Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 2C.520/2008
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
2C_520/2008

Sentenza del 3 aprile 2009
II Corte di diritto pubblico

Composizione
Giudici federali Müller, presidente,
Zünd, Aubry Girardin,
cancelliera Ieronimo Perroud.

Parti
A.________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Olivier Corda,

contro

Ufficio federale della migrazione,
Quellenweg 6, 3003 Berna,

Sezione dei permessi e dell'immigrazione, Dipartimento delle istituzioni del
Cantone Ticino, 6501 Bellinzona.

Oggetto
Divieto d'entrata,

ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 4 giugno
2008 dal Tribunale amministrativo federale, Corte III.

Fatti:

A.
Il 17 marzo 2006 il Presidente della Corte delle assise correzionali di
Mendrisio ha condannato A.________, cittadino italiano residente in Italia,
alla pena di due anni di detenzione e all'espulsione dalla Svizzera per un
periodo di sette anni, per complicità in rapina aggravata, complicità in rapina
e atti preparatori punibili di rapina. L'interessato, detenuto dal 18 luglio
2005, è stato liberato condizionalmente il 16 novembre 2006.

B.
Il 21 aprile 2006 l'Ufficio federale della migrazione ha pronunciato nei
confronti di A.________ un divieto d'entrata in Svizzera di durata illimitata
in virtù dell'art. 13 cpv. 1 legge federale del 26 marzo 1931 concernente la
dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS; RS 142.20). Un suo ritorno in
Svizzera è stato considerato indesiderato a motivo del suo comportamento
(complicità in rapina aggravata e complicità in rapina; atti preparatori
punibili di rapina) e per motivi di ordine e di sicurezza pubblici. La
decisione è stata intimata all'interessato il 21 settembre 2006.

C.
Con giudizio del 4 giugno 2008 il Tribunale amministrativo federale, Corte III
(entrato in funzione il 1° gennaio 2007 e al quale la causa è stata trasmessa,
cfr. art. 1 cpv. 1 e 53 cpv. 2 della legge del 17 giugno 2005 sul Tribunale
amministrativo federale [LTAF; RS 173.32], in vigore dal 1° gennaio 2007 [RU
2006 1069]), ha respinto il ricorso esperito il 23 ottobre 2006 da A.________ e
ha confermato il provvedimento impugnato. Respinte le censure formali, la
citata autorità ha considerato, in sintesi, che tenuto conto della pericolosità
dell'insorgente e dell'elevato rischio di recidiva, il divieto d'entrata
risultava giustificato nonché rispettoso del principio della proporzionalità.

D.
L'11 luglio 2008 A.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un
ricorso in materia di diritto pubblico, con cui chiede che la sentenza 4 giugno
2008 e la decisione 21 aprile 2006 siano annullate. Censura, in sostanza, una
constatazione manifestamente inesatta ed arbitraria dei fatti, una violazione
del suo diritto di essere sentito e della propria libertà personale nonché la
disattenzione degli art. 3 ALC e 5 Allegato I ALC.
Chiamati ad esprimersi il Tribunale amministrativo federale, Corte III, ha
rinunciato a formulare osservazioni, mentre l'Ufficio federale della
migrazione, allineandosi ai considerandi della sentenza querelata, ha proposto
di respingere il ricorso. Da parte sua la Sezione dei permessi e
dell'immigrazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino si è
rimessa al giudizio di questa Corte.

Diritto:

1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua
competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami
che gli vengono sottoposti (DTF 134 IV 36 consid. 1; 133 II 249 consid. 1.1 con
riferimenti).

2.
2.1 Il 1° gennaio 2008 è entrata in vigore la legge federale sugli stranieri
del 16 dicembre 2005 (LStr; RS 142.20; RU 2007 5487), che ha di per sé abrogato
la legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri del 26
marzo 1931 (LDDS; CS 1 177 e modifiche seguenti; cfr. Allegato n. I LStr).
Giusta l'art. 126 cpv. 1 LStr, alle domande presentate prima dell'entrata in
vigore della nuova normativa rimane tuttavia applicabile il diritto previgente.
In concreto la decisione di divieto d'entrata è stata promulgata il 21 aprile
2006: dal profilo del diritto interno, l'esame del caso va pertanto svolto in
funzione del pregresso ordinamento.

2.2 Le decisioni in materia di divieto d'entrata sono pronunciate dall'Ufficio
federale della migrazione (art. 13 cpv. 1 e 15 cpv. 3 LDDS; cfr. art 67 LStr)
con facoltà di ricorso al Tribunale amministrativo federale (art. 20 cpv. 1
LDDS; cfr. art. 112 LStr). Giusta l'art. 1 cpv. 2 LTAF, in quanto la legge non
escluda il ricorso al Tribunale federale, il Tribunale amministrativo federale
giudica quale autorità di grado precedente.

2.3 Giusta l'art. 83 lett. c cifra 1 LTF, il ricorso in materia di diritto
pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli
stranieri concernenti l'entrata in Svizzera. Sennonché come già spiegato dal
Tribunale federale (cfr. DTF 131 II 352 consid. 1 così come le sentenze 2C_375/
2007 dell'8 novembre 2007 consid. 2.2.2 e 2C_378/2007 del 14 gennaio 2008
consid. 2.1), questo motivo di esclusione non si applica trattandosi dei
gravami inoltrati da stranieri che possono, come in concreto, prevalersi
dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e
la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera
circolazione delle persone (in seguito ALC o Accordo; RS 0.142.112.681): al
fine di evitare una violazione del diritto convenzionale, questa Corte entra
infatti nel merito dei loro ricorsi basandosi direttamente sull'art. 11 cpv. 3
ALC. Visto quanto precede, la presente impugnativa è quindi, di principio,
ammissibile.

2.4 In ragione dell'effetto devolutivo della procedura ricorsuale,
l'impugnativa è comunque inammissibile nella misura in cui il ricorrente chiede
anche l'annullamento della decisione dell'Ufficio federale della migrazione
(DTF 129 II 438 consid. 1).

3.
3.1 Oggetto del contendere è un divieto d'entrata adottato in applicazione
dell'art. 13 cpv. 1 prima frase LDDS, secondo cui l'autorità federale può
vietare l'entrata in Svizzera di stranieri indesiderabili. Ai cittadini degli
Stati membri della Comunità europea e ai loro familiari questa legge si applica
tuttavia solo nella misura in cui l'Accordo sulla libera circolazione non
disponga altrimenti oppure se essa preveda disposizioni più favorevoli (art. 1
lett. a LDDS). Ne deriva che il provvedimento in esame, limitativo di una
prerogativa stabilita dall'Accordo (art. 1 e 3 ALC nonché art. 1 Allegato I
ALC) può essere fondato solo su motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e
pubblica sanità (sulla nozione di ordine pubblico, cfr. DTF 130 II 176; 129 II
215 consid. 6.2 e riferimenti; causa CGCE del 27 ottobre 1997 Boucherau C-30/
77, Racc. 1977 pag. 1999 n. 33-35)). Tali nozioni vanno intese nel senso
definito dalla direttiva 64/221/CEE, del 25 febbraio 1964, e dalla relativa
giurisprudenza della CGCE precedente alla sottoscrizione dell'ALC (art. 5 cpv.
2 Allegato I ALC combinato con l'art. 16 cpv. 2 ALC; DTF 131 II 352 consid. 3.1
e riferimenti).

3.2 Conformemente alla giurisprudenza della CGCE (sentenze del 27 ottobre 1977
nella causa 30-77, Bouchereau, Racc. 1977, 1999, n. 33-35, e del 19 gennaio
1999 nella causa C-348/96, Calfa, Racc. 1999, I-11, n. 23 e 25), le deroghe
alla libera circolazione devono essere interpretate restrittivamente.
L'adozione di misure d'allontanamento presuppone quindi, al di là della
turbativa insita in ogni violazione di legge, una minaccia effettiva e
sufficientemente grave che tocca un interesse fondamentale della società (cfr.
DTF 130 II 176 consid. 3.4.1; 129 II 215 consid. 7.3). La sola esistenza di
condanne penali non può automaticamente legittimare l'adozione di provvedimenti
fondati su motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (cfr. l'art. 3
cpv. 2 della Direttiva 64/221/CEE). Una condanna può piuttosto venir presa in
considerazione soltanto nella misura in cui dalle circostanze che l'hanno
determinata emerga un comportamento personale costituente una minaccia attuale
per l'ordine pubblico. A seconda dei casi, già la sola condotta tenuta in
passato può comunque adempiere i requisiti di una simile messa in pericolo
dell'ordine pubblico (DTF 130 II 493 consid. 3.2, 176 consid. 3.4.1; 129 II 215
consid. 7.3 e 7.4 e le sentenze della CGCE citate in precedenza). Per valutare
l'attualità della minaccia, non occorre prevedere quasi con certezza che lo
straniero commetterà altre infrazioni in futuro; d'altro lato, per rinunciare a
misure di ordine pubblico, non si deve esigere che il rischio di recidiva sia
praticamente nullo. La misura dell'apprezzamento dipende in sostanza dalla
gravità della potenziale infrazione: tanto più questa appare importante, quanto
minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva (DTF 130 II 493
consid. 3.3, 176 consid. 4.3.1 con rinvii). Inoltre, come nel caso di qualsiasi
altro cittadino straniero, l'esame dev'essere effettuato tenendo presente le
garanzie derivanti della CEDU (RS 0.101) così come il principio della
proporzionalità (DTF 131 II 352 consid. 3.3 e numerosi richiami; sentenze CGCE
del 28 ottobre 1975 nella causa 36-75, Rutili, Racc. 1975, 1219, n. 32 e
dell'11 luglio 2002, nella causa C-60/00, Carpenter, Racc. 2002, I-6279, n. 42
segg.).

4.
4.1 Come accennato in narrativa, il ricorrente è stato condannato il 17 marzo
2006 dal Presidente della Corte delle assise correzionali di Mendrisio alla
pena di due anni di detenzione e all'espulsione dalla Svizzera per un periodo
di sette anni, per complicità in rapina aggravata, complicità in rapina e atti
preparatori punibili di rapina. Per quanto concerne la pena accessoria
dell'espulsione dalla Svizzera, la stessa è decaduta il 1° gennaio 2007, in
seguito all'entrata in vigore, a tale data, della legge federale del 13
dicembre 2002 che modifica la parte generale del Codice penale (RU 2006 3459;
cfr. art. 388 cpv. 2 CP nonché disposizioni finali della modifica del 13
dicembre 2002, n. 1 cpv. 2). Il ricorrente è stato ritenuto colpevole di
complicità in rapina aggravata e complicità in rapina per aver l'8 settembre
2003, e in epoca precedente, intenzionalmente aiutato un terzo nella
commissione di una rapina ai danni di un'impiegata di banca e per avere, il 22
ottobre 2003 e in epoca precedente, intenzionalmente aiutato due altre persone
nella commissione di una rapina ai danni del gerente di un bar, reato aggravato
siccome commesso con arma da fuoco e altra arma pericolosa, in banda e
denotando particolare pericolosità e, infine, di atti preparatori punibili di
rapina per avere in diverse località ticinesi, nel periodo da febbraio a luglio
2005, in correità con terzi ed agendo conformemente ad un piano, preso concrete
disposizioni tecniche ed organizzative finalizzate alla perpetrazione di una
rapina ai danni di una gioielleria. I giudici penali hanno poi precisato che
anche se le imputazioni erano derubricate da correo a complice, nondimeno le
stesse rimanevano comunque molto gravi, considerato pure che era recidivo, con
vari precedenti penali alle spalle, e che era ricaduto in un reato analogo a
quello per cui era già stato condannato in Italia nel 1983 a 6 anni di
reclusione.

4.2 Il ricorrente rimprovera all'autorità inferiore di avere dato rilievo nel
proprio giudizio alla circostanza che egli avrebbe minacciato con una pistola
il gerente di un esercizio pubblico nel corso di una rapina. Orbene, tale
episodio non si è mai verificato in quanto, come emerge dai documenti prodotti
(cfr. scritti del 9 febbraio 2006 del Procuratore pubblico e del 10 febbraio
2006 del Tribunale penale cantonale), il Procuratore pubblico nel redigere
l'atto di accusa ha confuso due nomi, errore ripreso poi nella sentenza penale.
Oltre al fatto che trattasi di un errore palese, siccome eccettuato il
passaggio incriminato egli non è mai designato come protagonista, un simile
comportamento gli avrebbe valuto una condanna per correità, non per complicità.
L'autorità inferiore, dando per acquisita simile circostanza malgrado le
evidenti contraddizioni agli atti e senza averlo prima interpellato al
riguardo, si sarebbe pertanto basata su di una constatazione arbitraria dei
fatti nonché avrebbe violato il suo diritto di essere sentito. Tutto ciò
porterebbe inoltre ad un risultato arbitrario poiché a causa di tale errore la
citata autorità non avrebbe tenuto conto del fatto che egli ha assunto solo un
ruolo di mero complice, elemento rilevante per pronunciarsi sulla sua
pericolosità, così come non avrebbe considerato il comportamento esemplare
assunto nell'ambito dell'espiazione della pena detentiva e posteriormente alla
liberazione.

4.3 Il Tribunale amministrativo federale si è pronunciato, tra l'altro, sulla
sussistenza di un comportamento personale costituente una minaccia attuale per
l'ordine pubblico, atto a legittimare un provvedimento per ragioni di ordine
pubblico ai sensi dell'art. 5 cpv. 1 Allegato I ALC. A tal fine ha insistito -
citando il corrispondente estratto della sentenza penale - sul fatto che il
ricorrente aveva, durante la rapina del 22 ottobre 2003, sotto la minaccia di
una pistola, puntata contro la nuca e poi contro il fianco sinistro, costretto
la vittima a raggiungere l'ufficio, intimandole di non urlare, minacciandola di
ucciderla e costringendola ad aprire la cassaforte, dalla quale prelevava tutto
il contenuto. Orbene, come rettamente osservato dal ricorrente e comprovato dai
documenti prodotti (cfr. lettere del 9 febbraio 2006 del Procuratore pubblico e
del 10 febbraio 2006 del Tribunale penale cantonale), si tratta di un
atteggiamento che questi non ha avuto e che gli è stato attribuito a torto. In
effetti quando ha redatto l'atto di accusa il Procuratore pubblico ha confuso -
in un paragrafo - le generalità di due prevenuti, errore poi ripreso nella
sentenza penale ove il menzionato documento è ampiamente citato. È chiaro che
si tratta di una svista manifesta dato che viene fatta menzione del ricorrente
in un unico paragrafo del considerando ove viene descritto lo svolgimento della
rapina. Inoltre tale menzione interrompe la logica della descrizione degli
eventi, siccome nei precedenti e nei successivi paragrafi sono citati i due
prevenuti condannati poi come autori. L'errore poteva per di più essere
percepito anche da un'attenta lettura della sentenza penale visto che, se
avesse effettivamente avuto l'atteggiamento addebitatogli, il ricorrente
sarebbe stato condannato come autore, non quale complice.
Al riguardo occorre poi precisare che sebbene una rapina sia un crimine
particolarmente grave, la circostanza che una persona non ne era l'autore ma ha
assunto solo un ruolo secondario, agendo quale complice, costituisce un
elemento determinante nella valutazione della sua pericolosità: il complice
infatti non ha alcuna influenza né potere decisionale, alla differenza
dell'autore che con il suo comportamento (in concreto puntando una pistola
contro la nuca della vittima e minacciandola) influisce sull'evolvere degli
avvenimenti. Attribuendo al ricorrente un ruolo principale molto grave che
questi, in realtà, non ha mai avuto e basandosi in gran parte sul medesimo per
valutare la sua pericolosità dal profilo dell'Accordo sulla libera circolazione
delle persone, l'autorità inferiore - la quale fruisce, a differenza di questa
Corte, di un ampio potere di apprezzamento (cfr. art. 49 PA per rinvio
dell'art. 37 LTAF) - ha quindi constatato in modo manifestamente inesatto e
incompleto fatti giuridicamente rilevanti ai fini del giudizio ed ha, di
conseguenza, emanato un giudizio manifestamente inficiato d'arbitrio (al
riguardo, cfr. DTF 133 II 249 consid. 1.4.3) nonché lesivo dell'art. 5 cpv. 1
Allegato I ALC. La sentenza querelata deve di conseguenza essere annullata e la
causa rinviata al Tribunale amministrativo federale affinché proceda ad un
nuovo esame della fattispecie nonché emani in seguito un nuovo giudizio.
In queste condizioni non occorre pronunciarsi ancora sulle altre censure
sollevate dal ricorrente.

5.
5.1 Da quel che precede discende che il ricorso dev'essere accolto, la
decisione impugnata annullata e la causa rinviata al Tribunale amministrativo
federale per nuova valutazione della fattispecie e nuovo giudizio (art. 107
cpv. 2 LTF).

5.2 Soccombente, la Confederazione è comunque dispensata dal pagamento delle
spese giudiziarie, in quanto non sono in gioco i suoi interessi pecuniari (art.
66 cpv. 4 LTF). Essa dovrà tuttavia versare al ricorrente, assistito da un
avvocato, un'indennità per ripetibili della sede federale (art. 68 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
In quanto ammissibile il ricorso è accolto e la sentenza impugnata è annullata.
La causa viene rinviata al Tribunale amministrativo federale, III Corte, per
nuovo giudizio ai sensi dei considerandi.

2.
Non si prelevano spese giudiziarie.

3.
La Confederazione rifonderà al ricorrente un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo
di ripetibili per la procedura dinanzi al Tribunale federale.

4.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, all'Ufficio federale della
migrazione e al Tribunale amministrativo federale, Corte III nonché alla
Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Dipartimento delle istituzioni del
Cantone Ticino (per informazione).

Losanna, 3 aprile 2009

In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera:

Müller Ieronimo Perroud