Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Zivilrechtliche Abteilung, Beschwerde in Zivilsachen 4A.403/2007
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Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
4A_403/2007 /biz

Sentenza del 24 giugno 2008
I Corte di diritto civile

Composizione
Giudici federali Corboz, presidente,
Klett, Kiss,
cancelliera Gianinazzi.

Parti
A.________,
ricorrente,

contro

B.________,
opponente,
patrocinato dall'avv. Sara Gianoni Pedroni.

Oggetto
responsabilità del medico, torto morale

ricorso in materia civile contro la sentenza emanata il 4 settembre 2007 dalla
II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
La controversia trae origine da avvenimenti risalenti ai primi giorni del mese
di settembre 1999, che possono essere così riassunti.

Affetto dal 1985 da un diabete mellito che nel corso del 1998 si è notevolmente
aggravato, venerdì 3 settembre 1999 A.________ ha telefonato al suo medico
curante B.________ lamentando "dolori alla pianta dei piedi, polpacci, femori
bilat." Non ritenendo che si trattasse di qualcosa di allarmante, il dottore
gli ha detto di passare in studio il lunedì successivo qualora i dolori non
fossero scomparsi. Sennonché durante il fine settimana la situazione è
peggiorata, a tal punto che la mattina di lunedì 6 settembre 1999 A.________ si
è fatto portare all'ospedale, dove in serata gli è stato per finire amputato
l'arto inferiore sinistro, sotto il ginocchio, a causa di un'infezione profonda
del piede.

B.
Convinto che l'amputazione avrebbe potuto essere evitata se il 3 settembre 1999
il medico lo avesse visitato, invece di limitarsi a un consulto telefonico, il
10 febbraio 2003 A.________ ha convenuto il dottor B.________ dinanzi alla
Pretura del Distretto di Bellinzona onde ottenere il pagamento di fr.
40'000.--, oltre interessi, a titolo di risarcimento del torto morale.

Statuendo l'8 agosto 2006, la Segretaria assessore della Pretura adita ha
respinto la petizione. Dall'istruttoria e dal referto peritale non sono infatti
emersi elementi suscettibili di dimostrare - o anche solo rendere verosimile -
un nesso causale fra il possibile comportamento negligente del medico e il
pregiudizio patito. Considerata la gravità dei sintomi manifestati, la giudice
ha inoltre rimproverato a A.________ di aver atteso troppo a lungo prima di
recarsi al pronto soccorso.

C.
L'impugnativa presentata dal soccombente contro questo giudizio è stata
respinta dalla II Camera civile del Tribunale d'appello il 4 settembre 2007.

D.
Tempestivamente insorto dinanzi al Tribunale federale con un ricorso in materia
civile, A.________ postula la modifica della sentenza cantonale nel senso di
accogliere il suo appello e, di conseguenza, la petizione.
Nella risposta del 26 febbraio 2008 il dottor B.________ ha proposto di
respingere il gravame. L'autorità cantonale ha invece rinunciato a presentare
osservazioni.

Diritto:

1.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sulla
propria competenza e sull'ammissibilità del rimedio esperito (art. 29 cpv. 1
LTF; DTF 133 III 462 consid. 2, 629 consid. 2).

Interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) dalla parte soccombente in
sede cantonale (art. 76 cpv. 1 lett. a LTF) contro una decisione finale (art.
90 LTF) pronunciata dall'autorità ticinese di ultima istanza (art. 75 cpv. 1
LTF) in una causa civile di carattere pecuniario il cui valore litigioso supera
fr. 30'000.-- (art. 74 cpv. 1 let. b LTF), il ricorso è ricevibile.

2.
Premesso che la relazione fra medico e paziente è disciplinata dalle norme sul
contratto di mandato, la Corte cantonale ha, in sintesi, ricordato che la
responsabilità del medico presuppone cumulativamente: una violazione
dell'obbligo contrattuale di diligenza, un danno, un nesso di causalità
naturale e adeguato tra la violazione contrattuale e il danno, nonché infine la
colpa, che - se i primi tre requisiti sono adempiuti - viene presunta (art. 97
cpv. 1 CO).

In concreto, i giudici ticinesi sono giunti alla conclusione che il ricorrente
non è stato in grado di fornire la prova delle circostanze suscettibili di far
apparire la decisione dell'opponente - di non visitarlo il 3 settembre 1999 -
lesiva delle regole dell'arte medica, ovvero del suo dovere di diligenza; ma
anche se vi fosse riuscito, hanno precisato i giudici, la sua pretesa di
riparazione del torto morale sarebbe stata respinta in assenza di un nesso di
causalità naturale fra l'asserita negligenza dell'opponente e il pregiudizio da
lui patito. Infine, come già la segretaria assessore, anche i giudici del
Tribunale d'appello hanno ritenuto che con il suo comportamento il ricorrente
avrebbe in ogni caso interrotto un eventuale nesso di causalità, avendo egli
atteso troppo a lungo prima di adottare le misure necessarie alla salvaguardia
della propria salute.

3.
Il ricorrente contesta questa sentenza in ogni suo punto.

Innanzitutto rimprovera alla Corte cantonale la violazione dell'art. 8 CC, per
aver erroneamente posto a suo carico l'onere di provare la colpa del medico. In
secondo luogo critica le ragioni che hanno portato i giudici ticinesi a negare
la violazione dell'obbligo di diligenza da parte del medico e, in particolare,
la decisione di non attenersi alle conclusioni espresse in tal senso dal perito
giudiziario. Pure criticata è la conclusione circa l'assenza di un nesso
causale tra la negligenza dell'opponente e la necessità di amputare la gamba,
contraddetta - secondo il ricorrente - dalle risultanze peritali. Per quanto
concerne infine l'interruzione del nesso di causalità, egli ribadisce ancora
una volta di essersi limitato a seguire le istruzioni del medico.

4.
Le critiche ricorsuali vertono dunque sia sull'applicazione del diritto
federale (art. 95 LTF) che sull'accertamento dei fatti (art. 97 LTF). Prima di
vagliare più in dettaglio le censure sollevate nel gravame vale allora la pena
di esporre brevemente i principi che reggono il ricorso in materia civile.

4.1 Innanzitutto si ricorda che, pur applicando d'ufficio il diritto (art. 106
cpv. 1 LTF), tenuto conto dell'esigenza di motivazione posta dall'art. 42 cpv.
1 e 2 LTF - che se disattesa può anche comportare l'inammissibilità del gravame
(art. 108 cpv. 1 lett. b LTF) - il Tribunale federale esamina solamente le
censure sollevate; non è tenuto a esaminare tutte le questioni giuridiche che
si pongono, come farebbe un'autorità di prima istanza (DTF 133 III 545 consid.
2.2 pag. 550).

Le esigenze di motivazione quando viene fatta valere la violazione di diritti
fondamentali sono più rigorose; il Tribunale federale esamina infatti queste
censure solo se il ricorrente le ha debitamente sollevate e motivate, come
prescritto dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Il campo di applicazione di questa norma
corrisponde a quello del precedente ricorso di diritto pubblico per violazione
dei diritti costituzionali e valgono pertanto le regole di motivazione poste
dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG (DTF 133 III 638 consid. 2).

4.2 Va inoltre rammentato che il Tribunale federale fonda il suo ragionamento
giuridico sull'accertamento dei fatti dell'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1
LTF). Può scostarsene solo se esso è stato svolto in violazione del diritto ai
sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF);
occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in
maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF).

I fatti accertati sono "manifestamente inesatti" quando l'istanza inferiore è
incorsa nell'arbitrio, vietato dall'art. 9 Cost. (cfr. DTF 133 III 393 consid.
7.1 pag. 398). Per giurisprudenza invalsa, l'arbitrio non si realizza già
qualora la soluzione proposta con il ricorso possa apparire sostenibile o
addirittura migliore rispetto a quella contestata; il Tribunale federale
annulla la pronunzia criticata solo se il giudice del merito ha emanato un
giudizio che appare - e ciò non solo nella sua motivazione bensì anche
nell'esito - manifestamente insostenibile, in aperto contrasto con la
situazione reale, gravemente lesivo di una norma o di un principio giuridico
chiaro e indiscusso oppure in contraddizione urtante con il sentimento della
giustizia e dell'equità (DTF 132 III 209 consid. 2.1 con rinvii). Per quanto
concerne più in particolare l'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei
fatti, il giudice - il quale in questo ambito dispone di un ampio margine di
apprezzamento - incorre nell'arbitrio se misconosce manifestamente il senso e
la portata di un mezzo di prova, se omette senza valida ragione di tener conto
di un elemento di prova importante, suscettibile di modificare l'esito della
vertenza, oppure se ammette o nega un fatto ponendosi in aperto contrasto con
gli atti di causa o interpretandoli in modo insostenibile (DTF 129 I 8 consid.
2.1).

Un gravame fondato sull'art. 9 Cost., come è quello in esame - nel quale viene
ampiamente criticata la valutazione del materiale probatorio da parte
dell'autorità cantonale - non può dunque essere sorretto da argomentazioni con
cui la parte ricorrente si limita a contrapporre il suo parere a quello
dell'autorità cantonale, come se il Tribunale federale fosse una superiore
giurisdizione di appello a cui compete di rivedere liberamente il fatto e il
diritto e di ricercare la corretta applicazione delle norme invocate. La parte
che ricorre deve dimostrare che l'autorità cantonale ha pronunciato una
decisione arbitraria nel senso appena descritto (art. 106 cpv. 2 LTF; cfr. DTF
133 II 249 consid. 1.4.3 con rinvio alla DTF 130 I 258 consid. 1.3 pag. 261
seg., riferita alle esigenze di motivazione del ricorso di diritto pubblico
vigenti sotto l'egida dell'OG).

5.
Come anticipato il ricorrente si duole in primo luogo della violazione
dell'art. 8 CC. La Corte cantonale avrebbe infatti erroneamente posto a suo
carico l'onere di provare la colpa del medico, allorquando giusta l'art. 97
cpv. 1 CO spettava semmai a quest'ultimo dimostrare che nessuna colpa gli è
imputabile.

5.1 Il ricorrente solleva un tema assai dibattuto nell'ambito dei casi
concernenti la responsabilità del medico: quello della distinzione fra
violazione contrattuale e colpa (cfr. Gauch/Schluep/Schmid/Rey, Schweizerisches
Obligationenrecht - Allgemeiner Teil, vol. II, 8a ed., n. 2794 segg.).

5.2 Come spiegato nella DTF 133 III 121, nella sua qualità di mandatario il
medico è responsabile verso il paziente - suo mandante - della fedele e
diligente cura degli affari affidatigli (art. 398 CO), laddove l'"affare
affidatogli" non è la guarigione, trattandosi di un risultato che il medico non
è in grado di garantire, bensì la prestazione di cure in maniera conforme alle
regole dell'arte medica, tendenti alla guarigione (DTF citato consid. 3.1 pag.
124, 120 II 248 consid. 2c pag. 250). Si potrebbe dire che il medico assume
un'"obbligazione di comportamento diligente": egli è tenuto a compiere tutte
quelle attività che vengono considerate idonee, secondo le regole dell'arte
medica, al raggiungimento del fine perseguito, costituito dalla salute del
paziente. La violazione dell'obbligo di diligenza da parte del medico
costituisce dunque, dal punto di vista giuridico, un inadempimento degli
obblighi assunti contrattualmente.

5.3 Quando si parla di "regole dell'arte medica" si intendono quelle regole
della scienza medica riconosciute e applicate in maniera generale dal corpo
medico (DTF 133 III 121 consid. 3.1 pag. 124). Sapere se il medico ha violato
il proprio obbligo di diligenza è una questione di diritto. Stabilire se esiste
una regola dell'arte medica comunemente ammessa (che il medico avrebbe
violato), quale fosse lo stato del paziente nel momento in cui è stato
richiesto l'intervento del professionista e come si sono svolti i fatti attiene
invece all'accertamento dei fatti. Incombe al paziente - che se ne prevale per
giustificare la propria richiesta di risarcimento e/o riparazione del torto
morale - l'onere di fornire la prova degli elementi suscettibili di dimostrare
che il medico ha violato il suo dovere di diligenza (art. 8 CC; DTF 133 III 121
consid. 3.1 pag. 124 con rinvii).

5.4 Da quanto appena esposto si trae la conclusione che la decisione della
Corte cantonale di porre a carico del ricorrente l'onere di dimostrare le
circostanze suscettibili di giustificare l'asserita violazione dell'obbligo di
diligenza da parte del medico è conforme al diritto federale.

6.
La valutazione dell'estensione dell'obbligo di diligenza che incombe al medico
deve avvenire secondo criteri oggettivi, che non possono però essere definiti
in maniera generale. Come ricordato anche dai giudici ticinesi, le esigenze
poste al dovere di diligenza del medico vanno determinate sulla base delle
circostanze del caso concreto, tenuto conto del genere d'intervento e/o di
trattamento, dei rischi insiti in essi, del margine di apprezzamento del
medico, del tempo di cui egli dispone così come della sua formazione e delle
sue capacità (DTF 133 III 121 consid. 3.1 pag. 124).

Occorre inoltre precisare che l'estensione dell'obbligo di diligenza del medico
in un caso concreto non può essere determinata a posteriori, con il senno di
poi, alla luce del danno che si è verificato. La valutazione delle esigenze
poste al dovere di diligenza del medico deve avvenire sulla base della
situazione così come si presentava al medico prima che intervenisse il
pregiudizio alla salute del paziente, ovvero nel momento in cui ha preso la
decisione contestata (DTF 120 Ib 411 consid. 4a pag. 413, consid. 4c/aa S.
415).

In concreto, quindi, il 3 settembre 1999, quando l'opponente ha deciso di non
visitare il paziente.

6.1 Ai fini di questo giudizio, occorre innanzitutto esporre brevemente
l'evoluzione dello stato di salute del ricorrente sino a tale data.

Stando a quanto accertato in sede cantonale - e non contestato nel gravame -
l'opponente, medico FMH in medicina generale, è stato il medico curante del
ricorrente (07.02.1950) dal 1979 al 2000.

A partire dal 1985 lo ha avuto in cura per un diabete mellito, allora non
insulinorichiedente, manifestatosi con polidipsia - sensazione di sete elevata
e aumento dell'apporto di liquidi - che ha reso necessario l'inizio di una
terapia con antidiabetici orali e di una dieta qualitativa.

Nel 1998 le condizioni del ricorrente si sono aggravate. Il 1° luglio 1998 egli
ha ripreso contatto con il medico accusando di nuovo una polidipsia nell'ambito
di un possibile scompenso iperglicemico del diabete; il medico ha allora
prescritto un trattamento antidiabetico orale e un consulto presso il neurologo
dottor C.________, che ha confermato il sospetto di polineuropatia. Nel mese di
dicembre 1998 il trattamento per via orale è poi stato sostituito con un
trattamento insulinico.
Durante una degenza ospedaliera per un corso per diabetici è stata anche
constatata una sindrome depressiva e una ridotta motivazione del paziente ad
affrontare la malattia in modo adeguato. Ulteriori ricoveri si sono
successivamente resi necessari a causa di problemi agli arti inferiori e legati
alla vista. Per quanto qui di interesse, un esame "Doppler" eseguito il 25
febbraio 1999 agli arti inferiori del paziente, per valutare la presenza di
eventuali stenosi delle arterie, ha dato un risultato ancora nella norma.

Vista l'impossibilità di esercitare un'attività lucrativa, il ricorrente è
stato posto al beneficio di una rendita d'invalidità con un grado dell'80 %. In
tale contesto, in un rapporto medico del 20/26 agosto 1999, l'opponente ha
segnalato all'AI una stabilizzazione della glicemia a valori pressoché normali
e un leggero miglioramento della polineuropatia.

6.2 Gli avvenimenti all'origine dell'attuale vertenza si sono svolti i primi
giorni del settembre 1999.

Il 1° settembre 1999 (mercoledì) il ricorrente si è recato presso lo studio
medico per un controllo glicemico; la cartella clinica indica inoltre che in
tale occasione il medico ha anche allestito un certificato all'attenzione della
Cassa malati in relazione a problemi di dentatura del paziente e gli ha
prescritto alcuni farmaci, fra cui Voltaren.

Il 3 settembre 1999 (venerdì), sempre stando a quanto indicato nella cartella
clinica, il ricorrente ha telefonato al medico lamentando "dolori alla pianta
dei piedi e polpacci, femori bilat.". Non ritenendo che si trattasse di
qualcosa di allarmante, l'opponente gli ha detto di passare in studio il lunedì
successivo qualora i dolori non fossero scomparsi.

Il 4 e 5 settembre 1999 (sabato e domenica) i dolori al piede sinistro hanno
costretto il ricorrente a letto. La domenica sera egli ha notato il cambiamento
del colore della cute al dorso del predetto piede e la fuoriuscita di un
liquido sanguinolento tra il terzo e il quarto raggio delle dita del piede,
come pure un dolore intenso.

La mattina del 6 settembre 1999 (lunedì) il ricorrente ha chiamato un'ambulanza
che lo ha trasportato all'ospedale dove, in serata, gli è stato per finire
amputato l'arto inferiore sinistro, sotto il ginocchio, a causa di infezione
profonda del piede.

6.3 Il comportamento assunto dal medico in questa circostanza ha fatto
l'oggetto di una perizia giudiziaria del 16 agosto 2004, di un complemento
peritale del 6 ottobre 2004 nonché di una delucidazione orale del 16 marzo
2005. Le risultanze istruttorie sono state ampiamente e dettagliatamente
discusse nella pronunzia impugnata.
6.3.1 In sintesi, nel referto del 16 agosto 2004 il perito ha affermato che vi
è stata "sottovalutazione dei disturbi segnalati dal peritando". A suo modo di
vedere "i sintomi lamentati dal peritando in data 2 o 3.09 (a seconda delle
versioni) giustificavano l'ispezione del piede sinistro"; "sarebbe dunque stato
più opportuno procedere ad un esame clinico e non basarsi sulla sola
informazione telefonica", ciò in considerazione anche "delle particolarità
personologiche del peritando (persona semplice, tendenzialmente indolente, con
ridotta motivazione ad affrontare la malattia in modo adeguato)" e del fatto
che "è buona regola con pazienti diabetici ispezionare attentamente i piedi, la
cui cura e prevenzione di eventuali infezioni fa parte dei compiti del medico
curante" oltre che "dei pazienti".

I giudici cantonali hanno relativizzato la portata di queste dichiarazioni. In
primo luogo perché lo stesso perito ha riconosciuto che "la situazione si
prestava, almeno all'inizio dell'affezione, ad un'errata interpretazione in
quanto da molto tempo il peritando lamentava parestesie alle gambe (anomalia
della percezione delle sensazioni, consistente in ritardo, persistenza, errore
di localizzazione degli accertamenti tattili, dolorosi, termici, nonché
sensazioni penose, varie che sopravvengono senza causa apparente)."
Secondariamente perché, come emerso anche dal complemento peritale del 6
ottobre 2004, le conclusioni del perito sono state ampiamente condizionate da
circostanze di fatto riferitegli dal paziente - soprattutto in relazione alla
sintomatologia comunicata al medico curante nei giorni precedenti il 3
settembre 1999 - che non sono state addotte negli allegati di causa né
accertate dall'istruttoria.

E anche se è vero che nella delucidazione orale del 16 marzo 2005 il perito ha
precisato che "il peritando aveva un piede diabetico con difficoltà di
sensibilità e di vascolarizzazione nonché rischio d'infezione" e che in tal
caso "se il paziente lamenta dolori va visto", a prescindere dal momento in cui
ha cominciato a manifestare dolori, "allo scopo di escludere un'infezione
cutanea del piede" ritenuto che "questo modo di procedere corrisponde all'ABC
dell'operatore sanitario, sia esso medico o anche infermiere specializzato in
podologia", i giudici hanno comunque negato di poter dedurre da queste
affermazioni una violazione del dovere di diligenza da parte del medico. In
particolare perché il ricorrente non è stato in grado di provare di aver
manifestato telefonicamente al medico sintomi tali da giustificare una visita
immediata; anzi, le sue affermazioni circa il contenuto di tale telefonata,
così come quelle circa il momento in cui ha iniziato a lamentarsi per i dolori,
sono state contraddittorie.
6.3.2 Dinanzi al Tribunale federale queste considerazioni sono criticate, ma
gli argomenti proposti nel gravame non inducono a ritenere la valutazione dei
giudici cantonali manifestamente insostenibile, ovvero arbitraria nel senso
esposto al consid. 4.2. Il ricorrente si limita infatti ad evidenziare le
dichiarazioni del perito che depongono a favore di una violazione dell'obbligo
di diligenza dell'opponente, senza prendere posizione - in maniera chiara e
dettagliata - sulle varie ragioni che hanno indotto i giudici ticinesi a
relativizzarne la portata.

6.4 Alla luce di tutto quanto esposto la decisione della Corte cantonale di
negare una violazione dell'obbligo di diligenza da parte del medico può essere
condivisa.

Tenuto conto del fatto che l'esame Doppler effettuato il 25 febbraio 1999 aveva
dato dei risultati ancora nella norma, che a fine maggio la situazione si era
stabilizzata e che in occasione della visita del 1° settembre 1999 il
ricorrente non ha segnalato disturbi agli arti inferiori, la decisione di
tralasciare una visita il 3 settembre 1999, rinviando un eventuale incontro a
lunedì 6 settembre, non appare lesiva dell'obbligo di diligenza del medico,
tanto più che lo stesso perito ha dichiarato che all'inizio dell'affezione,
momento determinante ai fini del giudizio, la situazione si prestava
effettivamente ad un'errata interpretazione, visto che non era la prima volta
che il ricorrente lamentava parestesie alle gambe.

7.
Sia come sia, la Corte cantonale ha stabilito che la richiesta riparazione del
torto morale va in ogni caso respinta in assenza di un nesso causale naturale
fra l'agire dell'opponente e il pregiudizio patito dal ricorrente.

7.1 Come ricordato nella sentenza impugnata, vi è causalità naturale quando un
determinato comportamento costituisce la condicio sine qua non per il
verificarsi di un certo risultato (DTF 132 III 715 consid. 2.2 pag. 718; 128
III 174 consid. 2b, 180 consid. 2d).
L'accertamento della causalità naturale è una questione di fatto (DTF 132 III
715 consid. 2.2 pag. 718 con rinvii); esso vincola pertanto di principio il
Tribunale federale, a meno che non sia stato svolto in violazione del diritto
ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario
(cfr. quanto già esposto al consid. 4.2).

7.2 Anche da un'omissione può derivare un pregiudizio. Dovendosi dimostrare
l'esistenza del nesso di causalità naturale rispettivamente ipotetico fra
un'omissione e un certo risultato, il grado della prova richiesta è di
principio quello della verosimiglianza preponderante (DTF 132 III 715 consid.
3.2 pag. 720 con rinvii). La verosimiglianza preponderante viene ammessa quando
a sostegno dell'allegazione di fatto litigiosa vi sono, da un punto di vista
oggettivo, elementi talmente importanti che ogni altra eventuale possibilità
non entra più ragionevolmente in linea di conto (DTF 133 III 81 consid. 4.2.2
pag. 88 seg. con rinvii).

Nella fattispecie si tratta dunque di stabilire se l'atto omesso, ovvero
l'ispezione del piede del paziente il 3 settembre 1999, avrebbe permesso con
una verosimiglianza preponderante di scoprire per tempo l'infezione e di
evitare l'amputazione.

7.3 Alla luce delle dichiarazioni rese dal perito nel complemento peritale del
6 ottobre 2004, i giudici del Tribunale d'appello hanno negato tale
eventualità.

Il perito ha infatti spiegato che "l'infezione da clostridium prefrigens
(agente infettivo per la gangrena) è rara" e "può presentare un periodo
d'incubazione da uno a cinque giorni", quindi il 3 settembre 1999 "non poteva
essere sospettata". In altri termini - hanno proseguito i giudici - mentre
"molto probabilmente domenica sera 5 settembre 1999 la situazione era
abbastanza chiara con la fuoriuscita di pus dalla cute del piede sinistro", non
è possibile sostenere che venerdì 3 settembre 1999 sarebbe stato possibile, con
un alto grado di verosimiglianza, sospettare l'infezione.
Il perito ha inoltre aggiunto - hanno osservato i giudici cantonali - che anche
nel caso in cui l'infezione fosse stata sospettata, non è comunque certo che
"un trattamento intensivo (antibiotico parenterale)" avrebbe "potuto evitare
l'amputazione sottogenicolare della gamba sinistra", rientrando nel novero
delle possibilità solo quella di evitare "l'amputazione completa della gamba"
mediante l'applicazione delle "cure 24 o 48 ore prima".
Sulla scorta di questi elementi, come detto, la Corte ticinese ha concluso di
non poter ritenere che l'esecuzione di una visita il 3 settembre 1999 avrebbe
impedito con un alto grado di verosimiglianza il verificarsi del danno.
L'esistenza di un nesso causale naturale è stata pertanto negata.

7.4 Il ricorrente contesta questa conclusione. Egli sostiene che secondo il
perito un accurato esame clinico del piede il 3 settembre 1999 avrebbe permesso
di iniziare un trattamento antibiotico e che applicando queste cure anche solo
24 o 48 ore prima sarebbe stato possibile evitare l'amputazione completa della
gamba.

La sua argomentazione si esaurisce in questa affermazione, che - come visto -
riporta però solo in maniera parzialmente corretta le dichiarazioni del perito.
Limitandosi a contrapporre apoditticamente la propria interpretazione delle
dichiarazioni del perito nel complemento peritale a quella - ben più
dettagliata - operata dall'autorità cantonale, senza confrontarsi in maniera
critica con le considerazioni esposte nel giudizio impugnato, il ricorrente
disattende l'onere di motivazione a suo carico (cfr. quanto esposto al consid.
4.2). Egli non fornisce alcun elemento suscettibile di far apparire le
considerazioni dei giudici ticinesi manifestamente insostenibili.

7.5 Su questo punto il ricorso si avvera pertanto inammissibile per carente
motivazione.

8.
In queste circostanze - esclusa sia la violazione contrattuale che il nesso
causale naturale - non è necessario vagliare le critiche formulate contro la
motivazione abbondanziale della decisione impugnata, per la quale il nesso di
causalità sarebbe stato in ogni caso interrotto dal "comportamento fortemente
negligente" del ricorrente, che ha atteso troppo a lungo prima di adottare
adeguati provvedimenti a tutela della propria salute.

9.
Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 e
68 cpv. 1 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente, il
quale rifonderà all'opponente fr. 2'500.-- per ripetibili della sede federale.

3.
Comunicazione al ricorrente, alla patrocinatrice dell'opponente e alla II
Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
Losanna, 24 giugno 2008
In nome della I Corte di diritto civile
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera:

Corboz Gianinazzi