Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.94/2007
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6B_94/2007 /biz

Sentenza del 15 febbraio 2008
Corte di diritto penale

Giudici federali Schneider, presidente,
Ferrari, Foglia, giudice supplente,
cancelliera Ortolano.

Ministero pubblico del Cantone Ticino, 6901 Lugano,
ricorrente,

contro

A.________,
opponente, patrocinato dall'avv. Mauro Belgeri.

Truffa (art. 146 CP),

ricorso in materia penale contro la sentenza emanata
il 7 marzo 2007 dalla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
A.a Il 16 aprile 2003 A.________ si recava per la prima volta presso la
Boutique B.________, Lugano, per vedere dei gioielli da regalare a
C.________, la sedicente moglie che lo accompagnava. I due venivano serviti
dalla commessa D.________. Scelti tre oggetti del costo complessivo di fr.
37'680.--, A.________ non procedeva al loro immediato pagamento, bensì
chiedeva di riservarli fino al giorno successivo quando il suo legale, avv.
E.________, avrebbe mandato qualcuno a ritirarli e pagare quanto dovuto. Ma
così non avveniva. Solo qualche giorno dopo l'acquirente dava notizie di sé
telefonicamente adducendo impegni imprevisti e chiedendo nondimeno di
continuare a riservare i gioielli fino a quando sarebbe passato a ritirarli.
Nelle settimane successive, A.________ contattava ripetutamente la
gioielleria affermando di non poter recarsi a Lugano in quanto in viaggio per
affari. Solo verso la fine di maggio, egli concretizzava l'acquisto. Per
telefono, chiedeva di portare i preziosi all'aeroporto di Agno, dove avrebbe
fatto scalo con il suo aereo privato. F.________, direttrice della
gioielleria, e D.________ si recavano quindi al bar dell'aeroporto dove
A.________ pagava, in euro e in contanti, il controvalore di fr. 33'000.--
profittando dello sconto concessogli.

A.b Il 10 settembre 2003 A.________ tornava alla Boutique B.________
accompagnato dalla sorella di C.________, presentata come sua cognata, e
chiedeva di vedere dei gioielli da regalare, come nella prima occasione, alla
moglie. I due sceglievano tre oggetti per un costo complessivo di fr.
19'140.--. A.________ domandava nuovamente di riservare gli articoli,
dichiarando che sarebbe passato a ritirarli e pagarli in un secondo momento.
Egli continuava a mantenere contatti telefonici con la gioielleria
giustificando il proprio ritardo fino al 18 ottobre 2003 quando, sempre per
telefono, domandava alla direttrice della Boutique di recarsi nella casa di
sua proprietà a Z.________ per mostrare alla moglie i gioielli ordinati in
settembre nonché degli altri. F.________ accondiscendeva alla richiesta e
portava con sé D.________. Sul posto, le sorelle C.________ sceglievano
oggetti per complessivi fr. 39'360.-- domandando che fossero loro riservati.
Anche in questo caso A.________ continuava a chiamare telefonicamente la
gioielleria affermando di non poter andare a Lugano per regolare la
transazione perché troppo impegnato. In un momento successivo, A.________ si
faceva comunicare le coordinate bancarie della Boutique al fine di effettuare
il pagamento della somma di fr. 39'360.-- mediante un bonifico.

Il 12 dicembre 2003 A.________ faceva pervenire via fax alla gioielleria la
copia di uno scritto di medesima data a nome della G.________, Tortola
(British Virgin Islands), con cui detta società, a titolo di "conferma
d'ordine urgente", da Londra incaricava la "banca L.________" a Nassau, e per
essa il "dott. H.________", di "disporre in data odierna" il bonifico di fr.
39'360.-- in favore di Boutique B.________, accreditando il conto bancario
indicato presso la banca M.________ a Lucerna. In calce all'intestazione
dello scritto figurava che la sede amministrativa della G.________ era a
Lugano, presso I.________; venivano inoltre indicati un recapito telefonico
svizzero, ancorché di un telefono cellulare, oltre a un numero di fax, in
questo caso un collegamento fisso.

A.c Sempre il 12 dicembre 2003, A.________ si presentava alla Boutique
B.________. Scelti due smeraldi di grande pregio, da montare l'uno su un
anello e l'altro su un pendente, chiedeva che i gioielli gli fossero
preparati per Natale al fine di poterli regalare alla moglie. Affermava che,
anche in questo caso, avrebbe proceduto al pagamento del prezzo,
preventivatogli in fr. 150'000.--, mediante un altro ordine di bonifico.
Nell'occasione, però, egli non ritirava gli oggetti riservati a
settembre-ottobre e (teoricamente) pagati con l'ordine di pagamento fatto
pervenire quello stesso giorno, dichiarando che avrebbe ritirato il tutto
prima di Natale.

Il 19 dicembre 2003, la Boutique B.________ riceveva copia di un fax, uguale
in tutto e per tutto a quello del 12 dicembre 2003, dal quale risultava che
in data 19 dicembre la predetta G.________ aveva ordinato alla banca
L.________ a Nassau di disporre il bonifico di fr. 150'000.-- in favore del
conto della gioielleria presso la banca M.________ di Lucerna.

Il giorno seguente, 20 dicembre 2003, A.________ tornava nella Boutique. Dopo
essersi accertato che la gioielleria avesse ricevuto l'ordine di pagamento di
fr. 150'000.-- per gli smeraldi, chiedeva e otteneva la consegna dei gioielli
scelti a settembre-ottobre (per fr. 39'360.-- come all'istruzione di bonifico
impartita 8 giorni prima). Si raccomandava inoltre che gli smeraldi venissero
allestiti per il 24 dicembre, giorno in cui sarebbe passato a ritirarli. La
direttrice non solo consegnava all'acquirente gli oggetti da fr. 39'360.--,
ma, visto che nel frattempo era emerso che il costo degli smeraldi ammontava
a fr. 140'000.-- anziché fr. 150'000.-- come preventivato, gli consegnava
altresì fr. 10'000.-- in contanti a concorrenza del maggior versamento
risultante dall'ordine di bonifico del 19 dicembre.

La vigilia di Natale, A.________ ritirava gli smeraldi e si faceva dare a
credito anche un orologio X.________ e un pendente, il tutto per un importo
complessivo di fr. 167'500.-- (ossia fr. 140'000.-- per gli smeraldi, fr.
25'000.-- per l'orologio e fr. 2'500.-- per il pendente).

A.d Il 28 dicembre 2003, A.________ contattava nuovamente F.________,
raccontandole di aver un problema di liquidità, dovuto al fatto che la sua
relazione bancaria era a Nassau, e di necessitare perciò di un piccolo
anticipo in contanti per complessivi fr. 12'000.--. La donna lo accontentava
facendogli pervenire la somma a Y.________ tramite un fattorino.

Gli ordini di bonifico del 12 e del 19 dicembre 2003 non sono stati mai
eseguiti. A.________ manteneva contatti telefonici con la direttrice della
gioielleria fin verso la fine di marzo 2004, formulando reiterate e non
mantenute promesse di pagamento. Dall'inizio di aprile 2004, si rendeva
irreperibile. Una semplice telefonata al numero della fiduciaria luganese
figurante in calce alla carta intestata della G.________ permetteva di
apprendere che A.________ aveva sì avuto presso di loro la sede di una sua
società, ma che da oltre un anno ciò non era più il caso, la G.________
essendo stata radiata d'ufficio già nel novembre del 2002.

B.
A seguito della denuncia penale dell'8 aprile 2004 di J.________AG,
proprietaria della Boutique B.________, per titolo di truffa, il Procuratore
pubblico ordinava il 14 aprile 2004 l'arresto di A.________, ordine poi
sostituito il 27 luglio 2005 con un mandato di arresto internazionale. Il 27
dicembre 2005 A.________ veniva arrestato in occasione di un viaggio in
Polonia, dove rimaneva in detenzione sino al 29 marzo 2006, data della sua
estradizione in Svizzera. Veniva rilasciato il 6 aprile 2006, dopo l'avvenuta
restituzione di due gioielli con smeraldo e di un orologio, del valore di fr.
140'000.-- rispettivamente di fr. 25'000.--. Nel corso della rapida
istruttoria, A.________ ammetteva sostanzialmente i fatti, riconoscendo di
aver raggirato la direttrice della Boutique per farsi consegnare i gioielli -
destinati alla sua amante ucraina - che sapeva di non poter pagare. Veniva
inoltre accertato che A.________ aveva noleggiato un aviogetto per effettuare
due voli privati, il 29 maggio e il 15 giugno 2003, lasciando però scoperta
la relativa fattura allestita a nome della predetta G.________.
L'8 settembre 2006, il Procuratore pubblico poneva A.________ in stato di
accusa per ripetuta truffa, commessa a Lugano nel periodo aprile-dicembre
2003, per aver ingannato con astuzia F.________, all'epoca direttrice della
Boutique B.________ di Lugano, di proprietà della denunciante, approfittando
del rapporto di fiducia instauratosi grazie a un precedente rilevante
acquisto di gioielli pagato in contanti, mettendo altresì in atto stratagemmi
truffaldini per dimostrare capacità finanziarie inusitate ma in realtà
inesistenti, facendole inoltre pervenire copia di due falsi ordini di
bonifico datati 12 e 19 dicembre 2003 attestanti contrariamente al vero
l'invio di istruzioni di pagamento a una banca di Nassau in realtà
inesistente, sottacendo di non avere né intenzione né disponibilità economica
di pagare tale merce.

C.
Con sentenza del 24 gennaio 2007, pronunciata in contumacia, il Presidente
della Corte delle assise correzionali di Lugano proscioglieva A.________
dall'accusa di ripetuta truffa. In breve, non ravvisando gli estremi per
ammettere la creazione di un rapporto di fiducia tra l'accusato e la
direttrice della gioielleria, il giudice riteneva che il preteso inganno
astuto poteva essere facilmente scoperto se la parte lesa avesse prestato
quella minima prudenza che si poteva esigere da lei.

D.
Il 7 marzo 2007, la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino (CCRP) respingeva, nella misura della sua
ammissibilità, il ricorso interposto dal Procuratore pubblico contro la
sentenza di prime cure.

E.
Il Procuratore pubblico insorge con ricorso in materia penale al Tribunale
federale chiedendo l'annullamento della sentenza dell'ultima istanza
cantonale e il rinvio della causa alla CCRP per nuovo giudizio.

F.
Invitati a esprimersi sul gravame, la CCRP rinuncia a presentare
osservazioni, mentre A.________, pur rimettendosi al giudizio di questo
Tribunale, propone la reiezione del ricorso.

Diritto:

1.
Presentato dal Pubblico ministero, le cui conclusioni sono state disattese
(art. 81 cpv. 1 lett. b LTF), e diretto contro una decisione finale (art. 90
LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di
ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso è di massima ammissibile,
poiché interposto nei termini legali (art. 100 cpv. 1 LTF) e nelle forme
richieste (art. 42 LTF).

2.
Il ricorrente rimprovera alla CCRP una valutazione arbitraria dei fatti
accertati procedendo a un esame della fattispecie per compartimenti stagni e
perdendo così di vista lo sviluppo della vicenda.

Per costante giurisprudenza, un accertamento dei fatti o un apprezzamento
delle prove è arbitrario solo quando il giudice ha manifestamente disatteso
il senso e la rilevanza di un mezzo probatorio, ha omesso, senza fondati
motivi, di tenere conto di una prova importante, idonea a influire sulla
decisione presa, oppure quando, sulla base degli elementi raccolti, egli ha
fatto delle deduzioni insostenibili (DTF 129 I 8 consid. 2.1).
2.1 A mente del ricorrente, l'autorità cantonale ha escluso la rilevanza ai
fini della successiva sussunzione giuridica dei fatti avvenuti prima del
dicembre 2003. Partendo dalla premessa manifestamente errata che l'ipotesi
accusatoria contenuta nell'atto d'accusa fosse fondata unicamente sul
rapporto di fiducia tra l'accusato e la vittima venutosi a creare con il
primo acquisto di gioielli, la CCRP ha dapprima negato l'esistenza di tale
rapporto e quindi negletto la rilevanza dell'episodio per la successiva
sussunzione giuridica. Pur volendo seguire la CCRP laddove esclude che le
parti fossero unite da un rapporto di fiducia, occorreva comunque prendere in
considerazione quanto accaduto nell'aprile 2003 sotto il profilo delle
manovre truffaldine poste in atto o, in ogni modo, sfruttate successivamente
dall'accusato. Lo stesso dicasi, continua il ricorrente, in relazione agli
incontri e contatti occorsi tra settembre e ottobre 2003, segnatamente in
relazione all'episodio della casa di Z.________.

2.2 Escludendo l'esistenza di un rapporto di fiducia tra le parti, la CCRP ha
considerato che non c'era più spazio per verificare se i successivi
comportamenti messi in atto dall'accusato fossero da ritenere truffaldini,
posto come le truffe - secondo l'atto di accusa - sarebbero state commesse
profittando del rapporto di fiducia instauratosi tra l'accusato e la
direttrice della Boutique. Per l'autorità cantonale, la prima transazione,
conclusa non senza difficoltà, era lungi dal rendere A.________ una persona
meritevole di fiducia agli occhi della vittima e quindi non era idonea a far
abbassare il livello di prudenza di cui doveva far prova la vittima in
occasione dei successivi acquisti. Essa ha quindi analizzato gli episodi di
settembre-dicembre 2003 in modo autonomo, senza prendere in considerazione i
fatti risalenti ad aprile-maggio 2003.

2.3 Il modo di procedere della CCRP non è sostenibile in quanto fonda il suo
giudizio su un accertamento dei fatti troncato omettendo di considerare tutta
la dinamica del caso. Analizza transazione per transazione perdendo così di
vista l'insieme; trascura l'influenza del primo acquisto sulle successive
transazioni. Le obiezioni del ricorrente per cui l'episodio di aprile 2003
costituisce un dato di fatto sul quale, da un lato, l'accusato ha
successivamente basato e costruito le ulteriori macchinazioni e, dall'altro,
la vittima si è fondata per valutare il cliente sono fondate. L'autorità
cantonale esamina gli episodi di settembre-dicembre 2003 come se la vittima
avesse incontrato l'accusato solo in quel momento. Nel dicembre 2003, come
giustamente rileva il Ministero pubblico, per il personale della gioielleria
A.________ era più di un semplice cliente di passaggio. In occasione del
primo acquisto egli è riuscito a fornire una suggestiva immagine di sé:
facoltoso uomo d'affari assai indaffarato, sempre in viaggio per lavoro,
immagine peraltro che non ha cessato di alimentare sino alla fine della
vicenda. Questo è sicuramente un fatto di rilievo per la successiva
sussunzione giuridica. Non prendendolo in considerazione l'autorità cantonale
è caduta nell'arbitrio. E arbitraria risulta pure la sua interpretazione
dell'atto d'accusa. Difatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla CCRP,
l'atto d'accusa non fa dipendere la truffa esclusivamente dallo sfruttamento
di un previo rapporto di fiducia venuto in essere nella primavera 2003, ma
altresì da stratagemmi truffaldini nonché dall'invio di due falsi ordini di
bonifico. L'autorità cantonale non poteva dunque, pur negando l'esistenza di
un rapporto di fiducia tra le parti, disinteressarsi delle ripercussioni
sulla vittima del primo acquisto. Su questo punto, il gravame dev'essere
accolto. Occorre ora esaminare se, come pretende il ricorrente, l'autorità
cantonale ha violato il diritto federale, segnatamente l'art. 146 CP, negando
l'esistenza di un inganno astuto.

3.
Si rende colpevole di truffa ai sensi dell'art. 146 CP chiunque, per
procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, inganna con astuzia una
persona affermando cose false o dissimulando cose vere, oppure ne conferma
subdolamente l'errore inducendola in tal modo ad atti pregiudizievoli al
patrimonio proprio o altrui.

Sotto il profilo oggettivo, il reato di truffa presuppone tra l'altro un
inganno, inganno che deve inoltre essere astuto. Secondo la giurisprudenza,
vi è astuzia non solo quando l'autore si avvale di un edificio di menzogne,
di maneggi fraudolenti o di una messa in scena, ma anche laddove si limiti a
fornire delle false informazioni la cui verifica non è possibile, è difficile
o non è ragionevolmente esigibile oppure se il truffatore dissuade la vittima
dall'effettuare una verifica o prevede, date le circostanze, che essa
rinuncerà a farlo in virtù, segnatamente, di un particolare rapporto di
fiducia (DTF 133 IV 256 consid. 4.4.3; 128 IV 18 consid. 3a; 122 II 422
consid. 3a; 122 IV 246 consid. 3a). Ciò vale in particolare nel caso in cui
l'autore conclude un contratto avendo sin dal principio l'intenzione - non
riconoscibile - di non fornire la sua prestazione (DTF 118 IV 359 consid. 2),
se sfrutta un rapporto di fiducia preesistente che dissuade la vittima
dall'effettuare delle verifiche (DTF 122 IV 246 consid. 3a) oppure laddove la
vittima, a causa della sua situazione personale (debolezza mentale,
inesperienza, senilità o malattia), non è in grado di procedere a delle
verifiche e l'autore approfitta di tale sua situazione (DTF 120 IV 186
consid. 1a).

L'astuzia, tuttavia, va negata qualora la vittima poteva difendersi facendo
prova di un minimo di attenzione o evitare l'errore con un minimo di
prudenza. Non è però necessario che la vittima abbia fatto prova della più
grande diligenza e adottato tutte le misure di prudenza possibili. Non si
tratta quindi di sapere se la vittima abbia fatto tutto ciò che poteva per
evitare di essere ingannata. L'astuzia va negata solo quando la vittima è
corresponsabile del danno per non aver osservato le misure elementari che si
imponevano. Per determinare se l'autore ha agito con astuzia e se la vittima
ha omesso di adottare elementari misure di prudenza, non ci si deve domandare
come una persona ragionevole ed esperta avrebbe reagito all'inganno, bensì
occorre prendere in considerazione la situazione concreta della vittima, così
come l'autore la conosce e la sfrutta (DTF 128 IV 18 consid. 3a e rinvii).

3.1 La CCRP ha considerato che F.________ doveva imputare a sé stessa il
raggiro in quanto aveva disatteso le più elementari norme di prudenza e di
buon senso che era tenuta a rispettare in virtù del qualificato rango che
occupava in seno alla gioielleria. Essa ha quindi implicitamente ammesso
l'esistenza di un inganno, ma non ne ha riconosciuto il carattere astuto. Gli
ordini di pagamento ricevuti, rileva la Corte, erano alquanto insoliti: il
mandante non era il cliente, ma una persona giuridica sconosciuta alla
vittima, la destinataria dell'ordine una misteriosa banca L.________ di
Nassau. Prima di consegnare i gioielli a A.________, la direttrice avrebbe
pertanto dovuto quantomeno verificare se la somma indicata nel primo bonifico
bancario del 12 dicembre 2003 fosse stata accreditata sul conto della
Boutique B.________ e non poteva limitarsi a confidare nelle dichiarazioni
dell'acquirente per cui il denaro sarebbe arrivato dopo essere transitato
dalla banca K.________. Non avendogli in precedenza venduto merce a credito,
ottenendone poi il successivo pagamento, la gerente non poteva considerarlo
un cliente affidabile. Ella doveva imporsi una maggiore prudenza dopo aver
ricevuto il secondo ordine di pagamento del 19 dicembre 2003 per l'importo
ben più consistente di fr. 150'000.-- che accresceva notevolmente il
potenziale debito dell'acquirente nei confronti della gioielleria
determinando così una successiva situazione di rischio. Il 24 dicembre 2003,
quando cedeva all'accusato preziosi per complessivi fr. 167'500.--, la
direttrice aveva un ulteriore motivo per verificare se perlomeno il primo
ordine di pagamento fosse stato finalmente onorato. Per la CCRP, dunque, in
quanto direttrice di una lussuosa gioielleria che si presume essere persona
qualificata a trattare le modalità di pagamento dei preziosi - analogamente a
quanto avviene mutatis mutandis in una banca in occasione della concessione
di crediti - il comportamento di F.________ è suscettibile di escludere per
grave concolpa il preteso inganno astuto.

3.2 A mente del ricorrente, pur ammettendo che nella fattispecie la
direttrice della gioielleria non abbia fatto prova di una grande diligenza e
abbia persino peccato di ingenuità, non le si può attribuire tutta la
responsabilità della vicenda. Si è trattato di una truffa articolata, un
castello di menzogne, una messa in scena composta da svariati tasselli che
hanno contribuito nel loro insieme a indurre in errore la vittima ponendola
nella condizione di omettere le necessarie verifiche del caso. Il rapporto
tra l'accusato e la vittima si è sviluppato sull'arco di svariati mesi con
incontri e frequenti contatti telefonici. Sin dall'aprile 2003, A.________ si
è palesato come un uomo d'affari impegnato e facoltoso. Immagine alimentata
dalla consegna di gioielli all'aeroporto di Agno, dove faceva asseritamente
scalo con il suo aereo privato, nonché dall'invito alla direttrice di recarsi
presso la casa di Z.________ per mostrare i preziosi alla sedicente moglie. I
frequenti contatti telefonici, poi, rafforzavano nella vittima l'idea di un
uomo che, seppur indaffarato e in viaggio per il mondo, non dimenticava gli
accordi presi. Nel dicembre 2003, l'accusato non era più un cliente
sconosciuto. Ed è in questo periodo che egli concretizza le sue
macchinazioni. Il 12 dicembre 2003, dopo aver fatto pervenire alla vittima un
falso ordine di bonifico, si recava di persona alla Boutique B.________ e
sceglieva gli smeraldi, ma non reclamava la consegna della merce riservata
nel settembre-ottobre 2003 per cui (in apparenza) era già stato disposto il
pagamento. Un tale comportamento non poteva che tranquillizzare la vittima.
Solo il 20 dicembre 2003 A.________ ritirava parte dei gioielli, non prima di
essersi sincerato che il suo secondo bonifico bancario destinato a pagare gli
smeraldi fosse stato ricevuto. La vigilia di Natale, infine, ritirava gli
smeraldi nonché l'orologio e il pendente assicurando di procedere
immediatamente a dare disposizioni per un ulteriore ordine di pagamento. Le
consegne di gioielli del 20 e 24 dicembre 2003 rientravano nel contesto di
una relazione protrattasi nel tempo, durante la quale la vittima si era
formata una convinzione errata circa l'accusato e la sua situazione
professionale e finanziaria. Proprio i rapporti precedenti tra accusato e
vittima hanno spinto quest'ultima ad accettare una transazione a credito. La
direttrice della gioielleria non può, come invece fa la CCRP, essere
paragonata a una banca. Non ci si può quindi richiamare ai doveri di
controllo di una banca per giustificare quelli della vittima non concernenti
aspetti specifici del mestiere di gioielliere, quanto piuttosto aspetti
finanziari. Il ricorrente rileva infine che nella fattispecie la vittima non
avrebbe potuto effettuare alcuna verifica con la propria banca.

3.3 Come già esposto in precedenza (v. consid. 2.3), gli episodi di
aprile-maggio 2003 sono di indubbio rilievo per la valutazione penale del
comportamento adottato nel dicembre 2003 dall'accusato. Già dopo il primo
acquisto, infatti, A.________ è riuscito a imprimere nella vittima l'immagine
di uomo facoltoso. Basti pensare alla consegna dei gioielli all'aeroporto di
Agno. Contrariamente a quanto ritenuto in sede cantonale, questo episodio non
attestava semplicemente la solvibilità del cliente sino a concorrenza
dell'acquisto effettuato, ma era tale da indurre in errore la vittima sulle
sue reali disponibilità economiche e, nel contempo, validava le
giustificazioni addotte dall'accusato per procrastinare la conclusione della
transazione. A ciò va poi aggiunto l'invito dell'ottobre 2003 a recarsi
presso la casa di sua proprietà a Z.________ per mostrare alla sua pretesa
moglie non solo i preziosi selezionati un mese prima, ma anche ulteriori
gioielli. Pure in questo caso nella vittima non poteva che radicarsi l'idea
che A.________ fosse un uomo danaroso: oltre a un aereo privato, una casa e
un'ordinazione di gioielli che da settembre a ottobre 2003 lievitava da
fr. 19'140.-- fino a fr. 39'360.--. In quest'occasione il cliente riproponeva
le modalità del primo acquisto: scelta di gioielli, prenotazione e contatti
telefonici. Il ritardo nell'onorare l'ordinazione di settembre veniva così
offuscato e posto in secondo piano da un "déjà vu" nonché da una transazione
di ben 20'000.-- franchi superiore. L'immagine dell'accusato veniva viepiù
rafforzata dai frequenti contatti telefonici intesi a giustificare il ritardo
nel pagamento, allegando l'impossibilità di recarsi a Lugano a causa di
impegni di lavoro e viaggi d'affari. Seppure distante e indaffarato, per la
vittima egli era costantemente presente e, come giustamente rilevato dal
ricorrente, non dimenticava gli accordi presi. Se non pagava quindi non era
perché non ne avesse l'intenzione, ma perché impedito da obblighi
professionali. È in questo contesto che vanno analizzati gli eventi del
dicembre 2003.

3.3.1 Il 12 dicembre 2003, A.________ faceva pervenire alla gioielleria la
copia di un bonifico bancario destinato a pagare i gioielli selezionati nei
mesi di settembre-ottobre mettendo così apparentemente fine a una transazione
rimasta in sospeso per mesi. Per la CCRP la modalità di pagamento scelta era
inusuale a più di un titolo: per la persona dell'ordinante (una società BVI),
per quella della banca incaricata (banca L.________ di Nassau), per l'assenza
di un recapito di quest'ultima o del funzionario incaricato della pratica.
Ciò avrebbe dovuto rendere guardinga la vittima. Come già obiettato dal
ricorrente, il fatto che l'ordine fosse intestato a una società, invece che
emanare dallo stesso cliente, non aveva di per sé niente di particolarmente
insolito. Non è infatti inusuale che persone danarose facciano capo a
strutture off-shores. Quanto poi alla banca destinataria, non si può certo
pretendere da una direttrice di una gioielleria, seppur lussuosa, che conosca
tutti gli istituti attivi nel settore bancario; si aggiunga poi che la sigla
scelta è molto simile a quella, sicuramente più familiare a queste
latitudini, della banca N.________. Che poi questa fantomatica banca si
trovasse a Nassau non poteva apparire singolare più di tanto, considerato che
si trattava di un cliente sempre in giro per il mondo e quindi con relazioni
in vari stati. È più che comprensibile, invece, che la vittima abbia
piuttosto prestato la sua attenzione sull'importo dell'ordine di pagamento
nonché sull'esattezza del conto da accreditare.

3.3.2 Sempre il 12 dicembre 2003, A.________ tornava nuovamente alla Boutique
B.________. Egli, tuttavia, non reclamava la consegna dei gioielli per i
quali in apparenza era già stato disposto il pagamento con il bonifico
bancario dello stesso giorno, ma selezionava degli smeraldi da fr.
150'000.--. Il 19 dicembre 2003, l'accusato faceva pervenire alla gioielleria
la copia di un secondo bonifico bancario, analogo al primo, per fr.
150'000.--. Il giorno successivo, egli ritornava in gioielleria e ritirava i
preziosi scelti in settembre-ottobre. L'autorità cantonale pretende che,
prima di consegnare la merce al cliente, la direttrice avrebbe dovuto
verificare se la somma di cui al primo ordine di pagamento fosse stata
effettivamente accreditata. Se si può comprendere, continua la corte, che la
frenesia del periodo natalizio le abbia impedito di cerziorarsi presso la
propria banca dell'effettiva esecuzione del primo ordine di pagamento,
l'arrivo di un secondo bonifico bancario avrebbe necessariamente dovuto
richiamare la sua attenzione e indurla a fare le verifiche del caso. Una
direttrice di una gioielleria non poteva ignorare che un ordine di pagamento
bancario, ancorché internazionale, può essere eseguito nell'arco di 3 o 4
giorni lavorativi in casi di urgenza. Ora, come giustamente rileva il
ricorrente, dal primo bonifico bancario alle successive consegne di gioielli
erano trascorsi al massimo 6 rispettivamente 9 giorni lavorativi. Inoltre, la
stessa CCRP ha accertato che A.________ ha indicato alla vittima che il
pagamento avrebbe dovuto transitare dalla banca K.________. Questa
affermazione, intesa a giustificare un eventuale ritardo nell'accredito, era
tale da dissuadere la vittima dall'effettuare dei controlli. Per l'autorità
cantonale si trattava tuttavia di una bugia facilmente riconoscibile, non
essendo comprensibile per quale motivo la banca L.________ di Nassau non
avrebbe potuto accreditare direttamente la banca M.________, primaria banca
di rinomanza mondiale. Con tale argomento essa sembra però dimenticare che la
vittima non era un'impiegata di banca avvezza ai dettagli delle pratiche
bancarie, ma persona attiva in una gioielleria. Non regge pertanto il
paragone fatto tra una direttrice di una gioielleria e una banca, tra le
modalità di pagamento di gioielli e la concessione di crediti. Non va poi
dimenticato che, ogniqualvolta che A.________ si presentava in gioielleria,
procedeva a nuove prenotazioni di preziosi, abbacinando così la vittima con
nuove prospettive di guadagno. Le difese della direttrice erano ormai
assopite, da un lato, dal cumulo di bugie dell'accusato e, dall'altro,
dall'immagine di uomo facoltoso con mezzi necessari a onorare le diverse
transazioni. Occorre viepiù osservare che la prima consegna a credito di
gioielli è avvenuta il 20 dicembre 2003, un sabato, giorno in cui le banche
sono notoriamente chiuse. La direttrice non poteva dunque contattare il suo
istituto bancario.

3.3.3 Avendo ingannato per mesi la vittima, millantando l'immagine di
facoltoso uomo d'affari, non è sorprendente che l'accusato sia riuscito nel
dicembre 2003 a farsi consegnare i gioielli. Facendosi consegnare la prima
parte dei preziosi solo il 20 dicembre 2003, 8 giorni dopo aver fatto
pervenire il primo falso bonifico bancario, egli mostrava di non aver fretta
nell'impossessarsi dei gioielli. Questo comportamento, come rilevato nel
ricorso, non poteva che tranquillizzare la vittima. Lo stesso 20 dicembre
2003, prima di ritirare la merce, A.________ si è accertato che la
gioielleria avesse ricevuto il secondo ordine di pagamento, dimodoché nella
vittima si ancorava l'idea che egli avesse predisposto quanto necessario per
onorare i suoi obblighi. Le difese della direttrice erano ormai assopite da
tempo quando, il 24 dicembre 2003, ella consegna all'accusato gli smeraldi,
l'orologio e il pendente. Ne consegue che il comportamento della vittima,
benché incauto, non è tale da escludere l'inganno astuto. Non ritenendo
adempiuti gli elementi costitutivi oggettivi della truffa, la CCRP ha
pertanto violato il diritto federale.

4.
Nel suo gravame, il ricorrente non pretende che il reato di truffa sia
adempiuto anche in relazione alla somma di fr. 12'000.-- che l'accusato si è
fatto consegnare il 28 dicembre 2003. A ragione. In questo caso, infatti,
alla direttrice della gioielleria doveva sorgere più di un dubbio. Anche
volendo ammettere che un uomo facoltoso, come l'accusato ha fatto credere di
essere, possa avere un temporaneo problema di liquidità dovuto al fatto che
la sua relazione bancaria fosse a Nassau, mal si comprende perché egli
avrebbe dovuto rivolgersi alla gioielleria. Questo episodio avrebbe dovuto
destare la vittima dal torpore in cui si trovava.

5.
Stante quel che precede, il ricorso dev'essere accolto e la decisione
impugnata va dunque annullata. Agendo nell'esercizio delle sue attribuzioni
ufficiali, al ricorrente non vengono accordate spese ripetibili (art. 68 cpv.
3 LTF). Le spese giudiziarie dovrebbero essere addossate all'opponente che
soccombe. Considerato che questi si è limitato, rimettendosi al giudizio di
questa Corte, a proporre la reiezione del ricorso, il Tribunale federale
rinuncia a porre a suo carico le spese giudiziarie (art. 66 cpv. 1 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è accolto, la sentenza impugnata annullata e la causa è rinviata
all'autorità cantonale per nuovo giudizio.

2.
Non si prelevano spese giudiziarie.

3.
Non si accordano ripetibili.

4.
Comunicazione alle parti e alla Corte di cassazione e di revisione penale del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino, nonché per conoscenza al
patrocinatore della parte civile.

Losanna, 15 febbraio 2008

In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero

Il presidente: La cancelliera:

Schneider Ortolano