Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Strafrechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 6B.160/2007
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6B_160/2007 /biz

Sentenza del 14 dicembre 2007
Corte di diritto penale

Giudici federali Schneider, Presidente,
Favre, Foglia, giudice supplente,
cancelliera Ortolano.

A. ________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Pier Felice Barchi,

contro

Ministero pubblico del Cantone Ticino,
Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
opponente.

Falsità in documenti (art. 251 CP); commisurazione
della pena (art. 47 CP),

ricorso in materia penale contro la sentenza emanata il 22 marzo 2007 dalla
Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone
Ticino.

Fatti:

A.
A.a All'inizio del 1995, contattato da B.________, A.________, cittadino
italiano residente in Italia, si dichiarava disposto a procedere all'incasso
per conto di terzi di somme di denaro garantendo l'anonimato dell'avente
diritto economico. Il 19 gennaio 1995, A.________ incontrava, in un bar di
Roma, B.________ e i richiedenti l'operazione presentatisi come ccc e ddd,
successivamente identificati dagli inquirenti in C.________ e D.________,
entrambi residenti a Roma. Conosciuti i termini dell'operazione consistente
nella monetizzazione di assegni emessi da E.________AG di Zurigo, A.________
si faceva promettere una provvigione pari al 10 % della somma da incassare.

In un successivo contatto con B.________, A.________ indicava la società
K.________ di Vaduz, iscritta a registro di commercio il 30 gennaio 1995 e
costituita a sua richiesta tramite l'avvocato ticinese F.________, la
beneficiaria che avrebbe dovuto figurare sugli assegni oggetto
dell'operazione.

A.b Il 10 maggio 1995, in un incontro in un bar di Lugano, C.________ e
D.________ consegnavano a A.________ cinque assegni dell'importo di fr.
2'000'000.-- cadauno, emittente E.________AG, tratti sull'allora banca
G.________ di Wiedikon e in favore di K.________, due datati 4 maggio 1995 e
tre datati 8 maggio 1995, a firma H.________ e I.________. A.________ non
rilasciava alcuna ricevuta per gli effetti ricevuti.

Quello stesso giorno, A.________ rimetteva gli assegni nelle mani dell'avv.
F.________, suo legale e presidente del consiglio di amministrazione della
banca J.________, chiedendogli di farne verificare la validità e
l'esigibilità e di predisporre l'apertura di un conto presso la banca
J.________ intestato alla K.________ per il loro incasso. Dall'ufficio del
legale, A.________ si recava poi alla banca J.________, sita al primo piano
dello stesso stabile, e conferiva con il direttore dell'istituto,
raccomandando anche a lui di procedere alla verifica dei titoli. L'avv.
F.________ faceva pervenire gli assegni alla banca J.________ il giorno
successivo tramite la sua segretaria.

A.c A seguito delle verifiche, la banca J.________ scopriva che gli effetti
erano stati bloccati in quanto facenti parte di un blocco di venti assegni in
bianco spariti, tra agosto e settembre 1994, in concomitanza con un trasloco
di E.________AG. La banca informava del blocco l'avv. F.________ che, a sua
volta, ne dava comunicazione a A.________ prospettandogli inoltre il
verosimile inoltro di una denuncia penale contro ignoti da parte di
E.________AG e consigliandogli di presentarsi alle autorità inquirenti
svizzere.

B.
Il 16 maggio 1995, E.________AG inoltrava denuncia penale contro ignoti per i
titoli di furto ed eventualmente di appropriazione indebita in relazione alla
sparizione dei cinque assegni e di tentata truffa per la presentazione degli
stessi in J.________.

A. ________ si presentava, il 18 maggio 1995, al Ministero pubblico per
essere interrogato. Arrestato, rimaneva in detenzione preventiva sino al 23
giugno 1995. L'inchiesta svolta accertava la falsificazione sugli effetti
delle firme dei funzionari di E.________AG H.________ e I.________. Il 10
maggio 2001 il Procuratore pubblico poneva in stato di accusa A.________ per
ricettazione dei cinque assegni da fr. 2'000'000.-- cadauno e per falsità in
documenti in ordine all'uso da parte sua di questi titoli al fine d'inganno.

C.
Con sentenza del 26 novembre 2003, il Presidente della Corte delle Assise
correzionali di Lugano, dinanzi al quale il Procuratore pubblico abbandonava
l'imputazione di ricettazione, riconosceva A.________ autore colpevole di
falsità in documenti per avere, nella primavera 1995 a Lugano, con l'intento
di procacciarsi un indebito profitto, fatto uso, a scopo di inganno, di
cinque assegni falsi dell'importo di fr. 2'000'000.-- l'uno. Accertata la
violazione del principio di celerità, lo condannava a due mesi di detenzione
sospesi condizionalmente con un periodo di prova di due anni. Ordinava
altresì la confisca e la distruzione dei cinque assegni posti sotto
sequestro.

D.
Il 22 marzo 2007, la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino (CCRP) respingeva, nella misura della sua
ammissibilità, il ricorso per cassazione interposto dal condannato contro la
sentenza di primo grado.

E.
A.________ insorge mediante ricorso in materia penale al Tribunale federale
con cui postula, in via principale, l'annullamento della sentenza di ultima
istanza cantonale e la sua riforma nel senso che A.________ è prosciolto
dall'imputazione di falsità in documenti. In via subordinata, egli chiede
l'annullamento della decisione impugnata e il rinvio della causa all'autorità
cantonale per nuovo giudizio.

F.
Invitati a esprimersi sulle censure ricorsuali relative al diritto
applicabile e alla commisurazione della pena, il Ministero pubblico domanda
la reiezione del ricorso, mentre la CCRP, pur rimettendosi al giudizio di
questo Tribunale, osserva come la pena inflitta al ricorrente sia poco più
che simbolica e addirittura ai limiti dell'indulgenza conto tenuto della
gravità dei fatti.

Diritto:

1.
1.1 La decisione impugnata è stata pronunciata dopo l'entrata in vigore, il
1° gennaio 2007 (RU 2006 1242), della legge federale sul Tribunale federale
(LTF; RS 173.110), il ricorso è quindi disciplinato dal nuovo diritto (art.
132 cpv. 1 LTF).

1.2 Presentato dall'imputato, le cui conclusioni sono state disattese (art.
81 cpv. 1 lett. b LTF), e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF)
resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di
ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso è di massima ammissibile
poiché interposto nei termini legali (art. 100 cpv. 1 LTF) e nelle forme
richieste (art. 42 LTF).

1.3 Il ricorso al Tribunale federale può essere presentato per violazione del
diritto, così come determinato dagli art. 95 e 96 LTF. Il ricorrente deve
motivare il suo gravame (art. 42 cpv. 1 LTF) spiegando in modo conciso perché
l'atto impugnato viola il diritto (art. 42 cpv. 2 LTF). Le censure di
violazione dei diritti costituzionali, del diritto cantonale e del diritto
intercantonale sottostanno a severe esigenze di motivazione. Conformemente
all'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale procede alla disamina di tali
censure solo ove il ricorrente le abbia sollevate e motivate. In
quest'ambito, la motivazione esatta corrisponde a quanto valeva per il
ricorso di diritto pubblico sotto l'imperio dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG
(DTF 133 IV 286 consid. 1.4). L'impugnativa deve quindi contenere
un'esauriente motivazione giuridica dalla quale si possa dedurre se, perché
ed eventualmente in quale misura la decisione impugnata leda il ricorrente
nei suoi diritti costituzionali (v. DTF 130 I 26 consid. 2.1; 129 I 113
consid. 2.1; 127 I 38 consid. 3c).

1.4 Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sui fatti
accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). L'accertamento dei
fatti dell'autorità inferiore può venir rettificato o completato unicamente
se è stato svolto in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto
ai sensi dell'art. 95 (art. 105 cpv. 2 LTF) ed è solo in questa stessa misura
che può venir censurato in sede di ricorso (art. 97 cpv. 1 prima parte LTF).
Incombe alla parte che intende scostarsi dalla fattispecie contenuta nella
sentenza impugnata addurre, con un'argomentazione circostanziata, il motivo
che la induce a ritenere compiute le condizioni di una delle eccezioni
previste all'art. 105 cpv. 2 LTF; occorre inoltre che l'eliminazione
dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della
causa (art. 97 cpv. 1 seconda parte LTF), altrimenti non si può tener conto
di uno stato di fatto diverso da quello esposto nella sentenza impugnata.

2.
Il ricorrente contesta la realizzazione degli elementi sia oggettivi che
soggettivi del reato di falsità in documenti.

Si rende colpevole di falsità in documenti chi tra l'altro, al fine di
nuocere al patrimonio o ad altri diritti di una persona o di procacciare a sé
o ad altri un indebito profitto, fa uso, a scopo di inganno, di un documento
falso - "unechte Urkunde" - o menzognero - "unwahre Urkunde" (art. 251 n. 1
cpv. 3 CP; Markus Boog, Commentario basilese, 2a ed., Basilea 2007, n. 71 ad
art. 251 CP). Dal profilo oggettivo, l'autore deve far uso di un documento
falso o menzognero. Sono documenti segnatamente gli scritti destinati e atti
a provare un fatto di portata giuridica nonché i segni destinati a tal fine
(art. 110 cpv. 4 nCP, rispettivamente art. 110 cpv. 5 vCP). Il documento è
falso (falsità materiale) quando il suo vero estensore non corrisponde
all'autore apparente, il documento trae quindi in inganno sull'identità di
colui dal quale esso emana in realtà (DTF 128 IV 265 consid. 1.1.1). È invece
menzognero (falsità ideologica) il documento il cui contenuto non corrisponde
alla realtà pur emanando dal suo autore apparente (DTF 126 IV 65 consid. 2a).
Tuttavia, non basta una semplice menzogna scritta per ritenere la falsità
ideologica. Poiché la fiducia che si può avere a non essere ingannati
sull'identità dell'autore del documento è maggiore di quella che si ripone
sul fatto che l'autore non menta, in caso di falsità ideologica la
giurisprudenza esige che il documento fruisca di un'accresciuta credibilità e
che il suo destinatario vi possa ragionevolmente prestar fede. In base alle
circostanze o in virtù della legge, il documento deve pertanto apparire degno
di fede, di modo che una sua verifica da parte del suo destinatario non sia
né necessaria né esigibile (DTF 126 IV 65 consid. 2a). Dal profilo
soggettivo, l'autore del reato di cui all'art. 251 n. 1 cpv. 3 CP deve agire
a scopo di inganno e con l'intenzione di nuocere al patrimonio o ad altri
diritti di una persona oppure di procacciare a sé o ad altri un indebito
profitto.

2.1 La natura di documento degli assegni oggetto dell'operazione di
monetizzazione non è, giustamente, contestata dal ricorrente. Egli, tuttavia,
rimprovera alla CCRP una violazione del diritto federale per aver qualificato
gli effetti come documenti falsi. Secondo quanto pretende l'insorgente, egli
credeva che le firme apposte sugli assegni fossero autentiche, avendo tutt'al
più nutrito dei dubbi sulla loro copertura rispettivamente sul diritto di
firma dei sottoscrittori per tali importi. Il ricorrente sostiene che un
documento firmato da una persona che non ha il diritto interno di
sottoscriverlo, rispettivamente un assegno privo della necessaria copertura,
non costituisce né un documento falso né, tanto meno, un documento menzognero
poiché gli assegni non beneficiano di quella fedefacenza qualificata esatta
dalla giurisprudenza in relazione al diritto di firma e alla copertura.

L'argomento è fuorviante. La questione di sapere se un documento sia falso o
menzognero non può essere risolta fondandosi su ciò che l'autore credeva. Si
tratta infatti di uno degli elementi costitutivi oggettivi del reato di
falsità in documenti. Orbene, secondo gli accertamenti dell'autorità
cantonale, le firme dei funzionari di E.________AG apposte sugli assegni sono
state falsificate, fatto questo che il ricorrente non censura. Il loro vero
estensore non corrisponde pertanto a quello apparente, sicché la CCRP ha
ritenuto a ragione che si trattasse di documenti falsi (falsità materiale).
La concezione restrittiva della giurisprudenza in materia di falsità
ideologica, citata dal ricorrente, non trova quindi applicazione nel caso
concreto. Su questo punto il ricorso dev'essere quindi respinto.

2.2 Per uso di un documento falso s'intende il suo impiego nel circuito
giuridico. Il documento è presentato alla persona destinata a essere
ingannata. È sufficiente che giunga nella sua sfera d'influenza, che le sia
reso accessibile, ad esempio portato a sua conoscenza dandogliene lettura.
Non è necessario che il destinatario ne prenda effettivamente conoscenza, ma
solo che abbia la possibilità di farlo. Costituisce uso di un documento ai
sensi dell'art. 251 CP segnatamente la sua presentazione, la sua
pubblicazione, la sua consegna (v. DTF 120 IV 122 consid. 5c/cc pag. 131;
Markus Boog, op. cit., n. 72 ad art. 251 CP; Bernard Corboz, Les infractions
en droit suisse, Berna 2002, n. 89 ad art. 251 CP).

2.2.1 A mente del ricorrente, consegnando gli assegni al suo legale perché ne
facesse controllare la validità, egli non avrebbe fatto uso di documenti
falsi. Gli effetti non sarebbero infatti entrati nella sfera d'influenza
della vittima del supposto inganno. Vittima che, contrariamente a quanto
arbitrariamente ritenuto dalla CCRP, non può essere considerata la banca
J.________ in quanto non parte alla relazione di assegno e pertanto non
debitrice. Questo istituto avrebbe semmai dovuto scontare gli assegni,
presentandoli poi per pagamento (in senso tecnico) alla banca G.________, nei
confronti della quale avrebbe peraltro conservato un diritto di regresso.

2.2.2 Secondo gli accertamenti della CCRP, censurati di arbitrio dal
ricorrente senza tuttavia soddisfare i requisiti di motivazione (v. consid.
1.4) e quindi in modo inammissibile, il 10 maggio 1995, A.________ ha
consegnato gli assegni all'avv. F.________ chiedendogli di farne verificare
la validità e l'esigibilità, riservandosi in un secondo tempo di istruire
direttamente la banca a seconda dell'esito della verifica per l'incasso. Si è
poi recato alla banca J.________, sita nello stesso stabile degli uffici del
legale, per conferire con il direttore dell'istituto e raccomandare anche a
lui di procedere alla verifica dei titoli. Gli assegni sono stati consegnati
il giorno successivo alla banca J.________ tramite la segretaria dell'avv.
F.________. In queste circostanze, l'autorità cantonale non ha esitato a
considerare che il ricorrente avesse fatto uso di documenti falsi, adempiendo
così gli elementi oggettivi costitutivi di falsità in documenti.

2.2.3 La sentenza impugnata dev'essere confermata anche su questo punto. Le
infrazioni penali di falsità in atti intendono tutelare la fiducia che, nelle
relazioni giuridiche, è riposta nei documenti quale mezzo di prova. Il reato
di cui all'art. 251 n. 1 cpv. 3 CP non presuppone che la vittima venga
davvero ingannata, si tratta infatti di un reato di pericolo e non di evento
(Bernard Corboz, op. cit., n. 2 e 92 ad art. 251 CP; Stefan Trechsel,
Schweizerisches Strafgesetzbuch, Kurzkommentar, 2a ed., Zurigo 1997, n. 1 ad
art. 251 CP; Andreas Donatsch/Wolfgang Wohlers, Strafrecht IV, Delikte gegen
die Allgemeinheit, 3a ed., Zurigo 2004, pag. 142). Ora, come già rilevato
dalla CCRP e sostenuto dal ricorrente medesimo, la banca J.________ avrebbe
dovuto scontare gli assegni. Presentando i titoli a questa banca, egli li ha
indubbiamente introdotti nel circuito giuridico, e fatto così uso dei
documenti falsi, facendoli entrare nella sfera d'influenza della banca
destinata a pagarli e quindi a essere ingannata.

2.3 Il reato di falsità in documenti è un reato intenzionale; l'intenzione
deve riferirsi a tutti gli elementi costitutivi oggettivi. Il dolo eventuale
è sufficiente (v. DTF 102 IV 191 consid. 4; Bernard Corboz, op. cit., n. 171
ad art. 251 CP, Stefan Trechsel, op. cit., n. 12 ad art. 251 CP). L'autore
deve inoltre agire a scopo di inganno - l'intenzione di ingannare risultando
di regola dalla volontà dell'autore di utilizzare il documento come fosse
autentico - e, alternativamente, al fine di nuocere al patrimonio o altri
diritti di una persona oppure di procacciare a sé o ad altri un indebito
profitto.

Sussiste dolo eventuale laddove l'agente ritiene possibile che l'evento o il
reato si produca, e, ciò nondimeno, agisce, poiché prende in considerazione
l'evento nel caso in cui si realizzi, lo accetta pur non desiderandolo (DTF
131 IV 1 consid. 2.2 e rinvii). In mancanza di confessioni, il giudice può,
di regola, dedurre la volontà dell'interessato fondandosi su indizi esteriori
e regole d'esperienza. Può inferire la volontà dell'autore da ciò che questi
sapeva, laddove l'eventualità che l'evento si produca era tale da imporsi
all'autore, di modo che si possa ragionevolmente ammettere che l'abbia
accettato (DTF 130 IV 58 consid. 8.4).
2.3.1 Il ricorrente contesta di aver agito con dolo eventuale. Lamenta
arbitrio nell'accertamento dei fatti e rimprovera alla CCRP di aver
interpretato in modo errato il concetto di dolo eventuale. Egli sostiene di
essere stato in buona fede: non avrebbe nutrito dubbi sull'autenticità delle
firme apposte sugli assegni, ma semmai solo sul diritto interno di
sottoscrizione degli effetti o sulla loro copertura. A riprova della sua
buona fede, A.________ è tornato a Lugano da Bologna appositamente per essere
interrogato dal Ministero pubblico, dopo che era oramai risultata
l'irregolarità dei titoli e quando era già pendente la denuncia penale di
E.________AG contro ignoti. A torto, inoltre, l'autorità cantonale avrebbe
considerato la K.________ costituita all'uopo per l'incasso degli assegni,
posto come l'insorgente abbia incaricato l'avv. F.________ della costituzione
di una Anstalt prima dell'incontro avvenuto a Roma, ossia prima di conoscere
i termini dell'operazione. Il ricorrente, poi, rimprovera alla CCRP di non
aver considerato le numerose informazioni da lui fornite su E.________AG,
segnatamente sul suo sistema di operare. Queste informazioni consentirebbero
di concludere che A.________ ha agito in buona fede, potendo egli credere che
gli assegni concernevano commissioni dovute in maniera riservata a persone di
altissimo livello. Contesta, in fine, di aver agito a scopo d'inganno.

2.3.2 Valutando nel loro complesso i fatti accertati, la CCRP ha stabilito
che A.________ ha agito con dolo eventuale. Dinanzi a un'operazione
milionaria proposta da persone presentatisi semplicemente come ccc e ddd al
tavolino di un bar, di fronte all'oscurità relativa al negozio giuridico in
base al quale E.________AG avrebbe dovuto pagare svariati milioni, al
coinvolgimento di un numero sproporzionato di persone, alla corresponsione di
una percentuale pari al 10 % - eccessiva per un'operazione regolare -, alla
presa in consegna degli assegni sempre al tavolino di un bar senza rilascio
di alcuna ricevuta, il ricorrente, persona con solida esperienza accumulata
come operatore finanziario, non poteva non rendersi conto del concreto
rischio di avere tra le mani degli assegni messi illegalmente in circolazione
perché falsificati. La corte ha infine ritenuto che A.________ avesse agito
con scopo di inganno. Certo, domandando la verifica degli assegni, egli ha
ridotto la possibilità di ingannare la banca, ma ha nondimeno agito
accettando l'idea che gli effetti fossero utilizzati come veri per ingannare
la vittima, guardandosi dall'esporre le circostanze in cui i titoli sono
giunti in suo possesso.

2.3.3 Le considerazioni dell'autorità cantonale evidenziano come il
ricorrente fosse conscio del rischio che gli assegni a lui consegnati e da
lui utilizzati fossero stati falsificati, tant'è vero che si è premunito di
ricorrere al suo legale, nel contempo presidente del consiglio di
amministrazione della banca presso cui era intenzionato a scontare i titoli.
Come già pertinentemente rilevato in sede cantonale, il coinvolgimento
dell'avv. F.________ sarebbe stato superfluo - oltre che costoso - per la
messa all'incasso di assegni validi. Coinvolgimento che può essere spiegato
dal duplice ruolo rivestito dallo stesso, legale e presidente del consiglio
di amministrazione della banca J.________. Con l'avv. F.________ A.________
disponeva di una persona all'interno della banca - tenuta al segreto
professionale - capace di informarlo a distanza, senza quindi doversi esporre
personalmente, dei risultati della verifica dei titoli. Quest'ulteriore
elemento permette di concludere che l'insorgente, non solo era conscio, ma
aveva anche accettato il rischio che gli assegni fossero stati falsificati.
Rischio peraltro ben remunerato, se si pensa alla provvigione che si era
fatto promettere, senza relazione alcuna con l'attività chiamato a fornire e
quindi inspiegabile se non con il rischio che aveva accettato di assumere.

Anche in questa sede il ricorrente continua a conclamare la sua buona fede,
ma invano. Egli non si avvede infatti che le critiche rivolte alla CCRP per
non aver considerato le informazioni fornite su E.________AG - che
consentirebbero di avvalorare la sua buona fede - sono inammissibili in
questa sede a causa del mancato previo esaurimento delle istanze ricorsuali
cantonali (v. art. 80 cpv. 1 LTF; FF 2001 3873). L'autorità cantonale ha
infatti ritenuto inammissibile la medesima censura proposta dinanzi ad essa.
L'insorgente avrebbe pertanto dovuto dimostrare, conformemente all'art. 106
cpv. 2 LTF, perché la precedente istanza avrebbe accertato in modo arbitrario
l'assenza dei presupposti formali e si sarebbe quindi a torto rifiutata di
procedere all'esame di merito.

Le censure del ricorrente relative alla K.________ nulla cambiano a quanto
appena esposto. La CCRP infatti non ha tratto particolari conclusioni
fondandosi sul momento della sua costituzione, bensì sul fatto che gli
assegni siano stati presi in consegna in favore di una Anstalt del
Liechtenstein senza il rilascio di alcuna ricevuta. Tutti gli altri elementi
elencati in sede cantonale, valutati nel loro complesso, sono sufficienti per
concludere che il ricorrente ha agito con dolo eventuale.

2.3.4 A nulla vale infine il richiamo alla decisione resa dal Tribunale
distrettuale di Rorschach che negava l'esistenza del dolo eventuale in un
caso parallelo di messa all'incasso di assegni provenienti dallo stesso
blocco scomparso dalla E.________AG. Il dolo eventuale appartenendo
all'aspetto soggettivo del reato non può essere desunto se non dalle
circostanze concrete del singolo caso. Gli accertamenti effettuati da
un'altra corte, in un altro procedimento, con vicende fattuali diverse e con
altri protagonisti imputati di reati diversi dalla falsità in documenti non
possono vincolare il giudizio della corte chiamata a pronunciarsi sullo
specifico caso.

2.4 Da tutto quanto precede discende che, ritenendo il ricorrente colpevole
di falsità in documenti, la CCRP non ha violato né l'art. 251 CP né, tanto
meno, il principio in dubio pro reo, censura quest'ultima che, così come
formulata nel gravame, non ha portata propria rispetto alla censura di
arbitrio.

3.
Il ricorrente rimprovera alla CCRP di aver violato il principio della lex
mitior (art. 2 cpv. 2 CP) confermando la sua condanna a una pena detentiva di
due mesi sospesa condizionalmente. Dato il lungo tempo intercorso dai fatti,
la scarsa rilevanza per l'interesse pubblico e per il danneggiato
all'attuazione del procedimento penale, in virtù del nuovo diritto sarebbe
esclusa l'erogazione di una pena, in ogni caso di una pena detentiva.

3.1 Il 1° gennaio 2007 sono entrate in vigore le nuove disposizioni della
parte generale del codice penale. Queste, di principio, sono applicabili
soltanto ai fatti commessi dopo la sua entrata in vigore (art. 2 cpv. 1 CP).
La legge riserva tuttavia la possibilità di applicare il nuovo diritto a
reati commessi prima di questa data ma giudicati dopo, nel caso in cui
risulti più favorevole all'autore (art. 2 cpv. 2 CP).

Atteso che il Tribunale federale ha già avuto modo di riconoscere come la
CCRP abbia competenze tali da essere considerata come corte di merito ai
sensi dell'applicazione della giurisprudenza (DTF 117 IV 369), per stabilire
se sia o non sia da applicare la legge più favorevole all'imputato in sede di
ricorso cantonale, non è determinante sapere se il ricorso per cassazione
debba o no essere accolto, né se la sentenza di prima istanza sia
affettivamente modificata. Determinante è solo la circostanza che le censure
sollevate nel ricorso abbiano indotto l'autorità di ricorso a riesaminare,
ormai alla luce delle nuove disposizioni di legge (più favorevoli
all'imputato), questioni di diritto inerenti alla sentenza di prima istanza.
Ove ciò sia il caso, è irrilevante la sorte del ricorso; se infatti il
ricorso dovesse essere disatteso secondo il diritto previgente, il diritto
più favorevole all'imputato non potrebbe esplicare i suoi effetti,
contrariamente alla norma che ne regola l'applicazione. È sufficiente che la
questione di diritto alla quale si applica il nuovo diritto più favorevole
all'imputato debba essere esaminata in sede di giudizio su ricorso e che, ove
il rimedio giuridico vada accolto, la sentenza di prima istanza possa,
secondo la procedura cantonale, non solo essere annullata con il rinvio della
causa per nuovo giudizio all'autorità di prima istanza, bensì essere
modificata dall'istanza di ricorso in modo da sostituirsi a quella di merito
pronunciata in primo grado. Il altre parole, è determinante se il rimedio
giuridico cantonale abbia o no carattere riformatore (DTF 117 IV 369
consid. 15b).

3.2
L'entrata in vigore della nuova parte generale del codice penale ha avuto per
effetto di sostituire determinate pene detentive con delle pene pecuniarie,
ai sensi degli art. 34 e 40 CP, da determinarsi conformemente agli art. 47 e
segg. CP. L'art. 251 CP è stato conseguentemente modificato nel senso che
l'autore colpevole del reato di falsità in documenti è punito con una pena
detentiva sino a cinque anni o con una pena pecuniaria (art. 251 n. 1 cpv. 4
CP) o, nei casi di esigua gravità, con una pena detentiva sino a tre anni o
con una pena pecuniaria (art. 251 n. 2 CP). Il diritto previgente comminava,
per contro, la pena della reclusione sino a cinque anni o della detenzione
(art. 251 n. 1 vCP), rispettivamente la pena della detenzione o la multa per
i casi di esigua gravità (art. 251 n. 2 vCP). Tenuto conto delle finalità del
nuovo diritto, la pena privativa della libertà erogata sotto l'imperio del
nuovo codice risulta semplicemente dalla volontà del legislatore di
sopprimere la distinzione, caduca nei fatti, fra reclusione e detenzione
(v. Messaggio del Consiglio federale del 21 settembre 1998 concernente la
modifica del codice penale svizzero, FF 1999 1669, segnatamente pag. 1714).
Sul condannato, tuttavia, l'effetto che la nuova pena viene ad avere è il
medesimo delle vecchie pene di detenzione e di reclusione (Laurent Moreillon,
De l'ancien au nouveau droit des sanctions, quelle lex mitior ?, in:
Kuhn/Moreillon/Viredaz/Willy-Jayet, Droit des sanctions - De l'ancien au
nouveau droit, Berna 2004, pag. 300 e segg., segnatamente pag. 313; Christian
Schwarzenegger/Markus Hug/ Daniel Jositsch, Strafrecht II, Strafen und
Massnahmen, 8a ed., Zurigo 2007, pag. 316). Di conseguenza, nel caso
dell'art. 251 CP, non si può dire che per il condannato l'applicazione del
nuovo diritto sia più favorevole.

Nel concreto, la CCRP, senza peraltro che il ricorrente avesse contestato la
commisurazione della pena come tale nel suo ricorso per cassazione, ha tenuto
conto dell'entrata in vigore del nuovo diritto, segnatamente
dell'attenuazione prevista all'art. 48 lett. e nCP. La corte ha tuttavia
ritenuto che la condanna inflitta dal primo giudice non potesse essere
soggetta a riduzione o addirittura a cancellazione. Di fronte all'indubbia
gravità dell'infrazione e, in particolare, all'ammontare dell'illecito
profitto prospettato, per la CCRP la pena di due mesi di detenzione è mite al
punto da non potere essere ulteriormente contenuta. Giudizio che merita di
essere condiviso, l'art. 40 nCP non ostando, contrariamente a quel che crede
il ricorrente, a una pena detentiva inferiore a sei mesi (v. FF 1999 1715).
Giova inoltre ricordare che, nel commisurare la pena, il giudice di merito
fruisce di un'ampia autonomia. Il Tribunale federale interviene solo quando
egli cade nell'eccesso o nell'abuso del potere di apprezzamento, ossia
laddove la pena fuoriesca dal quadro edittale, sia valutata in base a
elementi estranei all'art. 63 vCP, corrispondenti a quelli del nuovo art. 47
CP. La giurisprudenza resa sotto l'imperio dell'art. 63 vCP conserva la sua
validità (sentenza 6B_14/2007 del 17 aprile 2007, consid. 5.2 e 5.3; sentenza
6B_143/2007 del 25 giugno 2007, consid. 8; sentenza 6B_264/2007 del 19
settembre 2007, consid. 4.5; sentenza 6B_237/2007 del 5 ottobre 2007, consid.
2). Gli elementi determinanti per la commisurazione della pena sono stati
menzionati nel giudizio impugnato, al quale non ci si può quindi che
riferire.

4.
Da tutto quanto esposto discende che, confermando la condanna del ricorrente
a due mesi di detenzione sospesi condizionalmente per falsità in documenti,
la CCRP non ha violato il diritto federale. Il gravame, nella misura in cui è
ammissibile, va quindi respinto. Le spese giudiziarie sono poste a carico del
ricorrente soccombente (art. 66 cpv. 1 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico del ricorrente.

3.
Comunicazione alle parti e alla Corte di cassazione e di revisione penale del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 14 dicembre 2007

In nome della Corte di diritto penale
del Tribunale federale svizzero

Il presidente: La cancelliera:

Schneider Ortolano