Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 4A.228/2008
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
4A_228/2008

Sentenza del 27 marzo 2009
I Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Klett, Presidente,
Corboz, Rottenberg Liatowitsch, Kiss, Marazzi,
Cancelliera Gianinazzi.

Parti
A.________SA,
ricorrente,
patrocinata dagli avv. Paolo Bernasconi e
Maurizio Roveri,

contro

Fondazione B.________,
opponente,
patrocinata dall'avv. Mario Molo.

Oggetto
responsabilità della banca,

ricorso in materia civile contro la sentenza emanata
il 10 aprile 2008 dalla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone
Ticino.

Fatti:

A.
Nel 1992 la fondazione B.________, fondazione del diritto del Liechtenstein le
cui beneficiarie economiche sono tre sorelle italiane, ha trasferito il proprio
patrimonio di oltre 3 milioni di franchi su di un conto presso la A.________SA.
Le tre sorelle sono state regolarmente indicate nel formulario A quali aventi
diritto economico.

Il trasferimento dei fondi va ricondotto all'entrata nel consiglio di
fondazione di C.________, il quale già gestiva altre fondazioni facenti capo a
parenti delle tre sorelle, i cui beni erano depositati su conti presso il
medesimo istituto di credito.
A.a Pochi giorni dopo l'apertura del conto, C.________ ha costituito in pegno
gli averi della fondazione a garanzia dei crediti (attuali e futuri) della
A.________SA nei confronti della società F.________Ltd, della quale egli era
beneficiario economico ed organo; ad inizio 1998 tali crediti avevano raggiunto
gli importi di fr. 2'197'737.-- e US$ 1'048'475.--. Inoltre, fra il mese di
dicembre 1995 e il mese di novembre 1997, C.________ ha effettuato a più
riprese dei prelievi dal conto della fondazione, per uso proprio, per un totale
di fr. 177'993.-- e US$ 45'000.--.
A.b Agli inizi del 1998 le beneficiarie economiche, avvertite dai parenti
beneficiari delle altre fondazioni di famiglia gestite da C.________, hanno
scoperto l'esistenza della messa a pegno degli averi della fondazione e i
prelevamenti illeciti a debito del conto della fondazione B.________.
A.c A seguito di questi fatti, contro C.________ è stato avviato un
procedimento penale che non ha ancora potuto essere concluso a causa della sua
età avanzata e del suo precario stato di salute.

B.
Rimproverando alla A.________SA di aver fatto prova di grande negligenza
omettendo d'individuare il conflitto d'interessi esistente tra la fondazione e
il suo organo nell'ambito dell'operazione di messa a pegno dei suoi beni e
d'informarla dei prelevamenti operati da C.________, il 9 maggio 2001 la
fondazione B.________ l'ha convenuta direttamente dinanzi al Tribunale
d'appello del Cantone Ticino, onde ottenere l'accertamento della nullità
dell'atto di costituzione di pegno a favore della banca e il conseguente storno
di tutte le operazioni di addebito del suo conto eseguite a dipendenza di
questo, nonché la condanna dell'istituto di credito al pagamento del
controvalore degli importi indebitamente prelevati da C.________. Essa ha
inoltre chiesto la liberazione della cauzione processuale e il versamento di un
importo pari al 5 % sulla somma di garanzia prestata, di fr. 150'000.--, a
partire dal 25 settembre 2001.

Con sentenza del 10 aprile 2008, la II Camera civile del Tribunale adito ha
parzialmente accolto la petizione. I giudici cantonali hanno in primo luogo
negato la validità dell'atto di costituzione di pegno, non potendosi ammettere
il potere di rappresentanza di C.________ in tale circostanza: la messa a pegno
degli averi della fondazione non era infatti prevista dagli scopi della stessa
ed era in contrasto con gli intendimenti di gestione del conto, comunicati alla
banca al momento della sua apertura; il conflitto d'interessi tra la fondazione
e il suo organo C.________ era inoltre evidente, visto che l'atto beneficiava a
una società di cui egli era amministratore e proprietario, ciò che la banca
sapeva. Di qui l'accoglimento della domanda tendente all'invalidazione
dell'atto di costituzione di pegno e allo storno delle operazioni di addebito
effettuate a dipendenza di esso. Quella concernente la restituzione degli
importi indebitamente prelevati da C.________ è stata invece ammessa
limitatamente a fr. 102'993.10, oltre interessi, poiché - hanno rilevato i
giudici ticinesi - nonostante la negligenza imputabile alla banca, la
fondazione è tenuta a sopportare qualche conseguenza della cieca fiducia
riposta in C.________. Le richieste relative alla liberazione della cauzione
processuale sono state disattese.

C.
Il 15 maggio 2008 la A.________SA è insorta dinanzi al Tribunale federale con
ricorso in materia civile, postulando la modifica della sentenza impugnata nel
senso della reiezione integrale della petizione.

Nella risposta del 26 giugno 2008 la fondazione B.________ ha proposto di
respingere il ricorso, mentre il Tribunale d'appello ha rinunciato a presentare
osservazioni.

Diritto:

1.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sulla
propria competenza e sull'ammissibilità del rimedio esperito (art. 29 cpv. 1
LTF; DTF 135 III 1 consid. 1.1 pag. 3).

Il ricorso appare essere stato interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF)
dalla parte soccombente in sede cantonale (art. 76 cpv. 1 lett. a LTF) contro
una decisione finale (art. 90 LTF) pronunciata dall'autorità ticinese di ultima
istanza (art. 75 cpv. 1 LTF) in una causa in materia civile (art. 72 cpv. 1
LTF) a carattere pecuniario e con un valore di causa superiore al minimo legale
di fr. 30'000.-- (art. 74 cpv. 1 lit. b LTF). Dato che rispetta le menzionate
esigenze formali il gravame può essere esaminato nel merito.

2.
2.1 Con il ricorso in materia civile può essere fatta valere la violazione del
diritto federale (art. 95 lett. a LTF) che include anche i diritti
costituzionali (DTF 133 III 446 consid. 3.1, 462 consid. 2.3).

Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale
(art. 106 cpv. 1 LTF). Non è vincolato né dagli argomenti sollevati nel ricorso
né dai motivi addotti dall'autorità inferiore, può accogliere un ricorso per
motivi diversi da quelli invocati dalla parte insorgente e respingerlo
adottando un'argomentazione differente da quella esposta nel giudizio impugnato
(cfr. DTF 134 II 235 consid. 4.3.4 pag. 241). Ciononostante, tenuto conto
dell'onere di allegazione e motivazione posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la
cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame (art. 108 cpv.
1 lett. b LTF), il Tribunale federale vaglia di regola solo le censure
sollevate (DTF 133 III 545 consid. 2 pag. 550; 133 II 249 consid. 1.4.1 pag.
254). Nel ricorso è dunque necessario spiegare in maniera concisa perché l'atto
impugnato viola il diritto federale e la motivazione dev'essere riferita
all'oggetto del litigio, in modo che si capisca perché e su quali punti la
decisione viene contestata (DTF 134 II 244 consid. 2.1).

Le esigenze di motivazione quando viene fatta valere la violazione di diritti
fondamentali e di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale sono più
rigorose. Il Tribunale federale tratta infatti queste censure solo se la parte
ricorrente le ha debitamente sollevate e motivate, come prescritto dall'art.
106 cpv. 2 LTF.

Il campo di applicazione di questa norma corrisponde a quello del precedente
ricorso di diritto pubblico per violazione dei diritti costituzionali e valgono
pertanto le regole di motivazione poste dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG (DTF 134
II 244 consid. 2.2; 133 III 397 consid. 6).

2.2 In linea di principio, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento
giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105
cpv. 1 LTF); può scostarsene solo se è stato svolto in violazione del diritto
ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2
LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere
impugnato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione
dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della
causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Tocca alla parte che propone una fattispecie
diversa da quella contenuta nella sentenza impugnata il compito di esporre in
maniera circostanziata il motivo che la induce a ritenere adempiute queste
condizioni.

La definizione di "manifestamente inesatto" corrisponde a quella di arbitrio
(DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252) e configura dunque a sua volta una
violazione di un diritto fondamentale (art. 9 Cost.; DTF 134 IV 36 consid.
1.4.1 pag. 39). La corrispondente censura deve pertanto ossequiare i requisiti
di motivazione posti dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Come già sotto l'egida dell'art.
90 cpv. 1 lit. b OG, le cui esigenze restano determinanti per le censure
sottoposte al principio dell'allegazione secondo l'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 133
III 638 consid. 2 pag. 639), il ricorrente che lamenta una violazione del
divieto d'arbitrio non può limitarsi a criticare la decisione impugnata come in
una procedura d'appello, dove l'autorità di ricorso gode di cognizione libera,
opponendo semplicemente la propria opinione a quella dell'autorità cantonale,
bensì deve dimostrare, attraverso un'argomentazione chiara e dettagliata, che
la decisione impugnata si fonda su un apprezzamento delle prove manifestamente
insostenibile (DTF 133 III 585 consid. 4.1 pag. 589; 130 I 258 consid. 1.3 pag.
262). Il mancato rispetto di queste esigenze di motivazione conduce
all'inammissibilità della censura (DTF 133 III 589 consid. 2 pag. 591 seg.).

3.
In concreto, prima di affrontare la questione dell'applicazione del diritto
federale, la ricorrente censura siccome arbitrari vari accertamenti di fatto
posti a fondamento della sentenza cantonale.

3.1 Giovi allora rammentare, in aggiunta alle esigenze di motivazione appena
esposte, che l'arbitrio non si realizza già qualora la soluzione proposta con
il ricorso possa apparire sostenibile o addirittura migliore rispetto a quella
contestata; il Tribunale federale annulla la pronunzia criticata per violazione
dell'art. 9 Cost. solo se il giudice del merito ha emanato un giudizio che
appare - e ciò non solo nella sua motivazione bensì anche nell'esito -
manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale,
gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso
oppure in contraddizione urtante con il sentimento della giustizia e
dell'equità (DTF 132 III 209 consid. 2.1 con rinvii).

Per quanto concerne più in particolare l'apprezzamento delle prove e
l'accertamento dei fatti, il giudice - il quale in questo ambito dispone di un
ampio margine di apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce
manifestamente il senso e la portata di un mezzo di prova, se omette senza
valida ragione di tener conto di un elemento di prova importante, suscettibile
di modificare l'esito della vertenza, oppure se ammette o nega un fatto
ponendosi in aperto contrasto con gli atti di causa o interpretandoli in modo
insostenibile (DTF 129 I 8 consid. 2.1).

Come spiegato al consid. 2.2, incombe alla parte ricorrente il compito di
allegare e dimostrare, con un'argomentazione dettagliata e precisa, che queste
condizioni sono realizzate nella fattispecie che la concerne.

3.2 Il primo accertamento di fatto contestato nell'allegato ricorsuale è quello
secondo il quale il direttore della banca, E.________, sapeva che la messa a
pegno dei beni della fondazione B.________ andava in definitiva a favore di
C.________, dato che F.________Ltd era una società a lui riconducibile.
3.2.1 A mente della ricorrente questa affermazione è contraddetta dalle
dichiarazioni dello stesso E.________, di cui la Corte cantonale ha
arbitrariamente considerato un solo passaggio. Essa rimprovera inoltre ai
giudici ticinesi di non aver debitamente tenuto conto del fatto che
F.________Ltd, benché riconducibile a C.________, veniva da anni utilizzata
nell'interesse dei beneficiari economici delle quattro fondazioni. Tramite
questa società, infatti, sarebbero state effettuate "numerosissime operazioni a
favore degli aventi diritto economico delle quattro fondazioni", al punto da
farla apparire agli occhi della banca come appartenente alla struttura del
gruppo che faceva capo alle fondazioni, ragione per cui le attività di
C.________ - messa a pegno inclusa - non avevano nulla di sospetto e il
direttore E.________ poteva legittimamente ritenere ch'egli non fosse il
destinatario finale ma fungesse solo da intermediario.
3.2.2 La censura non può trovare accoglimento.

La critica indirizzata all'autorità cantonale per il modo di leggere la
deposizione del direttore E.________ si rivela infatti un inammissibile gioco
di parole. Da un lato, la Corte cantonale ha spiegato la propria affermazione
con l'appartenenza di F.________Ltd a C.________, ciò che è incontrovertibile;
dall'altro, la pretesa ignoranza di E.________ circa il reale utilizzo che
C.________ intendeva fare della messa a pegno dei beni della fondazione non
smentisce l'accertamento che il destinatario formale di quell'opera-zione era
lo stesso C.________ e non le beneficiarie economiche della fondazione o le
fondazioni riconducibili ai loro famigliari. Per quanto concerne le modalità di
utilizzo di F.________Ltd da parte di C.________ si rileva come, sull'arco del
proprio allegato la ricorrente dichiari che le operazioni appoggiate su
F.________Ltd a favore delle fondazioni erano state "numerosissime", erano
avvenute "più volte" o "a volte", rispettivamente che F.________Ltd era stata
"regolarmente al servizio dei loro interessi"; le differenti espressioni
utilizzate dalla ricorrente medesima non nascondono dunque che tale impiego
esterno a favore delle fondazioni non era la regola. Sia come sia, la Corte
cantonale ha preso in considerazione il fatto che F.________Ltd veniva
utilizzata da anni per l'emissione di garanzie a carico delle altre fondazioni
gestite da C.________, facenti capo ai parenti delle beneficiarie economiche
della fondazione opponente, precisando tuttavia - e su questo punto la sentenza
impugnata è rimasta incontestata - che si trattava di operazioni di credito
direttamente condotte dalla banca per anticipazioni a titolo di anticipi
azionisti. Tali operazioni - gestite direttamente dalla banca a beneficio delle
altre fondazioni - erano dunque di natura ben diversa da quella qui in
discussione, gestita da C.________ a garanzia di suoi impegni personali. In
queste circostanze, la Corte cantonale ha concluso che l'argomento relativo
all'utilizzo di F.________Ltd non poteva comprovare la buona fede della banca
in relazione alla costituzione in pegno degli averi della fondazione a garanzia
dei crediti ch'essa stessa aveva nei confronti di F.________Ltd.

Tenuto conto di quanto appena esposto, la conclusione dei giudici ticinesi non
appare manifestamente insostenibile.

3.3 I magistrati cantonali hanno negato alla banca anche la facoltà di
avvalersi di una pretesa ratifica dell'operazione di messa a pegno da parte
delle beneficiarie economiche, tesi fondata sul fatto che in occasione di una
visita in banca nel gennaio 1993 sarebbe stata loro mostrata la documentazione
dalla quale la messa a pegno traspariva; dal rapporto di quella visita - hanno
osservato i magistrati - non risulta infatti assolutamente nulla.
3.3.1 La ricorrente ritiene arbitrario questo accertamento, fondato a suo dire
unicamente sulla testimonianza di una delle beneficiarie. La Corte cantonale
avrebbe omesso di valutare la deposizione di E.________, il quale ha dichiarato
di aver mostrato alle beneficiarie della fondazione la documentazione del
conto, da cui risultava la messa a pegno.
3.3.2 L'obiezione è doppiamente ingiustificata. I giudici ticinesi hanno
infatti precisato che nessun documento permette di ritenere che le interessate
avessero visto l'indicazione di messa a pegno, rispettivamente ne avessero
compreso la portata. Innanzitutto, dunque, i magistrati hanno messo in dubbio
la versione di E.________ relativa a quanto sarebbe avvenuto in occasione di
quell'incontro, ciò che non ha nulla di arbitrario, risultando dal ponderato
apprezzamento di due dichiarazioni divergenti, nessuna delle quali affetta da
vizi di tale portata da farle apparire insostenibili, ciò che neppure la
ricorrente invero pretende. Affermando di aver mostrato detta documentazione,
poi, la testimonianza dello stesso E.________ non appare atta a smentire la
conclusione della Corte cantonale, secondo la quale le aventi diritto economico
dell'opponente non ne avevano comunque compreso la portata.

Anche su questo punto il ricorso si avvera quindi infondato.

3.4 Sempre nell'ambito dell'esame della validità dell'atto di pegno, i giudici
d'appello hanno escluso la scusante della grande fiducia che la ricorrente, da
un lato, e le beneficiarie dell'opponente, dall'altro, riponevano in
C.________.
3.4.1 A questo proposito la ricorrente eccepisce, in fatto, un accertamento
manifestamente inesatto, che consisterebbe nell'aver declassato a "parvenza"
una circostanza - quella della smisurata fiducia delle beneficiarie economiche
della reclamante in C.________ - pacificamente provata.
3.4.2 A ben guardare, tuttavia, i giudici cantonali non hanno espresso alcun
apprezzamento di fatto in proposito, limitandosi a sottolineare come questo
fattore non possa giustificare l'atteggiamento negligente della banca.

Rivolta dunque contro un accertamento di fatto che tale non è, la censura è
inammissibile.

3.5 Con riferimento ai prelevamenti dal conto dell'opponente, effettuati da
C.________ fra luglio 1995 e novembre 1997, il Tribunale di appello ha
stabilito che, vista la quantità e l'intensità delle operazioni - che la banca
sapeva essere destinate, nella maggior parte, a beneficio di C.________ - si
era in presenza di una situazione del tutto eccezionale, che avrebbe dovuto
indurre la banca a effettuare una verifica presso le aventi diritto economico
dei conti.
3.5.1 Secondo la ricorrente, invece, l'istruttoria non conferma un aumento
della frequenza dei prelevamenti a partire dalla metà del 1996, giacché simili
operazioni erano avvenute anche in passato "in numerosissime occasioni", senza
contestazione alcuna. Inoltre, i giudici cantonali avrebbero arbitrariamente
supposto che la banca sapesse che C.________ si appropriava degli importi
prelevati senza prestare la dovuta attenzione al fatto che C.________, per sua
stessa ammissione, aveva utilizzato modalità tali da non insospettire la banca.
3.5.2 Come già detto al consid. 3.2 riguardo alla messa in pegno degli averi
dell'opponente, il far capo di tanto in tanto a prelevamenti ad opera di
C.________ non fa di questo modo di procedere una regola. Peraltro, per
giungere alle conclusioni riportate, la Corte cantonale si è fondata
sull'analisi peritale effettuata in sede penale, che la ricorrente non ha
rimesso in discussione. Nella misura in cui la censura appare rivolta contro
l'accertamento dell'entità dei prelevamenti (in senso lato), essa è poi
insufficientemente motivata (art. 97 LTF; cfr. quanto esposto al consid. 2.2) e
sfugge pertanto ad un esame nel merito. Il vero significato della deposizione
di C.________ è infine irrilevante: la conclusione della Corte cantonale
secondo la quale intensità e importanza dei prelevamenti era atta a suscitare
dubbi nella banca riguarda l'apprezzamento giuridico delle circostanze di fatto
e non è una constatazione fattuale. La ricorrente non contesta d'altro canto
che il proprio direttore E.________ abbia reagito di fronte all'intensificarsi
delle operazioni di prelievo, per cui la sua censura appare comunque
inconferente.

3.6 In conclusione, tutte le critiche contro l'apprezzamento delle prove e
l'accertamento dei fatti operati in sede cantonale risultano infondate, nella
misura in cui formulate in maniera ammissibile. L'esame dell'applicazione del
diritto federale da parte dei giudici ticinesi avviene pertanto sulla base
della fattispecie da loro accertata.

4.
In qualità di presidente del consiglio di fondazione dell'opponente, C.________
ha disposto la messa a pegno dei beni di quest'ultima - depositati presso la
ricorrente - a favore di F.________Ltd, di cui era proprietario ed
amministratore; inoltre, ha effettuato numerosi prelevamenti e trasferimenti in
proprio favore.

La controversia verte sulla questione di sapere se con il suo agire egli abbia
validamente ingaggiato la fondazione qui opponente.
4.1
4.1.1 Il potere di rappresentanza del membro del consiglio di una fondazione
segue le regole che vigono per il membro del consiglio di amministrazione di
una società anonima (sentenza 4C.15/1996 del 29 agosto 1996 consid. 3a). Esso
comprende negozi di tutti i generi, potenzialmente nell'interesse della persona
giuridica rispettivamente non espressamente esclusi dagli scopi della stessa
(art. 718a cpv. 1 CO; DTF 126 III 361 consid. 3a). Se un organo oltrepassa il
proprio potere di rappresentanza, ad esempio concludendo un negozio non più
conforme al fine sociale, il suo agire vincola la persona giuridica soltanto se
il terzo contraente è in buona fede (art. 718a cpv. 2 CO; sentenza 4C.15/1996
del 29 agosto 1996 consid. 3b), buona fede che è presunta (art. 3 cpv. 1 CC).
In analogia con la costante giurisprudenza relativa ai negozi conclusi da un
rappresentante con se stesso, rispettivamente come rappresentante di due
persone giuridiche - che vi ravvede di regola un conflitto di interessi e li
considera di conseguenza inefficaci - viene trattata la situazione in cui
l'organo di una persona giuridica conclude a nome della stessa un negozio con
un terzo, sebbene sussista un conflitto di interessi fra l'organo stesso e la
persona giuridica da lui rappresentata: il negozio non è eo ipso privo di
efficacia, ma lo diviene se il terzo contraente si è reso conto (o avrebbe
dovuto rendersi conto) dell'esistenza del conflitto di interessi. Il conflitto
di interessi ha infatti per conseguenza che la volontà contrattuale non si
forma correttamente, ragione per cui il negozio non può divenire vincolante per
la parte rappresentata (DTF 126 III 361 consid. 3a; così già, verbatim,
sentenza 4C.15/1996 del 29 agosto 1996 consid. 3c).

4.1.2 Il grado di diligenza che deve essere richiesto al terzo nell'ambito
della verifica dell'esistenza del potere di rappresentanza dipende dal genere
di negozio. Nei rapporti con i propri clienti, la messa in atto di approfonditi
accertamenti può essere esatta dalla banca soltanto quando essa viene
confrontata con negozi che esulano dall'ordinaria amministrazione; per lo
svolgimento di negozi correnti, invece, la banca che non è legata al cliente da
alcun obbligo contrattuale particolare (come un mandato di gestione) non è
tenuta a salvaguardare genericamente i suoi interessi (sentenza 4A_301/2007 del
31 ottobre 2007 consid. 2.3, in: SJ 2008 I pag. 149; sentenza 4C.385/2006 del 2
aprile 2007 consid. 2.2, in: SJ 2007 I pag. 499; sentenza 4C.108/2002 del 23
luglio 2002 consid. 2b, in: Pra 2003 n. 51 pag. 244). La presenza di indizi di
falsificazione, o anche solo un ordine riguardante una prestazione non prevista
dal contratto oppure inabituale, basta tuttavia già per esigere da lei
verifiche supplementari (DTF 132 III 449 consid. 2 pag. 453 con rinvii;
sentenza 4A_438/2007 del 29 gennaio 2008 consid. 5.3).
4.1.3 Quando, come nella fattispecie in esame, cliente di una banca è una
fondazione il cui scopo consiste essenzialmente nell'investimento e la gestione
del proprio capitale rispettivamente il versamento di capitale e interessi a
determinati beneficiari, il trasferimento di fondi sul conto privato di uno
degli amministratori della fondazione ricade di principio fra i negozi conformi
allo scopo sociale, a meno che non si verifichino circostanze particolari tali
da attirare l'attenzione della banca, quali ad esempio il fatto che il
beneficiario di questi trasferimenti risulti fortemente indebitato con la banca
medesima (sentenza 4C.15/1996 del 29 agosto 1996 consid. 4a). La messa a pegno
del proprio capitale, per contro, non ricade fra i negozi conformi al fine
sociale (sentenza 4C.15/1996 del 29 agosto 1996, consid. 5a).
4.1.4 La disattenzione dei criteri di diligenza che si era in grado di esigere
dalla banca nelle circostanze concrete preclude alla medesima la possibilità di
invocare la propria buona fede (art. 3 cpv. 2 CC; sentenza 4C.15/1996 del 29
agosto 1996, consid. 7b).

4.2 Nella sentenza impugnata il Tribunale di appello ha in primo luogo
stabilito che la messa a pegno dei beni dell'opponente non solo non ricadeva
fra gli scopi della medesima, ma era pure stata conclusa dal suo organo in
palese conflitto di interessi, visto che C.________ aveva agito in questo modo
per garantire i debiti che la società a lui riconducibile aveva nei confronti
della banca ricorrente. Accertate - in modo scevro d'arbitrio (cfr. quanto
esposto al consid. 3) - le circostanze fattuali del caso di specie, i giudici
cantonali hanno concluso che nella specifica operazione di messa a pegno dei
propri beni, mancando il potere di rappresentanza di C.________ per la
fondazione, l'opponente non era vincolata dal relativo contratto concluso con
la ricorrente. Donde l'accoglimento della domanda tendente all'accertamento
dell'invalidità dell'atto di costituzione del pegno e la condanna della
ricorrente allo storno di tutte le operazioni di addebito effettuate a
dipendenza di questo.

Le conclusioni dell'autorità cantonale sono conformi ai principi esposti al
consid. 4.1 e le obiezioni della ricorrente non permettono di sovvertirle.
L'argomento addotto per confutare la riconoscibilità della precaria situazione
finanziaria di C.________, ovvero il fatto che la società F.________Ltd fosse
altrettanto riconducibile agli aventi diritto economico delle varie fondazioni,
è in realtà un argomento di fatto, già smentito al consid. 3.2. L'assenza di un
rapporto contrattuale diretto fra le beneficiarie economiche della fondazione
opponente e la ricorrente non osta al riconoscimento di una responsabilità
della banca: una tale responsabilità può infatti scaturire tanto da un
contratto (nel senso del mandato) quanto da un altro capo di responsabilità
(gestione d'affari, atto illecito, illecito arricchimento, cfr. sentenza 4C.444
/1997 del 4 giugno 1998 consid. 4a). Determinante è unicamente il mancato
perfezionamento del negozio specifico relativo alla messa a pegno, che avrebbe
dovuto venire in essere tra l'opponente e la banca e che invece non è stato
validamente concluso. Alcuni argomenti della ricorrente, peraltro, poggiano su
una lettura manifestamente errata e tendenziosa della giurisprudenza del
Tribunale federale: così, essa fonda la confutazione di una qualsiasi
responsabilità extra-contrattuale della banca su un elemento (la fiducia delle
aventi diritto economico della fondazione nei confronti di C.________)
inconferente nel presente contesto, mentre il rapporto di fiducia che impone
alla banca d'informare il cliente non deve fondarsi necessariamente su un
preciso rapporto contrattuale (cfr., a proposito dell'obbligo di informare,
sentenza 4C.410/1997 del 23 giugno 1998 consid. 3, in Pra 1998 n. 155 pag. 827
e SJ 1999 I pag. 205). Lo stesso vale per l'obiezione secondo la quale il
conferimento del mandato di gestione alla banca non impedisce al titolare del
conto di impartire ordini diretti: sebbene ciò sia vero, non è lecito dedurne -
e contrario - che il mandato di gestione non possa rappresentare un valido
indizio delle intenzioni del cliente e che sulla scorta di un tale indizio la
banca possa incorrere nell'obbligo di verificare operazioni che altrimenti
potrebbero legittimamente apparirle correnti.

Quanto alla fiducia (mal) riposta dalle beneficiarie della fondazione in
C.________, va rammentato che trattandosi qui di un'azione finalizzata ad
ottenere il corretto adempimento del contratto, e non un risarcimento di danni,
la giurisprudenza ha già avuto modo di precisare che un'eventuale concolpa
dell'opponente non ha importanza (sentenza 4C.15/1996 del 29 agosto 1996
consid. 7b). L'inazione degli altri membri del consiglio di fondazione
dell'opponente, infine, è un fatto che non emerge dalla sentenza impugnata, né
la ricorrente fa valere di averlo tematizzato in istanza cantonale: nuovo, è
inammissibile (art. 99 cpv. 1 LTF), così come la censura su di esso fondata.

4.3 Il Tribunale di appello ha ammesso l'esistenza di un dovere di verifica
della banca, non esercitato, anche con riferimento agli svariati prelievi
effettuati da C.________ a carico del conto della fondazione. Sebbene
operazioni ancora suscettibili di essere sussunte sotto lo scopo sociale della
fondazione, il loro numero elevato, la concomitanza di addebiti sugli stessi
conti nello stesso giorno, il verificarsi di operazioni di prelievo addirittura
con accredito diretto al conto personale di C.________ - tutti elementi di
fatto accertati senza arbitrio (cfr. quanto esposto al consid. 3.5)
rispettivamente rimasti inoppugnati - dovevano far nascere, all'interno della
banca, qualche sospetto. Ed effettivamente, proseguono i giudici cantonali, il
direttore E.________ aveva nutrito qualche sospetto a proposito dell'esistenza
del consenso delle beneficiarie economiche, tanto da interpellare ripetutamente
C.________; accontentandosi tuttavia di risposte orali affermative ed omettendo
di disporre ulteriori accertamenti, la banca è venuta meno ai propri obblighi.
Di qui l'obbligo, di principio, della banca di rifondere gli importi
indebitamente prelevati da C.________.

Anche in questo caso, la decisione dei giudici cantonali è conforme ai principi
esposti al consid. 4.1 e le obiezioni della ricorrente non permettono di
sovvertirla. La ricorrente sostiene che il Tribunale di appello avrebbe
stravolto la giurisprudenza sviluppata in tema di fondazioni, con particolare
riferimento alla già ripetutamente citata sentenza 4C.15/1996 del 29 agosto
1996. In quella circostanza, secondo la ricorrente del tutto paragonabile alla
presente fattispecie, la fiducia riposta nell'organo esecutivo era stata
considerata determinante per escludere la malafede della banca, mentre i
prelevamenti, sebbene in quel caso di entità ancora più importante che nel
presente, erano stati considerati operazioni del tutto ordinarie.

Sennonché quella sentenza dice tutt'altro: un obbligo della banca di effettuare
ulteriori accertamenti è stato infatti negato in ragione del fatto che tutte le
transazioni fra le parti erano state sempre condotte dall'organo esecutivo in
questione, fatto - questo - atto a far apparire ordinarie anche le importanti
transazioni poi rivelatesi ingiustificate (sentenza 4C.15/1996 del 29 agosto
1996 consid. 4c). Proprio in quella sentenza è stato fra l'altro evidenziato un
criterio di giudizio che si rivela determinante nella fattispecie in esame, ma
che faceva invece difetto nel caso allora deciso. Si tratta dell'esistenza di
un conflitto d'interesse non già semplice, ovvero gravante (solo) su C.________
che, sebbene organo della fondazione, agisce per suo esclusivo tornaconto,
bensì duplice: la ricorrente medesima, infatti, si è trovata a dover difendere
gli interessi della fondazione propria cliente da un lato, ma anche a voler
tutelare i propri interessi in qualità di creditrice di una società di
C.________, fortemente esposta. Si tratta di un elemento di giudizio
pertinentemente messo in evidenza dai giudici cantonali (seppur in altro
contesto), comprensibilmente sottaciuto dalla ricorrente, e che nella sentenza
del 29 agosto 1996 il Tribunale federale aveva menzionato quale esempio di una
circostanza atta a far cadere il potere di rappresentanza dell'organo anche nel
quadro di operazioni ordinarie, perché circostanza suscettibile di far nascere
un obbligo di ulteriori chiarimenti a carico della banca medesima (sentenza
4C.15/1996 del 29 agosto 1996 consid. 4b). Esattamente quanto si verifica nel
caso di specie. Anche gli altri argomenti della ricorrente sono destinati
all'insuccesso. Laddove riafferma i principi esposti nella sentenza 4C.108/2002
del 23 luglio 2002 (in Pra 2003 n. 51 pag. 244), essa omette infatti di porre
detta sentenza nel giusto contesto (cfr. quanto già esposto al consid. 4.1.2).
Le sue ulteriori obiezioni non meritano infine un esame di merito: fondate su
elementi di fatto non accertati, quale la passività degli altri organi della
fondazione (cfr. quanto già esposto al consid. 4.2 in fine), rispettivamente
smentiti, come l'ignoranza della destinazione finale dei prelevamenti (cfr.
quanto già esposto al consid. 4.2), o, ancora, prive di sufficiente
motivazione, ad esempio per quel che riguarda la pretesa violazione dell'art. 8
Cost. (cfr. art. 106 cpv. 2 LTF e quanto esposto al consid. 2), esse risultano
inammissibili.

4.4 Venendo all'obbligo di pagamento impostole nella sentenza impugnata
(dispositivo n. 1.3), la ricorrente formula due censure.
4.4.1 In primo luogo, sostiene, i giudici cantonali avrebbero individuato una
sua responsabilità nei confronti della fondazione opponente e riconosciuto a
quest'ultima un risarcimento del danno subito a seguito dei prelevamenti di
C.________. Correttamente, tuttavia, avrebbero semmai dovuto condannarla allo
storno di tali operazioni, ma solo a condizione che una simile domanda fosse
stata espressamente formulata nel petitum di causa, cosa che l'opponente non ha
fatto.

Dal canto suo l'opponente ritiene che la censura si fondi su allegazioni nuove
e pertanto inammissibili; inoltre, riguardando il diritto processuale
cantonale, avrebbe dovuto essere motivata conformemente all'art. 106 cpv. 2
LTF, ciò che non è avvenuto. Infine, secondo l'opponente lo storno potrebbe
essere chiesto soltanto qualora i fondi prelevati si trovassero ancora su di un
conto della medesima banca.

Ora, la Corte cantonale non ha specificato la base legale sulla quale ha
operato la riduzione dell'importo preteso dall'opponente a titolo di
restituzione dei prelievi effettuati da C.________ tra dicembre 1995 e il
novembre 1997. Emerge tuttavia senza alcun dubbio dal consid. 4 della sentenza
impugnata che l'obbligo della banca è fondato sul venir meno del rapporto di
rappresentanza fra C.________ e la banca; lo conferma anche il rinvio alla più
volte citata sentenza 4C.15/1996 del 29 agosto 1996. Anche il prosieguo del suo
ragionamento è chiaro: in ragione della mancanza di controlli da parte del
beneficiario economico, l'assenza di accertamenti più incisivi da parte della
banca può essere ancora tollerata (nel senso di non essere fattore tale da far
cadere il potere di rappresentanza dell'organo) fino a fine 1996, non più,
invece, a partire da gennaio 1997. Contrariamente a quanto ritiene la
ricorrente, dunque, non si può affermare che la Corte cantonale abbia
riconosciuto all'opponente il risarcimento di un danno invece che l'obbligo di
storno di operazioni non debitamente autorizzate. Peraltro, anche se così
fosse, la determinazione della base legale di un'obbligazione è di competenza
del giudice, in virtù del principio iura novit curia: omettendo di confrontarsi
con tale principio, indicando chiaramente la norma - di diritto costituzionale,
federale o cantonale - asseritamente disattesa, la ricorrente formula una
censura inammissibile. Quanto alle distinzioni dell'opponente fra storno delle
operazioni illecite e risarcimento dei danni, non è chiaro dove esse debbano
condurre; comunque, sono parimenti inammissibili in quanto fondate su fatti
(l'attuale locazione degli averi prelevati da C.________) non constatati nella
sentenza impugnata, dunque nuovi ed inammissibili.
4.4.2 La Corte cantonale ha stabilito che seri elementi tali da risvegliare
l'attenzione della banca, obbligandola dunque a disporre ulteriori
accertamenti, sussistevano già a partire da metà 1996; tuttavia, in ragione del
lacunoso controllo effettuato dalle beneficiarie economiche, il Tribunale di
appello ha accolto l'azione limitatamente ai prelievi effettuati dopo l'inizio
di gennaio 1997.
La ricorrente ritiene tale modo di procedere lesivo dell'art. 44 CO, non
potendosi fissare una riduzione in applicazione di criteri temporali, ma
dovendosi invece ridurre il risarcimento in proporzione alla colpa concomitante
della parte lesa. Peraltro, anche volendo ammettere la legittimità di una
riduzione fondata su criteri temporali, logicamente si sarebbe dovuta ammettere
l'esenzione della banca a partire da un determinato momento.

In primo luogo, richiamandosi all'art. 44 CO, la ricorrente si contraddice,
visto che poco prima aveva negato trattarsi di un caso di risarcimento del
danno. La Corte cantonale non ha specificato la base legale sulla quale ha
operato la riduzione. Il suo ragionamento è tuttavia chiaro: in ragione della
mancanza di controlli da parte delle beneficiarie economiche, l'assenza di
accertamenti più incisivi da parte della banca può essere ancora tollerata (nel
senso di non essere fattore tale da far cadere il potere di rappresentanza
dell'organo) fino a fine 1996, non più, invece, a partire da gennaio 1997.
Logicamente ineccepibile è, allora, la conclusione che ne deriva, ossia di
liberare la banca fino a fine 1996. La relativa censura è infondata. La censura
della mancata considerazione dell'inattività degli ulteriori membri del
consiglio di fondazione, ancora riproposta in questa sede, non può che
continuare ad essere inammissibile (supra consid. 4.2 in fine).
4.4.3 Anche su questo punto, dunque, la sentenza impugnata resiste alla
critica.

5.
Alla luce di quanto precede, il ricorso va respinto nella misura della sua
ammissibilità.

Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e
68 cpv. 1 e 2 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 20'000.-- sono poste a carico della ricorrente, la
quale rifonderà all'opponente fr. 22'000.-- per ripetibili della sede federale.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 27 marzo 2009

In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
La Presidente: La Cancelliera:

Klett Gianinazzi