
testimoni, se queste persone sono interrogate per la prima volta al
dibattimento, o modificano al dibattimento quanto hanno dichiarato in
istruttoria (cpv. 3 lett. b), o d'ufficio o su richiesta delle parti (cpv. 3
lett. c). Per i dibattimenti celebrati davanti alla Pretura penale l'art. 275
CPP/TI prevede per la redazione del verbale formalità minori. Questa
regolamentazione non impedisce ovviamente una verbalizzazione che si riferisca
alla norma valida per i processi davanti ad una Corte del Tribunale penale
cantonale, ritenuto che il verbale del dibattimento deve comunque assolvere i
requisiti imposti dal rispetto del diritto di essere sentiti (art. 29 cpv. 2
Cost.) e dall'art. 6 n. 1 CEDU (cfr. DTF 124 V 389; sentenza 6B_84/2008 del 27
giugno 2008, consid. 1).
2.1.3 Il ricorrente si limita a sostenere che non si sarebbe in presenza di due
problemi distinti, poiché il modo di procedere del primo giudice l'avrebbe
(involontariamente) tratto in inganno: non avendo questi proceduto alla
verbalizzazione di passaggi da lui ritenuti rilevanti, egli non avrebbe chiesto
di verbalizzare quelle deposizioni. Il PPP aggiunge che, contrariamente a
quanto stabilito dalla CCRP, nel gravame avrebbe indicato i contestati
passaggi, sostenendo che con le asserite omesse indicazioni sulla complessità
dell'intervento, sulla possibile insorgenza di fenomeni ischemici transitori e
sui dolori, egli "intendeva segnalare" la carente informazione del paziente.

Con questi semplici assunti, il ricorrente, sperimentato nell'ambito della
procedura penale, non dimostra l'arbitrarietà del giudizio impugnato: anziché
fondarsi su supposizioni circa i fatti che sarebbero stati ritenuti rilevanti
dal giudice, nulla gli impediva infatti di esigere la verbalizzazione delle
dichiarazioni ch'egli riteneva atte a sostenere la tesi accusatoria. Egli,
fondandosi anche sul diritto di essere sentito, aveva il diritto di esigere che
le dichiarazioni di testimoni, importanti per l'esito del processo e rilasciate
nel corso del dibattimento, figurassero in un verbale: eventuali carenze
dovevano tuttavia essere contestate già durante il dibattimento, visto che, in
caso contrario, si può ammettere una rinuncia al predetto diritto (DTF 126 I 15
consid. 2a/aa; sentenza 1P.584/1993 del 20 aprile 1994 consid. 5). D'altra
parte, il ricorrente non dimostra, tranne che per il generico accenno a una
lesione del diritto di essere sentito, perché le censurate carenze violerebbero
il diritto cantonale o costituzionale, rilevato che, come ritenuto dalla CCRP,
egli non pretende che il verbale contenga inesattezze o citazioni non conformi
alla realtà e che, per di più, egli aveva peraltro contestato soltanto
"prudenzialmente" le mancate verbalizzazioni.

3.
3.1 Il PP sostiene che i fatti sarebbero stati accertati in maniera arbitraria,
in particolare, come ancora si vedrà, circa le asserite carenti informazioni
fornite al paziente e al suo consenso, assunto sul quale è imperniato il
ricorso. Egli insiste sulla circostanza che il paziente, definito "più ansioso
degli altri, molto preoccupato per la sua salute" dal primo giudice, sarebbe
stato estremamente esigente, ben oltre un paziente medio: già in passato egli
si era infatti rivolto all'estero per trovare uno specialista che gli desse
sufficiente fiducia per un'operazione. Il PP rileva che l'intervento litigioso
è stato preceduto da tre incontri con il dott. A.________ tendenti a chiarire
tutti gli aspetti inerenti all'operazione: il paziente aveva anche chiesto il
consiglio e l'assistenza di due altri medici, suoi amici, il dott. C.________ e
la dott.ssa D.________, che l'anno assistito sia nella fase preparatoria e di
informazione sia durante l'esecuzione dell'intervento, attivandosi per
raccogliere tutte le informazioni pertinenti per prendere una decisione
informata. L'opponente, adduce il PP, avrebbe pertanto dovuto informarlo
dettagliatamente, tenendo conto dei suoi bisogni individuali. La CCRP, ritenute
generiche queste critiche, le ha dichiarate inammissibili.
3.1.1 Secondo la giurisprudenza, ove l'ultima autorità cantonale dichiara un
ricorso inammissibile per ragioni formali e non procede all'esame di merito, il
ricorrente deve addurre perché essa avrebbe accertato in modo arbitrario
l'assenza dei presupposti formali e si sarebbe quindi a torto rifiutata di
procedere all'esame di merito (DTF 118 Ib 26 consid. 2b, 134 consid. 2;
sentenza 6B_489/2007 del 26 novembre 2007 consid. 2.2). Se il ricorrente, come
nella fattispecie, non lo dimostra, ma ripropone le argomentazioni di merito
addotte davanti all'ultima istanza cantonale, la critica è inammissibile.
3.1.2 La censura sarebbe d'altra parte infondata. Infatti la CCRP ha accertato
che il paziente era esigente e ansioso: ha tuttavia concluso, contrariamente
all'assunto ricorsuale, che proprio la sua insistenza a volere legittimamente
conoscere nel dettaglio le informazioni richieste porterebbe semmai a
concludere che le stesse gli siano state effettivamente e compiutamente
fornite. Del resto, il medico ha dedicato in totale circa tre ore per informare
il paziente e i due professionisti che lo accompagnavano, quindi un lasso di
tempo largamente superiore a quello usualmente dedicato ai colloqui precedenti
le operazioni. Queste constatazioni non sono criticate dal ricorrente e sono
quindi vincolanti. Da esse risulta d'altra parte che il medico ha considerato
sia la situazione personale e concreta sia i timori del paziente (DTF 133 III
121 consid. 4.1.3 in fine pag. 130). In seguito, la Corte cantonale si è poi
nuovamente pronunciata su tali aspetti. Ora, quando la decisione impugnata,
come nella fattispecie, si fonda su diverse motivazioni indipendenti e di per
sé sufficienti per definire l'esito della causa, il ricorrente è tenuto, pena
l'inammissibilità, a dimostrare che ognuna di esse viola il diritto (DTF 133 IV
119). La censura, peraltro di natura meramente appellatoria, è quindi
inammissibile anche per questo motivo.

3.2 Il ricorrente fa valere un accertamento arbitrario dei fatti anche in
relazione al carattere controverso e dibattuto, nella letteratura scientifica,
del trattamento di un endoleak tipo II. Adduce che la questione litigiosa non
sarebbe stata quella di sapere se, come ritenuto dal primo giudice,
l'intervento litigioso risultava comunque indicato dal profilo medico, ciò che
non è criticato, ma bensì di non avere segnalato al paziente che si trattava di
un intervento ancora "controverso e dibattuto" nella dottrina, nel senso che
non vi era comunque una soluzione ottimale a tale trattamento e che la scelta
della migliore opzione dipendeva da un complesso di fattori.
3.2.1 La critica, peraltro meramente appellatoria, non regge. La CCRP ha
infatti ritenuto che dagli accertamenti operati dal primo giudice sulla base
delle perizie, si evince che l'embolizzazione era idonea per curare la
patologia del paziente e che la tecnica dell'embolizzazione è quella preferita
in Svizzera: non risulta inoltre che la tecnica proposta era ancora controversa
e dibattuta o perlomeno che non fosse a uno stato di sufficiente conoscenza
medica. La Corte ha aggiunto che, secondo i periti incaricati della relazione
tecnica medico-legale, la criticata scelta terapeutica era "condivisibile ed
idonea": essi semmai non hanno condiviso la procedura impiegata dal medico e
l'utilizzo del materiale embolizzante ehtibloc, senza accennare tuttavia al
carattere controverso del metodo. La critica è poi stata ulterioremente
trattata dalla CCRP, la quale ha aggiunto che la domanda da porsi era
eventualmente quella di sapere se il paziente sia stato compiutamente informato
dei relativi rischi, accertando, sulla base delle dichiarazioni espresse dai
medici di fiducia del paziente, che "ciò sembra sia stato".
3.2.2 Limitandosi ad accennare al fatto che il perito della parte civile
giudicava "controverso" l'intervento litigioso e a rilevare semplicemente che i
periti della difesa hanno dichiarato che tutti i sistemi di trattamento di
endoleak tipo II sono discussi e applicati in Svizzera, in Europa e in America
e che, dopo sei anni dalla prima descrizione di una siffatta embolizzazione,
non esiste ancora la soluzione ottimale per risolvere questo problema, il PP
non dimostra l'insostenibilità e quindi l'arbitrarietà del criticato
accertamento. Non lo dimostra neppure il semplice richiamo all'ulteriore
accertamento dei periti della difesa, secondo cui "Die Indikation für den
Eingriff ist nach heutiger Ansicht der meisten Spezialisten im Gebiet gegeben"
e la conclusione ricorsuale secondo cui si tratterrebbe di una terapia nuova e
dibattuta, su cui non tutti gli specialisti si trovano d'accordo. D'altra
parte, il medico imputato aveva riferito al dott. C.________ che vi erano tre
modalità diverse di intervento e quindi opinioni differenti sullo stesso. Nulla
impediva pertanto sia al paziente sia ai suoi medici di fiducia, qualora
l'avessero ritenuto necessario, di porre precise ulteriori domande
complementari all'opponente, la cui disponibilità al riguardo è già stata
rilevata.

3.3 A comprova di un ulteriore asserito accertamento arbitrario dei fatti, il
PP adduce che non si sarebbe trattato di un intervento semplice e facile, come
ritenuto dalla CCRP, bensì di un intervento mediamente complesso: circostanza
di cui il paziente non sarebbe stato consapevole. Anche questa censura,
appellatoria, è inammissibile, visto che il ricorrente, limitandosi a indicare
determinati passaggi di alcune audizioni che sosterrebbero il suo punto di
vista, non si confronta con la loro valutazione complessiva operata dalle
istanze cantonali, né con i diversi argomenti esposti nella sentenza impugnata.
Ciò vale in particolare riguardo alle differenze tra le deposizioni rese
nell'ambito dell'istruttoria, dalle quali secondo la CCRP emerge che il
paziente riteneva che l'intervento fosse facile, e quelle rese durante il
dibattimento, delle quali il ricorrente non critica l'inesattezza, secondo cui
ai medici di fiducia e al paziente era noto che l'intervento "non fosse facile,
ma mediamente difficile", come ha concluso il primo giudice. La CCRP rileva
d'altra parte che il PP non ha contestato che l'intervento avesse una
connotazione innovativa.

3.4 Anche l'accenno di critica alla contestata urgenza dell'intervento è
manifestamente irricevibile per carenza di motivazione. La stessa conclusione
vale pure per l'asserita carente informazione sull'associazione all'intervento
di fenomeni ischemici transitori.

3.5 Il ricorrente fa poi valere che il medico avrebbe avuto un'esperienza
limitata nel trattamento dell'endoleak tipo II, avendone eseguiti tre in
Inghilterra, sotto supervisione di un medico superiore, utilizzando spirali
metalliche in due casi e un collante (ma non ethibloc) nell'altro, oltre un
intervento, sempre sotto supervisione, non completato a Basilea. Egli sostiene
che il primo giudice avrebbe ritenuto a torto, come frutto di una
"incomprensione" ininfluente sulla correttezza complessiva di quanto riferito
al paziente, il fatto che la dott.ssa D.________ avesse capito che il medico
aveva già eseguito 18 interventi uguali, mentre quest'ultimo parlava di
embolizzazione come "concetto tecnico generale". Il primo giudice ha ritenuto
che fosse evidente, per "tutti", che l'intervento fosse "nuovo" e che pertanto
il medico operante aveva poca esperienza pratica.

3.5.1 Ora, oltre ai citati passaggi invocati dal ricorrente, concernenti
soltanto dichiarazioni dei suoi medici di fiducia, dagli atti di causa risulta,
come ritenuto dalle istanze cantonali, la professionalità del medico e la sua
esperienza pregressa in ambito di embolizzazioni: il medico avrebbe infatti
effettuato, oltre alle operazioni appena descritte, un centinaio di
embolizzazioni superselettive, con tecnica simile e difficoltà paragonabili a
quella su endoleak di tipo II in almeno una ventina di casi. La sua esperienza
è stata compiutamente illustrata nella sentenza di primo grado, la quale
conclude, valutando globalmente numerose dichiarazioni di medici e ospedali
dettagliatamente esposte e con le quali il ricorrente non si confronta, che ben
difficilmente si poteva vantare maggiore maturità pratica di quella
dell'opponente per effettuare un intervento su un endoleak di tipo II. Anche in
quest'ambito le critiche ricorsuali, appellatorie e fondate soltanto su una
testimonianza e non su una valutazione globale delle prove, non dimostrano
alcun arbitrio nell'accertamento dei fatti.

3.5.2 La CCRP ha del resto sottolineato che decisiva è la questione di sapere
cosa abbia compreso il paziente riguardo al numero di interventi di questo
tipo, non tanto quanto fosse competente il medico; circostanza quest'ultima
peraltro non contestata, secondo la Corte cantonale, dal PP. Certo, la Corte
cantonale ha rilevato che per il giudice di primo grado l'esperienza del medico
era manifesta, ritenendo che per il paziente l'uso di un embolizzante valeva
l'altro, mentre che per lo stesso decisiva era la sua esperienza specifica su
endoleak tipo II con l'ehtibloc: la CCRP ne ha concluso che questa diversa
aspettativa fu frutto di una "incompresione". Ha quindi stabilito che il
giudizio finale del primo giudice nel non ravvedere disinformazione
sull'esperienza del medico è sostenibile, anche se potrebbe sorgere qualche
dubbio circa la corretta informazione sul numero di interventi d'embolizzazione
effettuati con l'ehtibloc e che egli ha comunque spiegato perché fosse più
credibile la versione del medico. Il ricorrente, limitandosi ad addurre alcuni
stralci di deposizioni, non si esprime sulla valutazione globale delle prove
compiuta dal primo giudice, avallata poi dalla Corte cantonale.

3.6 Il PP accenna poi all'asserita arbitrarietà dell'accertamento sulla
manifestazione di dolore da parte del paziente e sulla presenza di dolori già
molto forti durante la prima parte dell'intervento, per sostenere che le
conclusioni del primo giudice e della CCRP, secondo cui in definitiva vi sia
una differenza tra la prima e la seconda parte dell'intervento, sarebbe
arbitraria. Pure questo rilievo non dimostra che la fattispecie sarebbe stata
accertata in maniera insostenibile e quindi arbitraria.

3.7 Secondo il ricorrente, anche l'informazione circa il rischio di
embolizzazioni non volute e imprevedibili di arterie e rami periferici sarebbe
stata insufficiente. Sarebbe inoltre arbitrario sostenere che detto rischio non
fosse conosciuto all'epoca e non potesse pertanto essere comunicato al
paziente. Al riguardo, la CCRP ha ritenuto che il ricorrente non aveva spiegato
l'arbitrio della soluzione ritenuta dal primo giudice sulla base delle perizie
giudiziarie. L'accenno di critica è pertanto inammissibile e non dimostra
comunque l'arbitrarietà dei contestati accertamenti fattuali.

4.
4.1 Il ricorrente ripropone di seguito sostanzialmente le stesse censure,
adducendo ch'esse sarebbero lesive anche del diritto federale. Al proposito,
egli insiste in particolare sull'asserita carenza di una corretta informazione
del paziente, sull'assenza di un suo consenso debitamente informato o
ipotetico, sull'asserito ritiro del consenso e sul suo mancato ripristino
durante l'intervento. Riguardo all'obbligo di informazione, il ricorrente
insiste sui bisogni individuali del singolo paziente e sulle risposte alle sue
attese individuali e specifiche, sostenendo che dati più esaustivi devono
essere forniti laddove sono richiesti dal cliente. Al suo dire, occorrerebbe
considerare che persone, come B.________, prudenti o timorose,
nell'elaborazione del consenso terrebbero in considerazione anche eventi
rischiosi con limitate possibilità di realizzazione.

4.2 L'esigenza del consenso del paziente debitamente informato, quale fattore
giustificante un danno all'integrità corporale rappresentato da un intervento
medico, è un principio giurisprudenziale derivante dal diritto alla libertà
personale e all'integrità fisica (DTF 134 II 235 consid. 4.1 e rinvii; 124 IV
258 consid. 2 e 3). Al medico spetta quindi, eccetto segnatamente in casi di
necessità, l'obbligo di informare in maniera chiara e completa il paziente, in
particolare sulla diagnosi, la terapia, la prognosi, le alternative al
trattamento proposto, i rischi dell'operazione, le probabilità di successo e le
questioni finanziarie che ne derivano, affinché il paziente possa fornire il
suo consenso con cognizione di causa (DTF 117 Ib 197 consid. 2a; 119 II 456
consid. 2; 113 Ib 420 consid. 4 e 6; sentenza 6B_640/2007 dell'11 febbraio 2008
consid. 3.1; cfr. DTF 133 III 121 consid. 4.1.1-4.1.3 circa la responsabilità
civile del medico che effettua un'operazione senza informare il paziente o non
ottenendone il consenso; sull'obbligo di informazione del medico e sul consenso
informato del paziente vedi CLAUDIA FINK, Aufklärungspflicht von
Medizinalpersonen, 2008, pag. 133 segg. e 249 segg.; WALTER FELLMANN, Arzt und
das Rechtsverhältnis zum Patienten, e BRIGITTE TAG, Strafrecht im Arztalltag,
entrambi in Arztrecht in der Praxis, 2a ed. 2007, pag. 167 segg. e 207 segg.,
rispettivamente pag. 694 segg. e 705 segg.; PASCAL PAYLLIER, Rechtsprobleme der
ärztlichen Aufklärung, 1999, pag. 212 segg.; ANTOINE ROGGO, Aufklärung des
Patienten, 2002, pag. 189 segg., lo stesso, Roadmap Aufklärung von Patienten e
MONIKA GATTIKER, Die Verletzung der Aufklärungspflicht und ihre Folgen,
entrambi in Die Haftung des Arztes und des Spitals, 2003, pag. 73 segg.
rispettivamente pag. 111 segg.; HANS-PETER KUHN, Devoir du médecin
d'information en matière de risques - un plaidoyer en faveur du respect de la
volonté du patient e OLIVIER GUILLOD, Le consentement éclairé: de la théorie à
la pratique, ambedue in, Colloque Le consentement éclairé du patient, 1994,
pag. 28 segg. rispettivamente pag. 67 segg.).

4.3 Occorre tuttavia sottolineare che nell'ambito di un procedimento penale, a
differenza della procedura civile, spetta all'accusa provare una violazione
dell'obbligo d'informazione del medico (sentenze 6B_640/2007 dell'11 febbraio
2008 consid. 3.1 e 1P.71/2007 del 12 luglio 2007 consid. 3.3; GUNTHER ARZT, Die
Aufklärungspflicht des Arztes aus strafrechtlicher Sicht in, Arzt und Recht,
Berner Tage für die juristische Praxis, 1984, pag. 56). Costituisce poi una
questione di fatto stabilire quali informazioni sono state fornite dal medico,
mentre il quesito di sapere se l'informazione sia sufficiente è una questione
di diritto (sentenze appena citate).

4.4 Dalla sentenza di primo grado e dagli atti, risulta che nella fattispecie
vi furono colloqui "atipicamente lunghi e ripetuti" con l'opponente, pure in
presenza dei dottori di fiducia C.________ e D.________, che hanno accompagnato
il paziente anche in ambulatorio; ciò che del resto ha suscitato la sorpresa
dei due tecnici di radiologia presenti. Il giudice di primo grado e la CCRP
hanno quindi ritenuto a ragione che il paziente prima dell'intervento era stato
adeguatamente ragguagliato, per cui si era in presenza di un consenso
informato. La Corte cantonale ha anche stabilito che le informazioni fornite ed
accertate in modo non arbitrario dal primo giudice erano, sotto il profilo del
diritto, sufficienti per raggiungere un valido consenso del paziente.

4.5 Anche in tale contesto, nel quadro dell'asserita carente informazione del
paziente, il ricorrente si limita a ribadire le critiche sul carattere
controverso del trattamento dell'endoleak tipo II, sulla complessità
dell'intervento, sulla limitata esperienza del medico, sull'associazione
all'intervento di fenomeni ischemici transitori, sull'entità dei dolori che
avrebbe avvertito e sul rischio di embolizzazioni non volute e imprevedibili.
Queste censure, appellatorie e fondate soltanto su determinate dichiarazioni e
non su una valutazione globale dei mezzi di prova, sono inammissibili. Neppure
su questi punti il ricorrente tenta di dimostrare perché la CCRP avrebbe
dichiarato a torto inammissibili, per carenza di motivazione, dette critiche.
Per di più, anche in tale ambito, egli si limita ad addurre il proprio punto di
vista fondato su singoli passaggi di dichiarazioni, senza confrontarsi con la
valutazione globale dei mezzi di prova compiutamente operata dalle istanze
cantonali.

Poiché i giudici cantonali hanno legittimamente ritenuto che il paziente era
stato informato in maniera sufficiente, l'assunto ricorsuale relativo
all'assenza di un consenso implicito o ipotetico (al riguardo vedi DTF 133 III
121 consid. 4.1.3 pag. 130; 117 Ib 197 consid. 5a-c) non dev'essere esaminato
oltre.
5. Più delicata è per contro la questione di sapere se, come sostenuto dal
ricorrente, durante l'intervento, il paziente in seguito ai dolori avvertiti
l'abbia ritirato e semmai ripristinato in seguito; circostanza quest'ultima da
lui contestata.

5.1 Al proposito la CCRP ha rilevato che il giudice di primo grado aveva
ritenuto che il medico poteva attendersi a un "paziente-tipo", già avvezzo a
interventi chirurgici, a riguardo del quale, seppure sapeva fosse ansioso,
inizialmente nulla conosceva sulla sua tolleranza al dolore. Il primo giudice
ha accertato che il medico avrebbe informato il dott. C.________ sul fatto che
il paziente avrebbe potuto sentire dolori "al momento dell'introduzione del
mezzo embolizzante, anche acuti, che potevano durare qualche minuto". È poi
stato constatato, che il paziente ha raggiunto la punta massima dei dolori
("atroci" e "fortissimi") al momento dell'embolizzazione dell'ultima parte,
quella destra. Di fronte a tanta manifestazione di dolore, attesa nei momenti
corrispondenti alle iniezioni, ma che aveva stupito tutti per la sua intensità,
il medico ha sospeso l'intervento e, per prudenza, ha effettuato un controllo
angiografico delle arterie delle gambe, che non ha rilevato nulla di anormale.
Secondo il giudizio di prima istanza, a questo punto il paziente manifestò, nel
modo di cui si dirà, di non voler continuare l'intervento sulla parte destra:
rassicurato dai medici di fiducia, egli si convinse nondimeno di lasciarlo
portare a termine.

5.2 La CCRP ha stabilito che le critiche mosse a questi accertamenti fattuali
erano in gran parte inammissibili per carenza di motivazione. Il ricorrente non
dimostra perché questa conclusione sarebbe arbitraria, limitandosi a citare
determinati stralci di dichiarazioni delle parti e di un testimone, senza
tuttavia confrontarsi, anche in questo ambito, con la valutazione globale delle
prove circa l'asserita revoca del consenso, compiutamente effettuata dal primo
giudice e avallata dalla CCRP. Certo, occorre dare atto al ricorrente che su
questo punto l'accertamento dei fatti non è del tutto chiaro: il PP non
dimostra tuttavia ch'essi sarebbero stati accertati in maniera arbitraria e che
la valutazione delle prove da parte delle istanze cantonali, pur se
discutibile, sia addirittura insostenibile e quindi arbitraria.
5.2.1 Il primo giudice ha precisato che, nel decreto di accusa, il paziente non
ha "esplicitato, reso chiaro" il proprio volere di far interrompere
l'intervento, ma lo ha solo "lasciato intendere". Egli si è poi chinato sul
ruolo svolto dai due medici di fiducia, sempre presenti durante gli
atipicamente lunghi e ripetuti colloqui con il medico, fungendo da interpreti
dalla lingua tedesca e assicurandosi di persona, ponendo numerose domande nella
lingua materna del medico, sulla validità dell'intervento. Essi hanno poi
accompagnato il paziente, molto teso, anche in ambulatorio, assistendolo
durante tutto l'intervento, posti ognuno a un lato, tenendolo e
tranquillizzandolo, ciò che, si ricorda, ha suscitato la sorpresa dei due
tecnici di radiologia. I due medici di fiducia erano quindi percepiti
dall'opponente come professionisti che hanno rivestito costantemente una parte
attiva. Durante il primo interrogatorio, il medico ha rilevato che il paziente,
fin dall'inizio dell'intervento, continuava a lamentarsi e a chiedergli quanto
sarebbe ancora durato, ch'egli cercava di tranquillizzarlo, sottolineando di
avergli ripetutamente offerto la possibilità di smettere quando voleva.
Contrariamente all'assunto ricorsuale, il medico non ha quindi tenuto conto di
un modello astratto di un "paziente ragionevole", ma, rettamente, della
situazione personale e concreta di B.________ (DTF 133 III 121 consid. 4.1.3 in
fine pag. 130). I medici di fiducia intervenivano per tranquillizzare il
paziente, che per finire diceva di continuare. Il medico ha dichiarato che il
paziente "mentre esprimeva la sua paura può aver detto anche che non voleva più
continuare, ricredendosi però subito dopo; era un continuo dire e disdire. Gli
ho anche offerto la possibilità di smettere prima di effettuare la seconda
punzione inguinale."

Il primo giudice, dopo aver accertato che l'intervento era stato sospeso in
seguito alle manifestazioni di dolore del paziente per effettuare il citato
controllo angiografico, si è chiesto se a questo punto il medico avesse dovuto
ritenere ritirato il consenso e cessare quindi l'intervento. Al riguardo il
dott. C.________ ha dichiarato che il paziente sempre "sveglio e lucido",
"chiese esplicitamente di interrompere l'intervento" dicendo, secondo la
dott.ssa D.________, "che si poteva farlo un'altra volta e che lui non
sopportava il dolore". Dal verbale del suo interrogatorio, risulta tuttavia che
il dott. C.________ è stato più vago, rilevando che il paziente aveva ancora
dei dolori e che disse qualcosa del tipo "aspettiamo" o "smettiamo" o
"facciamolo un'altra volta".
5.2.2 Il paziente ha dichiarato che, dopo la nota pausa di 5-10 minuti, disse
al medico che era meglio continuare e completare l'intervento: "io ero talmente
demoralizzato che non riuscii ad oppormi con sufficiente forza e lui continuò".
Il dott. C.________ ha ricordato che né lui né l'altro medico di fiducia
intervennero per far smettere il medico: "anzi abbiamo pronunciato parole
rassicuranti, dicendo a B.________ che non si poteva interrompere l'intervento
a metà e che era meglio portare a termine l'operazione. Detto questo mi pare di
poter dire che l'alt espresso dal paziente e debitamente contestualizzato non
apparve come la lucida e ferma volontà dello stesso paziente d'interrompere
l'operazione tanto è vero che il dott. A.________ continuò ad operare e nessuno
dei presenti intervenne per sospendere quanto in atto". Il primo giudice ha
aggiunto che uno dei tecnici di radiologia ha confermato che a un certo punto
il medico aveva offerto la possibilità di interrompere l'intervento, chiedendo
agli altri cosa fare: dopo aver discusso in tedesco, hanno continuato
l'intervento. Al dire del teste, durante l'intervento i tre medici discutevano
molto fra loro in tedesco, anche dell'eventualità di interromperlo: i due
medici di fiducia intervennero più volte sul paziente per tranquillizzarlo e
invitarlo ad andare avanti. Anche secondo questo teste, i due medici di fiducia
svolgevano un ruolo attivo, come percepito pure dall'opponente. In aula, egli
ha aggiunto che i due medici dissero di continuare e ha ricordato che, in altre
occasioni, il dott. A.________ non aveva esitato a interrompere l'intervento,
quando il paziente aveva troppo male o vi erano complicazioni.

In siffatte, particolari circostanze, ha ritenuto il primo giudice, in un
contesto ove il paziente continuava a lamentarsi ben oltre la media, il medico
non aveva motivo di non proseguire. In nessun modo, ha aggiunto, i medici/
amici, accortisi che l'opponente non aveva percepito la reale volontà del
paziente, gli avevano significato che questa andava rispettata e nessuno dei
due ha detto di smettere. La dott.ssa D.________ precisa d'aver capito che il
paziente aveva dolori atroci quando il medico iniziò a iniettare il liquido
otturante dalla parte destra e ormai era troppo tardi per fermare l'intervento,
a quel punto quasi terminato.
5.2.3 Il giudice di primo grado ha sottolineato che non si tratta di sussumere
il consenso come mediato da terzi: egli ha ritenuto infatti che il consenso era
stato dato prima dell'intervento, durante il quale poi il paziente, sempre
rimasto lucido, non l'ha ritirato. Ha stabilito, che nemmeno i due medici di
fiducia hanno inteso un'effettiva volontà da parte del paziente di interrompere
l'intervento, né essi, in quanto medici e quindi cogniti degli obblighi
professionali, hanno indicato all'opponente che non avrebbe potuto continuare
senza il consenso del paziente. In effetti, sempre secondo il primo giudice,
nemmeno i due medici di fiducia, che conoscevano bene il paziente, hanno
ritenuto che ciò fosse il caso. Egli ne ha concluso di non vedere perché, in
siffatte circostanze, il medico avrebbe dovuto ritenere il contrario. Il
ricorrente non si esprime su queste variegate e differenti motivazioni.
5.2.4 Il primo giudice ha inoltre accertato che l'opponente non aveva alcun
interesse particolare a proseguire l'intervento litigioso. Al dibattimento egli
è apparso come un medico che non fa della carriera professionale un punto
d'arrivo a ogni costo e che il prestigio di essere il primo medico a compiere
il citato intervento in Ticino, per essere se del caso menzionato su qualche
rivista specializzata, non sembra averlo spinto a continuare, visto che altre
volte non aveva esitato a non proseguire. D'altra parte, egli ha lasciato il
citato ospedale poiché non poteva ridurre dell'80 % la sua attività per
occuparsi, come ha fatto in seguito, d'altro. Per di più, andava pure escluso
uno stimolo economico a proseguire l'intervento, visto ch'egli era stipendiato
e non percepiva bonus sugli interventi effettuati e poteva anche essere
ricordata la sua disponibilità per i colloqui precedenti l'operazione molto più
lunghi di quelli usualmente dedicati allo scopo.

5.3 Certo, il punto di vista del paziente, condiviso dal PP, è comprensibile: è
infatti manifesto ch'egli poteva senz'altro ritirare il consenso
precedentemente dato in ogni momento, per lo meno fino a che il medico non
avesse iniziato a iniettare il liquido otturante dalla parte destra. Nella
fattispecie occorre tuttavia ricordare, che nell'ambito del procedimento penale
l'accusato beneficia della presunzione d'innocenza (art. 6 n. 2 CEDU e 32 cpv.
1 Cost.) e che, in virtù del principio in dubio pro reo che ne deriva, come si
è visto, spetta in primo luogo all'accusa provare la colpa dell'imputato e non
a quest'ultimo dimostrare la propria innocenza. Di conseguenza, compete di
massima all'accusa provare la violazione dell'obbligo di informazione del
medico o il mancato rispetto di un eventuale ritiro del consenso (sentenza
1P.71/2007 del 12 luglio 2007 consid. 3.3).

5.4 Ora, dagli accertamenti fattuali - vincolanti - risulta che il medico, dopo
aver ripetutamente offerto al paziente la possibilità di interrompere
l'intervento, non ne ha percepito la sua reale volontà, che nemmeno per il
dott. C.________ appariva come lucida, ferma e tendente al ritiro del consenso.
In effetti, quando il medico, dopo aver discusso con quelli di fiducia,
continuò ad operare, né il paziente ha ribadito il suo asserito ritiro del
consenso né ha invitato questi ultimi a intervenire in tal senso: al contrario,
essi intervennero più volte sul paziente per tranquillizzarlo e invitarlo a
continuare l'operazione.
Come precisato dalla CCRP, se essi avessero avuto l'impressione che veramente
qualche cosa non andava, avrebbero sconsigliato al paziente di proseguire. Ora,
se i due medici di fiducia non hanno percepito la chiara volontà del paziente,
del quale conoscevano sia l'ansia sia le paure sia il modo di comportarsi, di
ritirare il consenso, non si può rimproverare al medico di non aver ritenuto il
contrario, come a ragione stabilito dal primo giudice e dalla CCRP. Nulla
impediva infatti ai due medici di fiducia, accortisi che il medico non avrebbe
percepito il senso delle dichiarazioni del paziente quale chiara volontà di
ritirare il consenso, di indicarglielo chiaramente e di invitarlo quindi a
interrompere l'operazione, invito al quale, ricordato anche il suo precedente
comportamento in situazioni analoghe, egli avrebbe senz'altro dato seguito.
Dagli atti di causa non risulta peraltro ch'essi si sarebbero accertati,
discutendone con il paziente, se egli intendesse effettivamente e
definitivamente ritirare il consenso, né ch'essi, in caso affermativo,
avrebbero comunicato detta volontà al medico operante. Quest'ultimo poteva
quindi fare affidamento anche sulla mancata reazione dei due medici di fiducia,
confermativa della sua percezione di non essere in presenza di un ritiro del
consenso. Nelle descritte circostanze, la soluzione adottata dal primo giudice
e confermata dalla CCRP regge. Poiché il consenso non è stato revocato, non
occorre esprimersi sul suo ripristino durante l'intervento.

6.
Ne segue, che il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto. Non si
prelevano spese giudiziarie (art. 66 cpv. 3 LTF; DTF 134 IV 36 consid. 4
inedito). Le spese ripetibili sono poste a carico del Cantone Ticino.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Non si prelevano spese giudiziarie. Lo Stato della Repubblica e Cantone del
Ticino rifonderà all'opponente un'indennità di fr. 3'000.-- a titolo di
ripetibili della sede federale.

3.
Comunicazione al ricorrente, ai patrocinatori delle parti e alla Corte di
cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 1° ottobre 2008

In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere:

Schneider Crameri