Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 2C.150/2008
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Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
2C_150/2008 /biz

Sentenza del 10 luglio 2008
II Corte di diritto pubblico

Composizione
Giudici federali Merkli, presidente,
Hungerbühler, Aubry Girardin,
cancelliere Grisanti.

Parti
Avv. dr. A.________,
ricorrente,

contro

Commissione di disciplina dell'Ordine
degli avvocati del Cantone Ticino,
opponente.

Oggetto
Sanzione disciplinare,

ricorso contro la decisione della Camera per
l'avvocatura e il notariato del Tribunale di appello
del Cantone Ticino del 21 dicembre 2007.

Fatti:

A.
Mediante scritto del 30 settembre 2005, il Presidente della II Corte civile del
Tribunale federale ha segnalato alla Camera per l'avvocatura e il notariato del
Tribunale di appello del Cantone Ticino, quale autorità cantonale di
sorveglianza degli avvocati, che alla luce dell'attività professionale
dell'avv. dr. A.________ a lui nota erano sorti seri dubbi sul fatto che
quest'ultima soddisfacesse (ancora) i requisiti necessari per esercitare la
professione di avvocato. In particolare ha osservato che l'elevato numero di
rimedi (solo otto nel corso dell'anno 2005; v. le sentenze 5C.132/2005, 5C.133/
2005 e 5P.205/2005 del 14 luglio 2005, 5P.284/2005 del 30 agosto 2005, 5P.303/
2005, 5C.206/2005 e 5C.207/2005 del 9 settembre 2005, e 5C.187/2005 del 20
settembre 2005) completamente privi di possibilità di esito favorevole da lei
presentati ne minavano la credibilità di avvocato e facevano dubitare che ella
si dimostrasse ancora degna della considerazione che la professione esige. La
Camera per l'avvocatura e il notariato ha trasmesso per competenza la
segnalazione al Presidente della Commissione di disciplina dell'Ordine degli
avvocati del Cantone Ticino.

Il 22 settembre 2006 il Presidente della Pretura penale del Cantone Ticino ha
informato il Consiglio dell'Ordine degli avvocati, che a sua volta ha girato la
segnalazione alla sua Commissione di disciplina, che nell'ambito di un pubblico
dibattimento, iniziato il 12 settembre 2006, il processo non aveva potuto
svolgersi regolarmente a causa del comportamento tenuto dall'avv. dr.
A.________. Quest'ultima, in qualità di patrocinatrice di una delle parti
processate, dopo la fase iniziale, noncurante dei richiami con i quali le era
stato chiesto di limitarsi a sollevare le eccezioni procedurali e a motivarle
brevemente, aveva infatti preso la parola per leggere un'istanza zeppa di
argomentazioni prolisse e accuse all'operato degli inquirenti, che anche la
stampa non ha mancato di riportare e di qualificare come "inverosimili".
Inoltre, alla ripresa del processo dopo la pausa pranzo, essa aveva lasciato
l'aula comunicando di eventualmente rinunciare al mandato. L'abbandono
dell'aula aveva obbligato il giudice a congedare l'imputata, rimasta sola, e a
disgiungerne il procedimento.

Il 26 settembre 2006 la Commissione di disciplina dell'Ordine degli avvocati ha
notificato all'avv. dr. A.________ l'apertura di un procedimento disciplinare
per possibile violazione degli obblighi professionali di cura e diligenza.
Contro l'apertura del procedimento disciplinare l'interessata ha presentato un
ricorso al Tribunale federale il quale però lo ha dichiarato inammissibile per
mancanza di decisione separatamente impugnabile (sentenza 2A.600/2006 del 13
ottobre 2006).

Il 15 febbraio 2007 il Procuratore generale del Cantone Ticino ha segnalato un
ulteriore "increscioso episodio". In occasione del nuovo dibattimento svoltosi
dinanzi alla Pretura penale il 14 dicembre 2006 e resosi necessario dopo gli
eventi del 12 settembre precedente, l'avv. dr. A.________ aveva nuovamente
abbandonato l'aula in segno di protesta poiché si era vista respingere una
istanza di nullità di tutta la procedura come pure una istanza di ricusa del
giudice. La cliente, rimasta sola, aveva poi deciso a sua volta di lasciare
l'aula nonostante il giudice l'avesse avvertita che in tal caso il procedimento
sarebbe proseguito nelle forme contumaciali, come poi è stato (v. sentenza 6B_8
/2007 del 12 dicembre 2007).

B.
Dopo avere esteso il procedimento disciplinare a quest'ultimo episodio e avere
dato all'interessata l'opportunità di esprimersi, con decisione del 25 giugno
2007 la Commissione di disciplina dell'Ordine degli avvocati ha sospeso l'avv.
dr. A.________ dall'esercizio dell'avvocatura per la durata di sei mesi per
violazione dell'art. 12 lett. a della legge federale sulla libera circolazione
degli avvocati, del 23 giugno 2000 (LLCA; RS 935.61), in relazione con gli art.
11 della legge ticinese sull'avvocatura, del 16 settembre 2002 (LAvv), e 4, 30
e 31 del Codice professionale degli avvocati del Cantone Ticino (CAvv),
ordinando la comunicazione della sanzione alle autorità di sorveglianza degli
altri cantoni ai sensi dell'art. 18 cpv. 2 LLCA e ponendo a suo carico gli
oneri processuali per fr. 2'000.--. Oltre a ciò, considerato l'ampio clamore
mediatico suscitato dalla vicenda dinanzi alla Pretura penale, ha pure disposto
la pubblicazione della misura - da effettuarsi al momento della sua crescita in
giudicato - sul Foglio ufficiale cantonale.

In sintesi, con riferimento alla attività segnalata dal Tribunale federale,
detta Commissione ha rilevato che i ricorsi in questione, inutilmente prolissi
e non sempre comprensibili, erano tutti stati dichiarati inammissibili, in gran
parte per carenza di motivazione oppure perché si erano limitati a riproporre
questioni già sollevate ed evase in precedenti procedure. L'autorità
disciplinare ha pure ricordato che in alcuni casi il Tribunale federale aveva
addirittura posto le spese giudiziarie a carico della denunciata, anziché della
parte patrocinata, facendo notare che con un minimo di attenzione l'avvocato
avrebbe immediatamente potuto riconoscere l'inammissibilità del ricorso. In
questo modo, essa avrebbe gravemente leso gli interessi dei clienti oltre ad
avere gravemente intralciato il normale corso della giustizia che si era vista
subissata da ricorsi manifestamente infondati. Quanto ai comportamenti tenuti
dinanzi alla Pretura penale, la denunciata avrebbe, segnatamente con
l'abbandono (ripetuto) dell'aula e della sua cliente, travalicato i limiti di
una critica oggettiva e nuociuto al tempo stesso agli interessi della sua
assistita. La Commissione di disciplina ha ritenuto gravi le violazioni in
esame e per la commisurazione della sanzione ha pure preso in considerazione, a
titolo di aggravante, il precedente disciplinare a carico della legale, la
quale nel 2004 era stata sanzionata con una multa di fr. 800.-- per avere
violato il dovere di fiducia e di diligen-za nei confronti dei clienti, e più
precisamente per avere inoltrato al Tribunale federale due rimedi -
manifestamente infondati - per una cliente senza averla adeguatamente informata
sui passi intrapresi e sui relativi costi e rischi (cfr. sentenza 2A.561/2004
del 21 ottobre 2004). A giustificazione della sanzione, la Commissione di
disciplina ha infine evidenziato il pericolo reale e concreto di recidiva,
confermato dal comportamento tenuto dall'interessata nella procedura
disciplinare.

C.
Il provvedimento è stato confermato, su ricorso, dalla Camera per l'avvocatura
e il notariato cantonale con sentenza del 21 dicembre 2007. Dopo avere
conferito al ricorso effetto sospensivo e avere respinto tutta una serie di
eccezioni relative alla pretesa irregolarità della procedura, la Camera per
l'avvocatura e il notariato ha condiviso la severità della sanzione, mettendo
in risalto la gravità e la ripetitività delle mancanze professionali come pure
il serio pericolo di recidiva, accentuato dal fatto che la denunciata persiste
(va) nella convinzione di avere agito nel pieno rispetto dei doveri
professionali. Infine, ha negato all'insorgente il beneficio dell'assistenza
giudiziaria, siccome il gravame sottopostole non presentava sin dall'inizio
probabilità di esito favorevole.

D.
L'8 febbraio 2008 l'avv. dr. A.________ ha adito il Tribunale federale con un
ricorso in materia di diritto pubblico ed un ricorso sussidiario in materia
costituzionale. Con il primo chiede la piena assoluzione dalla sanzione
disciplinare; con il secondo domanda la cassazione della decisione impugnata e
di quella disciplinare alla quale si riferisce. In sintesi, a motivazione dei
ricorsi fa valere una serie di vizi procedurali, la violazione di diritti
costituzionali (segnatamente degli art. 9, 27, 29, 29a e 30 Cost.) e di diritti
garantiti dalla CEDU (segnatamente degli art. 5, 6, 8, 10 e 14), la violazione
del diritto federale (segnatamente dell'art. 17 LLCA e dell'art. 27 CC) e
l'accertamento lacunoso, rispettivamente manifestamente errato dei fatti
determinanti.

Chiamati ad esprimersi, la Commissione di disciplina, la Camera per
l'avvocatura e il notariato e l'Ufficio federale di giustizia hanno rinunciato
a formulare osservazioni sul merito del gravame.

E.
Con decreto presidenziale del 29 febbraio 2008 è stata accolta l'istanza di
conferimento dell'effetto sospensivo presentata assieme ai gravami.

Diritto:

1.
Preliminarmente si osserva che nel suo ricorso di quasi 80 pagine, inutilmente
prolisso, confuso e ripetitivo, l'insorgente mette tra le altre cose in dubbio
l'indipendenza della Corte giudicante e ne chiede la ricusazione. Motiva in
particolare la sua censura con il fatto che il numero di registrazione indicato
nella sentenza del 13 ottobre 2006 a lei notificata (4C.102/2006), e con la
quale questa Corte aveva dichiarato inammissibile il suo ricorso contro la
decisione di apertura del procedimento disciplinare, non corrisponderebbe a
quello figurante nella raccolta delle sentenze del Tribunale federale (2A.600/
2006). Inoltre sostiene che detta sentenza sarebbe stata resa in assenza di un
vero ricorso.

A prescindere dalla irrilevanza, rispettivamente infondatezza dei motivi
invocati, la domanda, abusiva, si dimostra comunque irricevibile poiché
conformemente alla giurisprudenza sviluppata sotto l'imperio della vecchia
Organizzazione giudiziaria, ma che ha mantenuto la sua validità anche in
seguito all'entrata in vigore della LTF, motivi di ricusa possono essere
unicamente formulati nei confronti di determinati membri del Tribunale e non
anche nei confronti del Tribunale o di una sua sezione in quanto tali (DTF 105
Ib 301 consid. 1a; sentenza 6B_598/2007 del 22 febbraio 2008, consid. 1.3).

2.
2.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con pieno potere di cognizione la
sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei
gravami che gli vengono sottoposti (DTF 133 II 249 consid. 1.1).

2.2 Un ricorso sussidiario in materia costituzionale ai sensi degli art. 113
segg. LTF può essere presentato laddove non è ammissibile il ricorso ordinario
secondo gli articoli 72-89 LTF (art. 113 LTF). Le decisioni fondate
essenzialmente sulla LLCA costituiscono pronunce in cause di diritto pubblico
federale (cfr. sentenze 2C_699/2007 del 30 aprile 2008, consid. 1, destinata
alla pubblicazione, e 2C_177/2007 del 19 ottobre 2007, consid. 1.2) e non
figurano tra le eccezioni indicate agli art. 83-85 LTF, ovvero tra i casi in
cui il ricorso ordinario in materia di diritto pubblico non è dato. In
particolare, la decisione impugnata non concerne l'esito di esami e di altre
valutazioni della capacità, segnatamente nei settori della scuola, del
perfezionamento e dell'esercizio della professione (art. 83 lett. t LTF), non
fosse altro perché la decisione di sospensione (temporanea) non si esaurisce in
una mera valutazione della prestazione (cfr. per analogia sentenza 2C_187/2007
del 16 agosto 2007, consid. 2.2 con riferimento).

Del resto, la ricorrente, che non si esprime al riguardo, nemmeno tenta di
spiegare perché in concreto sarebbe dato il ricorso sussidiario in materia
costituzionale ai sensi dell'art. 113 LTF: quest'ultimo rimedio è quindi
inammissibile. Le argomentazioni addotte in tale mezzo di impugnazione vanno
comunque trattate nell'ambito del rimedio ordinario, nella misura in cui
l'allegato ricorsuale adempie le esigenze formali di questo tipo di ricorso
(DTF 133 I 300 consid. 1.2).

2.3 Tempestiva (art. 100 cpv. 1 LTF), diretta contro il giudizio di un'autorità
cantonale di ultima istanza (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF) e presentata da una
persona senz'altro legittimata (art. 89 cpv. 1 LTF), l'impugnativa in esame va
quindi trattata ed è di massima ammissibile come ricorso in materia di diritto
pubblico.

2.4 In virtù dell'effetto devolutivo della procedura ricorsuale, oggetto
dell'impugnativa può di principio essere soltanto il giudizio dell'ultima
istanza cantonale (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF; sentenza 2C_135/2007 del 26
giugno 2007, consid. 3; cfr. anche DTF 129 II 438 consid. 1; 125 II 29 consid.
1c). Laddove chiede l'annullamento non solo della sentenza della Camera per
l'avvocatura e il notariato, ma anche della precedente decisione emanata dalla
Commissione di disciplina, l'atto ricorsuale è dunque inammissibile.

3.
3.1 Con il ricorso in materia di diritto pubblico può in particolare venir
censurata la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che
comprende anche i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 133 III 446 consid.
3.1, 462 consid. 2.3). Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto (art.
106 cpv. 1 LTF; cfr. tuttavia la riserva del cpv. 2). Esso non è vincolato né
dagli argomenti sollevati nel ricorso né dai motivi addotti dall'autorità
inferiore. Tenuto conto dell'esigenza di motivazione di cui all'art. 42 cpv. 1
e 2 LTF, sotto pena d'inammissibilità (art. 108 cpv. 1 lett. b LTF), il
Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate.

Il ricorrente deve motivare il ricorso (art. 42 cpv. 1 LTF) spiegando in modo
conciso perché l'atto impugnato viola il diritto (art. 42 cpv. 2 LTF). Le
censure di violazione dei diritti costituzionali, del diritto cantonale e del
diritto intercantonale sottostanno a severe esigenze di motivazione.
Conformemente all'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale procede alla
disamina di tali censure solo ove il ricorrente le abbia sollevate e motivate.
In quest'ambito, la motivazione esatta corrisponde a quanto valeva per il
ricorso di diritto pubblico sotto l'imperio dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG (DTF
133 II 249 consid. 1.4.2; 133 IV 286 consid. 1.4). Il gravame deve quindi
contenere un'esauriente motivazione giuridica dalla quale si possa dedurre se,
perché ed eventualmente in quale misura la decisione impugnata leda il
ricorrente nei suoi diritti costituzionali (v. DTF 130 I 26 consid. 2.1; 129 I
113 consid. 2.1; 127 I 38 consid. 3c).

3.2 Anche l'accertamento dei fatti può venir censurato solo entro limiti
ristretti, ovvero se è stato svolto in modo manifestamente inesatto o in
violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e se l'eliminazione del vizio
può essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 e 105 cpv.
1 e 2 LTF). Occorre quindi, ad esempio, che la valutazione delle prove risulti
arbitraria (sentenza 4A_223/2007 del 30 agosto 2007, consid. 3.2). La parte
ricorrente che intende scostarsi dai fatti stabiliti dall'autorità precedente
deve spiegare in maniera circostanziata per quali motivi ritiene che le
condizioni di una delle eccezioni previste dall'art. 105 cpv. 2 LTF sarebbero
realizzate. In caso contrario, a meno di lacune manifeste da rettificare
d'ufficio, non si può tener conto di uno stato di fatto diverso da quello posto
a fondamento della decisione impugnata (DTF 133 II 249 consid. 1.4.3).

4.
Nelle quasi 80 pagine di ricorso consacrate principalmente a censurare asserite
violazioni procedurali, per giunta parzialmente riferite a procedure estranee a
quella in esame o sulle quali il Tribunale federale ha comunque già statuito
definitivamente (in ordine alla reiterata contestazione della multa
disciplinare di fr. 800.-- pronunciata nel 2004 cfr. sentenza citata 2A.561/
2004), si stenta in gran parte a trovare una compiuta motivazione giuridica
conforme alle suesposte esigenze. La ricorrente - che peraltro per ampi stralci
si limita a riprodurre testualmente il memoriale 12 dicembre 2007 consegnato a
margine dell'udienza tenutasi in stessa data davanti alla Camera per
l'avvocatura e il notariato in conformità all'art. 50 del regolamento cantonale
sull'avvocatura del 28 ottobre 2002 (RAvv) e agli art. 30 Cost. e 6 CEDU (DTF
126 I 228 consid. 3a; cfr. pure sentenze della Corte europea dei diritti
dell'uomo [CorteEDU] del 31 agosto 2006 nella causa Landolt contra Svizzera, n.
17263/02, e del 15 dicembre 2005 nella causa Hurter contra Svizzera, n. 53146/
99, cifre 24 a 35, in: Pra 2006 n. 125 pag. 868) - soddisfa in minima parte i
requisiti di motivazione imposti dall'art. 42 cpv. 2 LTF poiché il più delle
volte non si confronta adeguatamente con i considerandi della sentenza
impugnata, bensì si dilunga in inutili - e comunque sovente dubbie -
considerazioni di carattere generale, spesso nemmeno di ordine giuridico.
Occorre così ricordare all'insorgente che non basta invocare norme della CEDU e
della Costituzione (federale e cantonale) senza spiegare nella dovuta forma in
che modo sarebbero in concreto state violate dall'autorità cantonale. L'esame
del gravame si limiterà di conseguenza agli aspetti contestati che - al limite
- soddisfano le esigenze di motivazione.

5.
5.1 Anche in sede federale, la ricorrente contesta tra le altre cose la
competenza e l'indipendenza delle istanze precedenti.

5.2 Come già rilevato in altra occasione (v. sentenza 2A.500/2003 del 17 maggio
2004, consid. 2.1.2), in Ticino le autorità di sorveglianza che i Cantoni
devono istituire in esecuzione dell'art. 14 LLCA sono la Commissione di
disciplina dell'Ordine degli avvocati, in prima istanza, e la Camera per
l'avvocatura e il notariato, in seconda istanza (art. 18, 24 cpv. 1 e 31 LAvv).
La Commissione di disciplina è un organo composto da membri dell'Ordine (art.
24 cpv. 2 LAvv), non un'autorità penale. La Camera per l'avvocatura e il
notariato, sezione del Tribunale di appello ticinese, è per parte sua l'organo
giudiziario superiore di sorveglianza (art. 31 LAvv). Non vi è dubbio che i
fatti per i quali la ricorrente è stata sanzionata rientrano nell'ambito
specifico dei comportamenti soggetti alla sorveglianza disciplinare.

5.3 Conformemente alla prassi sviluppata in materia dalla CorteEDU (cfr.
sentenze del 13 dicembre 2007 nella causa Foglia contra Svizzera, n. 35865/04,
cifra 62, e Landolt, precitata), il contenzioso disciplinare rientra
nell'ambito applicativo dell'art. 6 CEDU se la legislazione in materia, come in
concreto, contempla la sospensione temporanea dall'esercizio dell'avvocatura
per due anni al massimo (art. 17 cpv. 1 lett. d LLCA) e il divieto definitivo
di esercitare (art. 17 cpv. 1 lett. e LLCA). Essendo in gioco il diritto di
esercitare una professione, la controversia concerne la determinazione di
diritti e doveri di carattere civile ai sensi dell'art. 6 § 1 CEDU. Ciò non
significa tuttavia che, per l'art. 6 CEDU, le procedure di prima istanza
davanti agli organi che non sono integrati nelle strutture giudiziarie
ordinarie - quali gli organi amministrativi o disciplinari - debbano soddisfare
le esigenze del processo equo. In tale evenienza, è sufficiente, ma anche
necessario, che l'interessato disponga del diritto di ricorrere a un organo
giudiziario indipendente, dotato di pieno potere cognitivo, che offra le
garanzie dell'art. 6 CEDU (sentenza della CorteEDU nella causa Landolt,
precitata).

5.4 Ora, non c'è dubbio che la Camera ticinese per l'avvocatura e il notariato,
che fruisce di piena cognizione (cfr. sentenza 2P.130/1997 del 30 giugno 1997,
consid. 2a, in: RDAT I-1998, n. 10 pag. 37), configura un tribunale
indipendente e imparziale costituito per legge ai sensi dell'art. 6 § 1 CEDU.
Istituita dall'art. 64 cpv. 1 della legge organica giudiziaria del 10 maggio
2006 (LOG), la Camera per l'avvocatura e il notariato è manifestamente prevista
per legge ed assume un ruolo giurisdizionale in virtù delle competenze che le
attribuisce segnatamente l'art. 31 LAvv in materia disciplinare. Composta del
Presidente del Tribunale di appello, che la presiede, e di due giudici, tutti
regolarmente eletti dal Gran Consiglio (art. 2 cpv. 1 LOG), detta Camera non
riceve istruzioni da parte di alcuna autorità e le sue decisioni, adottate
secondo una procedura legalmente predefinita, sono esecutive (art. 38 cpv. 3
LAvv in relazione con l'art. 66 della legge ticinese di procedura per le cause
amministrative, del 19 aprile 1966). Donde la conformità - di massima - alla
Costituzione (art. 29a e 30) e alla CEDU della procedura in oggetto (DTF 126 I
228 consid. 3a con riferimenti; cfr. pure sentenza della CorteEDU nella causa
Landolt, precitata) e l'impossibilità per la ricorrente di invocarne la nullità
o comunque di lamentare una non meglio precisata violazione del doppio grado di
giurisdizione.

5.5 Nella misura in cui possono - al limite - considerarsi ricevibili (v.
consid. 3.1), del tutto infondate risultano inoltre le censure di ricusa ed
esclusione formulate anche in questa sede all'indirizzo della Commissione di
disciplina - segnatamente del suo Presidente e della sua segretaria - come pure
della Camera cantonale per l'avvocatura e il notariato. A tal proposito è
sufficiente il rinvio alla sentenza impugnata, la quale ha segnatamente
spiegato il motivo per il quale non era possibile inferire un motivo di
esclusione e di ricusa dal fatto che i citati membri della Commissione di
disciplina già avessero statuito nella precedente procedura disciplinare,
peraltro sfociata nella sentenza 2A.561/2004 del Tribunale federale (cfr. DTF
114 Ia 278 consid. 1; 105 Ib 301). A ciò si aggiunge che, anziché invocarle
immediatamente con i primi atti procedurali, quando all'interessata già era o
doveva essere nota la composizione delle autorità giudicanti (v. DTF 117 Ia 322
consid. 1c con riferimenti; cfr. pure sentenze inedite 2P.83/1995 del 19 luglio
1997, consid. 5d, e 2P.360/1992 del 19 novembre 1993, consid. 2c), la
ricorrente ha sollevato tardivamente le censure in esame contravvenendo in tal
modo al principio della buona fede, valido pure in ambito procedurale (DTF 130
III 66 consid. 4.3; 127 II 227 consi 1b; 121 I 30 consid. 5f). Per il resto,
contrariamente a quanto sembra invocare il ricorso, in nessun modo sono
ravvisabili vizi procedurali o errori di apprezzamento talmente gravi e
ripetuti da fare supporre l'intenzione di nuocere all'interessata (DTF 125 I
119 consid. 3e con riferimento).

6.
6.1 La ricorrente lamenta tra le altre cose un diniego di giustizia formale,
nel senso di una violazione del diritto di essere sentito, per il fatto che
l'autorità giudiziaria cantonale non avrebbe esaminato tutte le sue censure
sollevate in quella sede. A prescindere dalla dubbia ricevibilità di tale
censura - la ricorrente si limita a richiamare le domande poste nel ricorso
cantonale e nel memoriale di udienza del 12 dicembre 2007 -, essa si dimostra
comunque infondata. Dal diritto di essere sentito, desumibile dall'art. 29 cpv.
2 Cost., la giurisprudenza ha dedotto, tra l'altro, il diritto dell'interessato
di ottenere una decisione motivata. Questa norma non pone esigenze troppo
severe all'obbligo di motivazione e l'autorità giudicante è tenuta a esprimersi
unicamente sulle circostanze significative, atte a influire in qualche maniera
sul giudizio di merito, e non su ogni asserzione delle parti: l'esigenza ha
essenzialmente lo scopo di permettere da un lato agli interessati di afferrare
le ragioni alla base della decisione e di impugnarla con cognizione di causa, e
dall'altro all'autorità di ricorso di esaminare la fondatezza della decisione
medesima (DTF 133 I 270 consid. 3.1; 129 I 232 consid. 3.2; 126 I 97 consid.
2b). Ora, il giudizio impugnato, che si esprime sull'applicazione di tutte le
norme pertinenti e sugli elementi decisivi della contestata sanzione
disciplinare, adempie manifestamente tali esigenze.

6.2 L'insorgente rileva pure che la sentenza impugnata si fonderebbe su un
accertamento manifestamente inesatto o comunque lacunoso dei fatti
determinanti. Contesta in particolare la mancata assunzione agli atti dei mezzi
di prova (registrazioni audio-visive relative agli interrogatori della cliente
B.________ nella relativa procedura penale, poi culminata nelle segnalazioni
del Presidente della Pretura penale e del Procuratore generale; audizione
testimoniale di detta cliente in sede disciplinare; confronto con gli altri
accusatori, ecc.) chiesti e negati dalle precedenti istanze. Essa non dimostra
tuttavia perché l'autorità cantonale, sulla base di un apprezzamento anticipato
delle prove (vedi al riguardo DTF 130 II 425 consid. 2.1; 125 I 127 consid. 6c/
cc, 417 consid. 7b; 124 I 208 consid. 4a e rinvii), e visti gli argomenti
esposti nel giudizio impugnato, avrebbe violato la Costituzione e la CEDU nel
ritenere tali atti irrilevanti. Va del resto ricordato che nell'ambito di
questa valutazione, all'autorità compete un vasto margine di apprezzamento e
che il Tribunale federale interviene soltanto in caso d'arbitrio (DTF 131 I 153
consid. 3; 124 I 208 consid. 4a). Ciò che non si realizza manifestamente nel
caso di specie, i primi giudici avendo accuratamente esposto i motivi per i
quali si poteva (e si può) prescindere dall'assunzione dei mezzi richiesti.
Basta pertanto ribadire, insieme alla Corte cantonale, che i fatti oggetto
della procedura disciplinare, in mancanza delle inesistenti registrazioni
(peraltro nemmeno prescritte dall'ordinamento in materia), sono
sufficientemente documentati dalle pertinenti sentenze del Tribunale federale
come pure dai verbali di udienza - infruttuosamente contestati (cfr. sentenze
1P.706/2006 del 7 novembre 2006 e 6B_8/2007, citata) - relativi alla procedura
penale, oltre che dagli estratti di cronaca giudiziaria in atti.

La ricorrente, che non è validamente riuscita a fare riconoscere, nelle
opportune sedi, la pretesa irregolarità degli atti intrapresi nella procedura
penale, non può certamente pretenderne il riesame ora in sede disciplinare
(cfr. per analogia sentenza 2A.499/2006 dell'11 giugno 2007, consid. 2.2). I
fatti accertati dalla Corte cantonale non sono frutto di un accertamento
arbitrario delle prove ai sensi dell'art. 9 Cost. Il loro accertamento non è
manifestamente inesatto o incompleto e vincola il Tribunale federale (art. 105
cpv. 1 e 2 LTF).

6.3 Manifestamente prive di fondamento, e in gran parte insufficientemente
motivate o comunque smentite dalle tavole processuali, sono infine le censure
relative alle ulteriori asserite violazioni procedurali (segnatamente:
concessione tardiva dell'effetto sospensivo da parte della Corte cantonale,
contraddetta dal fatto che esso è invece stato concesso in via supercautelare
due giorni dopo l'introduzione del ricorso; insufficiente accesso agli atti che
per contro è stato pienamente garantito dalla stessa Corte in vista
dell'udienza del 12 dicembre 2007; mancato riscontro alla astrusa domanda di
chiamata in causa della [Presidente della] Confederazione; pretesa irregolarità
della citazione all'udienza del 29 agosto 2007 davanti alla Camera per
l'avvocatura e il notariato per il solo fatto che la data riportata nel verbale
di udienza non corrisponde a quella effettiva della citazione ecc.) nelle quali
sarebbero incorse le istanze precedenti.

In particolare, non può trovare accoglimento neppure in questa sede l'eccezione
secondo cui non si sarebbe potuto dare seguito alla "segnalazione" 30 settembre
2005 del Presidente della II Corte civile del Tribunale federale. Richiamandosi
a torto all'art. 43 LAvv, la ricorrente sostiene che l'azione disciplinare per
i fatti ivi invocati sarebbe prescritta poiché, in virtù di tale disposto, se
entro sei mesi dalla denuncia l'autorità inferiore (in casu: la Commissione di
disciplina) non compie atti istruttori, la segnalazione andrebbe archiviata.
Sennonché l'art. 43 LAvv non regola manifestamente la prescrizione dell'azione
disciplinare, bensì unicamente la possibilità per la Camera per l'avvocatura e
il notariato di avocare a sé le competenze della Commissione di disciplina in
caso di inazione di quest'ultima. La prescrizione dell'azione disciplinare è
per contro disciplinata dall'art. 19 LLCA. Secondo tale disposto, l'azione si
prescrive in un anno dal giorno in cui l'autorità di sorveglianza è venuta a
conoscenza dei fatti contestati (cpv. 1), la prescrizione essendo per il resto
interrotta da qualsiasi atto istruttorio dell'autorità di sorveglianza (cpv.
2). Orbene, è palese che al più tardi con l'intimazione, il 26/27 settembre
2006, dell'apertura del procedimento disciplinare da parte della Commissione di
disciplina, il termine di prescrizione per il perseguimento dei fatti segnalati
dalla II Corte civile del Tribunale federale è stato rispettato e interrotto.

Né l'insorgente può infine invocare la nullità della decisione della
Commissione di disciplina di estendere il procedimento disciplinare ai fatti
segnalati in data 15 febbraio 2007 dal Procuratore generale per il motivo che
la Commissione non avrebbe esattamente indicato in base a quale norma intendeva
procedere. Infatti, se è pur vero che lo scritto del 1° marzo 2007 della
Commissione di disciplina menziona semplicemente la possibile violazione
dell'art. 12 LLCA, senza per contro precisare a quale regola professionale
facesse riferimento il procedimento, la ricorrente dimentica che allo stesso
scritto era comunque allegata la segnalazione 15 febbraio 2007, in cui erano
chiaramente esplicitate le contestazioni rivoltele e dalle quali erano
facilmente deducibili le regole professionali implicate. A ciò si aggiunge che
i possibili provvedimenti disciplinari si evincono direttamente dalla legge e
sono pertanto noti. La ricorrente non doveva pertanto essere ancora
appositamente informata al riguardo (sentenza 2P.318/2006 del 27 luglio 2007,
consid. 6.1 e 6.2).

7.
Nel merito, la ricorrente contesta di avere violato delle regole professionali
e si oppone alla sanzione inflittale.

7.1 Il Tribunale federale esamina liberamente l'esistenza di un comportamento
di rilevanza disciplinare (sentenze citate 2P.318/2006, consid. 12.1, e 2A.499/
2006, consid. 5.1).
7.1.1 La LLCA ha unificato, con carattere di regime esaustivo, le regole
professionali e la sorveglianza disciplinare (Messaggio del Consiglio federale
del 28 aprile 1999 concernente la LLCA, in: FF 1999 pag. 4983 e segg., in
particolare pag. 5020). Nel definire le regole professionali, l'art. 12 LLCA
stabilisce segnatamente, con una clausola generale, che l'avvocato esercita la
professione con cura e diligenza (lett. a). Questo obbligo concerne in primo
luogo il rapporto dell'avvocato con il proprio cliente e, come il Tribunale
federale ha già avuto modo di affermare, si riferisce parimenti all'attitudine
verso le autorità giudiziarie (cfr. DTF 130 II 270 consid. 3.2). Tale clausola
permette tuttavia, più in generale, di esigere che l'avvocato si comporti
correttamente nell'esercizio della professione (Messaggio cit., FF 1999 pag.
5021). Il rispetto di determinati criteri di comportamento sotto tutti gli
aspetti dell'attività forense è in effetti un presupposto essenziale per il
buon funzionamento della giustizia. La norma stabilisce inoltre necessariamente
dei limiti pure nei rapporti verso i colleghi e l'opinione pubblica:
pubblicamente l'avvocato deve comportarsi in modo da non nuocere alla
considerazione e alla fiducia riposte nella categoria (sentenza 4P.36/2004 del
7 maggio 2004, in: RtiD II-2004 pag. 210, consid. 3.1 con riferimenti).
7.1.2 Il carattere esaustivo del regime federale non permette ai cantoni di
prescrivere ulteriori regole professionali relative all'esercizio dell'attività
forense. Se enunciano principi generalmente riconosciuti, le norme
deontologiche, pur essendo di principio applicabili solamente ai membri della
relativa associazione professionale, conservano tuttavia una propria valenza
giuridica nella misura in cui possono essere di aiuto per l'interpretazione e
la precisazione delle regole professionali di diritto federale (DTF 131 I 223
consid. 3.4; 130 II 270 consid. 3.1.1 con riferimenti). Nel Cantone Ticino una
serie di norme deontologiche sono contemplate dal Codice professionale
dell'ordine degli avvocati. Esso dispone, tra l'altro, che nell'esercizio della
professione l'avvocato si avvale solo di mezzi consentiti dalla legge (art. 4
CAvv), mantiene un atteggiamento dignitoso verso i magistrati e le autorità
(art. 30 CAvv), e non intralcia il normale corso delle procedure (art. 31 cpv.
2 CAvv).
7.1.3 Giurisprudenza e dottrina osservano che nello svolgimento delle proprie
funzioni l'avvocato deve evitare e se del caso distogliere il cliente dalla
conduzione di processi privi di ogni possibilità di successo (DTF 125 I 417
consid. 5a; 123 I 12 consid. 2c/aa; in questo senso pure Felix Wolffers, Der
Rechtsanwalt in der Schweiz, tesi Berna 1986, pag. 41; Niklaus Studer, Die
sorgfältige und gewissenhafte Berufsausübung nach BGFA, in: Anwaltsrevue 2004
pag. 374; più cauto per contro Walter Fellmann, in Fellmann/Zindel [editori],
Kommentar zum Anwaltsgesetz, Zurigo 2005, n. 43 all'art. 12). Per parte della
dottrina rientra inoltre tra gli obblighi professionali di un avvocato quello
di non gravare inutilmente sull'amministrazione della giustizia (Wolffers, op.
cit., ibidem). Non va dimenticato a questo riguardo che gli avvocati hanno uno
statuto particolare perché agiscono da intermediari tra i clienti e i
tribunali; il che spiega anche le norme di condotta - di diritto pubblico -
imposte in generale ai membri dell'ordine (sentenza citata 2A.448/2003, consid.
3 e 7.3, con riferimento alla giurisprudenza della CorteEDU). L'avvocato è
quindi reputato assolvere, nell'interesse del cliente, il proprio obbligo di
diligenza se la sua azione appare oggettivamente quanto meno sostenibile
(Giovanni Andrea Testa, Die zivil- und standesrechtlichen Pflichten des
Rechtsanwaltes gegenüber dem Klienten, tesi Zurigo 2000, pag. 61 segg.). Va da
sé che la conduzione errata o inopportuna di un processo concerne in prima
linea la responsabilità civile dell'avvocato. Nondimeno, in casi grossolani, un
comportamento gravemente negligente, quale può essere la conduzione di
un'azione processuale temeraria, abusiva o comunque priva di ogni possibilità
di successo, può giustificare pure una sanzione disciplinare (Testa, op. cit.,
pag. 83; Fellmann, op. cit., n. 15 e 43 all'art. 12; Studer, op. cit., pag.
374).

7.2
7.2.1 Sulla scorta dei fatti accertati dalla Corte cantonale e rilevabili dalla
semplice lettura delle decisioni e delle sentenze che hanno dato luogo alla
segnalazione del Presidente della II Corte civile del Tribunale federale (v.
Fatti A), l'esistenza di un comportamento contrario alle regole professionali
appare evidente. La ricorrente si ostina a non vedere che i ricorsi e le
relative domande di assistenza giudiziaria non sono stati dichiarati
inammissibili, rispettivamente non sono state respinte per pretese divergenze
di opinione su sottili questioni giuridiche di fondamentale importanza o
semplicemente per i ristretti margini di manovra e per le ridotte possibilità
di successo dei ricorsi al Tribunale federale, ma poiché sono stati giudicati
manifestamente privi di possibilità di esito favorevole nonché, in larga parte,
carenti di motivazione, inutilmente prolissi, non sempre comprensibili e senza
nesso con le vertenze in giudizio. È d'altronde in ragione di queste
considerazioni che la II Corte civile del Tribunale federale non ha esitato a
porre a suo carico, anziché alla parte patrocinata, le spese giudiziarie nelle
tre sentenze del 9 settembre 2005 (sull'eccezionalità della misura cfr. DTF 129
IV 206; Studer, op. cit., pag. 374). Nella misura in cui tenta vanamente di
equivocare sui peraltro chiari e inesorabili giudizi ivi espressi, la
ricorrente dimentica che le menzionate sentenze sono definitive e non possono
più validamente essere rimesse in discussione in questa sede. Le censure
sollevate a tal proposito sono pertanto inammissibili.
7.2.2 A ragione i giudici cantonali hanno pertanto ravvisato, con riferimento
alle procedure oggetto della segnalazione 30 settembre 2005, una violazione
dell'art. 12 lett. a LLCA e ritenuto che la ricorrente - oltre ad avere
eccessivamente e inutilmente intralciato l'attività giudiziaria - ha gravemente
leso gli interessi dei clienti, i quali non solo sono stati così illusi sulle
possibilità di esito favorevole delle loro vertenze, ma ne hanno pure vista
ritardata la conclusione con perdita non indifferente di tempo e di denaro. In
questo modo l'insorgente è grossolanamente e ripetutamente venuta meno agli
obblighi di tutela del pubblico e di salvaguardia della credibilità e della
dignità della categoria (cfr. DTF 128 I 346 consid. 2.2; 106 Ia 100 consid.
13c).
7.3
7.3.1 Similmente deve essere qualificato il comportamento tenuto dalla
ricorrente in occasione delle due udienze dinanzi alla Pretura penale. Il
fatto, accertato dalla Corte cantonale e risultante dagli atti, che
l'interessata, rivolgendosi innanzitutto ai giornalisti presenti, si sia
dilungata "in limine litis" - nonostante gli ammonimenti del Presidente - in
argomentazioni prolisse e in accuse all'indirizzo degli inquirenti
(segnatamente per la pretesa presenza di sangue e topi morti nella cella dove
la cliente sedeva in detenzione preventiva oppure per le informazioni
asseritamente estorte dalla polizia con la droga [cfr. le edizioni del Corriere
del Ticino e della RegioneTicino del 13 settembre 2006]), che anche la stampa
non ha esitato a qualificare come "inverosimili", unitamente alle molteplici
interruzioni (effettuate nei tempi e nei modi sbagliati [cfr. edizione del
Giornale del Popolo del 13 settembre 2006]) e al duplice abbandono dell'aula -
e della mandante - in segno di protesta contro l'operato del giudice che le
aveva respinto una serie di eccezioni procedurali, denotano un comportamento
poco rispettoso verso le autorità (cfr. a tal proposito anche l'art. 8 del
Codice deontologico della Federazione Svizzera degli Avvocati, a norma del
quale l'avvocato si rivolge alle autorità con il rispetto loro dovuto e si
attende da loro la medesima considerazione), oltre che gravemente lesivo degli
interessi della cliente.
7.3.2 Indipendentemente dall'ampio diritto di critica riconosciuto all'avvocato
nei riguardi dell'attività giudiziaria (DTF 108 Ia 316 consid. 2b/bb; 106 Ia
100 consid. 8b; RtiD II-2004 pag. 210, consid. 3.3.2 con riferimenti), le
asserite gravi violazioni procedurali rimproverate alle autorità inquirenti in
ambito penale non giustificavano il comportamento della ricorrente. Queste
carenze potevano infatti essere adeguatamente fatte valere nelle opportune sedi
e nei dovuti modi, senza ricorrere a forme plateali di protesta, suscettibili
per giunta (quanto meno potenzialmente, considerata la natura mediatica delle
esternazioni fatte ai giornalisti allora presenti in aula; v. memoriale del 12
settembre 2006) di incrinare senza necessità la fiducia del pubblico nei
confronti della giustizia e di influenzare l'oggettività del giudizio.
7.3.3 Senza confrontarsi sufficientemente con la sentenza impugnata e di nuovo
dilungandosi in considerazioni perlopiù generiche, la ricorrente si ostina a
ritenere di avere agito correttamente a tutela degli interessi della sua
cliente. Ribadisce che la problematica era di natura preprocessuale e che
pertanto le eccezioni avrebbero giustificato la conclusione del processo "in
limine litis". Essa dimentica però che nella presente sede non si tratta più di
statuire sulla fondatezza delle eccezioni allora sollevate - che la ricorrente
ha peraltro omesso di validamente e tempestivamente far valere presso le
competenti autorità di ricorso (cfr. le sentenze citate 1P.706/2006 e 6B_8/
2007) -, bensì unicamente di giudicare il comportamento tenuto dopo che le
stesse sono state respinte dalla Pretura penale.
7.3.4 Ora, oltre ad avere agito in spregio dell'autorità, con l'abbandono
reiterato e ingiustificato dell'aula la ricorrente ha da un lato inutilmente
intralciato il corso della procedura, avendo obbligato il Presidente della
Pretura penale a disgiungere il procedimento a carico della patrocinata da
quello degli altri coimputati e a indire un nuovo dibattimento, che ha poi
dovuto essere a sua volta portato a termine nelle forme contumaciali (cfr. pure
sentenza citata 6B_8/2007). Dall'altro, essa ha gravemente violato i propri
obblighi fondamentali di patrocinatrice poiché, avendo lasciato sola la cliente
in aula e questo per di più dopo avere comunicato - in occasione del
dibattimento del 12 settembre 2006, ossia in tempo chiaramente inopportuno
(cfr. Testa, op. cit., pag. 254) - di eventualmente rinunciare al mandato, l'ha
posta nell'impossibilità di difendere adeguatamente i propri diritti. In simili
circostanze non vi è alcun dubbio sul fatto che la ricorrente abbia anche sotto
questo aspetto violato in maniera ripetuta e grossolana l'art. 12 lett. a LLCA.
7.3.5 A prescindere dalla dubbia ammissibilità del richiamo - operato mediante
ripresa testuale del memoriale di udienza del 12 dicembre 2007 -, la
ricorrente, che disponeva di sufficienti e adeguati mezzi giuridici per
tutelare convenientemente i diritti della sua patrocinata, non può, nel caso di
specie, invocare con successo la libertà di opinione e di espressione (art. 16
cpv. 2 Cost. e art. 10 CEDU) per tentare di giustificare detti comportamenti,
proceduralmente irriti e non necessari, oltre che deontologicamente
inaccettabili. L'interesse pubblico, volto a garantire il buon funzionamento
della giustizia e la fiducia nella medesima come pure la salvaguardia della
dignità della professione di avvocato, imponeva infatti all'autorità di
sorveglianza di adottare un provvedimento disciplinare che non soltanto fosse
idoneo e necessario a sanzionare l'avvocato colpevole e recidivo, ma anche che
fosse atto a tutelare e a ripristinare la fiducia che ogni interessato può
legittimamente riporre nell'esercizio della professione (più in generale sulla
portata e i limiti posti alla libertà di opinione e di espressione
dell'avvocato cfr. DTF 125 I 417 consid. 3; 108 Ia 316 consid. 2; 106 Ia 100
consid. 6a).

7.4 Dal momento che il mancato rispetto degli obblighi professionali
summenzionati è stato correttamente accertato, la ricorrente non può dolersi di
una violazione del principio della presunzione di innocenza (applicato per
analogia), rimproverando alle autorità cantonali di avere ammesso la propria
responsabilità in assenza di prove sufficienti e senza avere adeguatamente
esaminato i fatti (cfr. per analogia sentenza 2P.194/2004 del 23 marzo 2005,
consid. 3.4).

8.
Stabilita la violazione delle regole professionali, resta ora da esaminare se
la misura sospensiva sia in quanto tale conforme al principio di
proporzionalità.

8.1 Occorre tenere presente in questo contesto che la decisione in merito al
genere e all'entità della sanzione disciplinare da irrogare spetta in primo
luogo all'autorità disciplinare competente. A differenza di quanto avviene per
la verifica dell'esistenza di un comportamento disciplinarmente rilevante, che
il Tribunale federale esamina con pieno potere cognitivo, quest'ultimo si
impone un certo riserbo allorché deve stabilire il provvedimento da adottare.
Il Tribunale federale interviene solo nella misura in cui la sanzione impugnata
- che, contrariamente a quanto lascia intendere la ricorrente, non ha natura
penale, bensì amministrativa, avendo essenzialmente per scopo la tutela del
pubblico e la salvaguardia della credibilità e della dignità della categoria
(cfr. DTF 128 I 346 consid. 2.2; cfr. inoltre sentenza 2C_344/2007 del 22
maggio 2008, consid. 1.3) - eccede i limiti del potere di apprezzamento
concesso all'autorità disciplinare e appare così chiaramente sproporzionata e
addirittura arbitraria. In quest'ambito occorre considerare che la sospensione
(temporanea) dall'esercizio della professione costituisce la sanzione più
incisiva. In quanto tale, essa va pronunciata di regola solo in caso di
recidiva e solo se le circostanze lasciano supporre che provvedimenti meno
severi non saranno sufficienti per indurre la persona interessata a un
comportamento rispettoso delle regole professionali.

8.2 La ricorrente è già stata sanzionata in passato per violazione delle norme
professionali. Come visto (v. Fatti B), con decisione del 10 maggio 2004 la
Commissione di disciplina dell'Ordine degli avvocati del Cantone Ticino le ha
infatti inflitto una multa di fr. 800.-- per non avere - in violazione
dell'art. 12 lett. a LLCA, e in particolare degli obblighi di esecuzione
diligente del mandato e di informazione - avvisato nel dovuto modo una sua
patrocinata sui ricorsi da lei inoltrati in sede cantonale e federale e per non
averla in particolare informata sui relativi costi e rischi (cfr. sentenza
citata 2A.561/2004).

8.3 Nel frattempo l'interessata si è resa responsabile di una serie di
violazioni delle regole professionali che - quanto meno nel loro complesso -
devono essere reputate gravi. Per l'art. 17 cpv. 1 lett. d LLCA la sospensione
temporanea dall'esercizio della professione può essere decretata per due anni
al massimo. Una sospensione di sei mesi è certamente severa, ma non appare di
per sé sproporzionata. Tenuto conto del precedente disciplinare come pure
dell'atteggiamento manifestato nel frattempo con i più recenti ricorsi al
Tribunale federale (sentenze 6B_8/2007 e 1P.706/2006, precitate, e 1P.418/2006
del 24 luglio 2006; sui ricorsi inoltrati a titolo personale cfr. inoltre le
sentenze, tutte di inammisibilità, 5A_5/2007 dell'8 marzo 2007, 5P.437/2006 del
28 novembre 2006, 7B.187/2006 del 26 ottobre 2006, 7B.188/2006 del 20 ottobre
2006 e 5P.345/2006 del 29 settembre 2006) e ancora nel corso della presente
procedura, in cui la ricorrente - facendo sorgere seri dubbi sulla sua idoneità
caratteriale all'esercizio della professione di avvocato - ha dimostrato di non
avere compreso la serietà delle infrazioni commesse e di non aver tratto i
necessari insegnamenti, non si può ritenere che una semplice multa disciplinare
basterebbe a garantire in futuro un comportamento corretto (FF 1999 pag. 5026).

8.4 Come detto, la misura sospensiva colpisce duramente la ricorrente, la
quale, trovandosi a gestire da sola il proprio studio, nemmeno appare in grado
di farsi rappresentare da un collega di ufficio (cfr. sentenza citata 2A.177/
2005, consid. 4.3). Toccata dalla sanzione è tuttavia unicamente l'attività
riservata al monopolio. Ciò significa che durante il periodo di sospensione è
unicamente vietata la rappresentanza in giudizio in procedure penali e civili,
mentre è fatta salva l'attività di consulenza come anche quella giudiziaria in
procedure di diritto pubblico. In considerazione dei limitati effetti della
sanzione e tenuto conto dell'insieme delle circostanze concrete, la sospensione
di sei mesi è pertanto sostenibile e non può certo dirsi arbitraria. La Corte
cantonale non ha di conseguenza ecceduto il margine di apprezzamento
riservatole dalla giurisprudenza.

9.
Facendo notare che il provvedimento non è contemplato dall'art. 17 LLCA, la
ricorrente contesta infine la legittimità della decisione di fare pubblicare la
misura sospensiva sul Foglio ufficiale cantonale.

9.1 Sebbene sia innegabilmente atta a produrre effetti negativi su chi ne è
colpito, in realtà l'ordinata pubblicazione - disposta in applicazione
dell'art. 49 cpv. 2 seconda frase LAvv, per il quale la sospensione temporanea
dell'esercizio della professione può essere pubblicata (sul Foglio ufficiale
cantonale) se le esigenze lo esigono - non costituisce propriamente una
ulteriore, e in virtù della esaustiva regolamentazione dell'art. 17 LLCA
inammissibile sanzione disciplinare - come non lo sono del resto,
contrariamente a quanto lascia intendere l'insorgente, nemmeno le spese di
procedura addossate dalle precedenti istanze sulla base degli art. 37 cpv. 2
LAvv e 60 cifra 5 RAvv -, ma rappresenta piuttosto una misura procedurale
(cantonale) di attuazione del diritto federale. Di conseguenza, il fatto che la
pubblicazione della sospensione non sia prevista dalla LLCA non osta alla sua
disposizione. Del resto, a differenza di quanto previsto per la sua iscrizione
(art. 6 cpv. 3 LLCA), neppure la pubblicazione della radiazione dal registro è
contemplata dal diritto federale, ma né tale circostanza né il fatto che l'art.
10 cpv. 2 LLCA - che conferisce a chiunque il diritto di consultare il registro
e di sapere se un avvocato è iscritto, sospeso o definitivamente escluso
dall'esercizio dell'avvocatura - tenga già conto dell'esigenza di informazione
del pubblico impediscono ai cantoni di prevedere una simile misura (Ernst
Staehelin/Christian Oetiker, in: Fellmann/Zindel, op. cit., n. 8 e 11 all'art.
9, per i quali nella misura in cui dispone la pubblicazione, ad esempio su
internet, dell'elenco degli avvocati iscritti a registro, l'autorità cantonale
competente deve ugualmente garantire che una eventuale sospensione venga
sufficientemente menzionata).

9.2 Per il resto, la ricorrente non spiega nelle debite forme perché e in quale
misura l'applicazione del diritto cantonale da parte dei primi giudici sarebbe
contraria al diritto federale (sul limitato potere di esame spettante al
Tribunale federale in quest'ambito cfr. sentenza 2C_444/2007 del 4 aprile 2008,
consid. 2.2 con riferimenti) e/o comporterebbe una lesione della Costituzione,
segnatamente della libertà economica (art. 27 Cost.; DTF 133 II 249 consid.
1.2.1; 101 Ia 1 consid. 2). Oltre a dilungarsi nuovamente in considerazioni di
carattere teorico e generale, senza pertinenza con il caso di specie,
l'interessata si limita a sostenere, manifestamente a torto, che la misura
sospensiva non sarebbe sorretta da una sufficiente base legale, poiché non
sarebbe prevista da una norma di rango costituzionale, e ad osservare che la
pubblicazione avrebbe per lei ripercussioni irreparabili. Essa non si confronta
tuttavia adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata; in
particolare non si esprime convenientemente sulla relazione esistente, e
ritenuta determinante dai giudici cantonali, tra la risonanza data alla vicenda
dai mass media ticinesi e la decisione di pubblicare la sanzione disciplinare
(cfr. per analogia sentenza citata 2A.499/2006, consid. 6). Ne discende che
(anche) su questo aspetto le censure sono inammissibili per carenza di
motivazione.
10.
Nella misura della sua ammissibilità, il ricorso in materia di diritto pubblico
deve pertanto essere respinto, mentre il ricorso sussidiario in materia
costituzionale deve essere dichiarato inammissibile. Le spese giudiziarie
seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico della ricorrente (art. 66
cpv. 1 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
La domanda di ricusazione è inammissibile.

2.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso in materia di diritto pubblico è
respinto.

3.
Il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile.

4.
Le spese giudiziarie di fr. 2'500.-- sono poste a carico della ricorrente.

5.
Comunicazione alle parti, alla Camera per l'avvocatura e il notariato del
Tribunale di appello del Cantone Ticino e al Dipartimento federale di giustizia
e polizia.
Losanna, 10 luglio 2008
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere:

Merkli Grisanti