Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.437/2008
Zurück zum Index Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 2008
Retour à l'indice Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 2008


Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
6B_437/2008
6B_438/2008
6B_439/2008

Sentenza del 24 luglio 2009
Corte di diritto penale

Composizione
Giudici federali Favre, Presidente,
Schneider, Wiprächtiger, Ferrari, Mathys,
Cancelliera Ortolano Ribordy.

Parti
6B_437/2008
A.________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Gabriele Padlina,

6B_438/2008
B.________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Filippo Gianoni,

6B_439/2008
C.________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Fabrizio Filippo Monaci,

contro

D.D.________, E.D.________ e F.D.________,
opponenti, patrocinati dall'avv. Luca Zorzi,
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16,
6901 Lugano,
opponente.

Oggetto
6B_437/2008, 6B_438/2008, 6B_439/2008
Omicidio colposo (art. 117 CP); violazione delle regole dell'arte edilizia per
negligenza (art. 229 cpv. 2 CP),

ricorsi in materia penale contro la sentenza emanata il
5 maggio 2008 dalla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
A.a Martedì 24 settembre 2002, dopo aver scaricato del materiale isolante,
G.D.________ e H.________ si sono introdotti nel cantiere della loro futura
abitazione in via X.________ a Bellinzona per verificare l'avanzamento dei
lavori. Poiché erano appena state montate le pareti al primo piano,
all'insaputa dell'architetto e dopo aver salutato J.________, l'ultimo operaio
ancora in loco, verso le 17.30 G.D.________ e H.________ hanno raggiunto il
primo piano dell'edificio in costruzione. Intorno alle 17.50 G.D.________ è
caduto nella tromba delle scale da un'altezza di circa cinque metri. A causa
delle gravi ferite riportate, G.D.________ è deceduto il 27 settembre
successivo.
A.b G.D.________ e H.________ stavano facendo costruire una casa modulare in
legno, loro futura abitazione. La direzione lavori era stata affidata
all'architetto C.________. Per risparmiare sui costi, i due proprietari avevano
ottenuto dalla direzione lavori l'autorizzazione a effettuare loro stessi
alcuni interventi sull'edificio in costruzione sotto la sorveglianza
dell'architetto.
A.c La K.________SA era stata incaricata di eseguire le opere da capomastro.
Questa ditta è stata la prima a iniziare i lavori. Il giorno dell'infortunio
l'unico dipendente della K.________SA attivo sul cantiere era J.________.
Questi si è occupato della realizzazione della scala in calcestruzzo armato che
porta al primo piano dell'edificio da dove è caduto G.D.________. Secondo gli
accordi contrattuali, alla K.________SA incombeva l'obbligo di osservare la
legislazione relativa alla prevenzione degli infortuni nei lavori di
costruzione, di realizzare le transenne e di posare la segnaletica necessaria
per rendere sicuro il cantiere.
A.d I lavori di carpenteria sono stati appaltati alla L.________SA presso cui
lavoravano A.________ (coordinatore e persona preposta alla sicurezza sul
lavoro), B.________ (responsabile cantiere) e M.________ (operaio designato
caposquadra per il cantiere in via X.________).

La L.________SA agiva in modo indipendente dalla K.________SA. Solo dopo che
quest'ultima ha edificato la struttura al piano terreno e la tromba delle
scale, la L.________SA ha iniziato i propri lavori. Il 24 settembre 2002, gli
operai della L.________SA hanno ultimato la posa della soletta e posato alcune
pareti del primo piano.
A.e Quando G.D.________ e H.________ sono saliti al primo piano, un telone
verde (non rigido) ricopriva parte della soletta e tutto il vuoto della tromba
delle scale la cui ampiezza era di 1 x 3,5 m e la cui profondità superava i 5
m. Il resto della superficie del piano era coperta da una plastica trasparente.

B.
A seguito dell'infortunio con esito letale di G.D.________, il 14 dicembre 2005
il Procuratore pubblico ha emesso dei decreti di accusa nei confronti di
A.________, C.________, B.________ e M.________ ritenendoli autori colpevoli di
omicidio colposo e violazione delle regole dell'arte edilizia. In applicazione
della pena, ha proposto la loro condanna a pene detentive, di una durata
compresa tra i 90 e i 30 giorni, sospese condizionalmente per un periodo di
prova di due anni.

In sostanza, il Procuratore pubblico rimproverava loro di aver omesso di
impartire e di predisporre quanto di loro competenza per garantire la sicurezza
nonché di controllare l'esecuzione di misure volte a evitare le cadute nel
vuoto.

C.
Statuendo sulle opposizioni al decreto d'accusa inoltrate da A.________,
C.________ e B.________, con sentenza del 15 marzo 2007 il Giudice della
Pretura penale ha confermato i capi d'imputazione e li ha condannati a pene
pecuniarie di 30 aliquote giornaliere di fr. 110.--, 80.-- rispettivamente
100.-- ciascuna, sospese condizionalmente per un periodo di prova di due anni.
Il Giudice della Pretura penale ha inoltre inflitto una multa di fr. 2'000.-- a
A.________ e una multa di fr. 1'500.-- sia a C.________ che a B.________,
fissando a 20 giorni rispettivamente a 15 giorni la pena detentiva sostitutiva
in caso di mancato pagamento.

D.
Adita dai tre condannati con altrettanti ricorsi per cassazione, il 5 maggio
2008, la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del
Cantone Ticino (CCRP) respingeva, nella misura della loro ammissibilità, le tre
impugnative.

E.
Avverso la decisione dell'ultima istanza cantonale, A.________, C.________ e
B.________ insorgono al Tribunale federale con tre diversi ricorsi in materia
penale.

A.________ e C.________ postulano, in via principale, l'annullamento della
sentenza impugnata e il loro proscioglimento dalle imputazioni di omicidio
colposo e di violazione delle regole dell'arte edilizia. In via subordinata,
chiedono l'annullamento del giudizio cantonale e il rinvio della causa alla
CCRP per nuova decisione. B.________ conclude chiedendo l'annullamento
dell'avversata sentenza.

Non sono state chieste osservazioni sui gravami.

Diritto:

1.
I gravami sono diretti contro la stessa decisione, si riferiscono al medesimo
complesso di fatti e si fondano su motivazioni analoghe. Per ragioni di
economia di procedura, si giustifica pertanto di congiungerli e di evaderli con
un unico giudizio (v. art. 71 LTF e 24 PC; v. anche DTF 128 V 194 consid. 1;
126 II 377 consid. 1; 123 II 16 consid. 1).

2.
Per evitare inutili ripetizioni è opportuno illustrare preliminarmente le norme
ed i principi applicabili in ambito di omicidio colposo per omissione.

2.1 Chiunque per negligenza cagiona la morte di alcuno si rende colpevole di
omicidio colposo ai sensi dell'art. 117 CP. Perché la fattispecie sia adempiuta
devono essere dunque riunite tre condizioni: il decesso di una persona, una
negligenza ed un nesso di causalità tra la negligenza ed il decesso (DTF 122 IV
145 consid. 3 e rinvii).

Commette per negligenza un crimine o un delitto colui che, per un'imprevidenza
colpevole, non ha scorto le conseguenze del suo comportamento o non ne ha
tenuto conto. L'imprevidenza è colpevole se l'autore non ha usato le
precauzioni alle quali era tenuto secondo le circostanze e le sue condizioni
personali (art. 12 cpv. 3 CP). La negligenza presuppone così l'adempimento di
due condizioni. Da un lato, l'autore deve aver violato le regole della
prudenza, ossia il dovere generale di diligenza istituito dalla legge penale,
che vieta qualsiasi comportamento che espone a pericolo beni altrui protetti
penalmente da lesioni involontarie. Un comportamento che oltrepassa i limiti
del rischio ammissibile viola il dovere di prudenza quando, considerate la sua
formazione e le sue capacità, l'autore avrebbe dovuto rendersi conto
dell'esposizione a pericolo altrui. Per determinare il contenuto del dovere di
prudenza, occorre domandarsi se una persona ragionevole, nella medesima
situazione e con le stesse attitudini dell'autore, avrebbe potuto prevedere in
grandi linee il corso degli eventi - questione esaminata alla luce della teoria
della causalità adeguata se l'autore non è un esperto dal quale ci si poteva
aspettare di più - e, se del caso, quali misure poteva adottare per evitare la
realizzazione dell'evento dannoso. La violazione del dovere generale di
prudenza è presunta nel caso di violazione di prescrizioni legali o
amministrative aventi per scopo di garantire la sicurezza e prevenire gli
infortuni oppure di regole analoghe - se generalmente riconosciute - emanate da
associazioni private o semipubbliche. Inoltre, perché vi sia negligenza, la
violazione del dovere di prudenza dev'essere colpevole, in altre parole si deve
poter rimproverare all'autore, considerate le sue condizioni personali,
un'inattenzione o una riprensibile mancanza di sforzi (DTF 134 IV 255 consid.
4.2.1).

2.2 Un reato di evento (come l'omicidio colposo) implica di regola un'azione.
Una commissione per omissione è prospettabile laddove con la sua passività
l'autore disattende un obbligo di agire (v. art. 11 CP). Quest'obbligo deve
derivare da una posizione di garante ("status giuridico" riprendendo i termini
dell'art. 11 cpv. 2 CP): l'autore deve trovarsi in una situazione che gli
impone di salvaguardare e difendere dei beni giuridici determinati contro
pericoli sconosciuti che possono minacciare tali beni (obbligo di protezione),
o di impedire la realizzazione di rischi conosciuti ai quali sono esposti dei
beni indeterminati (obbligo di controllo; DTF 134 IV 255 consid. 4.2.1). Gli
obblighi giuridici in questione possono derivare dalla legge, da un contratto,
da una comunità di rischi liberamente accettata o dalla creazione di un rischio
(art. 11 cpv. 2 CP).

2.3 Tra il comportamento colpevole contrario a un dovere di prudenza e il
decesso della vittima deve altresì sussistere un rapporto di causalità naturale
e adeguata (DTF 122 IV 17 consid. 2c). Nei casi di omissione la questione della
causalità si pone in termini particolari (DTF 134 IV 255 consid. 4.4.1).

2.3.1 Esiste un rapporto di causalità naturale tra un evento e un'omissione, se
il compimento dell'atto omesso avrebbe impedito il verificarsi dell'evento con
una verosimiglianza vicina alla certezza o perlomeno con alta verosimiglianza
(DTF 116 IV 306 consid. 2a; 115 IV 189 consid. 2). L'accertamento della
causalità naturale è una questione che concerne i fatti.
2.3.2 La causalità deve essere anche adeguata. Nei casi di omissione vi è una
relazione di causalità adeguata tra omissione ed evento se il compimento
dell'atto omesso avrebbe potuto evitare, secondo l'andamento ordinario delle
cose e l'esperienza generale della vita, la realizzazione dell'evento stesso
(DTF 117 IV 130 consid. 2a pag. 133).
Tuttavia, la causalità adeguata viene meno, il concatenamento dei fatti
perdendo in tal modo la sua rilevanza giuridica, allorché circostanze
eccezionali, quali ad esempio la colpa di un terzo o della vittima stessa,
sopravvengano senza che potessero essere previste. Il loro carattere
imprevedibile non è di per sé sufficiente per interrompere il nesso di
causalità adeguata: la causa concomitante deve avere un peso tale da risultare
la scaturigine più probabile e immediata dell'evento considerato, e relegare
così in secondo piano tutti gli altri fattori, in particolare il comportamento
dell'agente (DTF 131 IV 145 consid. 5.2; 130 IV 7 consid. 3.2; 121 IV 207
consid. 2a pag. 213).
La causalità adeguata è una questione di diritto.
3. Ricorso di A.________

3.1 Il ricorrente pretende che il verbale del dibattimento del giudice di prima
istanza sia stato redatto in modo arbitrario, lacunoso e incompleto. In urto
con quanto sancito dall'art. 255 cpv. 3 del Codice di procedura penale del 19
dicembre 1994 (CPP/TI; RL 3.3.3.1), il verbale riporterebbe in modo incompleto
e parziale le deposizioni dei testimoni sentiti in aula e non conterrebbe le
risposte da loro fornite alle domande formulate dalla difesa del ricorrente e
degli altri imputati.
3.1.1 La CCRP ha riconosciuto che il primo giudice non ha riportato nella loro
interezza le dichiarazioni nel verbale del dibattimento. Richiamandosi all'art.
288 lett. b CPP/TI, ha però dichiarato la censura inammissibile in quanto il
ricorrente non ha eccepito l'irregolarità "non appena possibile". Essa ha
inoltre rilevato che l'insorgente non indicava peraltro quali sarebbero state
le affermazioni non verbalizzate che lo avrebbero pregiudicato e cosa avrebbero
potuto provare né pretendeva che il verbale contenesse inesattezze o citazioni
non conformi alla realtà.
3.1.2 Secondo la giurisprudenza, ove l'ultima autorità cantonale dichiara un
ricorso inammissibile per ragioni formali e non procede all'esame di merito, il
ricorrente deve addurre perché essa avrebbe accertato in modo arbitrario
l'assenza dei presupposti formali e si sarebbe quindi a torto rifiutata di
procedere all'esame di merito (DTF 118 Ib 26 consid. 2b, 134 consid. 2;
sentenza 6B_489/2007 del 26 novembre 2007 consid. 2.2). Se il ricorrente non lo
dimostra, ma ripropone le argomentazioni di merito addotte davanti all'ultima
istanza cantonale, la censura è inammissibile.

In concreto, l'insorgente non si confronta minimamente con la sentenza
impugnata. Ripropone la sua censura senza previamente contestare
l'inammissibilità della stessa pronunciata dalla CCRP. Non sono quindi dati i
presupposi in questa sede per esaminare nel merito il ricorso su questo punto.
A titolo abbondanziale, si rinvia al considerando 4.1 che segue.

3.2 A mente del ricorrente il giudice di prime cure avrebbe commesso un diniego
di giustizia formale perché ha rifiutato l'escussione dell'ing. N.________.
Questi avrebbe potuto spiegare la situazione e le particolari caratteristiche
della messa in sicurezza di un cantiere come quello della fattispecie.

Il rifiuto di sentire l'ing. N.________ quale teste al dibattimento potrebbe
configurarsi come una violazione del diritto di essere sentito del ricorrente,
diritto sancito all'art. 29 cpv. 2 Cost. Difatti, il diritto di essere sentito
comprende, tra l'altro, il diritto per l'interessato di offrire mezzi di prova
su punti rilevanti e di esigerne l'assunzione (DTF 131 I 153 consid. 3). Tale
diritto non impedisce tuttavia all'autorità di procedere a un apprezzamento
anticipato delle prove richieste, se è convinta che non potrebbero condurla a
modificare la sua opinione (DTF 124 I 208 consid. 4a). In tale ambito, il
giudice gode di un ampio potere d'apprezzamento e la censura di violazione del
diritto di essere sentito coincide con la critica di apprezzamento arbitrario
delle prove (DTF 131 I 153 consid. 3).

Nella fattispecie, in urto al suo dovere di motivazione (art. 42 cpv. 2 e 106
cpv. 2 LTF) l'insorgente non spiega perché, rifiutando l'escussione dell'ing.
N.________, il giudice sarebbe caduto nell'arbitrio. Ne segue l'inammissibilità
della critica.

3.3 Il ricorrente si duole poi della violazione del diritto federale. Atteso
che tra lui e la vittima non vi era alcun contratto di lavoro comportante un
rapporto di subordinazione - richiamandosi alla sentenza 6P.121/2006 del 7
dicembre 2006 - non sarebbe possibile attribuirgli una posizione di garante
fondandosi sulla vOLCostr, come invece ha fatto la CCRP.

Contrariamente a quanto sostenuto nel gravame, la CCRP non ha affatto
riconosciuto il ruolo di garante del ricorrente sulla base della vOLCostr. Essa
ha ritenuto invece che questo ruolo discendesse da una situazione di rischio
creato in precedenza (sentenza impugnata pag. 16). A questo proposito
l'insorgente sostiene di non aver creato lui il pericolo, pericolo
rappresentato dal buco del vano scale coperto da un telone senza un'adeguata
protezione resistente sotto lo stesso. La soletta del primo piano con
l'apertura per il vano scale è stata realizzata dalla L.________SA. Questa
ditta era quindi all'origine del pericolo. In quanto persona preposta alla
sicurezza sul lavoro della L.________SA, il ricorrente era quindi tenuto a
ordinare l'adozione di adeguate misure di sicurezza volte a evitare le cadute
non solo di eventuali terze persone, ma pure dei propri dipendenti. È pertanto
corretto ritenere che il ruolo di garante dell'insorgente nei confronti della
vittima derivi dalla creazione di un rischio ai sensi dell'art. 11 cpv. 2 lett.
b CP.

3.4 L'insorgente è membro della direzione generale della L.________SA con
funzione di coordinatore della sicurezza per tutta la ditta. All'epoca dei
fatti in discussione, si occupava di circa 200 cantieri e svolgeva compiti
prevalentemente amministrativi, tra cui l'istruzione del personale in merito
alla sicurezza. Quale responsabile del cantiere in via X.________, egli aveva
designato B.________ a cui incombeva sia il controllo dell'andamento del
cantiere che il controllo delle norme di sicurezza. B.________ aveva a sua
volta designato M.________ quale capo squadra responsabile del cantiere. Il
ricorrente sostiene che non gli possa essere formulato alcun tipo di
rimprovero. Egli ha infatti scelto, istruito e sorvegliato con cura le persone
a cui ha delegato la responsabilità della sicurezza del cantiere in via
X.________. Sottolinea di aver avuto, per quanto concerne la sicurezza,
unicamente dei compiti generali di istruzione del personale e non anche di
vigilanza del singolo cantiere in quanto questo compito era stato affidato a
B.________ e M.________. In virtù del principio dell'affidamento, il ricorrente
poteva quindi contare sul fatto che i suoi subalterni adempissero i compiti
loro affidati.
3.4.1 Il primo giudice ha imputato al ricorrente una negligenza multipla. Egli
ha infatti scelto un delegato (B.________) occupato con molti cantieri e quindi
non oggettivamente in grado di mantenere uno standard di sicurezza costante.
Inoltre l'insorgente non ha verificato che a sua volta B.________ non aveva
opportunamente delegato il compito di garantire la sicurezza a M.________.
Infine, il giorno dell'incidente il ricorrente non è concretamente intervenuto
a tutela dei suoi operai e di terzi.

La CCRP ha riconosciuto che, a causa dell'impossibilità di coordinare e
predisporre personalmente la sicurezza sul gran numero di cantieri aperti,
A.________ poteva legittimamente affidare tale compito a un subalterno
competente. Sennonché, continua la CCRP, il ricorrente sapeva dell'irregolarità
e non ha fatto nulla per rimediarvi immediatamente, se ne è disinteressato
perché non era più suo compito intervenire, avendo affidato tale compito ad
altri. Benché avesse constatato con i propri occhi che le norme di sicurezza
non erano conformi a quello che lui stesso insegnava e che il compito affidato
ai subalterni non era stato eseguito correttamente, non è intervenuto. Per la
CCRP quindi A.________ ha avuto un comportamento inaccettabile in quanto, quale
persona cognita della materia, non è intervenuto per assicurare immediatamente
il campo di lavoro e correggere coloro che dovevano occuparsene.
3.4.2 Al fine di delimitare le responsabilità dei lavoratori in caso di
divisione del lavoro, la dottrina penale ricorre al principio dell'affidamento
- foggiato nell'ambito della circolazione stradale - per cui ogni utente della
strada che si comporta in maniera corretta può a sua volta confidare nel
corretto comportamento degli altri utenti, nella misura in cui non vi siano
indizi per ritenere il contrario (DTF 124 IV 81 consid. 2b con rinvii). Allo
stesso modo, in caso di divisione orizzontale del lavoro, ogni lavoratore deve
poter legittimamente confidare, in mancanza di elementi che indichino il
contrario, che il suo collega rispetti i propri doveri. In caso di divisione
verticale del lavoro, la dottrina subordina il principio dell'affidamento al
rispetto della cura in eligendo, in istruendo e in custodiendo: il superiore
deve designare una persona ausiliaria qualificata, fornirle le necessarie
istruzioni e sorvegliarla correttamente (Roth, Le droit pénal face au risque et
à l'accident individuels, 1987, pag. 88 segg.; SEELMANN, Commentario basilese,
Strafrecht I, 2a ed. 2007, n. 38 ad art. 11 CP; v. anche sentenza 6B_675/2007
del 20 giugno 2008 consid. 2.2.2.1).
3.4.3 È stato accertato - e qui non contestato - che il giorno dell'infortunio
verso le ore 16.00 A.________ era stato sul cantiere in via X.________ e aveva
notato che i suoi operai stavano lavorando intorno alla rampa delle scale senza
che fosse posata una protezione. Dinanzi a questa constatazione, non ha
intrapreso nulla per ovviare alle irregolarità. Si è giustificato adducendo
che, per le questioni relative alla sicurezza, aveva delegato B.________.
Questi però il giorno dell'incidente non era presente sul cantiere perché
anch'egli aveva molti cantieri a cui badare, ragion per cui aveva delegato a
sua volta il compito di garantire la sicurezza a M.________. Al dibattimento,
M.________ ha affermato però che nessuno gli aveva detto che era il
responsabile del cantiere in questione.

Dai fatti appena esposti appare chiaro che il ricorrente non può prevalersi del
principio dell'affidamento. Come nella circolazione stradale, anche in caso di
divisione del lavoro, infatti, tale principio presuppone l'assenza di elementi
che facciano dubitare del corretto comportamento dei colleghi o dei
subordinati. In casu, l'insorgente aveva constatato con i propri occhi che non
erano state adottate le necessarie misure di sicurezza. Era quindi conscio del
non corretto comportamento dei propri subordinati. Sebbene svolgesse
principalmente compiti di carattere amministrativo (quali l'istruzione sulle
misure di sicurezza), tenuto conto delle sue conoscenze in ambito di sicurezza
sul cantiere, doveva comunque intervenire attivamente e personalmente per porre
rimedio alle irregolarità constatate, non potendosi eclissare dietro la delega
di competenze. Infondata, la censura va dunque respinta.
3.5
3.5.1 A mente del ricorrente, la CCRP avrebbe commesso arbitrio. In modo del
tutto insostenibile, essa avrebbe imputato al ricorrente una negligenza
multipla perché ha scelto un delegato (B.________) occupato con molti cantieri
e quindi non oggettivamente in grado di mantenere uno standard di sicurezza
costante, perché non ha appurato che a sua volta B.________ non aveva
opportunamente delegato l'incombenza della sicurezza e, infine, perché non è
concretamente intervenuto il giorno dell'incidente a tutela dei suoi operai e
dei terzi.

Quanto alla scelta di B.________, l'insorgente sostiene che non sia stato
provato che B.________ non fosse una persona capace di mantenere uno standard
di sicurezza costante. Egli precisa che, secondo l'organigramma della ditta
L.________SA agli atti, B.________ non doveva necessariamente essere sempre
presente sul cantiere. In ordine gerarchico, il responsabile diretto della
sicurezza sul cantiere era il capo squadra M.________, fatto questo
riconosciuto dalla stessa CCRP. Sarebbe inoltre arbitrario e in contrasto con
le dichiarazioni rilasciate due giorni dopo l'incidente ritenere che M.________
non avrebbe ricevuto l'incarico di occuparsi della sicurezza del campo di
lavoro.
3.5.2 Poiché lo stesso ricorrente riconosce che B.________ non aveva l'obbligo
di essere sempre presente sul cantiere, non si scorge quale arbitrio abbia
commesso la CCRP nel ritenere che questi non fosse in grado di mantenere uno
standard di sicurezza costante. Anzi, appare evidente che la presenza non
continua sul cantiere della persona designata quale responsabile della
sicurezza, indipendentemente dalle sue qualifiche, non possa garantire un
controllo effettivo e costante della sicurezza nei lavori di costruzione.

È vero che la CCRP ha riconosciuto in M.________ il responsabile del cantiere
in via X.________. Essa ha tuttavia ritenuto che questi non avesse ricevuto
precisa delega nell'ambito della sicurezza. Questo accertamento non contrasta
affatto con quanto dichiarato dallo stesso M.________ nel corso
dell'istruttoria. Egli si è certo definito come responsabile del cantiere, ma
non ha mai affermato che tra i suoi compiti figurasse anche quello di adottare
le misure di sicurezza. Al contrario, ha precisato di non aver ricevuto
incarichi per la sicurezza. Del resto, B.________ ha ammesso di non aver
delegato a nessuno la questione della sicurezza nel periodo in cui era in
vacanza. La censura di arbitrio si palesa così infondata.
3.6
3.6.1 In relazione all'infrazione di violazione delle regole dell'arte
edilizia, il ricorrente evidenza come non sia sufficiente accertare l'esistenza
di una regola dell'arte edilizia e la sua violazione, ma come occorra inoltre
determinare chi avesse l'onere di rispettarla. A mente dell'insorgente,
un'eventuale misura di protezione dalle cadute nel vano scale doveva essere
adottata solo dall'impresa K.________SA sia perché concerneva la propria zona
lavorativa sia perché l'unica zona stabile della costruzione in quel momento
erano le pareti in muratura della scala. La CCRP avrebbe quindi arbitrariamente
violato il diritto nell'imputare gli obblighi derivanti dall'art. 18 vOLCostr
alla ditta L.________SA invece che a quella della K.________SA. Secondo quanto
contrattualmente stabilito, la responsabilità della sicurezza e della chiusura
del cantiere competeva alla ditta K.________SA. Sarebbe inoltre arbitrario
ritenere che l'unico inconveniente della posa di un pannello di legno sul vano
scale sarebbe stato l'oscuramento dello stesso. Tali conclusioni della CCRP,
continua il ricorrente, sarebbero inaccettabili in quanto non tengono conto
della dinamica dei lavori. Infatti, la collocazione di un pannello avrebbe
intralciato la posa delle pareti attorno al vano scale. Inoltre, avrebbe
impedito l'agibilità del vano ed eliminato la possibilità di manovrare
liberamente in tale zona. Ma v'è di più. L'operaio J.________ stava lavorando
in una posizione a cavallo della soletta del primo piano. In simili
circostanze, sarebbe assurdo e operativamente insostenibile sostenere che il
"buco" doveva essere chiuso durante il giorno con un pannello fisso. Del resto,
nel suo rapporto l'ing. N.________ ha affermato che nel presente caso, per quel
che concerne la sicurezza, le regole dell'arte per la costruzione di una casa
modulare in legno sono state rispettate. La CCRP ha arbitrariamente ignorato le
conclusioni dell'ing. N.________.
3.6.2 Secondo la CCRP, non è concepibile né tollerabile che esistano delle fasi
nella costruzione di una casa in cui non si possa garantire la sicurezza. Le
norme in materia di sicurezza e protezione della salute dei lavoratori nei
lavori di costruzione sono chiare: nessun buco all'interno dell'edificio in
costruzione può rimanere "aperto". Sebbene nella fattispecie non era possibile
disporre attorno al vano scale delle protezioni laterali ai sensi dell'art. 15
vOLCostr, poteva quanto meno essere posto un pannello resistente e ciò malgrado
quanto affermato dall'ing. N.________. La CCRP ha quindi confermato
l'imputazione di violazione delle regole dell'arte edilizia dato che la
sicurezza sul cantiere non era conforme a quanto si poteva pretendere, né di
giorno né tanto meno di sera.
3.6.3
3.6.3.1 Giusta l'art. 18 cpv. 1 della vecchia ordinanza sulla sicurezza e la
protezione della salute dei lavoratori nei lavori di costruzione del 29 marzo
2000 (vOLCostr; RU 2000 1403), in vigore al momento dei fatti, quando
tecnicamente non è possibile o risulta troppo pericoloso installare una
protezione laterale conformemente all'art. 14 vOLCostr o un ponteggio
conformemente all'art. 17 vOLCostr devono essere utilizzati ponteggi di
ritenuta, reti di sicurezza, funi di sicurezza o altre misure di protezione
equivalenti. Il ricorrente sostiene che non spettasse alla ditta L.________SA
adottare simili misure di sicurezza. A torto. Infatti, le persone esposte al
rischio di caduta erano gli operai che lavoravano sulla soletta del primo
piano, ossia gli operai della ditta L.________SA. Spettava pertanto proprio
alla L.________SA prendere le necessarie misure di sicurezza per evitare cadute
nel vano scale (v. art. 328 cpv. 2 CO e art. 82 cpv. 1 LAINF; DTF 109 IV 15
consid. 2a). E come già evidenziato dal primo giudice, essendo fondato sul
diritto pubblico, l'obbligo di disporre le misure di sicurezza necessarie non
poteva essere escluso contrattualmente (v. DTF 104 IV 96 consid. 5).
3.6.3.2 Laddove poi il ricorrente contesta che l'unico inconveniente derivante
dalla posa di un pannello sarebbe stato l'oscuramento del vano scale, egli
argomenta liberamente adducendo fatti non accertati in sede cantonale.

Giova allora rammentare che il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui
fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF) potendoli
rettificare o completare solo ove siano stati accertati in modo manifestamente
inesatto, ossia in maniera arbitraria, o in violazione del diritto ai sensi
dell'art. 95 (art. 105 cpv. 2 LTF), purché l'eliminazione del vizio possa
essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF). La parte
ricorrente che intende scostarsi dagli accertamenti dell'autorità inferiore
deve spiegare in maniera circostanziata in che modo e misura le condizioni di
una delle eccezioni dell'art. 105 cpv. 2 LTF sarebbero realizzate. Se non lo
fa, non è possibile tener conto di un accertamento dei fatti che diverge da
quello contenuto nella sentenza impugnata (sentenza 4A_214/2008 del 9 luglio
2008 consid. 1.2, non pubblicato in DTF 134 III 570). Possono essere addotti
nuovi fatti e nuovi mezzi di prova soltanto se ne dà motivo la decisione
dell'autorità inferiore (art. 99 cpv. 1 LTF).

Nella fattispecie il ricorrente adduce fatti non constatati nella decisione
impugnata senza dimostrare minimamente l'adempimento delle condizioni dell'art.
105 cpv. 2 LTF. Egli avrebbe in particolare dovuto spiegare perché sarebbe
arbitrario aver accertato un fatto o non aver ritenuto un fatto regolarmente
allegato in sede cantonale e in che misura tale fatto avrebbe un influsso
sull'esito del procedimento. Cosa che però l'insorgente si esime dal fare. La
sua critica risulta pertanto inammissibile.
3.6.3.3 È vero che, come afferma il ricorrente, il giudice può ordinare una
perizia per identificare i precetti di prudenza che si imponevano in una data
situazione (DTF 106 IV 264 consid. 1). Nel caso in esame tuttavia nessuna
perizia è stata ordinata, ciò che il ricorrente definisce censurabile senza
però formulare un'argomentazione conforme agli art. 42 cpv. 2 e 106 cpv. 2 LTF.
Non risulta peraltro che egli si sia doluto in sede cantonale della mancata
nomina di un perito giudiziario. Agli atti figura comunque il rapporto
dell'ing. N.________ che, a mente del ricorrente, sarebbe stato arbitrariamente
ignorato. Atteso che l'ing. N.________ non era un perito giudiziario incaricato
secondo le norme della procedura cantonale, bensì un perito di parte, il suo
rapporto non costituisce che una semplice allegazione di parte (DTF 127 I 73
consid. 3f/bb pag. 82; 97 I 320 consid. 3 pag. 325). Contrariamente a quanto
asserito nel gravame, la CCRP ha valutato quanto affermato dall'ing.
N.________, ma ha ritenuto le sue conclusioni sommarie e se ne è pertanto
scostata. Nel contrastare questa affermazione ancora una volta l'insorgente si
avvale di argomentazioni appellatorie e dunque inammissibili in questa sede.

3.7 Il ricorrente contesta che tra le sue negligenze e la morte di G.D.________
sussista un nesso causale. Innanzi tutto egli non poteva prevedere l'infortunio
occorso alla vittima. Nel corso della visita non programmata al cantiere in via
X.________ non ha constatato nessun telone verde in zona scale, dal momento che
al suo arrivo tale telone non era stato ancora posato. L'insorgente non poteva
immaginare che M.________ avrebbe coperto con un telone verde il vano scale
senza rispettare le prescrizioni a lui note, non poteva neppure prevedere che
J.________ disattendesse i suoi compiti di chiusura, di vigilanza e di messa in
sicurezza del cantiere al termine della sua giornata lavorativa, né poteva
infine intuire che la vittima si sarebbe arrampicata di nascosto sui ponteggi
per accedere al primo piano ancora instabile. A mente dell'insorgente, il nesso
causale sarebbe stato interrotto da questi tre imprevedibili eventi.
3.7.1 Per la CCRP, verso le ore 16.00 del 24 settembre 2002, quando il
ricorrente è giunto in via X.________, il cantiere non era sicuro e non lo era
neanche il vano scale. A.________ sarebbe dovuto intervenire per garantire la
sicurezza durante il giorno, assicurandola automaticamente anche per la sera.
Difatti, se egli avesse imposto la posa di pannelli rigidi già durante il
giorno, la sera M.________ non avrebbe sbagliato posando sul vano scale un
semplice telone. Lo stesso vale anche per quel che concerne il presunto errore
di J.________ che avrebbe negletto di assicurare il vano scale e non avrebbe
corretto lo sbaglio di M.________. Se il ricorrente fosse intervenuto ordinando
la posa di assi rigide anche durante il giorno, il presunto errore di
J.________ non sarebbe comunque sussistito.
3.7.2 Anche su questo punto la decisione cantonale va confermata. Il ricorrente
erra quando sostiene che il comportamento di M.________ e quello di J.________
avrebbero interrotto il nesso causale. Il giorno dell'infortunio letale, egli
si è infatti reso conto che il vano scale era privo di qualsiasi protezione
contro le cadute e non ha intrapreso nulla. Come giustamente rilevato dalla
CCRP, se il ricorrente avesse ordinato di adottare le necessarie misure di
sicurezza già durante il giorno, il vano scale non avrebbe più costituito un
pericolo né di giorno né di sera. Il fatto che M.________ o J.________ non
hanno supplito alle mancanze del ricorrente - che si ricorda essere persona
preposta alla sicurezza sul lavoro della L.________SA e quindi cognita delle
misure da adottare - non può essere considerato un fattore interruttivo del
nesso causale. Il loro comportamento non relega affatto quello dell'insorgente
in secondo piano né appare essere la scaturigine più probabile e immediata
della morte di G.D.________. Infondata la censura va quindi respinta.

3.8 Sempre in relazione con il nesso causale, il ricorrente si focalizza poi
sul comportamento della vittima. A mente dell'insorgente, G.D.________ e
H.________ hanno consapevolmente assunto un rischio accresciuto arrampicandosi
sui ponteggi dopo l'orario normale di lavoro senza domandare a nessuno
l'autorizzazione. Tale assunzione di rischio sarebbe oltremodo riprovevole
posto come conoscessero il cantiere e i suoi pericoli, sapessero che avrebbero
dovuto chiedere il permesso di salire a J.________ o alla direzione lavori e
fossero stati avvisati dell'impossibilità di eseguire qualsivoglia lavoro prima
che la ditta L.________SA avesse terminato i lavori di messa in sicurezza della
casa. Nonostante tutto ciò decidono comunque di salire al primo piano. Qui
inoltre chiunque, scorgendo il telone verde, poteva intuire che sotto lo stesso
vi era una situazione di diversità tale da imporre ancora più prudenza. La
diversità con il resto del pavimento era talmente palese da rendere superflua
ogni ulteriore segnalazione. La vittima si assume tuttavia il rischio di
camminarci sopra. Il ricorrente non poteva in nessun caso prevedere che la
vittima avrebbe violato non solo gli avvisi ricevuti, ma addirittura il comune
buon senso, salendo su una soletta instabile e con delle pareti laterali
pericolanti assumendosi per di più il rischio di camminare sopra un telone di
cantiere.
3.8.1 La CCRP ha riconosciuto che il comportamento di G.D.________ non è stato
dei più responsabili, senza tuttavia intravvedere in questo comportamento un
fatto così straordinario e imprevedibile da relegare in secondo piano la colpa
del ricorrente. Difatti, se questi avesse corretto le lacune nella sicurezza
già nel pomeriggio, molto verosimilmente la sera non sarebbe accaduto
l'infortunio in parola. Che poi la vittima abbia sollevato il telone e abbia
perso l'equilibrio cadendo nel vano scale o che - secondo la tesi più
verosimile agli occhi del primo giudice - vi abbia camminato sopra lacerandolo
e cadendo, non ha nessuna importanza. In entrambi i casi, si tratta di
comportamenti che non rivestono quel carattere così straordinario da relegare
in secondo piano la colpa di A.________. Risulta pertanto irrilevante sapere se
la vittima abbia potuto girarsi nella sua caduta.
3.8.2 È vero che la vittima ha assunto un comportamento imprudente, ma non al
punto da interrompere il rapporto di causalità adeguata. In effetti, come già
rilevato dal giudice di prima istanza, il fatto che un proprietario visiti il
cantiere della propria casa in costruzione non ha nulla di straordinario,
soprattutto considerato che nella fattispecie l'architetto lo aveva autorizzato
a effettuare personalmente alcuni interventi motivandolo così a seguire
maggiormente i lavori e considerato pure che non era comunque la prima volta
che qualcuno della famiglia si avvicendava al primo piano. Inoltre il telone
verde che copriva il vano scale e una parte della soletta non costituiva un
elemento che avrebbe dovuto indurre i proprietari a maggiore prudenza. Tale
telone infatti non metteva per nulla in risalto la situazione di pericolo
sottostante, ma al contrario la celava rendendola così più insidiosa. Ed è per
questo che il ricorrente non può essere seguito laddove afferma che la vittima
ha consapevolmente accettato il rischio. Il pericolo di caduta nel vano scale
non era affatto evidente, G.D.________ non poteva quindi percepire il rischio e
di riflesso non poteva accettarlo consapevolmente. Che poi la vittima abbia
camminato sul telone o, come si suppone nel gravame, lo abbia sollevato per
guardare cosa coprisse non è in definitiva rilevante per l'esito del giudizio.
Il nesso causale non sarebbe interrotto né nel primo né nel secondo caso perché
l'imprudenza della vittima non relegherebbe in secondo piano la colpa del
ricorrente consistente nel non aver ordinato le opportune misure contro le
cadute. Lo avesse fatto, l'imprudenza di G.D.________ non avrebbe avuto le
conseguenze che nei fatti ha avuto. Risultano pertanto inammissibili le
critiche di arbitrio riguardo alla dinamica della caduta (v. art. 97 cpv. 1 in
fine LTF), mentre la censura volta a contestare la sussistenza del nesso
causale dev'essere respinta perché infondata.

3.9 In sintesi, riconoscendo A.________ autore colpevole di omicidio colposo e
di violazione delle regole dell'arte edilizia, la CCRP non ha violato il
diritto federale. Il ricorso va quindi respinto per quanto ammissibile.
4. Ricorso di B.________

4.1 Il ricorrente si duole innanzi tutto delle gravi carenze del verbale del
dibattimento e ritiene che la CCRP sia caduta nell'arbitrio respingendo le
relative censure sollevate davanti ad essa. L'ultima autorità cantonale gli ha
rimproverato di non aver eccepito l'irregolarità "non appena possibile", di non
aver indicato quali verbalizzazioni sarebbero state omesse dal primo giudice
nonché di aver omesso di indicare perché il contenuto della telefonata - non
verbalizzata - avvenuta il giorno della disgrazia con A.________ sarebbe
rilevante. A ciò il ricorrente obietta che, in virtù del principio
dell'affidamento e della fairness, la difesa poteva ritenere che gli
accertamenti e le deposizioni cardine sarebbero stati compiutamente e
correttamente riportati nel verbale in ossequio all'art. 255 cpv. 2 e 3 CPP/TI.
Sostiene inoltre di aver indicato nel proprio memoriale di ricorso cantonale
l'importanza di verbalizzare correttamente le dichiarazioni di M.________
nonché la rilevanza della telefonata avvenuta il 24 settembre 2002 tra il
ricorrente ed A.________.
4.1.1 Secondo l'art. 255 del Codice di procedura penale del 19 dicembre 1994
del Cantone Ticino (CPP/TI; RL 3.3.3.1), il verbale del dibattimento deve
indicare, tra l'altro, sommariamente lo svolgimento del dibattimento, nonché
l'osservanza di tutte le formalità essenziali: deve pure menzionare tutti gli
atti scritti dei quali è stata data lettura, le istanze e conclusioni, le
decisioni pronunciate e il dispositivo della sentenza; a richiesta di una
parte, la verbalizzazione di quanto precede può avvenire dettagliatamente (cpv.
2). Nel verbale sono riportate inoltre le risposte dell'accusato, le
deposizioni dei periti e dei testimoni, se queste persone sono interrogate per
la prima volta al dibattimento, o modificano al dibattimento quanto hanno
dichiarato in istruttoria (cpv. 3 lett. b), o d'ufficio o su richiesta delle
parti (cpv. 3 lett. c). Per i dibattimenti celebrati davanti alla Pretura
penale l'art. 275 CPP/TI prevede per la redazione del verbale formalità minori.
Questa regolamentazione non impedisce ovviamente una verbalizzazione che si
riferisca alla norma valida per i processi davanti ad una Corte del Tribunale
penale cantonale, ritenuto che il verbale del dibattimento deve comunque
assolvere i requisiti imposti dal rispetto del diritto di essere sentiti (art.
29 cpv. 2 Cost.) e dall'art. 6 n. 1 CEDU (cfr. DTF 124 V 389; sentenza 6B_84/
2008 del 27 giugno 2008, consid. 1).
4.1.2 Gli assunti del ricorrente, patrocinato da un avvocato, non dimostrano
l'arbitrarietà della contrastata decisione. Nulla impediva l'insorgente di
esigere la verbalizzazione delle dichiarazioni ch'egli riteneva atte a
sostenere la tesi difensiva. Egli, fondandosi anche sul diritto di essere
sentito, aveva il diritto di pretendere che le dichiarazioni di testimoni,
importanti per l'esito del processo e rilasciate nel corso del dibattimento,
figurassero in un verbale: eventuali carenze dovevano tuttavia essere
contestate già durante il dibattimento, visto che, in caso contrario, si può
ammettere una rinuncia al predetto diritto (DTF 126 I 15 consid. 2a/aa;
sentenza 1P.584/1993 del 20 aprile 1994 consid. 5). A ragione quindi la CCRP ha
respinto la censura del ricorrente sulla base dell'art. 288 lett. c CPP/TI
perché non ha "eccepito l'irregolarità non appena possibile". Non avendo
reagito al dibattimento, il ricorrente non può ora rimediare alla sua passività
dolendosi dell'operato del giudice di primo grado in tale ambito. La critica si
rivela infondata già per questa ragione, non v'è quindi luogo di esaminare
l'ulteriore motivazione addotta dalla CCRP per respingere la censura.

4.2 A mente dell'insorgente, la CCRP avrebbe commesso arbitrio nel ritenere che
il capocantiere M.________ non avrebbe ricevuto dal ricorrente una precisa
delega nell'ambito della sicurezza. Tale accertamento misconosce che in un
cantiere vi è sempre una gerarchia ben definita. Ciò era il caso anche per il
cantiere in via X.________. Quale capo squadra è stato designato M.________,
operaio esperto, che si è occupato sin dall'inizio della sicurezza verificando
tra l'altro la posa corretta dei ponteggi. Durante l'istruttoria
predibattimentale lo stesso M.________ ha dichiarato di essersi occupato del
cantiere come responsabile. Queste dichiarazioni, rilasciate subito dopo i
fatti, sono più attendibili di quelle raccolte al dibattimento - a distanza di
cinque anni dai fatti - su cui l'autorità cantonale si è fondata per negare
l'esistenza di una delega. Secondo il ricorrente, l'esperienza professionale,
la preparazione e la formazione adeguate nel campo della sicurezza e
l'effettivo comportamento sul cantiere attestano che vi è stata una chiara
delega anche se non esplicita.

La censura si rivela infondata per i motivi già esposti al considerando 3.5.2
che precede, a cui si rinvia. Basti qui rilevare che il fatto che M.________
fosse un operaio esperto formato nel campo della sicurezza ancora non vuol dire
che avesse ricevuto un'implicita delega per le questioni afferenti la sicurezza
sul lavoro. Su questo punto il ricorrente si limita a contrapporre
semplicemente la propria tesi a quella ritenuta in sede cantonale, senza
tuttavia sostanziare arbitrio. Per quanto concerne invece l'accertamento per
cui l'insorgente avrebbe negletto di delegare la responsabilità della sicurezza
sul cantiere quando è partito in vacanza, questo risulta dalle dichiarazioni
rilasciate dallo stesso ricorrente nel corso del dibattimento (v. verbale del
dibattimento pag. 6). L'insorgente non pretende che il verbale del dibattimento
contenga citazioni non conformi alla realtà. Peraltro, la critica è lungi dal
sostanziare arbitrio.

4.3 L'insorgente critica in seguito l'ultima autorità cantonale per non aver
ritenuto le conclusioni del rapporto dell'ing. N.________. Da tale rapporto si
evince in modo chiaro che nella particolare fase di costruzione in cui si
trovava la casa erano state adottate tutte le norme di sicurezza. Ne segue che
l'adozione di misure di protezione doveva avvenire dal basso, ossia dalla
tromba delle scale che costituiva l'unica zona stabile della costruzione, zona
di competenza della ditta K.________SA. È dunque arbitrario ritenere che la
L.________SA fosse direttamente all'origine del pericolo. Pertanto alla stessa
non può essere rimproverata la violazione di obblighi di protezione ex art. 229
CP.

La censura non ha pregio. L'ing. N.________ ha affermato che la costruzione di
una casa modulare in legno non consente di erigere barriere protettive,
tuttavia ciò non vuol dire - come rettamente rilevato sia dal giudice di prime
cure che dalla CCRP - che non fosse possibile adottare altre misure di
sicurezza meno incisive. L'ultima autorità cantonale ha così ritenuto che il
vano potesse essere protetto con la posa di un pannello resistente. È vero che
nel suo rapporto l'ing. N.________ ha sostenuto che non fosse possibile fissare
dei pannelli orizzontali sulle costruende solette perché non avrebbero permesso
la posa delle pareti attorno al vano scale. Dalla sentenza di primo grado
risulta che il giorno dell'infortunio la L.________SA aveva terminato di posare
la soletta del primo piano e aveva pure posato alcune pareti del primo piano
(sentenza del 15 marzo 2007 pag. 7). Dalle fotografie della polizia scientifica
si evince che le pareti attorno al vano scale non erano ancora state posate il
giorno dell'infortunio (incarto cantonale, atto n. 1, foto 4-7). Non si scorge
perché allora non potesse venir posato un pannello resistente che impedisse le
cadute perlomeno fino al momento di posare le pareti attorno al vano scale. Il
rapporto citato nell'impugnativa, che si rammenta non costituire una perizia
(v. supra consid. 3.6.3.3), non fornisce alcuna precisazione in merito.
Pertanto, occorre concludere che, nel ritenere che il vano scale potesse essere
protetto con la posa di un pannello resistente, la CCRP non ha commesso alcun
arbitrio.

4.4 Arbitrari sarebbero inoltre gli accertamenti in merito alla dinamica della
caduta di G.D.________.

Su questo punto il ricorso risulta inammissibile. Infatti, come già ritenuto
dalla CCRP, nel caso concreto sapere se la vittima abbia sollevato il telone,
abbia perso l'equilibrio e sia caduta o se - secondo quanto ritenuto dal primo
giudice - vi abbia camminato sopra lacerandolo e cadendo non è determinante per
l'esito del giudizio (v. art. 97 cpv. 1 in fine LTF). In entrambi i casi, il
comportamento della vittima non costituirebbe un fattore interruttivo del nesso
causale (v. supra consid. 3.8.2 e infra consid. 4.6.2).

4.5 A mente del ricorrente, la CCRP non avrebbe sanzionato il diniego di
giustizia formale commesso dal giudice di primo grado. Né quest'ultimo né la
Corte cantonale avrebbero infatti considerato che il giorno dell'infortunio
A.________, mentre si trovava sul cantiere, ha telefonato all'insorgente.

Non si scorge, e il ricorrente non spiega, quale rilevanza avrebbe questo
episodio sull'esito del procedimento. Peraltro anche la CCRP aveva osservato
che egli non indicava le ragioni per cui riteneva importante il colloquio
telefonico con A.________ e cosa mirava a provare (sentenza impugnata pag. 20).
Non v'è dunque motivo di soffermarsi oltre sulla critica in quanto
inammissibile (v. art. 97 cpv. 1 LTF).

4.6 Sotto il profilo del diritto materiale, il ricorrente lamenta la violazione
degli art. 11 e 117 CP. Contesta che possa essergli attribuito un ruolo di
garante. Questo ruolo non può essere dedotto dalla vOLCostr, ma tutt'al più da
un obbligo di adottare misure di protezione richieste da uno stato di pericolo
creato in precedenza. Sennonché tale pericolo è da ricondurre all'impresario
incaricato della tromba delle scale e non alla L.________SA. Per quanto
riguarda poi il nesso causale, questo sarebbe stato interrotto dall'imprudente
comportamento della vittima nonché dalle imprevedibili mancanze di M.________.
G.D.________ conosceva i piani, le particolarità del tipo di costruzione, la
pericolosità del primo piano e sapeva della presenza della tromba delle scale,
ciò nonostante ha camminato su una superficie che sapeva essere un campo
minato. La causalità adeguata sarebbe stata interrotta anche perché la vittima
è caduta con la faccia in giù e dunque mentre verificava cosa vi fosse sotto il
telone. Quanto a M.________, malgrado fosse a conoscenza della necessità di
chiudere i buchi nella soletta, la sera dell'infortunio non vi ha provveduto.
4.6.1 Già si è visto (v. supra consid. 3.3) che l'autorità cantonale non ha
affatto dedotto il ruolo di garante dalla vOLCostr, ma ha ritenuto che tale
ruolo discendesse dalla situazione di rischio pregresso a cui è stata esposta
la vittima (sentenza impugnata pag. 16). Contrariamente a quanto preteso nel
gravame, all'origine del rischio non vi è la K.________SA, bensì la
L.________SA. In effetti, secondo quanto accertato dal giudice di primo grado,
fino a qualche giorno prima dell'infortunio il vano scale non era
raggiungibile. È stata la L.________SA a realizzare il primo piano in cui era
presente il buco, piano percorso dalla vittima e buco in cui è caduta. Risulta
pertanto corretto sostenere che la L.________SA fosse all'origine del pericolo.
4.6.2 A torto inoltre il ricorrente si avvale di un'interruzione del nesso
causale. Il comportamento della vittima è certo stato imprudente, ma non
costituisce una circostanza così eccezionale da non poter essere prevista. Che
il proprietario visiti il cantiere della sua futura abitazione infatti non ha
nulla di straordinario soprattutto considerata l'autorizzazione che nel caso
concreto aveva ricevuto per effettuare personalmente alcuni lavori. Pur
ammettendo che, come sostenuto nel ricorso, la vittima conoscesse i piani della
costruzione e sapesse della pericolosità del cantiere in quella fase ove le
pareti in legno erano ancora instabili, la causalità non sarebbe interrotta.
G.D.________ non è deceduto a causa dell'instabilità delle pareti, ma a seguito
della caduta in un buco non protetto contro le cadute appunto. Il fatto poi che
i proprietari sapessero dell'esistenza della tromba delle scale nulla muta. Le
dichiarazioni di H.________ riportate nell'impugnativa non avvalorano la tesi
del ricorrente, anzi. Risulta infatti che dopo una prima esitazione alla vista
del telone, H.________ ha controllato con il piede la solidità della soletta ed
è in seguito passato. Il telone - che copriva tutto il buco e parte della
soletta - non solo nascondeva il pericolo ma lo rendeva più insidioso,
inducendo in errore H.________ e la vittima. Se fossero state prese le misure
di protezione contro le cadute appare evidente che, pur penetrando nel
cantiere, salendo al primo piano e camminando sul telone, G.D.________ non
sarebbe rovinato nel vano scale. In merito all'ipotesi che G.D.________ abbia
alzato il telone per vedere cosa vi fosse sotto, si rinvia a quanto già esposto
per il ricorso di A.________ (v. supra consid. 3.8.2), è sufficiente qui
ribadire che tale comportamento non è un fattore interruttivo del nesso
causale.

Neppure il comportamento di M.________ è un fattore interruttivo della
causalità. Secondo gli accertamenti cantonali esenti da arbitrio (v. supra
consid. 4.2), l'operaio M.________ non ha ricevuto una precisa delega per
adottare le misure di protezione. Non costituisce dunque una circostanza
straordinaria il fatto che egli non abbia provveduto a chiudere i buchi nella
soletta. Il nesso causale tra le omissioni del ricorrente e la morte di
G.D.________ non è quindi stato interrotto. La censura, infondata, va respinta.

4.7 Il ricorrente si sorprende infine della motivazione con cui la CCRP ha
respinto le sue censure relative alla pena. Nel fissare la pena il primo
giudice si è limitato ad affermare che i comportamenti dell'insorgente e di
A.________ dovevano essere posti sul medesimo livello di gravità e che si è
ispirato al metodo "Sollberger" per commisurare le aliquote giornaliere. Il
ricorrente rimprovera la Corte cantonale per aver sostituito tale motivazione
con una altrettanto scarna, invece di accogliere il suo ricorso per violazione
del diritto di essere sentito e di rinviare la causa al primo giudice per
completare gli accertamenti.
4.7.1 Con il titolo marginale "Obbligo di motivazione", l'art. 50 CP impone al
giudice di esporre nella sentenza le circostanze rilevanti per la
commisurazione della pena e la loro ponderazione. Il giudice deve quindi
indicare gli elementi da lui considerati decisivi relativi al reato o
all'autore, in modo tale che sia possibile controllare se e in quale maniera
tutti i fattori rilevanti, sia a favore che a sfavore del condannato, sono
stati effettivamente ponderati. In altre parole, la motivazione deve
giustificare la pena pronunciata e permettere in particolare di seguire il
ragionamento che ne è alla base. Al giudice non incombe tuttavia di esprimere
in cifre o percentuali l'importanza attribuita agli elementi determinanti per
la commisurazione della pena (v. sentenza 6B_472/2007 del 27 ottobre 2007
consid. 8.1 e rinvii).
4.7.2 Effettivamente la motivazione della pena è molto contenuta o parca per
riprendere l'espressione usata dalla CCRP. Il ricorrente - che non contesta
l'entità della pena - si duole della mancata precisazione delle ragioni che
hanno indotto il giudice a fissare il numero e l'ammontare delle aliquote
giornaliere. Orbene, il numero delle aliquote giornaliere è fissato in funzione
della colpevolezza dell'autore (art. 34 cpv. 1 CP), mentre il suo importo è
stabilito secondo la situazione personale ed economica dell'autore al momento
della pronuncia della sentenza (art. 34 cpv. 2 CP). Nella sua motivazione il
giudice ha descritto la colpa del ricorrente e ha inoltre precisato di aver
tenuto conto della situazione economica dell'accusato. L'insorgente non
sostiene che il giudice avrebbe valutato erroneamente la sua colpa né che la
pena inflittagli sia senza alcun rapporto con la sua situazione personale ed
economica. Pertanto, occorre concludere che, seppur succinta, la motivazione
della pena è sufficiente. La critica va quindi respinta.

4.8 Da tutto quanto esposto discende che, per quanto ammissibile, il ricorso di
B.________ va respinto.
5. Ricorso di C.________

5.1 L'insorgente si duole anzitutto del verbale del dibattimento che ritiene
essere lacunoso e arbitrario. Il verbale non avrebbe quindi alcuna fedefacenza
e gli accertamenti dedotti da tale verbale sarebbero di conseguenza arbitrari.
Il ricorrente ammette che, in sede cantonale, la censura era stata sollevata
espressamente dai correi A.________ e B.________, mentre egli si era limitato a
dei rimproveri sparsi, comparabili nondimeno a delle censure formali.

La critica sfugge a un esame di merito. Nelle pagine della sentenza che evadono
il ricorso per cassazione presentato da C.________, la CCRP non si china sulla
questione del verbale del dibattimento. Se ne deve dedurre che o il ricorrente
non ha impugnato formalmente davanti alla CCRP il verbale del dibattimento e
allora la censura sarebbe inammissibile per il mancato esaurimento delle
istanze cantonali (v. art. 80 cpv. 1 LTF), o l'ha fatto e la CCRP non ha
vagliato la doglianza incorrendo in tal caso in un diniego di giustizia
formale. In quest'ultimo caso, davanti a questa Corte il ricorrente avrebbe
allora dovuto imputare alla CCRP un diniego di giustizia formale e non, come in
casu, limitarsi a definire arbitrarie le motivazioni con cui l'autorità
cantonale respinge le censure sollevate dai correi. Impropriamente motivata, la
critica non può non essere dichiarata inammissibile. A titolo abbondanziale, si
rinvia comunque a quanto già esposto al considerando 4.1 che precede.

5.2 A mente del ricorrente, la CCRP sarebbe incorsa nell'arbitrio oltrepassando
il proprio potere di cognizione. Malgrado il primo giudice non accerti la
necessità di posare un pannello resistente o delle barriere protettive, nella
sua sentenza la Corte cantonale si scosta da questo accertamento e ritiene che
nel caso concreto fosse possibile posare un pannello di protezione contro le
cadute nel vano scale.

Il potere cognitivo della CCRP è disciplinato dalla procedura cantonale.
Nell'impugnativa tuttavia manca qualsiasi riferimento alle disposizioni topiche
del codice di procedura cantonale che sarebbero state disattese, interpretate e
applicate in modo arbitrario. Su questo punto dunque il ricorso si palesa
inammissibile perché impropriamente motivato (v. art. 106 cpv. 2 LTF).

5.3 Il ricorrente lamenta arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella
valutazione delle prove in merito alla possibilità, ritenuta dalla CCRP, di
coprire il buco del vano scale con un pannello resistente. Poiché tutti coloro
che sono stati sentiti nel corso dell'istruttoria hanno contestato che fosse
possibile adottare misure di sicurezza quanto meno durante i lavori diurni, le
autorità avrebbero dovuto istruire maggiormente la questione oppure, in assenza
di riscontri probatori, prosciogliere l'imputato in virtù del principio in
dubio pro reo. Le tavole processuali non permetterebbero di ritenere che il
buco del vano scale potesse essere coperto con un pannello resistente. Tale
misura non poteva essere adottata anche perché J.________ "avanzava su" dal
vano scale. La conclusione della CCRP risulta quindi in palese contrasto con
gli atti di causa.
5.3.1 L'insorgente sostiene che, nel corso del dibattimento, A.________ avrebbe
riferito che J.________ "avanzava su" dal vano scale. Questa dichiarazione
tuttavia, come ammesso nel gravame, non figura nel verbale del dibattimento, ma
sarebbe stata annotata dall'avvocato della difesa. Erra il ricorrente laddove
afferma che tali appunti avrebbero la stessa valenza di un verbale
dibattimentale né letto né approvato. Gli appunti dell'avvocato non fanno parte
dell'incarto cantonale e non possono essere equiparati al verbale di cui,
peraltro, la procedura cantonale non prevede né lettura né approvazione. Non è
pertanto possibile tener conto di quanto addotto nel ricorso in relazione a
J.________ in quanto privo di qualsiasi riscontro.
5.3.2 Secondo le dichiarazioni rilasciate durante l'istruttoria - indicate nel
gravame - non sarebbe stato possibile posare un pannello sul vano scale perché
il muratore stava eseguendo dei lavori. Sennonché, interrogato durante il
dibattimento, il muratore in questione ha affermato che, se il vano scale fosse
stato chiuso, egli avrebbe comunque potuto lavorare con l'ausilio di una luce
(verbale del dibattimento pag. 9). Per quanto riguarda la valutazione del
rapporto dell'ing. N.________, per evitare inutili ripetizioni, si rinvia a
quanto già esposto al considerando 4.3 che precede. È sufficiente qui ribadire
che la CCRP non ha commesso arbitrio nel ritenere che il vano scale potesse
essere protetto con la posa di un pannello resistente.

5.4 Nell'impugnativa viene sollevata inoltre la censura di arbitrio in
relazione alla mancata indicazione da parte del Giudice della Pretura penale
delle misure di protezione in concreto attuabili. Egli si è infatti limitato ad
accertare che per la sicurezza non era stato messo in atto nulla e a ipotizzare
possibili misure da adottare, dimostrando in tal modo di non essere in grado di
indicare quale misura andava effettivamente presa nel caso concreto. Il
ricorrente sostiene che occorreva stabilire invece in modo preciso l'atto che
doveva essere compiuto conformemente a quanto imposto dalla DTF 114 IV 130.

Nel respingere la critica, la CCRP ha rilevato come il primo giudice avesse
constatato che quanto fatto per la sicurezza era insufficiente e avesse quindi
formulato delle ipotesi d'intervento tratte dalla vOLCostr e confermate dal
funzionario SUVA interpellato in merito. La stessa CCRP, tuttavia, ha comunque
stabilito nella sua sentenza che il vano scale poteva essere coperto con un
pannello. La Corte cantonale ha quindi indicato in modo chiaro e preciso quale
misura di sicurezza avrebbe dovuto essere adottata. Le censure in merito sono
state tutte respinte, sicché il ricorso si palesa infondato su questo punto.

Quanto poi al rapporto SUVA su cui si è fondata l'autorità cantonale, non
precisa in quale momento, se di giorno o di sera, le misure segnalate come
adeguate dovessero essere adottate. Il funzionario SUVA infatti indica quale
causa dell'infortunio la copertura dell'apertura nella soletta con un telone di
plastica, invece di una copertura resistente alla rottura e solidamente
fissata. Non è dunque arbitrario ritenere che il pannello potesse essere posato
anche durante il giorno.

5.5 Il ricorrente si duole inoltre della violazione del principio accusatorio.
Nel suo decreto di accusa, il Procuratore pubblico ha accusato l'insorgente di
aver violato le regole dell'arte edilizia per aver tollerato che il vano scale
venisse coperto con un semplice telone e omesso di predisporre le necessarie
misure di sicurezza. Benché non ne abbia fatto menzione, il Procuratore
pubblico imputava all'insorgente la violazione dell'art. 16 vOLCostr di cui
riproduceva il contenuto. Il magistrato non ha però indicato quale misura fosse
da adottare nel caso concreto. Il Giudice della Pretura penale non ha
rimproverato al ricorrente di aver tollerato la posa del telone, bensì di non
essersi accertato che il suo ordine fosse stato eseguito. Non avendo confermato
le imputazioni contenute nel decreto d'accusa, il giudice avrebbe dovuto
prosciogliere il ricorrente e non formulare una nuova imputazione disattendendo
quanto disposto all'art. 250 CPP/TI. Mentre il decreto d'accusa contemplava la
violazione dell'art. 16 vOLCostr, il Giudice della pretura penale ha condannato
il ricorrente per violazione dell'art. 18 vOLCostr. L'insorgente ha potuto
impugnare questa nuova imputazione solo con il ricorso in cassazione, rimedio
che non permette di rivedere liberamente i fatti. Egli è quindi stato privato
del diritto a un grado di giurisdizione con pari cognizione. Ne segue una
violazione del principio accusatorio e dei diritti della difesa.
5.5.1 Per la CCRP, il giudice di primo grado non si è fondato su una
fattispecie diversa da quella contenuta del decreto di accusa. I fatti sono
stati ben circostanziati dal magistrato d'accusa, fatti ripresi e discussi dal
Giudice della pretura penale. Non ha nulla a che fare con il principio
accusatorio, continua la CCRP, il fatto che il giudice abbia scorto gli
articoli precisi della vOLCostr applicabili alla fattispecie.
5.5.2 Il ricorrente non sostiene, o comunque non in modo sufficientemente
motivato (v. art. 106 cpv. 2 LTF), che il diritto cantonale di procedura gli
accordi una protezione più vasta di quella che egli può dedurre dalla
Costituzione federale e dalla CEDU delle cui disposizioni si prevale. È
pertanto sufficiente esaminare le sue critiche alla luce delle norme federali e
convenzionali invocate.
5.5.3 In quanto espressione del diritto di essere sentito, contemplato
dall'art. 29 cpv. 2 Cost., il principio accusatorio può essere anche dedotto
dagli art. 32 cpv. 2 Cost. e 6 n. 3 CEDU, i quali non esplicano tuttavia
portata distinta. Questo principio implica che il prevenuto sappia esattamente
quali fatti gli sono rimproverati e a quali pene e misure rischia di essere
condannato, dimodoché possa adeguatamente far valere le sue ragioni e preparare
efficacemente la sua difesa (DTF 126 I 19 consid. 2a pag. 21).

Il principio accusatorio non impedisce all'autorità giudiziaria di scostarsi
dai fatti o dalla qualificazione giuridica ritenuti nell'atto d'accusa, a
condizione tuttavia che vengano rispettati i diritti della difesa (DTF 126 I 19
consid. 2a e 2c). Il principio è leso quando il giudice si fonda su una
fattispecie diversa da quella indicata nell'atto di accusa, senza che
l'imputato abbia avuto la possibilità di esprimersi sull'atto di accusa
adeguatamente e tempestivamente completato o modificato (DTF 126 I 19 consid.
2c). Se l'accusato è condannato per un'infrazione diversa da quella indicata
nell'atto d'accusa, occorre esaminare se egli poteva, tenuto conto delle
circostanze del caso concreto, prevedere questa nuova qualificazione giuridica
dei fatti, in caso affermativo non sussiste alcuna violazione dei diritti della
difesa (DTF 126 I 19 consid. 2d/bb pag. 24).
5.5.4 La qualificazione giuridica dell'infrazione rimproverata al ricorrente
figurava dall'inizio nel decreto d'accusa. Vi si formulava il rimprovero d'aver
"omesso di impartire e predisporre quanto di sua competenza per garantire la
sicurezza e di controllare l'esecuzione di tali misure, in particolare evitare
le cadute nel vuoto, per cui, per negligenza, provocò la morte di G.D.________"
nonché d'aver "omesso di predisporre le necessarie misure di sicurezza, in
particolare far sì che le aperture nei suoli attraverso le quali è possibile
cadere devono essere provviste di protezione laterale o di copertura resistente
alla rottura e solidamente fissata, per cui per negligenza, trascurò le regole
riconosciute dell'arte e pose in pericolo la vita e l'integrità delle persone
ivi operanti". Risultava quindi già chiaramente dal decreto di accusa che al
ricorrente veniva rimproverato un omicidio colposo in relazione alla violazione
delle regole dell'arte edilizia. Ora è vero che con l'accusa di violazione
delle regole dell'arte edilizia il Procuratore si limitava a rimproverare al
ricorrente di aver omesso di predisporre le necessarie misure di sicurezza,
tuttavia con l'accusa di omicidio colposo il magistrato formulava l'ulteriore
rimprovero di aver omesso di controllare l'esecuzione delle misure volte a
garantire la sicurezza. Appariva quindi evidente, già a una prima lettura
globale del decreto di accusa, che il ricorrente veniva biasimato per aver
omesso sia di predisporre le necessarie misure di sicurezza sia di verificare
che queste venissero eseguite. Contrariamente a quanto sostenuto nel gravame,
il giudice non ha quindi aggiunto alcuna nuova imputazione rispetto a quanto
contenuto nel decreto di accusa. La censura di violazione del principio
accusatorio e dei diritti della difesa risulta su questo punto infondata e va
pertanto respinta.
5.5.5 L'insorgente non può essere seguito poi laddove afferma che la violazione
dell'art. 16 vOLCostr e quella dell'art. 18 vOLCostr sono "due reati
differenti". Le suddette disposizioni non descrivono affatto due diversi doveri
di diligenza: in entrambi i casi si tratta di misure di sicurezza volte a
evitare o comunque limitare i rischi di caduta nel corso di lavori di
costruzione. Le due norme sono strettamente connesse tra loro. L'art. 16
vOLCostr stabilisce quali misure debbano di regola essere adottate in presenza
di aperture nei suoli. L'art. 18 vOLCostr si configura come un prolungamento
della prima in quanto precisa che, nel caso le misure elencate all'art. 16
vOLCostr non siano tecnicamente attuabili o la loro installazione risulti
troppo pericolosa, devono essere adottate altre misure di protezione. Ne
consegue che il ricorrente poteva prevedere un rimprovero da parte del giudice
di violazione dell'art. 18 vOLCostr. Anche sotto questo aspetto la censura va
quindi disattesa.

5.6 A mente del ricorrente, trattando la sua censura di violazione dell'art.
229 CP, la CCRP avrebbe commesso arbitrio. Nell'esporre la critica formulata,
la sentenza riporta che l'insorgente adduce che si apprestava a verificare "al
mattino" l'ordine impartito. Sennonché nel suo ricorso per cassazione egli non
ha mai affermato nulla del genere.

In che misura tale preteso arbitrio possa avere un'incidenza sull'esito del
procedimento non è dato di sapere. Lo stesso ricorrente peraltro si domanda se
tale accertamento sia arbitrario anche nel risultato. Non v'è ragione quindi di
dilungarsi oltre.

5.7 Il ricorrente si duole della violazione degli art. 117 e 229 CP. L'autorità
cantonale non ha infatti esaminato le regole dell'arte applicabili né
determinato a chi spettasse il loro rispetto. Le norme afferenti la sicurezza
nei lavori di costruzione devono essere rispettate dai lavoratori, dai datori
di lavoro e dagli impresari. La legge federale del 13 marzo 1964 sul lavoro
(LL; RS 822.11) e la LAINF (RS 832.20) prevedono infatti che, per tutelare la
salute e prevenire gli infortuni, sia il datore di lavoro a dover prendere,
avvalendosi della collaborazione dei dipendenti, tutte le misure adatte alle
circostanze (art. 6 LL e 82 LAINF). Anche secondo il diritto privato (art. 328
CO) e il diritto cantonale (art. 6 cpv. 1 lett. b della legge del Cantone
Ticino del 1° dicembre 1997 sull'esercizio della professione di impresario
costruttore [LEPIC; RL 7.1.5.3]) è dovere del datore di lavoro, rispettivamente
dell'impresa, adottare le necessarie misure di sicurezza a tutela della salute
e dell'integrità personale dei lavoratori. Questi ultimi sono tenuti a
osservare le istruzioni del datore di lavoro in materia di sicurezza e a tener
conto delle norme di sicurezza generalmente riconosciute (art. 11
dell'ordinanza del 19 dicembre 1983 sulla prevenzione degli infortuni, OPI; RS
832.30). L'adozione di misure di sicurezza non essendo compito della direzione
lavori, al ricorrente non può quindi venir rimproverata la violazione delle
regole dell'arte edilizia e di riflesso neppure l'omicidio colposo.

A seguito delle trattative relative alla sicurezza intercorse tra la direzione
lavori, A.________ e B.________, il ricorrente aveva assunto quale unico
compito quello di provvedere ai ponteggi che sono risultati essere a regola
d'arte. La sicurezza all'interno dell'edificio in costruzione spettava invece
alle diverse ditte che vi operavano (K.________SA e L.________SA).
All'insorgente non può pertanto venir ascritta alcuna violazione dell'art. 16 o
dell'art. 18 vOLCostr.
5.7.1 Il ragionamento sviluppato nel gravame è corretto. Il diritto pubblico in
materia di prevenzione contro gli infortuni pone in effetti degli obblighi
essenzialmente in capo ai datori di lavoro e agli stessi lavoratori. Tuttavia
questo non significa che la direzione lavori non sia tenuta a rispettare o a
far rispettare tali obblighi. Contrariamente a quanto addotto nell'impugnativa,
la sentenza 6P.121/2006 del 7 dicembre 2006 non implica l'impossibilità di
ascrivere una violazione delle norme della vOLCostr alla direzione lavori. Il
Tribunale federale si è infatti limitato ad affermare che non sia possibile,
sulla base della LAINF o delle numerose ordinanze che vi si rapportano,
attribuire una posizione di garante alla direzione lavori. Nella fattispecie
però il ricorrente non contesta il suo ruolo di garante (ricorso pag. 28).
Inoltre il caso in esame si contraddistingue da quello della precitata sentenza
in quanto nella fattispecie, come ammesso dallo stesso insorgente, è
applicabile la norma SIA 118.
5.7.2 In virtù dell'art. 104 della norma SIA 118, nell'adempimento dei loro
compiti, l'imprenditore e la direzione lavori sono tenuti a garantire la
sicurezza della manodopera impiegata sul cantiere. Misure di sicurezza sono da
prendere in considerazione già durante la fase di progettazione, in seguito
durante la programmazione dei lavori, in particolare della loro successione,
infine durante l'esecuzione. L'imprenditore adotta le misure di sicurezza
necessarie a prevenire incidenti e garantire l'incolumità. La direzione lavori
è tenuta a sostenerlo.

Al fine di determinare la responsabilità penale del ricorrente, è necessario
circoscrivere le reali competenze legate alla sua funzione di direttore lavori.
La norma SIA 118 conferisce alla direzione lavori la facoltà di sorvegliare
tutte le opere contrattuali dell'imprenditore e, se necessario, di impartire
istruzioni vincolanti (art. 34 e seg.). A seconda delle circostanze, i suoi
rappresentanti non sono solo autorizzati, ma anche obbligati sotto il profilo
penale a intervenire e a dare degli ordini in presenza, per esempio, di una
violazione di elementari disposizioni di sicurezza. Tale dovere d'intervento
vale innanzi tutto quando il direttore lavori è cosciente delle insufficienze e
carenze dell'attività di un appaltatore che possono condurre a pericoli e
lesioni dell'integrità o della vita di terzi (sentenza 6S.181/2002 del 30
gennaio 2003 consid. 3.2.1; sentenza Str. 230/67 del 27 settembre 1967 consid.
1b pubblicata in ZR 67 (1968) pag. 227; Riklin, Zur strafrechtlichen
Verantwortlichkeit des Architekten, in Das Architektenrecht, 3a ed., 1986, n.
1812 e segg.). In altre parole, la direzione lavori deve vegliare
sull'effettiva e corretta applicazione delle prescrizioni di sicurezza sul
cantiere (DTF 104 IV 96 consid. 4; v. anche consid. 1a della sopracitata
sentenza del 27 settembre 1967 del Tribunale federale; Bendel, Die
strafrechtliche Verantwortlichkeit bei der Verletzung der Regeln der Baukunde,
tesi 1960, pag. 44; Idem, Die fahrlässige Tötung und Körperverletzung beim
Bauen, in RPS 79/1963 pag. 32).
5.7.3 Se è vero che, in base al diritto pubblico, la responsabilità primaria
per l'adozione delle misure di sicurezza incombe al datore di lavoro con il
supporto dei lavoratori, la norma SIA 118 attribuisce una sorta di
responsabilità secondaria in capo alla direzione lavori per la sicurezza del
cantiere. La CCRP poteva quindi rimproverare al ricorrente, nella sua veste di
direttore lavori, la violazione delle disposizioni della vOLCostr per non aver
verificato la messa in sicurezza del vano scale. La censura si rivela così
infondata.

5.8 Richiamandosi alla DTF 104 IV 96, il Giudice della Pretura penale ha
ritenuto che dalla direzione lavori si esige una duplice cautela: da un lato
deve predisporre il cantiere in maniera tale da renderlo accessibile nella
misura più sicura possibile, dall'altro deve costantemente verificare che
quanto da lei predisposto venga concretamente effettuato non potendo confidare
ciecamente sul fatto che gli addetti ai lavori adottino le misure prescritte o
previste dalla normativa vigente o dal contratto. Il ricorrente - per cui
questa giurisprudenza non è più d'attualità - fa valere che, contrariamente al
caso di cui alla DTF 104 IV 96, egli ha impartito un ordine a operai
specializzati e poteva quindi confidare sulla sua esecuzione. Peraltro, dopo
aver segnalato il pericolo ordinando di porvi rimedio, l'insorgente stava
recandosi in cantiere per verificare se ciò fosse stato fatto. Egli poteva
nondimeno attendersi che i carpentieri avessero eseguito quanto loro detto al
mattino in virtù del principio dell'affidamento.
5.8.1 Per la CCRP, l'esigenza di vigilanza da parte della direzione lavori
s'imponeva con più forza nella fattispecie, posto come l'architetto aveva
autorizzato i proprietari a effettuare determinati interventi. Ciò poteva
indurlo a ritenere che i proprietari si interessassero maggiormente
all'evoluzione dei lavori della loro casa e quindi potessero, ancorché non
autorizzati, penetrare sul cantiere. Un primo segnale in tal senso lo ha avuto
il giorno precedente l'infortunio quando il suocero di H.________ aveva tentato
di raggiungere il primo piano del cantiere. Come affermato dallo stesso
architetto, lasciare aperto quel buco "era una cosa da irresponsabili". Egli
tuttavia non ha agito di conseguenza imponendo immediatamente di porvi rimedio.
Per liberarsi dalle proprie responsabilità non è infatti sufficiente segnalare
agli operai il difetto senza successivamente verificarne il rimedio. Il giorno
dell'infortunio, il ricorrente si è recato sul cantiere alle ore 08.00, vi è
tornato anche alle ore 15.00 e il buco era ancora "aperto".
5.8.2 Il principio dell'affidamento invocato dall'insorgente non può trovare
applicazione nel caso concreto. Se è vero che egli si è rivolto a degli operai
specializzati e poteva quindi contare che l'ordine dato il mattino sarebbe
stato eseguito, tornando sul cantiere il pomeriggio ha però potuto constatare
che così non è stato. Posto come la CCRP ha accertato senza arbitrio che fosse
possibile adottare delle misure contro le cadute già durante il giorno, quando
è tornato sul cantiere il pomeriggio, il ricorrente doveva esigere l'immediata
messa in sicurezza del vano scale. Infondato, il gravame dev'essere respinto
anche su questo punto.

5.9 A mente del ricorrente, tra l'omissione rimproveratagli e la morte di
G.D.________ non sussisterebbe alcun nesso causale. L'unica causa
dell'infortunio sarebbe da imputare ai due carpentieri che, stendendo il
telone, hanno originato un grave pericolo. La loro colpa sarebbe talmente grave
al punto da chiedersi se non abbiano agito con dolo eventuale. Nel caso in cui
si dovesse comunque riconoscere un nesso causale con l'omissione del
ricorrente, questo sarebbe stato interrotto dal comportamento di A.________
che, recatosi sul cantiere alle ore 16.00, non ha impartito alcun ordine ai
suoi subordinati. In quest'ambito il ricorrente lamenta inoltre un diniego di
giustizia formale perché le censure relative al nesso causale, seppur formulate
nel ricorso per cassazione cantonale, non sono state esaminate dalla CCRP.
5.9.1 Per quanto attiene al preteso diniego di giustizia, il gravame è volto
all'insuccesso. Seppur in modo non dettagliato, la CCRP si è infatti chinata
sul comportamento dei carpentieri M.________ e O.________ (sentenza impugnata
pag. 28-29) evadendo in tal modo la censura formulata nell'impugnativa sulla
quale si tornerà qui appresso (v. infra consid. 5.9.2). Contrariamente a quanto
preteso dal ricorrente, non risulta che egli abbia sostenuto davanti alla CCRP
che il comportamento di A.________ fosse un fattore interruttivo del nesso
causale. Nel suo ricorso per cassazione agli atti infatti, nel capitolo
"Interruzione del nesso di causalità", l'insorgente focalizza la sua censura
sul comportamento dei carpentieri senza minimamente accennare a quello di
A.________. In questa sede il ricorrente non può pertanto rimproverare la Corte
cantonale di non aver esaminato una censura che non le era stata presentata.
5.9.2 Il ricorrente sostiene che i carpentieri hanno agito passivamente
omettendo di prendere i provvedimenti di sicurezza, ma pure per commissione,
violando le più elementari norme di prudenza nel momento in cui hanno coperto
il buco stendendo un telone sul vano e su gran parte della soletta. Il loro
intervento intenzionale avrebbe così interrotto il nesso causale.

Questa tesi non può essere condivisa in quanto non sufficientemente sostenuta
dagli atti dell'incarto. Erra il ricorrente laddove intravede nel comportamento
dei carpentieri una commissione. È vero che essi hanno posato un telone a
copertura del vano scale. Sennonché, secondo gli accertamenti cantonali, il
telo era stato posto con il solo e unico scopo di proteggere le (delicate)
parti in legno al piano terra dalle imminenti piogge e non certo per proteggere
dal rischio di caduta. Sotto il profilo della sicurezza quindi il comportamento
dei carpentieri costituisce un'omissione. A torto inoltre l'insorgente ravvede
in questo comportamento un fattore interruttivo del nesso causale. La CCRP ha
rilevato che il ricorrente sembrava si fosse limitato ad affermare a O.________
che il buco "sembra un po' una trappola per topi" senza aggiungere altro o
esortarlo a porvi rimedio, nessuno gli avrebbe detto di chiudere il buco né di
riferirlo anche a M.________. A questo proposito il ricorrente lamenta arbitrio
non comprendendo dove la Corte cantonale abbia letto ciò. Sennonché nella
stessa sentenza la CCRP ha indicato l'atto dell'incarto su cui si è fondata per
dubitare dell'ordine impartito dall'insorgente (sentenza impugnata pag. 29 in
alto). Sia come sia, se il ricorrente avesse esatto l'immediata messa in
sicurezza del vano scale almeno il pomeriggio - dopo aver constatato che il
buco era ancora aperto - questo non avrebbe più costituito un pericolo né il
pomeriggio né la sera quando la vittima si è recata al primo piano.
5.9.3 Neppure il comportamento di A.________ ha interrotto il nesso causale.
Dagli accertamenti cantonali non risulta che il ricorrente sapesse che
A.________ sarebbe passato in cantiere. Certo, l'omissione di quest'ultimo,
diretto superiore dei carpentieri e persona cognita di sicurezza sul cantiere,
è da biasimare, la sua colpa è grave e costituisce senza dubbio una concausa
del decesso della vittima. Tuttavia il peso del comportamento di A.________ non
è tale da relegare in secondo piano l'omissione dell'insorgente. Le loro
omissioni nei fatti si equivalgono: il ricorrente, conscio del pericolo, non ha
preteso l'adozione immediata di misure di sicurezza; A.________, cognito di
sicurezza nei lavori di costruzione, giunto posteriormente sul cantiere
("casualmente") non si è premurato di ordinare misure volte a evitare il
rischio di caduta nel vano scale. Infondata, la censura va quindi respinta.

5.10 Il ricorrente si prevale infine di un errore sull'illiceità. La
motivazione a sostegno della sua censura è alquanto laconica. Ora l'art. 42
cpv. 2 LTF dispone che nei motivi dell'atto ricorsuale è necessario spiegare in
modo conciso perché l'atto impugnato viola il diritto. Nella fattispecie
l'insorgente rileva che la censura era stata sollevata al dibattimento e
davanti alla CCRP. Nella sentenza di primo grado non vi è traccia e in quella
su ricorso la Corte cantonale si è limitata a dichiararsi allibita. Egli
ritiene che la censura andava affrontata, respingendola se del caso, ma
motivandola in quanto si trattava di sapere se il fatto di segnalare il
pericolo e di ordinare di "rimediare la sera" poteva costituire per il
ricorrente un motivo sufficiente. Non si capisce cosa in realtà sia contestato
nel gravame se un diniego di giustizia, una motivazione insufficiente, arbitrio
o la violazione dell'art. 21 CP, norma quest'ultima nemmeno citata. Le
eventuali censure di natura costituzionale disattendono le accresciute esigenze
di motivazione poste dalla legge e dalla giurisprudenza (v. art. 106 cpv. 2 LTF
nonché DTF 135 III 232 consid. 1.2 con rinvii), ci si limiterà quindi a
vagliare la critica sotto il profilo dell'art. 21 CP.

Il ricorrente sapeva che il buco della soletta costituiva una fonte di pericolo
e sapeva che occorreva porvi rimedio. Vincolato dalla norma SIA 118, doveva
inoltre sapere che in quanto direttore lavori poteva impartire istruzioni
vincolanti. Ora, non si scorge in quale errore sull'illiceità poteva trovarsi,
non potendo pretendere che la segnalazione del pericolo e l'ordine di
"rimediare la sera" fossero delle misure adeguate alla fattispecie. Il vano
scale non protetto infatti costituiva un pericolo non solo in caso di eventuali
visite sul cantiere dei proprietari, ma anche per gli stessi lavoratori attivi
sul primo piano, ciò che il ricorrente non poteva ignorare. Per quanto
ammissibile, la censura va pertanto respinta.

5.11 Da quanto precede risulta che il ricorso di C.________ dev'essere respinto
nella misura della sua ammissibilità.
6. Spese e ripetibili
Giusta l'art. 66 cpv. 1 LTF, le spese giudiziarie sono addossate alla parte
soccombente. Poiché i ricorsi in materia penale presentati da A.________,
B.________ e C.________ si sono rivelati infondati e sono stati respinti in
quanto ammissibili, le spese giudiziarie sono poste a carico degli insorgenti
in parti uguali, ma senza vincolo di solidarietà.

Non v'è ragione per contro di assegnare un'indennità per ripetibili agli
opponenti, che non sono stati invitati a formulare osservazioni sui gravami e
non sono dunque incorsi in spese necessarie (art. 68 cpv. 2 LTF) per la sede
federale.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Le cause 6B_437/2008, 6B_438/2008 e 6B_439/2008 sono congiunte.

2.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso di A.________ è respinto.

3.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso di B.________ è respinto.

4.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso di C.________ è respinto.

5.
Le spese giudiziarie per complessivi fr. 12'000.-- sono poste a carico dei
ricorrenti in parti eguali, senza vincolo di solidarietà.

6.
Non si accordano ripetibili.

7.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico e alla Corte
di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 24 luglio 2009

In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il Presidente: La Cancelliera:

Favre Ortolano Ribordy