Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.1004/2008
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

6B_1004/2008
{T 0/2}

Sentenza del 9 aprile 2009
Corte di diritto penale

Composizione
Giudici federali Favre, presidente,
Schneider, Wiprächtiger, Ferrari, Mathys,
cancelliera Ortolano.

Parti
A.________,
ricorrente, patrocinata dall'avv. Fulvio Pezzati,

contro

Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16,
6901 Lugano,
opponente.

Oggetto
Complicità in truffa (art. 25 e 146 CP), falsità in documenti (art. 251 n. 1
CP), principio della celerità,

ricorso in materia penale contro la sentenza emanata il
3 novembre 2008 dalla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Il 5 settembre 2007, il Presidente della Pretura penale ha dichiarato
A.________ autrice colpevole di ripetuta complicità in truffa e di ripetuta
falsità in documenti e l'ha condannata a una pena pecuniaria di dieci aliquote
giornaliere di fr. 170.--, per un totale di fr. 1'700.--, la cui esecuzione è
stata sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni e a una
multa di fr. 1'000.--, fissando a dieci giorni la pena detentiva sostitutiva in
caso di mancato pagamento. A.________ è stata inoltre condannata al pagamento
delle tasse e spese di giustizia.

In relazione alla ripetuta complicità in truffa, a A.________ è stato
rimproverato di avere, nel periodo compreso tra settembre 1997 e marzo 1998,
nella sua qualità di medico assistente presso la clinica Y.________, facente
capo al dr. med. B.________, allo scopo di procacciare a quest'ultimo un
indebito profitto, ripetutamente assecondato il dr. med. B.________ e le
strutture a lui facenti capo nell'ingannare con astuzia gli assicuratori
sociali e in particolare i funzionari delle casse malati preposti al pagamento
delle fatture, così da indurli a compiere atti pregiudizievoli del patrimonio
di terzi, consistenti in particolare nel pagamento di fatture per prestazioni
medico-sanitarie fittizie. L'astuzia dell'inganno è consistita nell'avere
personalmente partecipato all'allestimento di documentazione medica,
rispettivamente accettato l'allestimento di cardex infermieristici da parte di
personale subalterno (per la paziente G.A. degenza D1516 e il paziente G.A.
degenza D1546), documentazione questa attestante dati inveritieri relativi a
prestazioni in realtà mai fornite, poi utilizzata per ottenere la copertura
assicurativa, la quale sarebbe servita da base per la fatturazione e in ogni
caso sarebbe stata idonea a comprovare - anche a fronte di controlli - degenze
e prestazioni in realtà fittizie, più specificatamente per avere allestito
anche personalmente documentazione medica inveritiera su carta intestata e/o
con timbro "Clinica Y.________" (paziente fittizia G.A. degenza D1516 ,
paziente fittizio G.A. degenza D14546).

Quanto al reato di ripetuta falsità in documenti, A.________ è stata condannata
per avere, in occasione delle malversazioni di cui al reato di complicità in
truffa, formato in due occasioni documenti medici falsi - quali la richiesta di
prolungo e il rapporto intermedio/finale malattia - attestanti contrariamente
alla verità, fatti di importanza giuridica, tali da comprovare, contrariamente
al vero, la degenza dei citati pazienti nella struttura medica Y.________ e
ottenere così la copertura assicurativa, nonché giustificare le relative
fatture agli assicuratori sociali.

B.
Con sentenza del 3 novembre 2008, la Corte di cassazione e di revisione penale
del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CCRP) ha parzialmente accolto il
ricorso inoltrato da A.________ avverso la decisione pretorile. Pur confermando
la condanna della ricorrente per titolo di ripetuta complicità in truffa e di
ripetuta falsità in documenti, la Corte cantonale ha ritenuto violato il
principio della celerità e ha pertanto annullato la multa inflitta a
A.________.

C.
Contro la sentenza dell'ultima autorità cantonale, A.________ inoltra al
Tribunale federale un ricorso in materia penale. Lamenta la violazione degli
art. 29 Cost., 6 CEDU, 146 e 251 CP e postula il suo proscioglimento
dall'accusa di truffa e di falsità in documenti.

Invitati a esprimersi sul ricorso, la CCRP e il Procuratore Pubblico si
rimettono al giudizio del Tribunale federale.

Diritto:

1.
Il ricorso dev'essere motivato (art. 42 cpv. 1 LTF) e spiegare in modo conciso
perché l'atto impugnato viola il diritto (art. 42 cpv. 2 LTF). Le esigenze di
motivazione sono accresciute quando, come in concreto, è invocata la violazione
dei diritti costituzionali, del diritto cantonale e del diritto intercantonale.
A norma dell'art. 106 cpv. 2 LTF, infatti, il Tribunale federale procede alla
disamina di tali censure soltanto se sollevate e motivate in modo chiaro e
preciso da parte ricorrente, non verifica d'ufficio il rispetto dei diritti
fondamentali (DTF 133 IV 286 consid. 1.4; 133 III 638 consid. 2). Ne consegue
che l'allegato ricorsuale deve chiaramente indicare i diritti costituzionali
che si pretendono violati, precisando altresì in che consista tale violazione
(DTF 134 I 83 consid. 3.2; 134 V 138 consid. 2.1; 133 III 393 consid. 6).

2.
La ricorrente rimprovera la CCRP per non aver sanzionato né l'utilizzo nel
processo dei verbali dei suoi interrogatori dinanzi alla polizia nonché della
sentenza di condanna del dr. med. B.________ né il rifiuto di sentire
quest'ultimo come teste. La sentenza impugnata violerebbe così i diritti della
difesa, il principio dell'oralità del dibattimento nonché gli art. 29 Cost. e 6
CEDU.

L'insorgente non adduce alcuna violazione del diritto cantonale di procedura, o
meglio, si limita ad accennare a principi fondamentali del processo penale
ticinese che sarebbero stati disattesi. Sennonché, mancando qualsiasi
riferimento alle disposizioni topiche del codice di procedura penale cantonale
e qualsiasi approfondimento su questo punto, non v'è ragione di vagliare il
ricorso sotto il profilo di un'eventuale applicazione arbitraria delle norme di
procedura cantonale (v. art. 106 cpv. 2 LTF). È pertanto sufficiente esaminare
le sue critiche alla luce delle norme federali e convenzionali invocate.

2.1 Il principio dell'immediatezza non è un principio costituzionale
indipendente, né la Costituzione federale né la CEDU garantiscono in modo
illimitato questo principio (sentenza 1P.215/2004 del 26 maggio 2004 consid.
2). È il diritto di procedura (cantonale) che determina in che misura le prove
debbano essere assunte direttamente dal tribunale e se e quali risultanze della
procedura d'istruzione debbano essere scartate (sentenza 1P.277/1997 del 2
dicembre 1998 consid. 4, non pubblicato in DTF 125 I 127). All'accusato
dev'essere in ogni caso concessa la possibilità di far amministrare le prove
essenziali nel corso del procedimento, di modo che sia rispettato il suo
diritto a un equo processo. Nella misura in cui l'accusato ha avuto la
possibilità di far interrogare i testimoni a carico, il tribunale può fondare
la sua decisione sulle dichiarazioni rese durante la procedura d'inchiesta
preliminare o d'istruzione senza contravvenire all'art. 6 CEDU (PIQUEREZ,
Traité de procédure pénale suisse, 2a ed. 2006, n. 1107).

2.2 Come visto, l'uso delle risultanze scritte della fase di inchiesta
preliminare o dell'istruzione formale è retta dal diritto cantonale di
procedura, di cui però la ricorrente non lamenta la violazione con una
motivazione conforme alle esigenze legali (v. art. 42 cpv. 2 unitamente
all'art. 106 cpv. 2 LTF). Né l'art. 29 Cost. né l'art. 6 CEDU si oppongono
all'utilizzo da parte del giudice dei verbali dell'interrogatorio della
ricorrente davanti alla polizia. A.________ sostiene che non sia possibile
utilizzare le dichiarazioni fornite in condizioni non regolari. Quali siano le
condizioni non regolari a cui accenna, ella non spiega minimamente,
contravvenendo così al suo obbligo di motivazione (v. supra consid. 1). Ne
consegue che, nella misura in cui è ammissibile, la censura risulta infondata.

2.3 Anche per quanto concerne l'utilizzo della sentenza di condanna di
B.________ nel procedimento a carico della ricorrente, il gravame è destinato
all'insuccesso. L'insorgente sostiene che non sia possibile condannarla sulla
base di risultanze che non ha potuto contestare né discutere. Orbene, con
ordinanza sulle prove e citazione del 22 marzo 2007, il Presidente della
Pretura penale ha ritenuto che non fosse possibile prescindere dal tenere conto
delle risultanze del procedimento a carico di B.________, dal momento che a
A.________ si imputava di essere stata sua complice. Prima dell'inizio del
dibattimento, l'insorgente sapeva dunque che la sentenza in questione faceva
parte dell'incarto. Orbene, ella non sostiene di non aver potuto consultare
l'incarto, di non aver potuto offrire mezzi di prova atti a contrastare quanto
contenuto nella sentenza in parola o di essere stata impedita a esprimersi
sulla stessa. Certo, la ricorrente lamenta la violazione flagrante dei diritti
della difesa e del principio dell'oralità del dibattimento, ma in modo del
tutto generico, in urto con le esigenze di motivazione sopraesposte (v. consid.
1). Non si giustifica pertanto di dilungarsi oltre su questo aspetto.

2.4 In relazione alla mancata audizione del teste B.________, il ricorso
risulta impropriamente motivato. Come giustamente rilevato dalla CCRP, il
rifiuto del giudice di amministrare questa prova procede da un apprezzamento
anticipato della stessa. Per contestare tale rifiuto, però, la ricorrente non
può limitarsi, come in concreto fa, a invocare genericamente una violazione
degli art. 29 Cost. e 6 CEDU, ma deve piuttosto spiegare perché sarebbe
arbitrario. Infatti, nell'ambito della valutazione delle prove, all'autorità
compete un vasto margine di apprezzamento e il Tribunale federale interviene
soltanto in caso d'arbitrio (DTF 131 I 153 consid. 3, 124 I 208 consid. 4a). Su
questo punto, il gravame risulta pertanto inammissibile, perché non debitamente
motivato. Si rileva di transenna che, come già osservato dalla CCRP, non
risulta che la ricorrente abbia riproposto la sua richiesta di escussione di
B.________ al dibattimento (v. art. 228 CPP/TI), di modo che è legittimo
concludere che, per finire, ella vi abbia rinunciato.

3.
Senza rimettere in discussione l'aspetto oggettivo della complicità in truffa,
la ricorrente contesta di aver agito con dolo eventuale.

3.1 Giusta l'art. 12 cpv. 2 CP, commette con intenzione un crimine o un delitto
chi lo compie consapevolmente e volontariamente. Basta a tal fine che l'autore
ritenga possibile il realizzarsi dell'atto e se ne accolli il rischio. Agisce
con dolo eventuale l'agente che ritiene possibile che l'evento o il reato si
produca e, ciò nondimeno, agisce, poiché prende in considerazione l'evento nel
caso in cui si realizzi, lo accetta pur non desiderandolo (DTF 134 IV 26
consid. 3.2.2).

Ciò che l'agente sapeva, voleva e ha preso in considerazione sono questioni di
fatto (DTF 119 IV 1 consid. 5a pag. 3; 118 IV 167 consid. 4 pag. 174) che
vincolano la Corte di diritto penale tranne quando i fatti sono stati accertati
in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto (v. art. 105 LTF).

In mancanza di confessioni, il giudice può, di regola, dedurre la volontà
dell'interessato fondandosi su indizi esteriori e regole d'esperienza. Può
inferire la volontà dell'autore da ciò che questi sapeva, laddove l'eventualità
che l'evento si produca era tale da imporsi all'autore, di modo che si possa
ragionevolmente ammettere che lo abbia accettato (DTF 130 IV 58 consid. 8.4).
Tra gli elementi esteriori da cui è possibile dedurre che l'agente ha accettato
l'evento illecito nel caso che si produca figurano, in particolare, la gravità
della violazione del dovere di diligenza e la probabilità, nota all'autore,
della realizzazione del rischio. Quanto più grave è tale violazione e quanto
più grande tale rischio, tanto più fondata risulterà la conclusione che
l'agente, malgrado i suoi dinieghi, aveva accettato l'ipotesi che l'evento
considerato si realizzasse (DTF 135 IV 12 consid. 2.3.2 con rinvii). Altri
elementi esteriori rivelatori possono essere il movente dell'autore e il modo
nel quale egli ha agito (DTF 125 IV 242 consid. 3c in fine e rinvii). La
conclusione per cui l'autore ha accettato il risultato non può tuttavia essere
dedotta dal semplice fatto che egli ha agito sebbene fosse consapevole del
rischio della sopravvenienza del risultato, in quanto si tratta di un elemento
comune al dolo eventuale e alla negligenza cosciente (DTF 130 IV 58 consid.
8.4).

3.2 La CCRP ha ritenuto che la ricorrente sapeva sin dal periodo in cui
lavorava in clinica X.________ di irregolarità e di dati falsi nei cardex e ne
ha avuto definitiva certezza dall'inizio del suo impiego in Y.________. Non
poteva quindi non prendere in considerazione che i documenti da lei
sottoscritti relativi a pazienti non suoi contenessero dati contraffatti.
A.________ ha quindi agito con dolo eventuale, perché ha accettato di
sottoscrivere documenti falsi, conscia del fatto che B.________ era solito
prolungare le degenze di pazienti che erano stati (o potevano essere stati)
congedati, e soprattutto senza verificare che quello che si apprestava a
sottoscrivere corrispondesse alla realtà.

3.3 La ricorrente dissente con questa conclusione e sostiene d'aver tutt'al più
agito negligentemente. Afferma di non essere stata a conoscenza e di non aver
mai immaginato che B.________ compisse irregolarità tali da poter beneficiare
di prestazioni da parte delle casse malati di cui lei non sapeva neppure come
funzionassero i meccanismi di erogazione. Inoltre non le si può imputare alcuna
violazione dei doveri di prudenza, anzi ella ha usato tutte le precauzioni,
conformemente alle regole in uso all'interno della clinica Y.________. Non era
tenuta a verificare di persona la presenza fisica della paziente in camera.
L'insorgente sottolinea poi come a B.________ siano state rimproverate oltre
300 degenze fittizie, mentre a lei unicamente due, pari allo 0,66 % del totale.
Questo dato, a mente della ricorrente, confermerebbe la sua tesi, ossia che non
abbia agito con dolo.
3.4
3.4.1 Nel motivare la sua censura, l'insorgente - che non si prevale di
arbitrio nell'accertamento dei fatti - si scosta in modo inammissibile dai
fatti accertati in sede cantonale (v. art. 105 cpv. 1 LTF). Così è laddove
afferma di non essere stata a conoscenza della rete di irregolarità di
B.________, di aver ignorato - perché ha seguito la sua formazione in Italia -
i meccanismi di erogazioni delle prestazioni delle casse malati. Così è anche
laddove la ricorrente fa riferimento a non meglio precisate regole in uso
all'interno della clinica Y.________.
3.4.2 È stato accertato che la ricorrente quando lavorava presso la clinica
X.________ era a conoscenza delle stranezze nel gestire il nosocomio da parte
di B.________. Per sottrarsi alla situazione venutasi a creare, ha chiesto di
essere trasferita in Y.________. B.________ ha preso in mano la gestione di
quest'ultima clinica, iniziando anche qui con le pratiche dei "pazienti
irregolari". Dall'arrivo di B.________ in Y.________, l'insorgente ha capito
cosa stava succedendo, tant'è che pochi mesi dopo ha rassegnato le dimissioni.
Era venuta a conoscenza dell'esistenza di irregolarità anche in clinica
Y.________ e ha ammesso che le stesse venivano effettuate a scopo di lucro.
Nella sua veste di medico, A.________ si occupava solo di pazienti gravi (a
rischio suicidale). Degli altri pazienti della clinica non si occupava e
neppure aveva proposto di occuparsene in quanto aveva intuito che nel nosocomio
vi erano delle irregolarità e voleva "starne alla larga".
3.4.3 Alla ricorrente era quindi ben noto il rischio concreto di attestare
delle falsità nel sottoscrivere documenti relativi a pazienti non suoi e che
non vedeva perché, secondo quanto accertato in sede cantonale, in quei mesi non
effettuava le visite ai piani dei degenti che non le erano stati assegnati. In
simili circostanze, la probabilità di attestare delle falsità era molto grande
e la mancata verifica delle informazioni contenute nei documenti non può non
costituire una grave violazione del dovere di diligenza. Questi elementi
permettono senz'altro di escludere la negligenza. Pur non desiderandolo, la
ricorrente ha accettato di contribuire alla truffa messa in atto da B.________
e ha pertanto agito con dolo eventuale. Che all'insorgente siano state
rimproverate solo due degenze, a fronte delle oltre 300 all'autore principale,
nulla muta, essendo un elemento rilevante per la commisurazione della pena,
elemento tenuto in debita considerazione in sede cantonale dove le è stato
riconosciuto un ruolo assai marginale.

Ne segue che la condanna della ricorrente per ripetuta complicità in truffa non
viola il diritto federale.

4.
Nell'impugnativa viene inoltre contestata la condanna per titolo di falsità in
documenti. Il contenuto medico degli atti sottoscritti dalla ricorrente è tale
da doverli ritenere certificati medici ai sensi dell'art. 318 CP e non
documenti falsi giusta l'art. 251 CP.

4.1 La CCRP ha ritenuto che la richiesta di prolungo del 22 dicembre 1997 e il
rapporto intermedio/finale del 21 gennaio 1998 avevano quale scopo principale
quello di sollecitare una prestazione dalla cassa malati. I documenti
sottoscritti dalla ricorrente hanno permesso a B.________ di conseguire un
indebito profitto a danno delle casse malati. Dal momento che l'art. 318 CP
sembra sanzionare il medico che potrebbe, lui solo, trarre vantaggio dalla
falsa attestazione, la CCRP ha concluso che alla fattispecie fosse applicabile
l'art. 251 CP.

4.2 Adempiono il reato di falso certificato medico ai sensi dell'art. 318 n. 1
CP i medici, i dentisti, i veterinari e le levatrici che intenzionalmente
rilasciano un certificato contrario alla verità, il quale sia destinato ad
essere prodotto all'autorità od a conseguire un indebito profitto o sia atto a
ledere importanti e legittimi interessi di terzi. Le ipotesi contemplate dalla
norma sono alternative, ma possono sovrapporsi e cumularsi (sentenza 6B_152/
2007 del 13 maggio 2008 consid. 3.2).

Il certificato medico è uno scritto che attesta lo stato di salute di una
persona (o di un animale), la sua capacità lavorativa (sentenza 4C.156/2005 del
28 settembre 2005 consid. 3.5.2, in SJ 2006 I pag. 221), oppure la forma di
trattamento medico alla quale è sottoposta (Boog, in commentario basilese,
Strafrecht II, 2a ed. 2007, n. 3 ad art. 318 CP).
Il certificato è contrario alla verità quando fornisce un quadro inesatto dello
stato di salute della persona (o dell'animale), delle sue conseguenze o delle
misure ordinate sulla base di questo stato (Boog, op. cit., n. 3 ad art. 318
CP).
4.3
4.3.1 Il Tribunale federale non si è ancora mai pronunciato sulla relazione
esistente tra il reato di falso certificato medico e quello di falsità in
documenti. Ha confermato la condanna per falsità in documenti ai sensi
dell'art. 251 CP di medici che avevano rilasciato false ricette mediche
(sentenza 6P.6/2007 del 4 maggio 2007 consid. 9) o falsi fogli di malattia (DTF
103 IV 178), senza tuttavia vagliare i casi alla luce dell'art. 318 CP. Il
rapporto tra gli art. 251 e 318 CP non è stato esaminato neppure nell'ambito
della sentenza 6B_152/2007 relativa alla condanna di un medico per falso
certificato medico.
4.3.2 L'art. 318 CP costituisce una disposizione speciale e privilegiata
rispetto all'art. 251 CP. Il falso certificato medico è una forma particolare
di falsità in documenti, ma la pena comminata per questo reato speciale è più
lieve: l'art. 251 n. 1 CP punisce con una pena detentiva sino a cinque anni o
con una pena pecuniaria chi, segnatamente, forma un documento falso al fine di
procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, mentre l'art. 318 n. 1 CP
sanziona con una pena detentiva sino a tre anni o con una pena pecuniaria il
medico che intenzionalmente rilascia un certificato contrario alla realtà il
quale sia destinato a conseguire un indebito profitto. Il legislatore ha così
sottratto il falso certificato medico alla severità dell'art. 251 CP (DTF 76 IV
81 consid. 2a pag. 90). Per gran parte della dottrina questo trattamento
privilegiato del medico non è giustificato (STRATENWERTH/BOMMER, Straftaten
gegen Gemeininteressen, 6a ed. 2008, pag. 443; DONATSCH/WOHLERS, Delikte gegen
die Allgemeinheit, 3a ed. 2004, pag. 460; TRECHSEL ET AL., Schweizerisches
Strafgesetzbuch: Praxiskommentar, 2008, n. 1 ad art. 318 CP; CORBOZ, Les
infractions en droit suisse, vol. II, n. 15 ad art. 318 CP). La revisione dei
reati contro il patrimonio e falsità in documenti del 17 giugno 1994 non ha
apportato modifiche alla discrepanza di pene tra l'art. 251 e 318 CP (BOOG, op.
cit., n. 1 ad art. 318 CP).
4.3.3 L'art. 318 CP prevale sull'art. 251 CP (Robert, Das falsche ärztliche
Zeugnis (Art. 318 StGB), SJK n. 141, stato: 1995, pag. 8; Boog, op. cit., n. 16
ad art. 318 CP; Stratenwerth/Bommer, op. cit., pag. 445; Corboz, op. cit., n.
15 ad art. 318 CP). Quando il documento contrario alla verità è un certificato
medico rilasciato da un medico, un dentista, un veterinario o una levatrice,
solo l'art. 318 CP entra in considerazione. Nel caso in cui gli elementi
costitutivi del reato di falso certificato medico non siano riuniti, perché ad
esempio il certificato non è destinato a conseguire un indebito profitto o non
è atto a ledere importanti e legittimi interessi di terzi, non è possibile
perseguire l'autore per il reato più generale della falsità in documenti.
L'art. 251 CP non può dunque trovare un'applicazione sussidiaria, in quanto, in
caso contrario, il medico, il dentista, il veterinario o la levatrice
rischierebbero di incorrere in una pena più severa (Boog, op. cit., n. 16 ad
art. 318 CP; German, Interpretation gemäss den angedrohten Strafen, RPS 54/1940
pag. 358; Logoz, Commentaire du code pénal suisse, partie spéciale II, 1956,
pag. 767; Noll, Zur Frage der sogenannten Deckrezepte, RPS 72/1957 pag. 72).

Una parte della dottrina, pur riconoscendo il carattere speciale dell'art. 318
CP, non esclude l'applicazione dell'art. 251 CP in caso di certificato medico
contrario alla verità. Thormann/von Overbeck propugnano l'applicazione
dell'art. 251 CP nel caso in cui gli elementi costitutivi, segnatamente il
disegno speciale, di questa norma siano riuniti, dal momento che il reato di
falso certificato medico non mira a favorire le persone menzionate all'art. 318
CP (Thormann/von Overbeck, Das schweizerisches Strafgesetzbuch, vol. II, 1941,
n. 6 ad art. 318 CP). Per Corboz, laddove il medico forma un certificato medico
inveritiero non mosso da compassione per il suo paziente ma dalla sola
prospettiva di arricchirsi, solo l'art. 251 CP entra in considerazione
all'esclusione dell'art. 318 CP (Corboz, op. cit., n. 15 ad art. 318 CP).
Sennonché, il movente dell'autore non pare essere un criterio efficace per
determinare l'applicazione di una o l'altra delle disposizioni in questione,
atteso che il giudice è chiamato a considerare quest'elemento al momento di
commisurare la pena alla colpa dell'autore (v. art. 47 cpv. 2 CP). Inoltre,
secondo Scherer, il disegno speciale dell'art. 251 CP consistente nel
procacciare un indebito profitto o nel nuocere al patrimonio o ad altri diritti
di una persona corrisponde al conseguire un indebito profitto rispettivamente a
ledere importanti e legittimi interessi di terzi dell'art. 318 CP (Scherer,
Strafbare Formen falscher schriftlicher Erklärungen, 1977, pag. 140).

Per effettuare il discrimine tra l'art. 251 e l'art. 318 CP occorre quindi
fondarsi unicamente sulla natura del documento inveritiero e sulla veste in cui
l'autore dell'infrazione agisce. Qualora il documento sia un certificato medico
e l'autore agisca in qualità di medico, dentista, veterinario o levatrice, solo
l'art. 318 CP può trovare applicazione e il reato di falsità in documenti
dell'art. 251 CP non può essere preso in considerazione neppure a titolo
sussidiario.

4.4 Nella fattispecie, la ricorrente ha agito nella sua veste di medico. I
documenti da lei sottoscritti avevano quale scopo quello di sollecitare una
prestazione dalle casse malati ed erano quindi atti a ledere importanti e
legittimi interessi di terzi (v. sentenza 4C.156/2005 del 28 settembre 2005
consid. 3.5.5, in SJ 2006 I 221). Gli scritti in questione contengono la
diagnosi, la terapia attuata, l'indicazione di ulteriori trattamenti previsti
(richiesta di prolungo alla cassa malati C.________ del 22 dicembre 1997) o la
durata della degenza e l'incapacità lavorativa del paziente (rapporto
intermedio/finale del 21 gennaio 1998 destinato alla D.________). Trattasi
pertanto di certificati medici ai sensi dell'art. 318 CP (v. supra consid.
4.2). In simili circostanze, solo il reato di falso certificato medico poteva
essere rimproverato all'insorgente. La sua condanna per falsità in documenti
giusta l'art. 251 CP viola così il diritto federale. La sentenza impugnata è
quindi annullata e la causa rinviata all'autorità cantonale per nuova decisione
sulla pena atteso che, come già evidenziato dalla stessa CCRP, il reato di cui
all'art. 318 CP è prescritto (art. 97 cpv. 1 lett. c CP e art. 318 CP).

5.
La CCRP ha accertato la violazione del principio della celerità. Dal momento in
cui la ricorrente ha avuto cognizione del procedimento a suo carico (19 gennaio
1999) a quello in cui è stata giudicata in prima istanza (5 settembre 2007),
sono trascorsi oltre otto anni. Dal 7 aprile 1999 (data del secondo
interrogatorio di A.________ davanti alla polizia) all'8 aprile 2004 (data
dell'apertura formale del procedimento a suo carico), ossia per ben cinque
anni, nei confronti della ricorrente non si è proceduto ad alcun atto
istruttorio. Ciò che giustamente la CCRP ha ritenuto inammissibile.
L'insorgente ha dovuto ancora aspettare altri tre anni e mezzo prima di essere
giudicata, tenuto conto di quanto effettuato durante questo periodo, per
l'autorità cantonale si è trattato di tempi accettabili. Quale sanzione per
questa violazione l'autorità cantonale ha annullato la multa inflittale dal
primo giudice.

5.1 A mente dell'insorgente, la Corte cantonale avrebbe sanzionato in modo
insufficiente la violazione del principio della celerità. A causa del
procedimento penale pendente nei suoi confronti, la carriera professionale
della ricorrente è stata bloccata: non ha potuto ottenere una nomina, non le è
mai stata attribuita la qualifica di medico aggiunto con il corrispondente
stipendio, non ha potuto concorrere per un posto di maggior responsabilità. A
ciò va poi aggiunto che ella non ha potuto presentare una domanda di
naturalizzazione che sarebbe in ogni caso stata sospesa sino al termine della
procedura. La ricorrente rileva inoltre come alcuni infermieri che hanno
eseguito delle iscrizioni false, senza alcuna giustificazione, sono stati
condannati a una multa di fr. 200.--. Ciò posto, A.________ chiede l'abbandono
totale del procedimento o quanto meno l'esenzione da qualsiasi pena.

5.2 Dal momento che i ritardi accumulati nel corso della procedura penale non
possono essere sanati, il Tribunale federale ha dedotto dalla violazione del
principio della celerità delle conseguenze a livello di pena. La violazione di
tale principio comporta di regola una riduzione della pena e, talvolta,
addirittura l'esenzione da pena oppure ancora, quale ultima ratio in casi
estremi, l'abbandono del procedimento (DTF 133 IV 158 consid. 8 con rinvii).
Per stabilire quale conseguenza debba sanzionare la violazione del principio
della celerità, occorre tener conto sia dell'impatto sull'accusato dei ritardi
della procedura sia della gravità dei reati rimproveratigli nonché della pena
che sarebbe stata irrogata se non ci fosse stata alcuna violazione del
principio in questione. Anche gli interessi dei danneggiati devono essere presi
in considerazione. Il giudice è tenuto ad accertare se vi sia stata una
violazione del principio della celerità e, se del caso, a illustrare in che
misura ne ha tenuto conto (sentenza 6P.128/2001 del 18 dicembre 2001 consid. 11
c/bb).

La violazione del principio della celerità è divenuta nei fatti una circostanza
attenuante a pieno titolo (DTF 130 IV 54 consid. 3.3.2 pag. 56). Considerata la
stretta relazione fra tale violazione e l'art. 47 CP (v. DTF 130 IV 54 consid.
3.3.2 pag. 56), nel valutare le conseguenze sulla pena di una violazione del
principio della celerità, il Tribunale federale si impone la stessa riserva di
cui fa prova nell'ambito della commisurazione della pena, intervenendo solo
quando il giudice cade nell'eccesso o nell'abuso del suo potere di
apprezzamento.

5.3 Nel caso concreto, la CCRP ha riconosciuto alla ricorrente una riduzione
della pena di quasi la metà rispetto a quanto inflittole dal giudice di primo
grado. La Corte cantonale ha precisato che se da un lato la complessità del
procedimento a carico di B.________ ha eccessivamente e ingiustificatamente
ritardato l'istruzione dell'inchiesta a carico della ricorrente, dall'altro non
si può sottovalutare l'importante mole di lavoro per l'intera inchiesta "z."
che ha coinvolto più di cento persone. Inoltre, ha aggiunto la CCRP, la
ricorrente si è subito adoperata per trovare un nuovo posto di lavoro, dandosi
così un serio aiuto per contrastare l'angoscia del procedimento pendente a suo
carico, di cui addirittura pare che per un certo tempo si sia dimenticata.
L'ultima autorità cantonale ha quindi annullato la multa di fr. 1'000.--,
ritenendo non immaginabili ulteriori sconti di pena. La pena restante (dieci
aliquote giornaliere di fr. 170.-- ciascuna), infatti, risultava mite al limite
dell'indulgenza.

In simili circostanze, l'entità della riduzione pronunciata non appare
risultare da un eccesso o un abuso del potere di apprezzamento di cui
l'autorità cantonale disponeva. Del resto, la ricorrente non adduce alcun
pregiudizio particolarmente grave causato dai ritardi della procedura che
giustificherebbe di pronunciare addirittura l'abbandono del procedimento. Le
ripercussioni sulla sua vita professionale e su un'eventuale procedura di
naturalizzazione avanzate nel gravame non sono connesse con la violazione del
principio della celerità, ma sono inerenti all'esistenza stessa di un
procedimento a suo carico. Non si ravvisa nella fattispecie quel caso estremo
che giustifica quale ultima ratio addirittura l'abbandono del procedimento. La
censura si palesa così infondata e va respinta.

6.
Da tutto quanto esposto discende che il ricorso dev'essere accolto
limitatamente alla censura afferente la condanna dell'insorgente per titolo di
falsità in documenti. Per il resto, il gravame va respinto nella misura della
sua ammissibilità. La sentenza impugnata è quindi annullata e la causa rinviata
all'autorità cantonale per nuovo giudizio. A.________ dovrà essere prosciolta
dall'accusa di falsità in documenti e, di conseguenza, la sua pena
ricommisurata.

Per la parte in cui risulta vincente, alla ricorrente va riconosciuta
un'indennità per spese ripetibili, sopportata dal Cantone Ticino (art. 68 cpv.
1 LTF).

Poiché il ricorso è stato dichiarato in parte inammissibile o infondato, una
parte delle spese giudiziarie sono poste a carico della ricorrente (art. 66
cpv. 1 e 4 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è parzialmente accolto e per il
resto è respinto. La decisione emanata dalla Corte di cassazione e di revisione
penale del Tribunale d'appello il 3 novembre 2008 è annullata e la causa viene
rinviata all'autorità cantonale per nuovo giudizio.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente.

3.
Il Cantone Ticino verserà a A.________ un'indennità di fr. 1'500.-- a titolo di
ripetibili della sede federale.

4.
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Ministero pubblico e alla
Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone
Ticino.

Losanna, 9 aprile 2009

In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera:

Favre Ortolano