Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.188/2008
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Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
6B_188/2008 /biz

Sentenza del 26 agosto 2008
Corte di diritto penale

Composizione
Giudici federali Schneider, presidente,
Ferrari, Eusebio,
cancelliere Gadoni.

Parti
A.________,
ricorrente,
patrocinato dall'avv. Rossano Pinna,

contro

Ministero pubblico del Cantone Ticino, palazzo di giustizia, via Pretorio 16,
6901 Lugano,

Oggetto
carente diligenza in operazioni finanziarie;

ricorso in materia penale contro la sentenza emanata il 31 gennaio 2008 dalla
Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone
Ticino.

Fatti:
-
Con sentenza del 17 luglio 2007 il giudice della Pretura penale del Cantone
Ticino ha riconosciuto A.________ autore colpevole di carente diligenza in
operazioni finanziarie per avere, a Lugano e Melide, nel periodo compreso tra
la fine del 1997 e il luglio 2001, agendo a titolo professionale, nella sua
qualità di fiduciario, accettato di trasferire, prendere in custodia e
collocare valori patrimoniali altrui senza accertarsi, con la diligenza
richiesta dalle circostanze, dell'identità dell'avente diritto economico, in
particolare per avere partecipato, in collaborazione con B.________, alla
gestione e all'amministrazione dei fondi depositati sul conto xxx presso
C.________ intestato alla società D.________ senza avere proceduto
personalmente all'identificazione dell'avente diritto economico di tale
relazione bancaria, fidandosi della dichiarazione di terze persone. Il giudice
cantonale lo ha condannato al pagamento di una multa di fr. 2'000.--, fissando
la pena detentiva in caso di mancato pagamento in 20 giorni.
-
Adita dal condannato, la Corte di cassazione e di revisione penale del
Tribunale d'appello (CCRP) ha respinto in quanto ammissibile il ricorso con
giudizio del 31 gennaio 2008. Ha in particolare ritenuto infondate sia le
censure riguardanti la semplificazione del decreto d'accusa operata dal giudice
della Pretura penale sia quelle riguardanti gli accertamenti di fatto ed ha
rilevato che il reato non era prescritto.
-
A.________ impugna con un ricorso in materia penale al Tribunale federale
questa sentenza, chiedendo in via principale di annullarla per il mancato
adempimento dei presupposti del reato. In via subordinata, chiede
l'annullamento per l'intervenuta prescrizione del reato. Il ricorrente fa
valere l'accertamento manifestamente inesatto dei fatti, la violazione del
principio "in dubio pro reo", del principio accusatorio e degli art. 305ter e
98 CP.
Non sono state chieste osservazioni al gravame.

Diritto:
-
- Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione
l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 133 III 462 consid.
2, 489 consid. 3).
- Presentato dall'imputato, che ha partecipato alla procedura dinanzi alla
precedente istanza e le cui conclusioni sono state disattese (art. 81 cpv. 1
lett. b), diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia
penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità di ultima istanza cantonale (art. 80
cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale è tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e
di massima ammissibile.
- Conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF, il ricorso ordinario
al Tribunale federale può essere presentato per violazione del diritto. Secondo
l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali ragioni l'atto
impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio
solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe
un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se
quest'ultime non sono presentate nella sede federale (DTF 133 II 249 consid.
1.4.1). Le esigenze di motivazione sono inoltre accresciute laddove il
ricorrente lamenta l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e la violazione del
principio "in dubio pro reo". Trattandosi infatti di garanzie di rango
costituzionale, giusta l'art. 106 cpv. 2 LTF il Tribunale federale esamina le
relative censure soltanto se siano motivate in modo chiaro e preciso,
conformemente alla prassi precedentemente in vigore in materia di ricorso di
diritto pubblico (cfr. DTF 133 IV 286 consid. 1.4, 133 II 249 consid. 1.4.2,
133 III 393 consid. 6, 638 consid. 2). In questa misura, argomentazioni vaghe o
meramente appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono quindi
ammissibili (DTF 129 I 113 consid. 2.1 e rinvii). Tale esigenza vale pure
riguardo all'accennata violazione del principio accusatorio, che riguarda
essenzialmente il diritto procedurale cantonale, oltre eventualmente il diritto
costituzionale, e che non risulta adeguatamente proposta in questa sede, il
ricorrente non criticando peraltro più la "semplificazione" del decreto
d'accusa emanato dal Procuratore pubblico (cfr., sul principio accusatorio, la
sentenza 1P.105/2001 del 28 maggio 2001, consid. 1b e 2a/aa, apparsa in: RDAT
II-2001, n. 58, pag. 227 segg.).
-
- Il ricorrente sostiene che mancherebbero le prove per imputargli un
coinvolgimento maggiore nella vicenda se non quello dell'esistenza di una
semplice procura amministrativa a suo favore sul conto D.________. Ritiene che
la CCRP avrebbe in sostanza preteso ch'egli fornisse la documentazione bancaria
relativa ai conti che sarebbero stati da lui gestiti ed alle operazioni
eseguite, obbligandolo in tal modo a dimostrare la sua innocenza. Critica
inoltre la conclusione della Corte cantonale, che ha ritenuto l'assenza di tali
giustificativi bancari sopperita dagli evidenti ed ammessi investimenti
eseguiti dall'imputato sul conto D.________, anche se conformi al mandato
ricevuto.
- Ora, la precedente istanza ha rilevato che non risultava dal verbale del
dibattimento che l'imputato avesse chiesto l'acquisizione agli atti della
documentazione bancaria litigiosa o avesse eccepito una limitazione dei propri
diritti processuali al riguardo. Risultava per contro, che il ricorrente aveva
essenzialmente invocato la prescrizione per buona parte dei fatti imputatigli,
aveva rilevato che il denaro era giunto da una banca solida ed affidabile e
sottolineato che sotto il profilo soggettivo non erano dati i presupposti per
la sua condanna. In questa sede il ricorrente non si confronta con questi
accertamenti, che corrispondono peraltro al verbale del dibattimento. Neppure
egli sostiene, tantomeno con una motivazione conforme alle citate esigenze, che
sarebbe errata la considerazione della CCRP secondo cui egli non negava in
sostanza le operazioni oggetto del procedimento, ma sosteneva semplicemente
ch'esse non comportavano una sua responsabilità di carattere penale. Questa
conclusione è anzi conforme agli atti, ove solo si consideri che, come
rettamente rilevato dalla Corte cantonale, la gestione del conto e la sua
utilizzazione da parte del ricorrente, mediante operazioni bancarie, sono state
da lui confermate in sede di interrogatorio. Poiché, in tali circostanze, i
giustificativi relativi alle singole operazioni bancarie potevano anche essere
superflui per provare la colpevolezza del ricorrente, è senza abusare del
proprio potere di apprezzamento o violare il principio "in dubio pro reo" che
la precedente istanza non ha dato un peso rilevante alla loro assenza.
-
- Il ricorrente lamenta la violazione degli art. 98 e 305ter CP. Rimprovera
alla CCRP di avere a torto negato la prescrizione del reato, considerando il
comportamento incriminato come un'unità di azione. Sostiene che sarebbe per
contro determinante solo la data d'avvio del rapporto di gestione patrimoniale
(1997), sicché il reato sarebbe prescritto.
- L'art. 305ter cpv. 1 CP, nel tenore in vigore dal 1° gennaio 2007, prevede
che chiunque, a titolo professionale, accetta, prende in custodia, aiuta a
collocare o a trasferire valori patrimoniali altrui senza accertarsi, con la
diligenza richiesta dalle circostanze, dell'identità dell'avente economicamente
diritto, è punito con una pena detentiva sino a un anno o con una pena
pecuniaria. Nel tenore previgente, la disposizione comminava la detenzione fino
a un anno, l'arresto o la multa. La fattispecie dell'art. 305ter CP costituisce
un reato di messa in pericolo astratto contro l'amministrazione della
giustizia. Trattasi di un reato speciale ("echtes Sonderdelikt"; DTF 129 IV 329
consid. 2.2). Il comportamento vietato consiste nell'accettare, nell'esercizio
della propria professione nel campo finanziario, valori patrimoniali senza
verificare l'identità dell'avente diritto economico nonostante degli indizi
lascino pensare ch'egli non corrisponda alla parte contrattuale. Al riguardo,
la violazione dell'obbligo d'identificazione è sufficiente, non essendo
rilevante che i valori patrimoniali siano pervenuti all'avente economicamente
diritto mediante un reato. L'oggetto del dovere di diligenza previsto dalla
norma è quindi l'identificazione dell'avente diritto economico (DTF 129 IV 329
consid. 2.5.3 pag. 335, 125 IV 139 consid. 3b). La disposizione mira ad
assicurare la trasparenza nel settore finanziario, affinché chi ricicla
capitali non possa approfittare dell'anonimato delle operazioni finanziarie per
compiere le sue attività criminali. La conoscenza del vero proprietario
economico dei valori patrimoniali facilita le inchieste penali, sicché il fine
ultimo della norma risiede nella protezione dell'amministrazione della
giustizia. Esso è sostanzialmente raggiunto quando l'avente economicamente
diritto è identificato (DTF 129 IV 329 consid. 2.5.4).
- Il ricorrente ha gestito gli averi in deposito dalla fine del 1997 al luglio
del 2001, senza mai accertare l'identità dell'avente economicamente diritto. Il
reato si è quindi realizzato con l'avvio della relazione d'affari senza
procedere all'identificazione della controparte contrattuale. Trattandosi in
concreto di un rapporto d'affari durevole, la situazione illecita per la
mancata identificazione dell'avente diritto economico si è comunque protratta
nel seguito del rapporto di gestione dei fondi, fino alla sua cessazione. La
fattispecie adempie di conseguenza gli estremi di un reato permanente
("Dauerdelikt"; cfr. Niklaus Schmid, Kommentar Einziehung, Organisiertes
Verbrechen, Geldwäscherei, vol. 2, Zurigo 2002, § 6 n. 47 e n. 259; Marlène
Kistler, La vigilance requise en matière d'opérations financières, tesi,
Losanna 1994, pag. 171 e 251; Philippe Grüninger, Die Strafbarkeit der
Verletzung von Sorgfaltspflichten bei Finanzgeschäften, tesi, Zurigo 2005, pag.
58; cfr. inoltre, sulla nozione di reato permanente, DTF 132 IV 49 consid.
3.1.2.2 e rinvii). In tali circostanze, la prescrizione non decorre dalla
commissione del reato nel 1997, bensì, come rettamente rilevato dalla CCRP, dal
giorno in cui ne è cessata la continuazione, in concreto nel luglio del 2001
(cfr. art. 98 lett. c CP, art. 71 lett. c vCP, in vigore dal 1° ottobre 2002
[RU 2002 2993], corrispondente al previgente art. 71 cpv. 3 vCP; DTF 131 IV 83
consid. 2.4.5 pag. 94).
- L'argomentazione ricorsuale secondo cui la distanza temporale tra le diverse
operazioni bancarie accertate escluderebbe un'unità naturale di azione non si
riferisce alla motivazione del giudizio impugnato e non è quindi idonea a
sminuirla: contrariamente a quanto sembra ritenere il ricorrente, la CCRP non
ha infatti ravvisato un'unità naturale di azione, ma, a ragione, un'unità
giuridica di azione. D'altra parte, citando un passaggio dottrinale (René
Schwab/Eric Stupp, Basler Kommentar Börsengesetz, Basilea 2007, n. 8 all'art.
305ter) e sostenendo che il reato di carente diligenza in operazioni
finanziarie è consumato all'avvio della relazione d'affari (in concreto nel
1997), il ricorrente disattende che non ha identificato l'avente economicamente
diritto nemmeno in seguito, sicché, come visto, la situazione contraria al
diritto è continuata anche durante il mandato di gestione dei fondi. Peraltro,
sulla questione, la dottrina citata dal ricorrente non si esprime
esplicitamente e comunque un ulteriore accertamento dell'avente economicamente
diritto o un rinnovo della sua identificazione gli sarebbero spettati anche nel
corso della relazione in caso di dubbio sulla sua identità (cfr. art. 5 cpv. 1
LRD).
-
Ne segue che il ricorso deve essere respinto in quanto ammissibile, sia nella
sua domanda principale sia in quella subordinata. Le spese giudiziarie seguono
la soccombenza e sono pertanto poste a carico del ricorrente (art. 66 cpv. 1
LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
-
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
-
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico del ricorrente.
-
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico e alla
Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone
Ticino.
Losanna, 26 agosto 2008
In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere:

Schneider Gadoni