Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 1C.353/2008
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Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
1C_353/2008

Sentenza del 12 febbraio 2009
I Corte di diritto pubblico

Composizione
Giudici federali Féraud, presidente,
Fonjallaz, Eusebio,
cancelliere Gadoni.

Parti
A.________,
ricorrente,

contro

Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500 Bellinzona,
opponente.

Oggetto
destituzione dalla carica,

ricorso in materia di diritto pubblico e ricorso sussidiario in materia
costituzionale contro la sentenza emanata l'11 luglio 2008 dal Tribunale
amministrativo del
Cantone Ticino.

Fatti:

A.
A.________ è entrato alle dipendenze dello Stato del Cantone Ticino il 1°
aprile 1981 quale giurista nominato a tempo pieno inizialmente presso
l'Amministrazione cantonale delle contribuzioni e in seguito, a partire dal
1987, presso l'allora Dipartimento dell'educazione (ora: Dipartimento
dell'educazione, della cultura e dello sport).
Il 24 agosto 2000 il Procuratore generale del Cantone Ticino ha aperto nei suoi
confronti un procedimento penale per i titoli di denuncia mendace, tentata
truffa, tentata estorsione, diffamazione, calunnia, minaccia, corruzione attiva
e passiva, nonché violazione del segreto d'ufficio. Arrestato lo stesso giorno,
l'accusato è stato posto in detenzione preventiva fino al 22 settembre 2000.
Informato dell'arresto, il 24 agosto 2000 il Consiglio di Stato ha aperto a suo
carico un procedimento disciplinare, sospendendolo immediatamente dalla
funzione e privandolo dello stipendio nella misura del 50 %. L'inchiesta
disciplinare, affidata al Cancelliere dello Stato e al Consulente giuridico del
Governo, è stata contestualmente sospesa fino alla conclusione di quella
penale.

B.
Il 6 dicembre 2000 il Procuratore generale ha trasmesso all'Autorità
amministrativa un rapporto e alcuni estratti dei verbali d'interrogatorio
dell'accusato, oltre a un memoriale da questi prodotto in sede di
interrogatorio. Preso atto degli accertamenti eseguiti dall'autorità penale, il
20 dicembre 2000 il Governo ha riattivato il procedimento disciplinare,
nell'ambito del quale sono in particolare state svolte tre udienze ed è stata
concessa all'interessato la facoltà di esprimersi. Dopo ulteriori atti, che non
occorre qui evocare, con risoluzione del 4 settembre 2001 il Consiglio di Stato
ha destituito A.________ dalla carica di giurista. Gli ha sostanzialmente
rimproverato di avere svolto per anni un'attività dipendente o indipendente non
autorizzata e comunque manifestamente incompatibile con la funzione di
impiegato dello Stato, accettando doni dall'avv. B.________, con il quale aveva
collaborato per anni e al quale aveva prestato consulenza, incorrendo,
nell'ambito di queste attività, in specifiche violazioni del segreto d'ufficio,
per avere fornito all'avv. B.________ documenti interni di servizio a lui
accessibili solo per la sua funzione. Il Governo gli ha inoltre rimproverato di
avere fatto credere ad C.________ e a persone a lui vicine di potere
corrompere, grazie alla sua posizione, diversi funzionari per ottenere
segnatamente permessi di dimora, creando a tal fine una certa messinscena, e di
avere fatto ricorso a lettere anonime inviate ad un Consigliere di Stato, a due
deputati del Gran Consiglio e all'Autorità federale, per prospettare reati di
vario genere che sarebbero stati commessi dall'avv. B.________, da C.________,
da funzionari e da altre persone, venendo in tal modo meno al dovere specifico
di fedeltà e dignità nei confronti dell'amministrazione, che non è limitato
alle esigenze peculiari del servizio ma si estende anche alla vita privata del
dipendente.

C.
Contro la decisione di destituzione, A.________ ha adito il Tribunale cantonale
amministrativo con un ricorso del 12 settembre 2001.
In pendenza di tale gravame, con sentenza del 12 febbraio 2008 del presidente
della Pretura penale, si è concluso il procedimento penale: l'accusato è per
finire stato riconosciuto colpevole di denuncia mendace e ripetuta violazione
del segreto d'ufficio ed è stato condannato alla pena pecuniaria di 10 aliquote
giornaliere di fr. 30.--, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di
due anni. Il reato di violazione del segreto d'ufficio concerne fatti commessi
dopo la decisione governativa di destituirlo, riferendosi in particolare a
segreti rivelati dall'accusato nella procedura ricorsuale dinanzi al Tribunale
cantonale amministrativo.
Dopo un'udienza eseguita il 14 aprile 2008 dal presidente del Tribunale
cantonale amministrativo in veste di giudice delegato, che ha proposto una
transazione in seguito accettata da A.________ ma non dal Consiglio di Stato,
con sentenza dell'11 luglio 2008 la Corte cantonale ha confermato la decisione
di destituzione.

D.
A.________ impugna questa decisione al Tribunale federale con un ricorso in
materia di diritto pubblico e un ricorso sussidiario in materia costituzionale
del 18 agosto 2008, chiedendo di annullarla e di rinviare gli atti alla Corte
cantonale per un nuovo giudizio, che tenga conto della proposta di transazione
formulata in sede di udienza. Il ricorrente fa valere la violazione del divieto
dell'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, come
pure la violazione dei principi della buona fede, della parità di trattamento,
della celerità e della proporzionalità. Postula inoltre di essere ammesso al
beneficio dell'assistenza giudiziaria.

E.
Invitata ad esprimersi sul gravame, la Corte cantonale si conferma nella sua
sentenza, contestando di avere fornito al ricorrente un'assicurazione riguardo
all'esito positivo della proposta di conciliazione. Il Consiglio di Stato
postula invece la reiezione dei ricorsi nella misura della loro ammissibilità.
Il ricorrente ha presentato, il 22 ottobre 2008, una replica alle osservazioni
delle Autorità cantonali, le quali hanno ulteriormente ribadito le loro prese
di posizione.

Diritto:

1.
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua
competenza (cfr. art. 29 cpv. 1 LTF) e l'ammissibilità dei gravami che gli
vengono sottoposti (DTF 134 II 137 consid. 1, 186 consid. 1).

1.2 Il ricorso in materia di diritto pubblico è segnatamente ammissibile contro
le decisioni in materia di rapporti di lavoro di diritto pubblico concernenti
controversie patrimoniali, se il valore litigioso raggiunge almeno fr.
15'000.-- (cfr. art. 82 lett. a in relazione con l'art. 83 lett. g e l'art. 85
cpv. 1 lett. b LTF). La decisione impugnata concerne essenzialmente la sanzione
disciplinare della destituzione pronunciata nei confronti del ricorrente.
Benché questi non chieda esplicitamente il versamento di una somma di denaro,
il gravame persegue almeno parzialmente uno scopo economico, siccome chiede
che, invece della destituzione, sia pronunciata una disdetta amministrativa, la
quale comporterebbe il pagamento dello stipendio trattenuto dopo la sospensione
dalla carica, oltre a un'indennità di uscita. La controversia assume quindi
natura patrimoniale e il valore litigioso minimo può essere considerato
ampiamente raggiunto (cfr. art. 51 cpv. 2 LTF; sentenza 1C_508/2008 del 22
dicembre 2008, consid. 1.2).

1.3 Il ricorrente ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità inferiore
ed è particolarmente toccato dalla decisione di destituirlo dalla sua funzione.
Egli ha un interesse degno di protezione all'annullamento o alla modifica del
giudizio impugnato ed è quindi legittimato a ricorrere (art. 89 cpv. 1 LTF). Il
ricorso in materia di diritto pubblico, tempestivo (art. 100 cpv. 1 in
relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. b LTF) e diretto contro una decisione
finale (art. 90 LTF), resa da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 86
cpv. 1 lett. d LTF), è quindi ammissibile. Il ricorso sussidiario in materia
costituzionale ai sensi dell'art. 113 e segg. LTF è di conseguenza
inammissibile.

1.4 Con il ricorso in materia di diritto pubblico si può fare valere la
violazione del diritto, conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96
LTF. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il ricorso dev'essere motivato in modo
sufficiente. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le
censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di
prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se quest'ultime
non sono presentate nella sede federale (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1).
Inoltre, quando, come in concreto, è invocata la violazione di diritti
costituzionali, a norma dell'art. 106 cpv. 2 LTF il Tribunale federale esamina
le censure soltanto se siano motivate in modo chiaro e preciso, conformemente
alla prassi precedentemente in vigore in materia di ricorso di diritto pubblico
(cfr. DTF 134 II 244 consid. 2.2, 133 II 249 consid. 1.4.2). Il Tribunale
federale statuisce di principio sulla base dei fatti accertati dall'autorità
precedente (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF), riservati i casi previsti dall'art. 105
cpv. 2 LTF. Questa disposizione gli conferisce la possibilità di rettificare o
completare d'ufficio l'accertamento dei fatti della decisione impugnata nella
misura in cui lacune o errori dovessero apparire d'acchito come manifesti. Il
ricorrente può quindi contestare l'accertamento dei fatti determinanti per il
giudizio solo se siano stati stabiliti in violazione del diritto ai sensi
dell'art. 95 LTF o in maniera manifestamente inesatta (art. 97 cpv. 1 LTF),
vale a dire arbitraria, ciò che deve dimostrare con una motivazione conforme
alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 133 II 249 consid. 1.4.3).
Nella misura in cui il ricorrente, invocando la violazione di diritti
costituzionali, presenta contro il giudizio impugnato argomentazioni generiche
e di carattere essenzialmente appellatorio, diffondendosi in contestazioni che
si riferiscono al procedimento penale, il gravame non adempie le citate
esigenze di motivazione ed è pertanto inammissibile. Spettava infatti al
ricorrente confrontarsi puntualmente con le considerazioni esposte nella
sentenza della Corte cantonale, unico oggetto del litigio, spiegando per quali
ragioni esse sarebbero lesive del diritto e contrarie alla giurisprudenza. In
particolare, laddove è invocata la violazione del divieto dell'arbitrio,
occorreva dimostrare per quali ragioni i fatti accertati sarebbero
manifestamente in contrasto con gli atti e la decisione impugnata sarebbe del
tutto insostenibile, in contraddizione manifesta con una norma o con un
principio giuridico indiscusso o chiaramente lesiva del sentimento di giustizia
e dell'equità (DTF 131 I 217 consid. 2.1, 129 I 8 consid. 2.1, 128 I 273
consid. 2.1 e rinvii).

2.
2.1 Il ricorrente espone inizialmente una serie di contestazioni in tema di
divieto dell'arbitrio nell'accertamento dei fatti. Critica in particolare la
descrizione degli stessi contenuta nel giudizio impugnato, rimproverando alla
Corte cantonale di essersi fondata essenzialmente sui verbali di interrogatorio
trasmessi dal Procuratore generale all'autorità amministrativa. Il ricorrente
sostiene di avere contestato tali verbali, che conterrebbero ammissioni rese
solo per ottenere la scarcerazione e comunque contraddittorie. Adduce inoltre
che la Corte cantonale si sarebbe fondata a torto sia sull'accusa di denuncia
mendace, non evocata dal Governo, sia su quella di violazione del segreto
d'ufficio, riferita a circostanze successive alla destituzione. Né egli sarebbe
stato condannato per avere accettato doni, richiamando altresì che la maggior
parte dei capi d'imputazione sarebbe per finire caduta nel corso del
procedimento penale. Il ricorrente rimprovera pure alla precedente istanza di
non avere riportato nel giudizio l'udienza svoltasi il 14 aprile 2008 e la
relativa proposta di transazione.

2.2 Come visto, il Procuratore generale ha trasmesso all'autorità
amministrativa gli estratti dei verbali d'interrogatorio dell'accusato del 1°
settembre, dell'11 settembre e del 22 settembre 2000, nonché un memoriale non
datato redatto dall'accusato medesimo. Su questi documenti il ricorrente ha
potuto ampiamente esprimersi nell'ambito della procedura disciplinare sia
oralmente in sede di udienza sia per iscritto, presentando osservazioni e
precisazioni al riguardo. Né il Consiglio di Stato né la Corte cantonale hanno
quindi violato il diritto di essere sentito del ricorrente o sono incorse
nell'arbitrio per essersi fondati sulle ammissioni rese dal ricorrente nel
procedimento penale. D'altra parte, nelle sue prese di posizione, egli non ha
seriamente messo in dubbio le inequivocabili dichiarazioni rilasciate al
magistrato inquirente, ma ha piuttosto cercato di minimizzarle, spiegando le
ragioni alla base del suo comportamento, la sua situazione finanziaria precaria
e le circostanze della sua carcerazione preventiva. L'esercizio sull'arco di
quasi un decennio di un'occupazione accessoria senza la necessaria
autorizzazione e in particolare le modalità riprovevoli con cui è stata
prestata la consulenza giuridica da parte del ricorrente, che ha quantomeno
accettato l'inganno perpetrato dall'avv. B.________, inducendo i clienti, e
segnatamente C.________, a versare somme superiori all'onorario, facendo loro
credere che occorresse corrompere i funzionari competenti per il rilascio dei
permessi, sono quindi stati accertati dalla precedente istanza in modo conforme
agli atti e non sono seriamente smentiti dal ricorrente nemmeno in questa sede.
Del tutto corrispondenti alle risultanze degli atti, e peraltro oggetto della
definitiva condanna, sono pure le constatazioni riferite alle circostanze nelle
quali il ricorrente ha screditato i suoi colleghi che sapeva innocenti,
denunciandoli mendacemente mediante lettere anonime. Il fatto che nella
decisione di destituzione il Governo non gli abbia esplicitamente addebitato il
reato di denuncia mendace ai sensi dell'art. 303 CP non è decisivo, ritenuto
che tale autorità non era tenuta a esprimere un giudizio in merito alla
rilevanza penale degli atti rimproveratigli, ma a valutarli sotto il profilo
del diritto disciplinare (cfr. sentenza 2P.270/2000 del 26 gennaio 2001,
consid. 3c/bb e 4b/cc). D'altra parte, la Corte cantonale non ha dato un peso
determinante né ai doni che il ricorrente ha accettato dall'avv. B.________ né
alle imprecisate informazioni e ai documenti interni di servizio che avrebbe
fornito a quest'ultimo, riconoscendo altresì esplicitamente che il reato di
violazione del segreto d'ufficio, per il quale è stato condannato, era stato
commesso dal ricorrente dopo l'emanazione della decisione di destituzione. È
comunque in modo sostenibile che la Corte cantonale non ha approfondito questi
aspetti, ritenendo, a ragione, che la destituzione del ricorrente si
giustificava già sulla base delle gravi violazioni dei doveri di servizio
legate sia alle modalità con cui aveva svolto le consulenze giuridiche sia al
fatto di avere denunciato mediante lettere anonime persone e colleghi che
sapeva innocenti.
La Corte cantonale nemmeno ha tralasciato di evocare nel suo giudizio l'udienza
del 14 aprile 2008. Contrariamente all'opinione del ricorrente, che non
sostanzia invero alcun arbitrio al riguardo, la precedente istanza non era
tenuta a dilungarsi nei considerandi della sua decisione sui dettagli
dell'udienza, dal momento che la transazione proposta dal giudice delegato era
superata, non essendo stata accettata dal Consiglio di Stato.

3.
3.1 Il ricorrente sostiene che i giudici cantonali avrebbero dovuto
contestualmente statuire anche sulle sue pretese di natura pecuniaria derivanti
dal rapporto d'impiego, come sarebbe già avvenuto in altri casi, tanto più che
in concreto il giudice delegato aveva formulato una proposta di transazione
quantificabile in denaro.

3.2 Secondo l'art. 67 cpv. 1 lett. e della legge cantonale sull'ordinamento
degli impiegati dello Stato e dei docenti, del 15 marzo 1995 (LOrd) in
relazione con l'art. 68 della legge ticinese di procedura per le cause
amministrative, del 19 aprile 1966 (LPamm), contro la decisione di destituzione
è dato il ricorso al Tribunale cantonale amministrativo. Ove giudichi il
licenziamento ingiustificato, esso lo accerta nella propria sentenza e nel
medesimo giudizio o con giudizio separato secondo la procedura come istanza
unica, ne stabilisce l'indennità (art. 69 cpv. 1 e 2 LPamm).
Giusta l'art. 68 LOrd in relazione con l'art. 71 segg. LPamm, le contestazioni
per pretese di natura pecuniaria derivanti dal rapporto d'impiego devono essere
presentate mediante petizione al Tribunale cantonale amministrativo quale
istanza unica.

3.3 Premesso che il ricorrente non fa valere l'applicazione arbitraria delle
suddette disposizioni, è senza violare le stesse o disattendere il divieto
dell'arbitrio che la Corte cantonale ha fondato la sua competenza sugli art. 67
cpv. 1 lett. e LOrd e 68 LPamm ed ha quindi statuito unicamente sulla sanzione
disciplinare, riservando se del caso al ricorrente la possibilità di avanzare
eventuali pretese pecuniarie mediante una petizione dinanzi alla stessa Corte
cantonale. L'indennità complessiva chiesta dal ricorrente è del resto
sostanzialmente da lui riferita a una disdetta amministrativa e presuppone
quindi che il provvedimento della destituzione sia ingiustificato. Poiché il
licenziamento litigioso è invece stato ritenuto giustificato dalla Corte
cantonale, è senz'altro ragionevole ch'essa abbia rinviato il ricorrente ad
avanzare, se del caso, ulteriori pretese pecuniarie nell'ambito di una
specifica procedura giusta gli art. 71 segg. LPamm. Il ricorrente non sostiene
peraltro che questo modo di procedere gli causerebbe un pregiudizio. Inoltre,
asserendo semplicemente che in passato la Corte cantonale avrebbe quantificato
le pretese di funzionari licenziati, non rende verosimile una disparità di
trattamento.

4.
Sempre sotto il capitolo dell'arbitrio, il ricorrente si diffonde nel criticare
i considerandi 3 e 4 della sentenza impugnata, riguardanti i motivi che
giustificano la sanzione della destituzione. Lo fa tuttavia in modo generico,
ribadendo in sostanza che la maggior parte delle accuse a suo carico sono state
abbandonate in sede penale e sottolineando come il suo comportamento avrebbe
permesso di accertare gravi reati commessi dall'avv. B.________ e di rilevare
disfunzioni all'interno dell'amministrazione pubblica, che portarono all'avvio
di procedimenti penali e disciplinari contro altri funzionari e magistrati. Il
ricorrente non sostanzia tuttavia alcun arbitrio negli accertamenti contenuti
nella sentenza impugnata, né fa valere l'applicazione arbitraria delle
disposizioni della LOrd che disciplinano i doveri di servizio del dipendente e
le conseguenze della loro violazione. Né egli si confronta, singolarmente e in
modo conforme alle citate esigenze di motivazione, con le ragioni che hanno
condotto la precedente istanza a confermare la destituzione, spiegando
puntualmente perché, tenuto conto della natura delle trasgressioni ai doveri di
servizio, la sua rimozione non sarebbe una misura proporzionata agli interessi
di tutela del buon funzionamento e dell'immagine dell'amministrazione pubblica.
Come visto, la semplice circostanza che i comportamenti rimproverati al
ricorrente non abbiano in parte assunto una rilevanza di carattere penale non
significa ch'essi siano trascurabili sotto il profilo del diritto disciplinare.
Al riguardo, spettava piuttosto al ricorrente spiegare per quali motivi la
Corte cantonale avrebbe a torto ravvisato in tali comportamenti una violazione
grave dei doveri di servizio.

5.
5.1 Il ricorrente lamenta una violazione del principio della buona fede per il
fatto che, contrariamente a quanto avrebbe lasciato intendere il giudice
delegato, il contenuto della transazione da questi proposta all'udienza del 14
aprile 2008 non è stato confermato nel giudizio impugnato. L'aspettativa di una
conferma della proposta lo avrebbe d'altro canto indotto a rinunciare a
chiedere l'assunzione di ulteriori prove utili alla difesa dei suoi interessi.

5.2 L'art. 9 Cost. istituisce un diritto fondamentale del cittadino ad essere
trattato secondo il principio della buona fede da parte degli organi dello
Stato. In materia di diritto amministrativo, tale principio tutela
l'amministrato nei confronti dell'autorità, quando, assolte determinate
condizioni, il medesimo abbia agito conformemente alle istruzioni e alle
dichiarazioni di quest'ultima. Il principio tutela in particolare la fiducia
riposta in un'informazione ricevuta dall'autorità o in un suo determinato
comportamento suscettibile di destare un'aspettativa legittima, quando
l'autorità sia intervenuta in una situazione concreta riguardo a determinate
persone, quand'essa era competente a rilasciare l'informazione o il cittadino
poteva ritenerla competente sulla base di fondati motivi, quando affidandosi
all'esattezza dell'informazione egli abbia preso delle disposizioni non
reversibili senza subire un pregiudizio e quando non siano intervenuti
mutamenti legislativi posteriori al rilascio dell'informazione stessa (DTF 130
I 26 consid. 8.1 pag. 60, 129 II 361 consid. 7.1, 129 I 161 consid. 4.1 e
rinvii).

5.3 Il ricorrente non censura la violazione delle disposizioni procedurali in
materia di conciliazione e transazione (art. 17 e 27 LPamm), ma si appella
essenzialmente all'aspettativa che il comportamento del giudice delegato
avrebbe suscitato in lui. Disattende tuttavia che nella fase dell'esperimento
di conciliazione il giudice svolge prevalentemente un ruolo di mediatore.
Affinché possa confrontarsi con le richieste e le concezioni delle parti,
ricercando soluzioni consensuali nel loro interesse, agli atti di mediazione
del giudice non devono essere poste esigenze troppo severe. Una proposta di
transazione non deve quindi adempiere gli stessi requisiti di una sentenza,
costituendo essenzialmente una base di discussione che non esclude di per sé
anche altre soluzioni (cfr. sentenza 1P.32/1997 del 20 marzo 1997, consid. 5a).
In concreto, dal verbale dell'udienza risulta che il giudice delegato ha
proposto alle parti di comporre la vertenza mediante una transazione che
prevedeva di sostituire la destituzione con una disdetta amministrativa e ne ha
stabilito i dettagli. Ha quindi assegnato alle parti un termine per
pronunciarsi sulla proposta, dando esplicitamente atto che in caso di rifiuto
il Tribunale avrebbe statuito sul ricorso senza ulteriori formalità. Alla luce
di queste circostanze, il ricorrente non poteva in buona fede ritenere che il
giudice delegato gli avesse assicurato alcunché riguardo all'esito della
proposta o al contenuto del giudizio che la Corte cantonale sarebbe stata
chiamata a pronunciare. Un'assicurazione concreta in tal senso avrebbe peraltro
esposto il giudice al rischio di una possibile domanda di ricusa della
controparte (cfr. DTF 131 I 113 consid. 3.6 pag. 119 seg.; sentenza 1P.32/1997,
citata, consid. 5a e 6). Il ricorrente medesimo riconosce del resto che durante
l'udienza il rappresentante dello Stato aveva anticipato come difficilmente il
Governo avrebbe accettato la proposta. Inoltre, nella sua precedente funzione
di giurista presso l'allora Dipartimento dell'educazione egli, per sua stessa
ammissione, si era già confrontato con controversie in materia di cessazione
del rapporto d'impiego, sicché la procedura dinanzi alla Corte cantonale e in
particolare la portata del verbale di udienza gli erano note. Queste
circostanze nemmeno potevano, in buona fede, indurre il ricorrente a ritenere
di potere rinunciare all'assunzione di ulteriori prove che considerava
rilevanti confidando nel fatto che la Corte cantonale confermasse il contenuto
della transazione. Al riguardo, egli non spiega, con una motivazione conforme
alle già citate esigenze, quali specifiche prove, oltre alle sentenze penali da
lui prodotte all'udienza, sarebbero ancora state decisive per la causa,
rispettivamente per quali motivi, a meno di incorrere nell'arbitrio, la Corte
cantonale non avrebbe comunque potuto rinunciare ad assumerle sulla base di un
apprezzamento anticipato della loro rilevanza (cfr., sull'apprezzamento
anticipato delle prove, DTF 130 II 425 consid. 2.1, 125 I 127 consid. 6c/cc,
417 consid. 7b).

6.
6.1 Il ricorrente lamenta una disparità di trattamento nell'illegalità,
adducendo l'esistenza di almeno cinque casi di funzionari che, pur violando
gravemente i loro doveri di servizio, non sono stati destituiti ma pensionati
anticipatamente, oppure congedati mediante una disdetta amministrativa.

6.2 Può qui rimanere indecisa la questione di sapere se il ricorrente possa
validamente prevalersi degli accennati casi analoghi, ritenuto ch'essi sono
stati rivelati alla Corte cantonale violando il segreto d'ufficio e
costituiscono quindi prove illecite (cfr. DTF 120 V 435 consid. 3). Egli si
limita in effetti, essenzialmente, a rilevare che anche i funzionari citati
sarebbero stati condannati penalmente, oltretutto a pene più severe e per reati
più gravi. Non dimostra tuttavia che i casi evocati riguarderebbero
comportamenti analoghi ai propri o violazioni dei doveri di servizio
paragonabili. D'altra parte, richiamando cinque casi in cui il rapporto
d'impiego sarebbe stato sciolto per altri motivi, il ricorrente non attesta
l'esistenza in materia di sanzioni disciplinari di una prassi costante
contraria alla legge, volta a rendere sistematicamente inapplicabile il
provvedimento della destituzione. La circostanza secondo cui la legge non sia
stata applicata o non sia stata applicata correttamente in pochi singoli casi
non conferisce infatti, di massima, all'interessato che si trova nella medesima
situazione un diritto di essere anch'egli trattato diversamente da quanto
previsto dalla legge. Del resto, per potere invocare con successo il principio
in questione è pure necessario che l'autorità chiamata a decidere lasci
riconoscere che anche in futuro non si scosterà dalla prassi illegale, ciò che
il ricorrente non allega (cfr. DTF 127 I 1 consid. 3a, 126 V 390 consid. 6a,
123 II 248 consid. 3c). In concreto, i presupposti per ammettere che il
ricorrente possa eventualmente prevalersi, a titolo eccezionale, di un diritto
alla parità di trattamento nell'illegalità non sono pertanto realizzati.

7.
7.1 Il ricorrente lamenta la violazione del principio di celerità con
riferimento sia alla durata di quasi otto anni del procedimento penale sia a
quella di quasi sette anni della procedura di ricorso al Tribunale cantonale
amministrativo contro la decisione di destituzione del 4 settembre 2001.

7.2 Giusta l'art. 29 cpv. 1 Cost., in procedimenti dinanzi ad autorità
giudiziarie o amministrative, ognuno ha diritto alla parità ed equità di
trattamento, nonché ad essere giudicato entro un termine ragionevole. Il
carattere ragionevole della durata di una procedura deve essere valutato
considerando globalmente le circostanze della stessa, tenendo in particolare
conto dell'ampiezza e delle difficoltà del caso, nonché del comportamento delle
parti e dell'autorità (cfr. DTF 130 IV 54 consid. 3.3.3, 124 I 139 consid. 2c
pag. 142).

7.3 Come riconosce il ricorrente stesso, della violazione del principio di
celerità è stato rettamente tenuto conto nell'ambito del procedimento penale,
segnatamente nella commisurazione della pena, e la questione non è oggetto del
presente giudizio. Quanto alla durata della procedura amministrativa, egli
ammette di avere sollecitato, comunque non per iscritto, il proseguimento della
causa solo dopo l'emanazione, il 12 febbraio 2008, della sentenza di condanna
definitiva. Egli ha quindi perlomeno implicitamente condiviso la sospensione
della procedura di ricorso, invero non stabilita mediante una decisione
formale, fino alla conclusione del procedimento penale. Dopo la pronuncia della
sentenza 12 febbraio 2008 del presidente della Pretura penale, la procedura
dinanzi alla Corte cantonale è tuttavia proseguita senza dilazioni, con lo
svolgimento dell'udienza il 14 aprile 2008 e l'emanazione del giudizio l'11
luglio 2008. In tali circostanze, alla luce del consenso del ricorrente ad
attendere l'esito del procedimento penale, non può essere rimproverato alla
precedente istanza un ritardo nello statuire sul ricorso contro la decisione di
destituzione.

8.
8.1 Ne segue che il ricorso in materia di diritto pubblico deve essere respinto
in quanto ammissibile, mentre il ricorso sussidiario in materia costituzionale
deve essere dichiarato inammissibile.

8.2 La domanda di assistenza giudiziaria presentata dal ricorrente deve essere
respinta, essendo il gravame fin dall'inizio privo di possibilità di esito
favorevole (art. 64 cpv. 1 LTF). Le spese giudiziarie sono pertanto poste a suo
carico, in considerazione della sua soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Vista la
sua situazione finanziaria, si giustifica tuttavia di prelevare una tassa di
giustizia ridotta (art. 65 cpv. 2 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso in materia di diritto pubblico è
respinto.

2.
Il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile.

3.
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.

4.
Le spese giudiziarie di fr. 500.-- sono poste a carico del ricorrente.

5.
Comunicazione al ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale
amministrativo del Cantone Ticino.

Losanna, 12 febbraio 2009

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: Il cancelliere:

Féraud Gadoni