Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 2C.498/2007
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Tribunale federale
Tribunal federal

{T 0/2}
2C_498/2007 /biz

Sentenza del 2 luglio 2008
II Corte di diritto pubblico

Composizione
Giudici federali Merkli, presidente,
Müller, Aubry Girardin,
cancelliera Ieronimo Perroud.

Parti
A.________, per sé e in rappresentanza
del figlio B.________,
ricorrente, patrocinata dall'avv. Paolo Tamagni,

contro

Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.

Oggetto
Rifiuto del rilascio del permesso di domicilio, rispettivamente del rinnovo del
permesso di dimora,

ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emessa il 7 luglio
2007 dal Tribunale amministrativo
del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
A.________, cittadina bosniaca, si è sposata il 16 dicembre 2000 nel suo paese
d'origine con C.________, di nazionalità elvetica. Per tal motivo è stata
autorizzata, il 15 gennaio 2001, a entrare in Svizzera ed è stata posta al
beneficio di un permesso di dimora annuale, regolarmente rinnovato, l'ultima
volta fino al 14 gennaio 2006. Il 26 aprile 2002 è stata raggiunta dal figlio
B.________, nato da un precedente matrimonio; al bambino è stato rilasciato un
permesso di identica natura e scadenza di quello della madre.

B.
Il 7 dicembre 2005, A.________ ha chiesto il rilascio di un permesso di
domicilio per sé e per il figlio B.________. Invitata dalla Sezione dei
permessi e dell'immigrazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone
Ticino a fornire delucidazioni sulla sua situazione matrimoniale, l'interessata
le ha comunicato, il 19 gennaio 2006, che dal 4 aprile 2002 suo marito si
trovava in carcere in Ecuador, ove stava scontando una pena di otto anni di
reclusione per traffico di stupefacenti. Il 26 luglio 2006 l'autorità ha
rifiutato di rilasciare i permessi di domicilio, rispettivamente di rinnovare i
permessi di dimora e ha fissato a A.________ e al figlio B.________ un termine
con scadenza al 30 settembre 2006 per lasciare il Cantone. A sostegno del suo
rifiuto ha rilevato che la richiedente le aveva sottaciuto fatti essenziali per
il mantenimento delle autorizzazioni di soggiorno e che commetteva un abuso di
diritto, essendo venuto a mancare lo scopo per il quale il permesso di dimora
era stato accordato.

C.
Detta decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato,
il 10 ottobre 2006, e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza
del 7 luglio 2007. La Corte ticinese ha rilevato in primo luogo che
l'insorgente non aveva mai segnalato, nelle successive domande di rinnovo del
permesso di dimora e nella richiesta di rilascio dell'autorizzazione di
domicilio, che il consorte era incarcerato all'estero, ledendo in tal modo
l'art. 3 cpv. 2 LDDS. A prescindere da ciò, ha giudicato che ella commetteva un
chiaro abuso di diritto nel richiamarsi ad un matrimonio contratto per vivere
in Svizzera, allorché il proprio coniuge si era durevolmente stabilito
all'estero, aggiungendo che i motivi che avevano condotto alla loro separazione
non erano determinanti. Riguardo all'annunciato trasferimento del marito in
Svizzera al fine di scontarvi il residuo della pena, ha obiettato che, a
prescindere dall'effettività del trasferimento, non si poteva pretendere che
sospendesse la propria decisione, facendola dipendere da tale circostanza.
Rilevato poi che la separazione di fatto dei coniugi si era verificata prima
della scadenza del termine quinquennale previsto dalla legge per poter
richiedere un permesso di domicilio, la Corte cantonale ha confermato anche il
rifiuto di rilasciarle questo tipo di permesso. Infine ha giudicato esigibile
il rientro in patria sia dell'interessata sia del figlio, precisando che il
bambino, anche se affetto da emofilia A con fattore VIII nella sua forma più
grave, vi avrebbe comunque beneficiato di un'assistenza medica e non era in
concreto in pericolo di vita.

D.
Il 14 settembre 2007 A.________, per sé e in rappresentanza del figlio
B.________, ha presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia
di diritto pubblico, con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata e
gli atti rinviati all'autorità inferiore affinché giudichi nuovamente ed ordini
all'autorità di prime cure di rilasciare loro un permesso di dimora,
rispettivamente di domicilio. Adduce, in sostanza, un accertamento ed un
apprezzamento manifestamente errati dei fatti, una violazione del principio
della buona fede e di quello della proporzionalità, la disattenzione degli art.
7, 9, 10, 11 LDDS, 7, 8, 9, 10, 13 Cost., 8 CEDU e, infine, degli art. 3 e 24
della Convenzione sui diritti del fanciullo. Allega inoltre diversi documenti
al suo gravame, segnatamente due rapporti medici datati 24 agosto 2007 e 7
settembre 2007 relativi alla malattia del figlio e alla situazione medica nel
proprio paese nonché copia di una lettera del marito del 26 agosto 2007 con
annessa la decisione di rimpatrio della polizia nazionale dell'Ecuador.
Chiamati ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo si è limitato a
riconfermarsi nella propria decisione, mentre il Consiglio di Stato si è
rimesso al giudizio di questa Corte. L'Ufficio federale della migrazione,
allineandosi ai considerandi della sentenza impugnata, postula la reiezione del
gravame.

E.
Con decreto presidenziale del 20 settembre 2007 è stata accolta l'istanza di
conferimento dell'effetto sospensivo contenuta nel ricorso.

F.
Il 12 dicembre 2007 la ricorrente ha comunicato al Tribunale federale che, come
preannunciato, il marito era stato trasferito in Svizzera il 14 settembre 2007
ove beneficiava di un regime di semilibertà. Egli aveva trovato un posto di
lavoro e ottenuto un congedo di alcune ore che aveva trascorso con lei; inoltre
avevano assieme sottoscritto un contratto di locazione per un nuovo
appartamento.
Il 5 maggio 2008 la ricorrente ha trasmesso ulteriori documenti a questa Corte,
segnatamente copia della decisione 23 aprile 2008 con cui la Sezione
dell'esecuzione delle pene e delle misure del Dipartimento delle istituzioni ha
concesso al marito il beneficio dell'alloggio esterno dal 28 aprile 2008 nonché
la dichiarazione sottoscritta da quest'ultimo di vivere con la moglie
nell'appartamento coniugale da tale data.

Diritto:

1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua
competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami
che gli vengono sottoposti (DTF 134 IV 36 consid. 1; 133 II 249 consid. 1.1;
133 I 185 consid. 2 e rispettivi riferimenti).

2.
2.1 Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto
pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli
stranieri concernenti i permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il
diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto.

2.2 Conformemente all'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, applicabile alla presente
fattispecie (cfr. consid. 3.1), il coniuge straniero di un cittadino svizzero
ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Ai fini
dell'ammissibilità del presente ricorso è quindi determinante soltanto la
questione se, formalmente, vi sia matrimonio (cfr. DTF 126 II 265 consid. 1b).
Infatti, sapere se il menzionato diritto sussista ancora o sia invece decaduto
in virtù delle eccezioni o delle restrizioni che discendono dall'art. 7 cpv. 2
LDDS e dall'abuso di diritto è un problema di merito, non di ammissibilità (DTF
128 II 145 consid. 1.1.2 e rinvii). In concreto la ricorrente è tuttora sposata
con un cittadino svizzero: il gravame è quindi ricevibile dal profilo dell'art.
83 lett. c n. 2 LTF.

2.3 Visto quanto precede, la questione di sapere se il gravame sia ammissibile
anche dal profilo dell'art. 8 CEDU (sui relativi requisiti, cfr. DTF 130 II 281
consid. 3.1; 129 II 193 consid. 5.3.1, 215 consid. 4.1), a cui la ricorrente fa
pure riferimento, può restare indecisa, potendo questa Corte entrare nel merito
del medesimo già in virtù dei motivi che precedono.

2.4 Mediante il ricorso ordinario, la ricorrente può in particolare censurare
la violazione del diritto federale, che comprende i diritti costituzionali dei
cittadini (DTF 133 III 346 consid. 3.1), e del diritto internazionale (art. 95
lett. a e b LTF). Il Tribunale federale applica in ogni caso il diritto
d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF) e può quindi accogliere o respingere un ricorso
anche per motivi diversi da quelli invocati o su cui si è fondata l'autorità
precedente. Fondamentale rimane comunque la motivazione del gravame (cfr. art.
42 cpv. 1 e 2 LTF; DTF 133 II 249 consid. 1.4.1). La ricorrente può inoltre
contestare l'accertamento dei fatti, ma solo se è stato svolto in modo
manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e
se l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del
procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF). In assenza di simili presupposti, che
possono anche portare a rettificare o completare d'ufficio gli accertamenti
(art. 105 cpv. 2 OG), il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti
appurati dall'istanza inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF; DTF 133 II 249 consid.
1.4.3).

2.5 Nuovi fatti e nuovi mezzi di prova possono essere addotti soltanto se ne dà
motivo la decisione dell'autorità inferiore (art. 99 cpv. 1 LTF; cfr. anche DTF
129 I 49 consid. 3; 128 I 354 consid. 6c). La memoria ricorsuale deve esporre
le ragioni per cui questa condizione risulterebbe adempiuta (DTF 133 III 393
consid. 3). Le prove documentali devono inoltre essere prodotte entro la
scadenza del termine di ricorso o del termine eventualmente assegnato per la
presentazione di un atto di replica (art. 42 cpv. 3 e 102 cpv. 3 LTF; cfr.
anche DTF 113 Ia 407 consid. 1). È comunque esclusa l'allegazione di fatti
accaduti dopo la pronuncia del giudizio impugnato così come di prove non ancora
esistenti a tale momento (cosiddetti veri nova; DTF 133 IV 342 consid. 2.1;
cfr. anche DTF 130 II 493 consid. 2; 128 II 145 consid. 1.2.1).
La ricorrente ha allegato al gravame due nuovi certificati medici datati 24
agosto 2007 e 7 settembre 2007. Oltre al fatto che ella non indica perché la
loro presentazione sarebbe stata indotta solo dalla sentenza impugnata (art. 99
cpv. 1 LTF), le informazioni e ragguagli contenuti negli stessi (salute del
bambino; possibilità di cure nel proprio paese), avrebbero potuto essere
forniti già in sede cantonale: gli stessi non vanno pertanto considerati. Lo
stesso dicasi della lettera del marito trasmessa via fax il 26 agosto 2007. Per
quanto concerne invece tutti gli altri documenti concernenti il coniuge
(trasferimento in Svizzera; concessione del regime della semilibertà e poi
dell'alloggio esterno), gli stessi si riferiscono a fatti accaduti dopo la
pronuncia della decisione querelata (cosiddetti veri nova) e vanno pertanto
estromessi dall'incarto.

3.
3.1 Il 1° gennaio 2008 è entrata in vigore la legge federale sugli stranieri,
del 16 dicembre 2005 (LStr; RS 142.20; RU 2007 5487). Giusta l'art. 126 cpv. 1
LStr, alla presente procedura rimane tuttavia ancora applicabile la - di per sé
abrogata (cfr. cifra I dell'Allegato all'art. 125 LStr) - legge federale
concernente la dimora ed il domicilio degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS;
CS 1 177 e modifiche seguenti).

3.2 Giusta l'art. 7 cpv. 1 LDDS, il coniuge straniero di un cittadino svizzero
ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Dopo una dimora
regolare e ininterrotta di cinque anni, ha diritto al permesso di domicilio.
Questo diritto si estingue, tra l'altro, se il matrimonio è stato contratto per
eludere le prescrizioni in materia di dimora e di domicilio degli stranieri
(cpv. 2) oppure in caso di abuso di diritto (DTF 131 II 265 consid. 4.1). Per
costante prassi vi è abuso di diritto laddove un determinato istituto giuridico
viene invocato per realizzare degli interessi che il medesimo non si prefigge
di tutelare. In relazione all'art. 7 LDDS, ciò è il caso allorquando il coniuge
straniero di un cittadino svizzero si richiama ad un matrimonio che sussiste
solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il rinnovo di un
permesso di soggiorno: un simile scopo non risulta in effetti tra quelli
contemplati dalla norma in questione per cui sfugge a qualsiasi tutela sul
piano giuridico. Secondo giurisprudenza, l'esistenza di una situazione di abuso
non deve tuttavia essere ammessa con eccessiva facilità: in particolare non vi
è abuso di diritto già per il fatto che i coniugi vivono separati o perché tra
loro è pendente una procedura di divorzio. Nel formulare l'art. 7 LDDS, il
legislatore ha infatti volutamente omesso di far dipendere il diritto del
coniuge straniero di un cittadino svizzero all'ottenimento di un permesso di
soggiorno dall'esistenza di una comunione matrimoniale di fatto (DTF 121 II 97
segg.). È per contro necessario che vi siano concreti indizi tali da indurre a
ritenere che vi è una rottura definitiva dell'unione coniugale, ossia che non
vi è più alcuna possibilità di riconciliazione, i coniugi non essendo (più)
intenzionati a condurre una vita comune; le cause e i motivi all'origine di
questa rottura non sono determinanti (DTF 130 II 113 consid. 4.2; 128 II 145
consid. 2.2; 127 II 49 consid. 5a e 5d).

4.
4.1 Il Tribunale amministrativo ha rilevato in primo luogo che l'interessata,
non informando la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del fatto che suo
marito era incarcerato dal 4 aprile 2002 in Ecuador, aveva disatteso l'obbligo
previsto dall'art. 3 cpv. 2 LDDS d'informare l'autorità su tutte le circostanze
determinanti per la concessione di un'autorizzazione di soggiorno. Quand'anche
si volesse da ciò prescindere ha poi spiegato che lo scopo dell'art. 7 LDDS
consisteva innanzitutto nel permettere e nell'assicurare la conduzione di una
vita familiare in Svizzera: la ricorrente commetteva pertanto un abuso di
diritto nel richiamarsi ad un matrimonio contratto per vivere nel nostro paese
allorché il proprio coniuge si era durevolmente stabilito all'estero. Al
riguardo ha aggiunto che i motivi che avevano condotto alla separazione, cioè
la carcerazione del marito, non erano in concreto determinanti. Infine,
riguardo al trasferimento, annunciato per il 3 agosto 2007, del marito in
Svizzera al fine di scontarvi il residuo di pena e ove avrebbe, secondo la
ricorrente, verosimilmente beneficiato di una libertà anticipata ciò che
avrebbe permesso la ripresa della vita coniugale, la Corte cantonale ha
osservato che, a parte il fatto che non era dato a sapere se il consorte
sarebbe stato effettivamente trasferito per quella data, non si poteva
pretendere che sospendesse la propria decisione, facendola dipendere da tale
circostanza.

4.2 L'argomentazione della Corte cantonale, la quale parte dal presupposto che
il marito della ricorrente si è stabilito durevolmente all'estero, non può
essere condivisa. Conformemente all'art. 23 cpv. 1 CC, il domicilio di una
persona è nel luogo ove dimora con l'intenzione di stabilirvisi durevolmente.
Il concetto di domicilio è dunque legato a due condizioni che devono essere
adempiute cumulativamente: l'una, di natura oggettiva, che consiste nella
residenza effettiva in un luogo determinato, l'altra, di natura soggettiva, che
è data dall'intenzione di stabilirsi durevolmente. In altre parole
l'interessato, in maniera riconoscibile per terzi, deve fare del luogo in
questione il centro dei suoi interessi, personali, familiari e professionali
ciò che va stabilito in base a circostanze oggettive e riconoscibili e non
semplicemente in funzione dei suoi propositi (DTF 133 V 309 consid. 3.1 e
richiami; Daniel Staehelin, in: Basler Kommentar zum Schweizerischen
Privatrecht, Zivilgesetzbuch I, 2a ed., Basilea 2002, n. 5 ad art. 23). L'art.
24 cpv. 1 CC prevede poi che il domicilio di una persona, stabilito che sia,
continua a sussistere fino a che essa non ne abbia acquistato un altro e l'art.
26 CC sancisce che la dimora in un luogo allo scopo di frequentarvi le scuole e
il collocamento in un istituto di educazione, in un ospizio od asilo, in una
casa di salute, di pena o correzione, non costituiscono domicilio. Nel caso
concreto non è manifestamente data la seconda delle due condizioni cumulative a
cui si è accennato in precedenza, cioè l'intenzione di crearsi una residenza in
Ecuador. Anche se, come emerge dagli atti di causa, il marito vi ha effettuato
un primo soggiorno da fine luglio 2001 agli inizi di marzo 2002, si trattava
comunque, come è stato documentato in sede cantonale e non contestato dalle
autorità ticinesi, di un soggiorno a fini professionali limitato nel tempo;
inoltre all'epoca egli aveva dichiarato, senza essere contraddetto, che era
intenzionato di tornare in Ticino presso la moglie. Va poi rilevato che sebbene
non si sappia per quale motivo è poi ritornato in Ecuador verso la fine del
mese di marzo 2002, la circostanza che sia stato immediatamente arrestato e
incarcerato impedisce che si possa considerare che vi abbia costituito il
proprio (nuovo) domicilio, rispettivamente che vi si sia stabilito, senza poi
dimenticare il chiaro tenore dell'art. 26 CC. Discende da quanto precede che il
domicilio del marito della ricorrente era ed è rimasto quello che aveva in
Ticino prima dell'arresto e dell'incarcerazione, ossia quello coniugale. In
queste condizioni, non si poteva rimproverare alla ricorrente di avere
deliberatamente disatteso il suo dovere d'informazione di cui all'art. 3 cpv. 2
LDDS in quanto ella ha compilato in modo corretto i formulari relativi al
rinnovo dei permessi di dimora: nelle apposite caselle concernenti lo stato
civile ella ha infatti indicato che era sposata; con un cittadino svizzero; che
avevano un domicilio comune e che l'indirizzo del coniuge era lo stesso del
suo. Comunque sia, quand'anche si volesse ritenere in concreto una violazione
del menzionato dovere d'informazione, tale inadempienza non avrebbe tuttavia
costituito, di per sé, un motivo sufficiente per rifiutare di prorogare le sue
autorizzazioni di soggiorno. Infatti, come già spiegato dal Tribunale federale,
l'interruzione della vita comune a causa di una condanna penale non giustifica
forzatamente il rifiuto di rinnovare un'autorizzazione di soggiorno del coniuge
straniero (DTF 131 II 265 consid. 4.3 e riferimento).

4.3 Esaminando ora la fattispecie dal profilo dell'abuso di diritto va
ricordato che, per consolidata prassi (cfr. consid. 3.2), si è in presenza di
un abuso quando vi sono concreti indizi di una rottura definitiva dell'unione
coniugale, ossia del fatto che i coniugi non sono (più) intenzionati a condurre
una vita comune. Sennonché negli atti di causa nulla figura che possa
convalidare questa tesi. Al contrario. La ricorrente infatti nel corso della
procedura cantonale ha sempre affermato che manteneva stretti contatti
telefonici ed epistolari con il marito e che lo aiutava finanziariamente,
inviandogli regolarmente del denaro; ella ha anche prodotto vari documenti
(copie delle lettere del marito e delle ricevute di invio di denaro,
dichiarazione della suocera del 21 agosto 2006), per provare le proprie
dichiarazioni. Orbene il Tribunale amministrativo non si è espresso in
proposito, segnatamente non ha spiegato perché considerava detti mezzi di prova
irrilevanti ai fini di giudizio; esso infatti ha fondato il suo giudizio
unicamente sul fatto che il marito della ricorrente si era stabilito
durevolmente all'estero. Un tal accertamento manifestamente incompleto dei
fatti non può essere tutelato, in quanto la Corte cantonale non poteva basarsi
su di un unico criterio, rivelatosi poi errato, ma doveva esaminare tutti gli
elementi a sua disposizione, ciò che non ha fatto.
Lo stesso dicasi, infine, per quanto riguarda l'annunciato trasferimento -
attestato da documenti ufficiali - del marito in Svizzera per scontarvi il
residuo di pena. La Corte cantonale invece di pronunciarsi sulla portata e/o
importanza che poteva assumere, nella valutazione della sussistenza dell'unione
coniugale, il fatto che la ricorrente era informata delle pratiche intraprese
dal marito e che, apparentemente, riceveva informazioni dalle autorità federali
incaricate dell'organizzazione del trasferimento, si è limitata a dubitare
dell'effettività della data indicata per il medesimo. Ciò che è manifestamente
insufficiente.
La Corte cantonale doveva procedere ad un'istruttoria più approfondita, volta a
determinare come erano evoluti i rapporti tra i coniugi dopo l'incarcerazione
del marito e a tal fine doveva esaminare tutti gli elementi a sua disposizione
e non fondarsi su di un unico criterio. La causa va pertanto rinviata al
Tribunale cantonale amministrativo affinché proceda ad un esame completo della
situazione nonché emani in seguito un nuovo giudizio.

4.4 Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso, in quanto
ammissibile, è accolto e la sentenza impugnata dev'essere annullata. In queste
condizioni, non occorre pronunciarsi ancora sulle altre censure sollevate dalla
ricorrente.

5.
Visto l'esito del gravame, si prescinde dal prelievo delle spese giudiziarie
(art. 66 cpv. 4 LTF). Lo Stato del Cantone Ticino dovrà comunque corrispondere
alla ricorrente, assistita da un avvocato, un'indennità a titolo di ripetibili
della sede federale (art. 68 cpv. 1 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
In quanto ammissibile, il ricorso è accolto e la decisione impugnata è
annullata. Gli atti vengono rinviati al Tribunale amministrativo del Cantone
Ticino per nuovo giudizio ai sensi dei considerandi.

2.
Non si prelevano spese giudiziarie.

3.
Lo Stato del Cantone Ticino rifonderà alla ricorrente un'indennità di fr.
2'500.-- per ripetibili della sede federale.

4.
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Consiglio di Stato e al
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale della
migrazione.
Losanna, 2 luglio 2008
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera:

Merkli Ieronimo Perroud