Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 2C.844/2008
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
2C_844/2008

Sentenza del 15 maggio 2009
II Corte di diritto pubblico

Composizione
Giudici federali Müller, presidente,
Zünd e Aubry Girardin,
cancelliere Bianchi.

Parti
Cantone Ticino,
ricorrente, rappresentato dal Consiglio di Stato, Residenza governativa, 6500
Bellinzona,

contro

A.________,
opponente, patrocinata dall'avv. Filippo Gianoni,
Commissione della concorrenza, Monbijoustrasse 43, 3003 Berna,

Ufficio di sanità del Cantone Ticino, via Orico 5, 6501 Bellinzona.

Oggetto
autorizzazione al libero esercizio della professione
di terapista complementare,

ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 10 ottobre
2008 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
A.________, di formazione aiuto-medico, a partire dal 1985 ha conseguito vari
diplomi presso istituti privati nei settori della Leibtherapie, della
cromopuntura secondo il metodo di Peter Mandel, della medicina esogetica e
della terapia sonora. Dal 1992 svolge un'attività professionale indipendente
nel Cantone di Zugo quale terapista complementare nel campo della cromopuntura
e della cromoterapia.

B.
Il 28 ottobre 2006, allegando i propri diplomi ed un'attestazione del medico
cantonale di Zugo, A.________ ha chiesto all'Ufficio di sanità del Cantone
Ticino di poter esercitare la propria attività anche in detto cantone.
Con decisione del 16 maggio 2007 l'autorità adita ha respinto l'istanza,
adducendo in sostanza che in Ticino, diversamente che a Zugo, l'autorizzazione
quale terapista complementare presuppone il superamento di un esame cantonale.
Di conseguenza l'istante non poteva rientrare in questa categoria, ma soltanto
in quella dei guaritori. Su ricorso, il 23 aprile 2008 il Consiglio di Stato ha
confermato tale pronuncia.
Contro la decisione governativa l'interessata è allora insorta dinanzi al
Tribunale cantonale amministrativo, presso la quale, con atto separato, si è
aggravata pure la Commissione della concorrenza. Con sentenza del 10 ottobre
2008 la Corte cantonale ha accolto i ricorsi, accertando che le decisioni
inferiori limitavano in modo inammissibile l'accesso al mercato e rinviando gli
atti all'Ufficio di sanità affinché autorizzasse incondizionatamente l'istante
all'esercizio della professione di terapista complementare nei settori della
cromopuntura, della cromoterapia e della terapia sonora.

C.
Il 19 novembre 2008 il Cantone Ticino ha presentato un ricorso in materia di
diritto pubblico dinanzi al Tribunale federale. In via principale, chiede che
la sentenza del Tribunale amministrativo sia annullata e che A.________ sia
ammessa ad esercitare la propria attività unicamente come guaritrice. In via
subordinata, domanda che l'interessata sia autorizzata a praticare quale
terapista complementare secondo la legislazione ticinese, ma sia astretta a
superare entro due anni l'esame previsto da tale ordinamento. In via ancor più
subordinata, postula che all'interessata sia semplicemente concesso il nulla
osta ad esercitare anche in Ticino trattamenti non scientificamente
riconosciuti ai sensi delle normative del Canton Zugo.

D.
A.________ chiede che, nella misura in cui risulti ammissibile, il ricorso
venga respinto. La Commissione della concorrenza propone anch'essa la conferma
della sentenza impugnata. L'Ufficio di sanità dichiara invece di condividere
l'impugnativa, mentre il Tribunale cantonale amministrativo si riconferma nella
motivazione e nelle conclusioni del proprio giudizio.

E.
Il 29 gennaio 2009 l'Ufficio di sanità ha risolto di ammettere provvisoriamente
A.________ al libero esercizio nel Cantone quale terapista complementare nei
settori della cromopuntura, della cromoterapia e della terapia sonora.
L'autorizzazione è stata concessa fino alla sentenza del Tribunale federale.

Diritto:

1.
Di carattere finale, la decisione contestata è stata pronunciata in una causa
di diritto pubblico che non ricade sotto le eccezioni previste dall'art. 83 LTF
ed emana da un'autorità di ultima istanza cantonale con natura di tribunale
superiore. Di principio essa è quindi effettivamente impugnabile dinanzi al
Tribunale federale mediante ricorso in materia di diritto pubblico ai sensi
degli art. 82 segg. LTF.

2.
2.1 La legittimazione a ricorrere del Cantone Ticino non deriva manifestamente
da alcuna delle clausole particolari dell'art. 89 cpv. 2 LTF, segnatamente da
una disposizione legislativa specifica che gli conferisce tale diritto (art. 89
cpv. 2 lett. d LTF). La legge federale del 6 ottobre 1995 sul mercato interno
(LMI; RS 943.02), di cui viene lamentata la violazione, attribuisce infatti
tale prerogativa solo alla Commissione della concorrenza (art. 9 cpv. 2bis
LMI). Del resto, il Cantone stesso si richiama soltanto ai presupposti generali
dell'art. 89 cpv. 1 LTF. Secondo tale norma, ha diritto di interporre ricorso
in materia di diritto pubblico chi ha partecipato al procedimento dinanzi
all'autorità inferiore, è particolarmente toccato dalla decisione impugnata ed
ha un interesse degno di protezione al suo annullamento. Questa regola si
indirizza in primo luogo a persone private, ma anche una corporazione di
diritto pubblico può fondarvisi quando impugna una sentenza che la colpisce
come o analogamente ad un privato oppure quando è toccata in suoi interessi di
pubblico imperio degni di protezione (DTF 135 I 43 consid. 1.3; 135 II 12
consid. 1.2.1; 134 II 45 consid. 2.2.1).

2.2 In relazione ad un ricorso interposto da un cantone contro l'obbligo di
autorizzare al libero esercizio della professione una psicoterapeuta
proveniente da un altro cantone, il Tribunale federale ha recentemente statuito
che una singola decisione di autorizzazione di per sé non tocca i cantoni in
propri interessi degni di protezione. Tale decisione individuale assume però
un'altra portata se è suscettibile di fungere da caso di riferimento e di
condurre con tutta probabilità al rilascio di numerosi permessi analoghi.
Laddove vi è il rischio di una simile evoluzione, un cantone è toccato in
misura rilevante nelle proprie prerogative di potere pubblico se le
autorizzazioni che deve concedere contraddicono la legislazione cantonale in
vigore e se in gioco vi sono importanti interessi di polizia e di politica
sanitaria. In tali casi i cantoni sono pertanto legittimati a ricorrere nella
misura in cui si tratta di effettuare una valutazione generale del preteso
diritto all'esercizio di un'attività in base alle norme sul mercato interno. La
potestà ricorsuale va per contro negata nella misura in cui la vertenza
riguarda aspetti puramente individuali del caso specifico (DTF 135 II 12
consid. 1.2.2).

2.3 Entro questi limiti la legittimazione a ricorrere va riconosciuta anche al
Canton Ticino nella controversia in esame, che è simile a quella testé
menzionata. Come verrà esposto nel seguito, l'autorizzazione che secondo la
sentenza impugnata il Cantone dovrebbe rilasciare risulterebbe infatti in
contrasto con i requisiti e le categorie stabiliti dalla legge ticinese del 18
aprile 1989 sulla promozione della salute e il coordinamento sanitario (legge
sanitaria, LSan; RL/TI 6.1.1.1). Le conseguenze che ne deriverebbero anche in
probabili e numerosi casi analoghi potrebbero inoltre effettivamente porre
difficoltà non trascurabili al ricorrente dal profilo della vigilanza
sanitaria. Nella motivazione del proprio gravame il Cantone non si sofferma poi
su questioni legate specificatamente alla situazione dell'opponente. In
effetti, si limita in sostanza a contestare che persone provenienti da cantoni
in cui la loro attività è semplicemente tollerata debbano essere ammesse a
praticare quali terapisti complementari anziché quali guaritori e a sostenere
che il diritto del cantone di origine determina semmai solo i requisiti a cui
soggiace l'accesso al mercato e non anche la portata, la natura ed i limiti
dell'attività svolta. Di per sé il ricorrente risulta quindi legittimato a
sollevare tutte le censure proposte. Non lo è per contro in riferimento alle
domande di giudizio, laddove queste presuppongono una valutazione puntuale del
caso concreto, segnatamente della pratica professionale maturata dall'opponente
nel proprio cantone di origine.

3.
3.1 Secondo l'art. 2 cpv. 4 LMI, chi esercita legittimamente un'attività
lucrativa ha il diritto di stabilirsi in qualsiasi parte del territorio della
Confederazione per svolgere tale attività e, fatto salvo l'art. 3, di
esercitare la stessa secondo le prescrizioni del luogo del primo domicilio; ciò
vale anche in caso di cessazione dell'attività nel luogo del primo domicilio;
la vigilanza sul rispetto delle prescrizioni del primo domicilio incombe alle
autorità del luogo di destinazione. Questa disposizione enuncia una delle
modifiche più significative introdotte dalla revisione della legge sul mercato
interno entrata in vigore il 1° luglio 2006, ovvero l'estensione al domicilio
professionale del principio del libero accesso al mercato secondo le
prescrizioni del luogo di origine. In precedenza, in base al testo originario
della legge e all'interpretazione dedottane dalla giurisprudenza del Tribunale
federale, la libertà di accesso al mercato era garantita a colui che a partire
dalla sua sede voleva offrire merci o servizi in altri cantoni, ma non a colui
che voleva stabilirsi in un altro cantone. Quest'ultimo era in effetti
obbligato a conformarsi alle prescrizioni in vigore nel cantone di destinazione
(DTF 135 II 12 consid. 2.1; 134 II 329 consid. 5.2; 125 I 276 consid. 4;
Messaggio del 24 novembre 2004 concernente la modifica della LMI, FF 2005 409
segg., in part. 416 segg. e 425).

3.2 Con il medesimo intento di facilitare la mobilità professionale, la
revisione ha pure iscritto espressamente nella legge, all'art. 2 cpv. 5 LMI,
una presunzione relativa di equivalenza delle prescrizioni cantonali e comunali
di accesso al mercato ed ha inasprito le condizioni previste dall'art. 3 LMI
per introdurre limitazioni al principio del libero accesso (DTF 135 II 12
consid. 2.1; 134 II 329 consid. 5.2; FF 2005 425 segg.). In virtù di
quest'ultima disposizione, eventuali restrizioni sono ammissibili soltanto se
si applicano nella stessa misura agli offerenti locali (art. 3 cpv. 1 lett. a
LMI), se sono indispensabili per preservare interessi pubblici preponderanti
(art. 3 cpv. 1 lett. b LMI) e se sono conformi al principio di proporzionalità
(art. 3 cpv. 1 lett. c LMI). L'art. 3 cpv. 2 LMI elenca poi alcune condizioni
che, se adempiute, portano a ritenere le restrizioni lesive del principio di
proporzionalità. L'enumerazione non è esaustiva, ma solo esemplificativa (DTF
134 II 329 consid. 6.2.3). Non si tratta quindi di condizioni cumulative.

3.3 In base a questo sistema legislativo, di fronte ad una domanda di
ammissione all'esercizio di un'attività da parte di una persona già autorizzata
a svolgere la stessa in un altro cantone, occorre in primo luogo confrontare le
rispettive regole di accesso al mercato. La presunzione di equivalenza
dell'art. 2 cpv. 5 LMI perderebbe infatti di senso se l'abilitazione ottenuta
nel cantone di origine venisse nuovamente verificata su basi individuali dal
cantone di destinazione, come se si trattasse di una nuova procedura di
autorizzazione (DTF 135 II 12 consid. 2.4). Qualora l'esame delle normative
previste dai due cantoni non conduca a smentire la presunzione di equivalenza,
non v'è spazio per l'applicazione dell'art. 3 LMI. In queste circostanze
qualsiasi limitazione ulteriore dell'accesso al mercato risulta infatti a
priori contraria all'art. 3 cpv. 2 lett. a LMI, secondo cui il principio di
proporzionalità è violato se le prescrizioni del luogo d'origine garantiscono
già una protezione sufficiente degli interessi pubblici preponderanti (DTF 135
II 12 consid. 2.4). Se per contro i presupposti legali per l'accesso al mercato
nei due cantoni non si avverano equivalenti, in una seconda fase si deve
verificare se le restrizioni previste dal cantone di destinazione rispettano i
requisiti dell'art. 3 LMI.

4.
4.1 Nella sentenza impugnata, il Tribunale amministrativo ticinese ha
correttamente applicato questo metodo. In effetti, annoverate la cromopuntura e
la cromoterapia tra i trattamenti di terapia complementare, ha dapprima
comparato le norme che nel Canton Zugo e nel Canton Ticino disciplinano
l'esercizio di un'attività professionale in tale settore. Giunto alla
conclusione che le norme ticinesi sono più severe di quelle previste nel
Cantone di Zugo, ha quindi valutato se l'accesso della qui opponente al mercato
ticinese della terapia complementare potesse venir limitato attraverso oneri o
condizioni conformi alle esigenze dell'art. 3 LMI. Considerato che
l'interessata svolgeva a Zugo l'attività di cromoterapista da 15 anni e che
aveva sempre agito in maniera professionalmente corretta e senza aver mai dato
adito a lagnanze, ha tuttavia ritenuto che qualsiasi restrizione sarebbe
risultata sproporzionata. Secondo i giudici ticinesi, la pratica acquisita
dall'offerente nel luogo d'origine consentiva infatti di garantire una
protezione sufficiente degli interessi pubblici preponderanti, ai sensi
dell'art. 3 cpv. 2 lett. d LMI.

4.2 Le condizioni di ammissione all'esercizio di un'attività professionale
nell'ambito delle terapie complementari a Zugo ed in Ticino presentano
effettivamente differenze rilevanti.
4.2.1 A Zugo dette terapie rientrano nel campo dei trattamenti scientificamente
non riconosciuti ("wissenschaftlich nicht anerkannte Behandlungen"), giusta i §
26 e segg. della Verordnung I zum Gesundheitsgesetz, del 22 dicembre 1981 (V-I
GesG; BGS/ZG 821.11). Secondo il § 26 cpv. 1 V-I GesG, le persone che intendono
operare in tale settore devono sottoporre al Dipartimento della sanità una
descrizione dettagliata dell'attività svolta sin lì e di quella prevista (lett.
a) nonché l'attestazione dei corsi frequentati e delle conoscenze acquisite da
autodidatta (lett. b). Sono inoltre tenute a fornire all'autorità ulteriori
informazioni o documenti richiesti (§ 26 cpv. 2 e 3 V-I GesG) e soggiacciono ai
doveri professionali previsti dai § 27 e 27bis V-I GesG.
4.2.2 La legislazione ticinese prevede per contro due categorie di operatori
nel campo delle terapie complementari: i terapisti complementari (art. 63-63c
LSan) ed i guaritori (art. 63d LSan). I primi devono ottenere un'autorizzazione
cantonale d'esercizio, la quale presuppone in special modo il superamento di un
esame volto a verificare le conoscenze del candidato in merito ai fondamenti
del suo agire, con particolare attenzione alla sicurezza dell'intervento sul
paziente e al riconoscimento dei propri limiti di competenza (art. 63 cpv. 2 e
63a cpv. 1 LSan; cfr. pure il regolamento del 17 febbraio 2004 concernente
l'esame per l'ottenimento dell'autorizzazione d'esercizio quale terapista
complementare [RL/TI 6.1.4.11]). Ottenuta l'autorizzazione, essi devono poi
attenersi ai limiti di competenza indicati dagli art. 63b e 63c LSan. I
guaritori sono invece persone che, senza disporre di alcuna autorizzazione
d'esercizio, distribuiscono e/o attuano, occasionalmente o con regolarità,
prestazioni di tipo sanitario o terapie a pazienti che lo richiedono (art. 63d
cpv. 1 LSan). Essi devono rispettare gli obblighi elencati all'art. 63d cpv. 2
LSan ed in particolare possono essere remunerati unicamente con contributi
volontari (art. 63d cpv. 2 lett. f LSan).
4.2.3 Dalle suddette norme si evince quindi che nel Cantone di Zugo chi svolge
un'attività nel campo delle terapie complementari soggiace ad un semplice
obbligo di notifica preliminare e può dispensare prestazioni per le quali può
esigere una remunerazione (cfr. il § 27 lett. d V-I GesG). In Ticino,
l'esercizio di un'attività a pagamento è invece subordinata all'ottenimento di
un'autorizzazione e al superamento del relativo esame di terapista
complementare. Mediante semplice notifica al Dipartimento (cfr. art. 63d cpv. 2
lett. b LSan), può per contro venir praticata soltanto un'attività remunerata
su base volontaria, ciò che, come rilevato dall'opponente, limita tra l'altro
anche le possibilità dei pazienti di ottenere un rimborso da parte di eventuali
assicurazioni malattia complementari.

4.3 Secondo la regola stabilita dall'art. 2 cpv. 4 LMI, una persona che, come
l'opponente, svolge nel Cantone di Zugo un'attività nel settore delle terapie
complementari può normalmente pretendere di esercitare la medesima attività
secondo le prescrizioni di detto cantone anche qualora si trasferisce in
Ticino. Essa deve quindi di principio poter operare anche in questo secondo
cantone senza essere obbligata ad ottenere l'autorizzazione cantonale e dover
sostenere il relativo esame, ma esigendo comunque una retribuzione per le
prestazioni erogate. Considerato che le condizioni legali per l'esercizio
dell'attività nei due cantoni non si equivalgono, un'eccezione a questo
principio e quindi una restrizione al libero accesso al mercato ticinese è
comunque di per sé possibile. Tale eccezione deve però rispondere ai requisiti
dell'art. 3 LMI. Più concretamente, il Canton Ticino può imporre l'obbligo
dell'esame cantonale quale condizione per esercitare un'attività remunerata ai
terapisti complementari già attivi a Zugo soltanto se tale obbligo appare
indispensabile per preservare interessi pubblici preponderanti e se risulta
conforme al principio di proporzionalità (art. 3 cpv. 1 lett. b e c LMI). Ciò
non è in particolare il caso se le prescrizioni del Canton Zugo oppure la
pratica acquisita dal singolo offerente in detto cantone garantiscono già una
protezione sufficiente degli interessi pubblici preponderanti (art. 3 cpv. 2
lett. a e d LMI).

4.4 Nell'applicazione della legge sul mercato interno occorre pertanto
procedere in maniera assai diversa da quanto preteso dal Consiglio di Stato
ticinese. In effetti le figure professionali previste dagli altri cantoni, che
definiscono autonomamente le condizioni d'accesso all'attività ed i limiti di
competenza, non vanno classificate secondo le categorie previste dalla
legislazione ticinese, se queste prevedono condizioni d'esercizio differenti.
Salvo eccezioni fondate sull'art. 3 LMI, le persone interessate devono
semplicemente poter svolgere in Ticino né più né meno di quanto già erano
abilitate a praticare nel cantone del loro primo domicilio. I professionisti
che operano trattamenti scientificamente non riconosciuti ai sensi del § 26 V-I
GesG/ZG non devono quindi per forza di cose soggiacere in Ticino alle regole
sui terapisti complementari secondo gli art. 63 segg. LSan oppure a quelle sui
guaritori giusta l'art. 63d LSan. In particolare essi non possono rientrare in
quest'ultima categoria, come invece pretende il ricorrente, già perché i
guaritori non hanno il diritto di richiedere compensi. D'altra parte, agli
operatori nel campo della medicina complementare già attivi a Zugo non vanno
nemmeno riconosciute le competenze previste dagli art. 63b e 63c LSan, che
l'insorgente ritiene più estese di quelle ammesse nel cantone d'origine. Sempre
con riserva di eventuali restrizioni rispettose dell'art. 3 LMI, decisive per
definire gli obblighi professionali e la portata dell'attività di tali
operatori sono infatti le pertinenti disposizioni della legislazione sanitaria
del Cantone di Zugo. Lo si evince già dal tenore dell'art. 2 cpv. 4 LMI, che
non garantisce soltanto il diritto di stabilirsi in qualsiasi parte della
Confederazione per l'esercizio di un'attività, ma anche il diritto di
esercitare la stessa secondo le prescrizioni del luogo del primo domicilio. Non
è del resto dato di vedere come il principio del libero accesso al mercato
secondo le regole del cantone d'origine possa essere concepito in modo
astratto, disgiunto dalle relative condizioni d'esercizio.

4.5 Certo, questo sistema può porre determinate difficoltà alle autorità
nell'esercizio dei loro compiti di vigilanza sanitaria e suscitare altresì
qualche rischio di confusione nei pazienti. Per ogni operatore nel campo delle
terapie complementari occorre infatti verificare se soggiace esclusivamente
all'ordinamento del cantone in cui esercita la propria attività oppure se e in
che misura gli è applicabile il regime previsto dal cantone del primo
domicilio. Ogni cantone è quindi chiamato a vigilare sul rispetto non solo
delle proprie leggi, ma anche di quelle di tutti gli altri cantoni (cfr. art. 2
cpv. 4 ultima frase LMI). Inoltre è vero che, come mostra anche il caso in
esame, la legge sul mercato interno potrebbe comportare un allentamento dei
requisiti necessari per esercitare talune professioni, imponendo o comunque
favorendo un allineamento alle condizioni richieste dai cantoni meno rigorosi
(cfr. BU 2005 CN 874 [intervento Nordmann]). Questi effetti sono tuttavia
inevitabilmente conseguenti all'espressa volontà del legislatore di favorire
l'accesso libero e non discriminato al mercato su tutto il territorio della
Confederazione (art. 1 cpv. 1 LMI), tenendo conto delle esigenze poste dai
singoli cantoni soltanto entro i limiti dell'art. 3 LMI ed impedendo così
restrizioni che costituiscono barriere dissimulate all'accesso al mercato,
volte a favorire interessi economici locali (art. 3 cpv. 3 LMI).

4.6 Al di là di queste considerazioni, non deve né può essere esaminato in
maniera più concreta se il Cantone Ticino abbia la facoltà di imporre ai
terapisti complementari già domiciliati a Zugo, o perlomeno a taluni di essi,
l'obbligo di sostenere l'esame cantonale oppure l'obbligo di praticare la loro
attività percependo soltanto contributi volontari. Tale questione potrebbe
porsi in termini generali unicamente se la Corte cantonale avesse imposto di
autorizzare incondizionatamente l'opponente all'esercizio della propria
professione sulla base dell'art. 3 cpv. 2 lett. a LMI. In tal caso occorrerebbe
infatti chiedersi se le prescrizioni del Cantone di Zugo, che comunque
sottopongono l'attività di terapista alla vigilanza del Dipartimento della
sanità e prevedono una serie di obblighi e di divieti, garantiscono già in
quanto tali una protezione sufficiente degli interessi pubblici, come sostenuto
in particolare dalla Commissione della concorrenza. L'esame di questo aspetto
esula tuttavia dal contesto della presente procedura poiché l'autorità
precedente ha giudicato inammissibile qualsiasi restrizione non in virtù
dell'ordinamento legislativo del Canton Zugo, bensì in ragione della pratica
professionale acquisita dall'opponente nel proprio cantone d'origine (art. 3
cpv. 2 lett. d LMI). La verifica della decisione impugnata sotto quest'ultimo
profilo è però preclusa in quanto riguarderebbe forzatamente anche circostanze
attinenti alla situazione personale dell'opponente, che il ricorrente non è
legittimato a contestare e su cui non si è d'altronde espresso (cfr. consid.
2).

5.
Ne discende che il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, deve essere
respinto.
Malgrado la soccombenza, al Cantone Ticino non vanno addossate spese
giudiziarie poiché si è rivolto al Tribunale federale nell'esercizio delle sue
attribuzioni ufficiali e senza avere alcun interesse pecuniario (art. 66 cpv. 4
LTF). Esso va comunque astretto a versare un'indennità per ripetibili alla
controparte privata, patrocinata da un avvocato (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF). Non
si assegnano per contro ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Non si prelevano spese giudiziarie.

3.
Lo Stato del Cantone Ticino rifonderà all'opponente un'indennità di fr.
2'500.-- a titolo di ripetibili della sede federale.

4.
Comunicazione al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, al patrocinatore
dell'opponente, alla Commissione della concorrenza, all'Ufficio di sanità e al
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.

Losanna, 15 maggio 2009

In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere:

Müller Bianchi