Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in öffentlich-rechtlichen Angelegenheiten 2C.375/2007
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2C_375/2007

Sentenza dell'8 novembre 2007
II Corte di diritto pubblico

Giudici federali Merkli, presidente,
Hungerbühler, Wurzburger, Yersin, Karlen,
cancelliera Ieronimo Perroud.

A. ________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Marco Broggini,

contro

Ufficio federale della migrazione,
Quellenweg 6, 3003 Berna,
Tribunale amministrativo federale, Corte III,
casella postale, 3000 Berna 14.

Divieto d'entrata,

ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il
19 giugno 2007 dal Tribunale amministrativo federale, Corte III.

Fatti:

A.
Il 9 marzo 2004 la Corte delle assise criminali in Lugano ha riconosciuto
A.________ (1964), cittadino britannico ed australiano residente a Campione
d'Italia, autore colpevole di infrazione aggravata alla legge federale sugli
stupefacenti (LStup; RS 812.121), siccome commessa per mestiere realizzando
in tal modo una grossa cifra d'affari, prima nella veste di copromotore della
società B.________ e poi come responsabile delle coltivazioni, sia
personalmente sia attraverso la copertura societaria. Veniva inoltre
riconosciuto colpevole di contravvenzione alla LStup per avere consumato
quotidianamente della marijuana, in generale di sua produzione. Per questi
reati è stato condannato a 4 anni di reclusione e alla pena accessoria
dell'espulsione dal territorio svizzero per un periodo di 10 anni. A
fondamento della condanna per infrazione aggravata alla LStup sono stati
ritenuti i seguenti atti, tutti compiuti senza autorizzazione, per una cifra
d'affari complessiva stimata in almeno fr. 10'000'000.--:
- Tra la fine del 1999 e l'inizio del 2000, a Chiasso, A.________ fungeva da
consulente per coltivazioni di canapa, il cui prodotto egli sapeva essere
venduto al dettaglio sotto forma di cosiddetti sacchetti odorosi.
- All'inizio del 2000, in seguito alla costituzione della B.________, egli
pianificava, organizzava e metteva in atto una coltivazione ciclica di circa
100-150 piante madri di canapa e di circa 2'000-5'000 talee, poi vendute ad
altri coltivatori indoor per fr. 3.50 l'una.
- Tra luglio e ottobre dello stesso anno, per conto della B.________, egli
prendeva in affitto una serra di 2'900 m2, ivi coltivando un numero
imprecisato di piante di canapa e talee allo scopo di produrre stupefacenti.
- Fra giugno e ottobre del 2001, sempre per conto della B.________, egli
coltivava 10'000-12'000 piante di canapa, dalle quali è stato possibile
ricavare da 1,1 a 4,4 t di fiori secchi di canapa per un valore potenziale
sul mercato degli stupefacenti tra fr. 2'000'000.-- e 11'000'000.--.
- Dall'agosto 2001, A.________ forniva all'allora presidente del consiglio di
amministrazione della B.________ per conto della stessa due o tre litri di
tintura di canapa, da lui prodotta, sapendo che costui, medico, l'avrebbe
prescritta au suoi pazienti per scopi terapeutici.
- Fra la seconda metà del 2001 e il 2002, egli commissionava a terzi, sempre
per il conto della B.________, la coltivazione di circa 3'200 piante di
canapa delle quali la B.________ otteneva fiori essicati per finalità
stupefacenti, rimunerandoli con circa fr. 45'000.--.
- Tra il febbraio del 2002 e l'aprile del 2003, sempre per la B.________,
egli stipulava con una ditta un contratto di licenza in base al quale la
B.________ forniva la genetica di sei qualità di piante madri di canapa ad
alto potenziale di THC, in cambio del 35 % del fatturato della vendita delle
talee prodotte. Ciò che permetteva d'immettere sul mercato locale dei
coltivatori di canapa, a fini stupefacenti, circa 350'000-400'000 talee
vendute dalla ditta sotto licenza a un prezzo variante fra fr. 3.-- e
fr. 5.--, realizzando in tal modo, a nome della B.________, un fatturato di
almeno fr. 350'000.--.
- Il 7 gennaio 2002, sempre per conto della B.________, egli sottoscriveva un
contratto con un'impresa avente per oggetto la consulenza, l'istruzione del
personale e la gestione della coltivazione di canapa per un valore di
complessivi fr. 600'000.--, ufficialmente finalizzata alla produzione di olio
eterico, ma in realtà destinata a finalità stupefacenti, immettendo così sul
mercato nazionale e internazionale circa 4,5 tonnellate di marijuana, pari a
tutta la produzione della citata impresa durante il 2002.
Il 28 giugno 2004 la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello (CCRP) ha parzialmente accolto, nella misura della sua
ammissibilità, il ricorso presentato da A.________ contro la sentenza di
primo grado e l'ha riformata nel senso di riconoscerlo colpevole di
infrazione semplice alla LStup, per cui gli ha inflitto una pena di 2 anni di
detenzione e ha rinviato la causa a una Corte delle assise correzionali allo
scopo di statuire nel senso dei considerandi sulla sospensione condizionale
dell'espulsione dalla Svizzera ridotta a 5 anni. A motivazione di questa
sentenza la CCRP ha rimproverato in particolare ai primi giudici il fatto di
avere considerato adempiuta la fattispecie d'infrazione aggravata alla LStup
senza avere accertato che il condannato avesse realizzato personalmente una
cifra d'affari stimabile in almeno fr. 100'000.--, né tanto meno che egli
avesse tratto guadagno dall'attività illecita cui ha partecipato.
Il 13 luglio 2005 è stata accordata la sospensione condizionale della pena
accessoria dell'espulsione per un periodo di prova di 4 anni.
Nel frattempo, più precisamente il 3 ottobre 2004, A.________ è stato
scarcerato dopo aver scontato i 2/3 della pena comminatagli.

B.
Preso atto della suddetta condanna, il 14 ottobre 2005 l'Ufficio federale
della migrazione ha pronunciato nei confronti di A.________ un divieto
d'entrata in Svizzera di durata illimitata in virtù dell'art. 13 cpv. 1 della
legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli
stranieri (LDDS; RS 142.20). Un suo ritorno in Svizzera è stato considerato
indesiderato a motivo del suo comportamento (infrazione aggravata alla LStup,
precedenti penali all'estero) e per ragioni di ordine pubblico. La decisione
è stata intimata all'interessato il 21 marzo 2006.

C.
Il 21 aprile 2006 A.________ ha tempestivamente impugnato detto provvedimento
al Dipartimento federale di giustizia e polizia. Nel corso della procedura,
l'Ufficio federale della migrazione, osservato che alla fattispecie tornava
applicabile l'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera, da
una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla
libera circolazione delle persone (in seguito ALC o Accordo; RS
0.142.112.681), ha, con decisione del 26 maggio 2006, limitato gli effetti
del divieto d'entrata al 14 ottobre 2011.
Poiché A.________ decideva di mantenere il proprio gravame, il Tribunale
amministrativo federale, III Corte (entrato in funzione il 1° gennaio 2007 e
al quale la causa è stata trasmessa, cfr. art. 1 cpv. 1 e 53 cpv. 2 della
legge del 17 giugno 2005 sul Tribunale amministrativo federale [LTAF; RS
173.32], in vigore dal 1° gennaio 2007 [RU 2006 1069]), con giudizio del 19
giugno 2007, ha parzialmente accolto l'impugnativa nel senso di limitare la
durata del divieto d'entrata al 14 ottobre 2010. Ha poi rinviato la causa
all'autorità di prime cure affinché si pronunciasse sull'attribuzione
all'interessato di un diritto di transito sul territorio svizzero, con
l'unico scopo di raggiungere il domicilio a Campione d'Italia, per tutta la
durata del divieto d'entrata.
Con decisione del 10 luglio 2007 l'Ufficio federale della migrazione ha
trattato la citata richiesta come una domanda di sospensione del divieto
d'entrata e l'ha respinta. In sintesi ha osservato che l'interessato poteva
recarsi in Italia per via lacustre. Dagli atti di causa non risulta che
quest'ultimo giudizio sia stato contestato.

D.
Il 26 luglio 2007 A.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un
ricorso in materia di diritto pubblico con cui chiede che la sentenza 19
giugno 2007 sia annullata. Censura, in sostanza, la violazione dell'Accordo
sulla libera circolazione delle persone. Domanda inoltre che venga conferito
effetto sospensivo al gravame.
Chiamati ad esprimersi, il Tribunale amministrativo federale, Corte III, ha
rinunciato a formulare osservazioni, mentre l'Ufficio federale della
migrazione ha proposto di respingere l'impugnativa.

Diritto:

1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione
l'ammissibilità di un rimedio di diritto, senza essere vincolato dalle
opinioni espresse dalle parti (art. 29 cpv. 1 LTF; cfr. pure DTF 131 II 58
consid. 1 e richiami).

2.
2.1 Le decisioni in materia di divieto d'entrata sono pronunciate dall'Ufficio
federale della migrazione (art. 13 cpv. 1 e 15 cpv. 3 LDDS) con facoltà di
ricorso al Tribunale amministrativo federale (art. 20 cpv. 1 LDDS). Giusta
l'art. 1 cpv. 2 LTAF, in quanto la legge non escluda il ricorso al Tribunale
federale, il Tribunale amministrativo federale giudica quale autorità di
grado precedente.

2.2 Conformemente all'art. 83 lett. c cifra 1 LTF, il ricorso in materia di
diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto
degli stranieri concernenti l'entrata in Svizzera. Si pone quindi il quesito
di sapere se, nella presente fattispecie, detto disposto escluda la
possibilità di adire il Tribunale federale e se, di conseguenza, il presente
ricorso debba essere dichiarato inammissibile.

2.2.1 In DTF 131 II 352 questa Corte si è pronunciata sul caso di un
cittadino italiano nei confronti del quale era stato emanato un divieto
d'entrata in Svizzera. All'epoca la procedura dinanzi al Tribunale federale
era retta dalla legge federale del 16 dicembre 1943 sull'organizzazione
giudiziaria (OG; abrogata dall'attuale LTF, cfr. art. 131 cpv. 1), il cui
art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 escludeva, tra l'altro, l'ammissibilità del
ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale in materia di divieto
d'entrata in Svizzera, esclusione confortata dall'allora in vigore art. 20
cpv. 3 LDDS, il quale sanciva che l'autorità ricorsuale, cioè il Dipartimento
federale di giustizia e polizia (sostituito, come già accennato, dal 1°
gennaio 2007 dal Tribunale amministrativo federale) decideva
inappellabilmente.
Il Tribunale federale ha rammentato in primo luogo che, in quanto cittadino
italiano, il ricorrente poteva prevalersi dell'Accordo sulla libera
circolazione delle persone, che conferisce di regola ai cittadini svizzeri e
a quelli degli Stati della Comunità europea il diritto di ingresso nel
territorio dell'altra parte contraente dietro semplice presentazione di una
carta d'identità o di un passaporto validi. Ha poi ricordato le garanzie
processuali di cui all'art. 11 ALC, il quale prescrive in particolare alle
parti contraenti l'istituzione di un doppio grado di ricorso: mentre la prima
istanza ricorsuale può essere anche solo un'autorità amministrativa, a
condizione che garantisca comunque un ricorso efficace, contro le sue
decisioni deve essere data facoltà di appello dinanzi ad un'autorità
giudiziaria indipendente e imparziale (art. 11 cpv. 1 e 3 ALC). Ciò posto e
constatato che l'ordinamento procedurale interno relativo ai divieti
d'entrata non prevedeva la possibilità d'impugnare il giudizio reso su
ricorso dal Dipartimento federale dinanzi ad un'autorità giudiziaria, il
Tribunale federale ne ha concluso che l'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG
disattendeva le esigenze poste dall'Accordo (DTF 131 II 352 consid. 1.2.1).
Questa Corte ha poi osservato che, sebbene in virtù dell'art. 191 Cost, era
vincolata all'applicazione tanto delle leggi federali quanto del diritto
costituzionale, la Costituzione non regolamentava tuttavia in maniera
espressa il caso in cui, come nella fattispecie, vi fosse una contraddizione
inconciliabile tra i due ordini di norme. Al riguardo ha rilevato che,
secondo la giurisprudenza, in simili ipotesi, tenendo conto dei principi
generali in materia di diritto internazionale pubblico, il diritto
internazionale prevaleva in linea di massima su quello interno, specialmente
laddove la normativa internazionale era più recente ed aveva per scopo di
tutelare i diritto dell'uomo. Orbene, l'entrata in vigore dell'Accordo sulla
libera circolazione era ben posteriore all'adozione della norma d'eccezione
di cui all'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG. Inoltre, essendo applicabile solo
ai cittadini comunitari e ai loro famigliari, l'art. 11 ALC costituiva anche
una lex specialis per rapporto alla regola di diritto interno, riguardante
tutti gli stranieri. Considerato poi che il disposto convenzionale era una
norma istitutiva di protezione giuridica direttamente applicabile, appariva
giustificato attribuirgli carattere preminente. Il Tribunale federale ha poi
lasciato indeciso il quesito di sapere se l'Accordo avesse in generale
valenza prioritaria rispetto alle leggi federali di senso opposto, rilevando
comunque, come parte della dottrina, l'impegno a riferirsi al diritto
comunitario espresso dall'art. 16 cpv. 1 ALC, il rango superiore del diritto
internazionale nella Comunità europea e la natura di diritto fondamentale del
principio della libera circolazione (DTF 131 II 352 consid. 1.3.1 e 1.3.2 e
numerosi riferimenti giurisprudenziali e dottrinali).
Infine, vista la natura di garanzia processuale diretta dell'art. 11 ALC, il
Tribunale federale ha giudicato che non ci si poteva attenere all'art. 100
cpv. 1 lett. b n. 1 OG in attesa dell'adeguamento del diritto interno a
quello internazionale (osservando comunque che la nuova legge federale sugli
stranieri prevedeva solo un adeguamento linguistico, ma non sostanziale
dell'art. 100 cpv. 1 lett. b n. 1 OG) così come non appariva nemmeno decisivo
il fatto che con la riforma totale dell'organizzazione giudiziaria (cfr. art.
29a e 191a cpv. 2 Cost.) sarebbe stata garantita la possibilità di ricorrere
dinanzi ad un'autorità giudiziaria indipendente, quale il Tribunale
amministrativo federale (DTF 131 II 352 consid. 1.3.3 e richiami).
Questa Corte è quindi entrata nel merito del ricorso fondandosi direttamente
sull'art. 11 cpv. 3 ALC, al fine di evitare una violazione del diritto
convenzionale (DTF 131 II 352 consid. 1.4 e rinvii).

2.2.2 Come già accennato in precedenza, in seguito all'entrata in vigore, il
1° gennaio 2007, della legge del 17 giugno 2005 sul Tribunale amministrativo
federale (LTAF; RS 173.32), è stato istituito il Tribunale amministrativo
federale quale tribunale amministrativo generale della Confederazione (art. 1
cpv. 1 LTAF). Questo tribunale è competente, tra l'altro, per statuire sulle
decisioni emanate dai dipartimenti e dai servizi dell'Amministrazione
federale loro subordinati o aggregati amministrativamente (art. 33 lett. d
LTAF). Esso sostituisce in particolare le numerose commissioni di ricorso e
d'arbitrato della Confederazione e subentra al posto dei servizi di ricorso
dei dipartimenti (cfr. Messaggio del 28 febbraio 2001 concernente la
revisione totale dell'organizzazione giudiziaria federale in: FF 2001 3764,
segnatamente 3929).
Anche se, come già rilevato, le decisioni in materia di diritto degli
stranieri concernenti l'entrata in Svizzera possono ora essere contestate
dinanzi al Tribunale amministrativo federale (art. 20 cpv. 1 LDDS) e che in
questo modo viene soddisfatta, per quanto qui interessa, l'esigenza posta
dall'art. 11 cpv. 3 ALC di poter far appello dinanzi ad un'autorità
giudiziaria indipendente e imparziale, non è invece ossequiata l'altra
esigenza, prevista dal medesimo disposto, del doppio grado di ricorso. Di
conseguenza, dato che l'art. 83 lett. c n. 1 LTF esclude la possibilità
d'impugnare dinanzi al Tribunale federale le decisioni relative ai divieti
d'entrata emanate dal Tribunale amministrativo federale, ne discende che, per
quanto concerne i cittadini degli Stati della Comunità europea, l'attuale
ordinamento procedurale interno (cioè l'art. 83 lett. c n. 1 LTF) disattende
tuttora le esigenze poste dall'Accordo.
Come già rilevato nella DTF 131 II 352 e confermato in DTF 133 V 367, sebbene
la Costituzione federale all'art. 191 Cost. preveda che le leggi federali e
il diritto internazionale sono determinanti per il Tribunale federale e per
le altre autorità incaricate dell'applicazione del diritto, essa non
disciplina però in maniera espressa il caso in cui, come nella presente
fattispecie, vi sia una contraddizione inconciliabile tra i due ordini di
norme. In simili casi il Tribunale federale ha stabilito nella sua costante
giurisprudenza che il diritto interno deve in linea di principio cedere il
passo al diritto convenzionale, salvo nei casi in cui il primo è stato
consapevolmente emanato in contrasto con il secondo, cioè nelle fattispecie
ove il legislatore federale, cosciente della possibile violazione del diritto
internazionale, ha comunque messo in conto tale eventualità.
È vero che la nuova legge sul Tribunale federale è stata adottata dopo
l'Accordo sulla libera circolazione delle persone. È altrettanto vero che
l'impossibilità di adire il Tribunale federale (già preesistente
nell'abrogato ordinamento processuale) per quanto concerne determinati
settori del diritto degli stranieri, segnatamente l'entrata in Svizzera, è
stata volutamente conservata. Sennonché dai materiali legislativi relativi
alla nuova legge sul Tribunale federale, rispettivamente a quella concernente
il Tribunale amministrativo federale, non traspare la volontà del legislatore
ed ancora meno la sua consapevolezza di disattendere in tal modo il diritto
internazionale (cfr. Messaggio già menzionato del 28 febbraio 2001 in: FF
2001 3764, segnatamente 4020 e seg. ove, oltre a rilevare l'importanza della
compatibilità del diritto interno con quello internazionale, si dà atto degli
sforzi compiuti in tal senso).
Visto quanto precede e tenuto conto dei principi generali in materia di
diritto internazionale pubblico (cfr. in particolare gli art. 26 e 27 della
Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 [RS
0.111]), del fatto che l'art. 11 ALC, oltre a costituire una lex specialis
per rapporto alla regola di diritto che riguarda tutti gli stranieri, è una
norma istitutiva di protezione giuridica direttamente applicabile,
dell'impegno a riferirsi al diritto comunitario espresso all'art. 16 cpv. 1
ALC, del rango superiore del diritto internazionale nella Comunità europea e,
infine, della natura fondamentale del principio della libera circolazione
(DTF 131 II 352 consid. 1.3.2 e numerosi riferimenti), se ne deve concludere
per la prevalenza, in concreto, del diritto convenzionale sul diritto
interno.
Tale soluzione s'impone anche perché i cittadini che possono appellarsi
all'Accordo beneficiano di un diritto di ingresso e di soggiorno nel nostro
Paese, che si ravvicina al diritto di ottenere un'autorizzazione di
soggiorno, e ancor di più in virtù del rinvio previsto dall'art. 5 cpv. 2
Allegato I ALC alla direttiva 64/221/CEE del 25 febbraio 1964 (direttiva del
Consiglio per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il
trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine
pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica), il cui art. 8 prevede,
tra l'altro, che avverso i provvedimenti di diniego di ingresso ai cittadini
comunitari deve essere  assicurata la possibilità di esperire i ricorsi
consentiti ai cittadini dello stato ospitante contro gli atti amministrativi.
In altre parole devono essere loro garantiti gli stessi mezzi d'impugnazione
di quelli a disposizione dei cittadini del paese ospitante per ricorrere
contro gli atti amministrativi (sentenza della  Corte di giustizia delle
Comunità europee (CGCE) del 17 giugno 1997 nelle cause congiunte Mann Singh
Shingara, C-65/95, e Abbas Radiom, C-111/95, Racc. 1997 pag. I-03343, n. 24 a
26 e 29 a 31 e riferimenti giurisprudenziali; Denis Martin, La libre
circulation des personnes dans l'Union européenne, Bruxelles 1994, pag. 143
seg.).
2.2.3 In base a quanto precede questa Corte deve pertanto (come avvenuto
nella DTF 131 II 352) entrare nel merito del presente ricorso basandosi
direttamente sull'art. 11 cpv. 3 ALC, per evitare una violazione del diritto
convenzionale.

3.
3.1 Oggetto del contendere è un divieto d'entrata adottato in applicazione
dell'art. 13 cpv. 1 prima frase LDDS, secondo cui l'autorità federale può
vietare l'entrata in svizzera di stranieri indesiderabili. Ai cittadini degli
Stati membri della Comunità europea e ai loro familiari questa legge si
applica tuttavia solo nella misura in cui l'Accordo sulla libera circolazione
non disponga altrimenti oppure se essa preveda disposizioni più favorevoli
(art. 1 lett. a LDDS). Ne deriva che il provvedimento in esame, limitativo di
una prerogativa stabilita dall'Accordo (cfr. consid. 2.2.1) può essere
fondato solo su motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e pubblica
sanità (art. 5 cpv. 1 Allegato I ALC). Tali nozioni vanno intese nel senso
definito dalla direttiva 64/221/CEE, del 25 febbraio 1964, e dalla relativa
giurisprudenza della CGCE precedente alla sottoscrizione dell'ALC (art. 5
cpv. 2 Allegato I ALC combinato con l'art. 16 cpv. 2 ALC; DTF 131 II 352
consid. 3.1 e riferimenti).

3.2 Conformemente alla giurisprudenza della CGCE, le deroghe alla libera
circolazione devono essere interpretate in modo restrittivo. Il ricorso da
parte di un'autorità nazionale alla nozione di ordine pubblico per limitare
questa libertà presuppone, al di là della turbativa insita in ogni violazione
di legge, una minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi
fondamentali della società. I provvedimenti fondati su motivi di ordine
pubblico o di pubblica sicurezza devono inoltre essere adottati
esclusivamente in relazione al comportamento personale dell'individuo nei
riguardi del quale essi sono applicati (art. 3 cpv. 1 della direttiva
64/221/CEE). Sono quindi escluse misure dettate da ragioni di prevenzione
generale, decretate cioè nell'intento di provocare un effetto dissuasivo
presso altri cittadini stranieri. La sola esistenza di condanne penali non
può automaticamente legittimare l'adozione di provvedimenti che limitano la
libera circolazione (art. 3 cpv. 2 della direttiva 64/221/CEE). Una tale
condanna può essere presa in considerazione unicamente nella misura in cui
dalle circostanze che l'hanno determinata emerga un comportamento personale
costituente una minaccia attuale per l'ordine pubblico; secondo le
fattispecie, non è quindi escluso che la sola condotta tenuta in passato
costituisca una siffatta minaccia (DTF 131 II 352 consid. 3.2 e riferimenti).

3.3 La CGCE non ha sinora precisato in modo puntale i criteri che permettono
di valutare se una minaccia è attuale nel senso della direttiva 64/211/CEE.
Da un lato, non occorre prevedere quasi con certezza che lo straniero
commetterà altre infrazioni in futuro per potere adottare misure per motivi
di ordine pubblico; dall'altro, non si deve esigere che il rischio di
recidiva sia praticamente nullo per rinunciare a simili misure. Tenuto conto
del principio della libera circolazione, un certo rigore s'impone comunque
sotto questo aspetto. La misura dell'apprezzamento dipende dalla gravità
della potenziale infrazione: tanto più questa appare importante, quanto
minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva. Inoltre, come nel
caso di qualsiasi altro cittadino straniero, l'esame dev'essere effettuato
tenendo presente le garanzie derivanti dalla Convenzione europea dei diritti
dell'uomo così come il principio della proporzionalità (DTF 131 II 352
consid. 3.3 e numerosi rinvii).

4.
4.1 Come accennato in narrativa, il ricorrente è stato condannato il 28 giugno
2004, in seconda istanza, alla pena di 2 anni di detenzione, computato il
carcere preventivo sofferto, per infrazione semplice alla LStup. Per quanto
concerne la pena accessoria dell'espulsione dalla Svizzera per 5 anni,
sospesa condizionalmente per un periodo di prova di 4 anni, la stessa è
decaduta il 1° gennaio 2007, in seguito all'entrata in vigore, a tale data,
della legge federale del 13 dicembre 2002 che modifica la parte generale del
Codice penale (RU 2006 3459; cfr. art. 388 cpv. 2 CP nonché disposizioni
finali della modifica del 13 dicembre 2002, n. 1 cpv. 2). Egli è poi stato
ritenuto colpevole di contravvenzione alla LStup, per avere senza
autorizzazione consumato quotidianamente della marijuana, in generale di sua
produzione. Il 28 luglio 2003 è stato altresì condannato dalle autorità
italiane alla pena di 11 mesi di reclusione e 3'000 Euro di multa, pena
sospesa, per detenzione e cessione illecite di sostanze stupefacenti (secondo
le dichiarazioni del ricorrente, non contestate dalle precedenti autorità,
trattasi di canapa e haschisch rinvenuti al suo domicilio quando vi è stato
arrestato, il 5 giugno 2003, per essere estradato in Ticino).
Come emerge sia dalla decisione contestata sia dagli atti penali, l'attività
delittuosa si è protratta per diversi anni, cioè dalla fine del 1999 alla
fine del 2002 e si riferiva ad ingenti quantitativi, ossia 4,5 tonnellate di
marijuana. Inoltre, secondo i giudici penali, oltre al fatto che, grazie alle
sue indubbie conoscenze tecniche, ha fornito un contributo importante allo
sviluppo e alla professionalizzazione delle coltivazioni indoor, il
ricorrente era perfettamente al corrente, perlomeno dall'aprile 2001,
dell'illegalità dell'attività svolta. Oltre a ciò, i giudici penali hanno
definito preoccupante e pericolosa la convinzione da lui espressa, secondo
cui fumare canapa fa bene, nonché hanno osservato che la sua intenzione di
consumare di nuovo canapa non appena uscito di prigione, poiché era convinto
degli effetti benefici, creava il rischio che mantenesse quei contatti con
l'ambiente dedito al traffico di stupefacenti che avrebbero potuto spingerlo
nel reiterare nei comportamenti per i quali era stato condannato, anche se
tale intendimento non era però sufficiente per negare ogni pronostico
favorevole sulla sua condotta. A sua discolpa hanno invece rilevato
l'incensuratezza, la provenienza dall'Olanda ove è notoria una certa
tolleranza verso il commercio della canapa, il distacco dalla famiglia ed,
infine, l'influenza di avvocati e di medici poco avveduti. Per quanto
concerne la condanna inflittagli in Italia, la stessa, anche se anteriore a
quella pronunciata dalle autorità svizzere, sembra essere legata agli stessi
avvenimenti. Sennonché agli atti non figurano informazioni più precise in
proposito.
Da quanto precede discende che il ricorrente si è reso colpevole di reati in
un campo - quello del traffico di sostanze stupefacenti - particolarmente
delicato del nostro ordinamento legale e ove la prassi è particolarmente
rigorosa (DTF 125 II 521 consid. 4a/aa; 122 II 433 consid. 2c). Date le
modalità (ruolo assunto dall'interessato, durata nel tempo, sviluppo su vasta
scala) e l'entità di quanto messo in atto, non è decisivo il fatto che il
traffico non abbia riguardato droghe pesanti. Il comportamento assunto
rappresenta pertanto un pericolo serio per un interesse fondamentale della
società, come la lotta al traffico di droga e al diffondersi del suo consumo,
nonché per un bene giuridico essenziale quale la salute pubblica. In altre
parole, la protezione della collettività di fronte allo sviluppo del mercato
della droga costituisce indubbiamente un interesse pubblico preponderante che
giustifica di principio l'allontanamento dalla Svizzera degli stranieri
coinvolti in tali traffici.

4.2 Occorre ora valutare se il comportamento personale del ricorrente
costituisca una minaccia attuale, effettiva e concreta all'ordine pubblico,
tale da legittimare una misura per motivi di ordine pubblico giusta l'art. 5
Allegato I ALC. Orbene, in base agli atti in suo possesso questa Corte non
può pronunciarsi in proposito. In effetti non sono stati effettuati, né
dall'autorità di prime cure né dal Tribunale amministrativo federale,
accertamenti al riguardo. In altre parole non si sa pressoché nulla del
comportamento avuto dal ricorrente da quando è uscito di prigione
nell'ottobre 2004, come ad esempio se si è emendato ed adattato
all'ordinamento pubblico, se si è reinserito stabilmente nel mondo del lavoro
(secondo sue dichiarazioni amministrerebbe una società appartenente al
padre), se ha ripreso (o continuato) a consumare marijuana (con il rischio,
già evocato in precedenza, di avere ancora contatti con il mondo della droga,
rispettivamente di reiterare nei comportamenti per i quali è stato
condannato).
Premesse queste considerazioni, l'accertamento incompleto dei fatti non
consente al Tribunale federale di risolvere definitivamente la questione in
esame. Di conseguenza, il giudizio impugnato dev'essere annullato e gli atti
rinviati all'autorità di prime cure (art. 107 cpv. 2 LTF) affinché proceda ai
necessari accertamenti per risolvere il quesito rimasto inevaso, determinante
per la causa.

4.3 A titolo abbondanziale si può comunque già rilevare che se detta autorità
dovesse giungere alla conclusione che il ricorrente rappresenta una minaccia
effettiva, attuale e sufficientemente grave per la società, da legittimare un
provvedimento per ragioni di ordine pubblico ai sensi dell'art. 5 Allegato I
ALC, essa non dovrà allora dimenticare che qualsiasi misura di allontanamento
deve rispettare il principio della proporzionalità, il quale s'impone sia nel
diritto interno sia con riferimento alla Convenzione europea dei diritti
dell'uomo e all'Accordo sulla libera circolazione delle persone (cfr. DTF 130
II 176 consid. 3.4.2; 129 II 215 consid. 6.2 e numerosi rispettivi
riferimenti, segnatamente le decisioni della CGCE). Detto principio esige che
le misure adottate dallo Stato siano idonee a raggiungere lo scopo desiderato
e che, di fronte a soluzioni diverse, si scelgano quelle meno pregiudizievoli
per i diritti dei privati. In altre parole, deve sussistere un rapporto
ragionevole tra lo scopo perseguito e i mezzi utilizzati (DTF 131 I 91
consid. 3.3; 129 I 337 consid. 4.2 in fine e rispettivi rinvii).
Da questo profilo la citata autorità dovrà tenere conto della particolare
situazione di Campione d'Italia, ove il ricorrente risiede regolarmente dal
2000. Detto comune è un'enclave italiana situata sulle rive del Lago di
Lugano, completamente circondata dal territorio svizzero nel senso che può
essere raggiunta - sia per via terrestre che lacustre - unicamente passando
dalla Svizzera. Ne discende che un divieto d'entrata in Svizzera emesso nei
confronti del ricorrente non si limiterebbe ad impedire a costui di entrare
nel nostre Paese - ciò che è e dovrebbe essere la sua unica finalità - ma lo
costringerebbe in realtà a vivere confinato a Campione d'Italia (come
peraltro è già il caso). Orbene se lo scopo di un divieto d'entrata è
d'impedire a determinate persone di varcare i confini svizzeri, esso non può
invece costringere una persona a vivere confinato sul territorio di un comune
straniero oppure a spostare il centro dei propri interessi affettivi,
familiari e professionali in un'altra parte del paese dove risiede da tempo
in modo del tutto legale. Premesse queste considerazioni e nell'ipotesi in
cui dovesse essere confermato un provvedimento ai sensi dell'art. 5 Allegato
I ALC, si dovrà allora - al fine di rispettare il menzionato principio della
proporzionalità - forse prevedere per il ricorrente il diritto di entrare in
Svizzera unicamente per raggiungere il proprio domicilio a Campione d'Italia
e di uscirne, utilizzando il percorso più corto per raggiungere l'Italia.

5.
5.1 Da quel che precede discende che il ricorso dev'essere accolto, la
decisione impugnata annullata e la causa rinviata all'Ufficio federale della
migrazione (art. 107 cpv. 2 LTF) affinché effettui gli accertamenti richiesti
dalla fattispecie. Data la natura del procedimento, si giustifica di
annullare direttamente Il divieto d'entrata, pur limitato nel tempo e
peraltro finora concretamente effettivo. Con l'emanazione del presente
giudizio la richiesta di conferimento dell'effetto sospensivo è divenuta
priva d'oggetto.

5.2 Soccombente, la Confederazione è comunque dispensata dal pagamento delle
spese giudiziarie, in quanto non sono in gioco i suoi interessi pecuniari
(art. 66 cpv. 4 LTF). Essa dovrà tuttavia versare al ricorrente, assistito da
un avvocato, un'indennità per ripetibili, che è opportuno stabilire in questa
sede per entrambe le istanze ricorsuali (art. 68 cpv. 1 e 5 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è accolto nel senso che, annullati la sentenza 19 giugno 2007 del
Tribunale amministrativo federale, Corte III, e il divieto d'entrata
pronunciato il 14 ottobre 2005 dall'Ufficio federale della migrazione, la
causa è rinviata all'Ufficio federale della migrazione affinché, eseguiti i
necessari accertamenti, statuisca conformemente ai considerandi.

2.
Non si prelevano spese giudiziarie.

3.
La Confederazione rifonderà al ricorrente un'indennità complessiva di fr.
3'000.-- a titolo di ripetibili per la procedura dinanzi al Tribunale
federale e al Tribunale amministrativo federale, Corte III.

4.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Tribunale amministrativo
federale, Corte III, e all'Ufficio federale della migrazione.

Losanna, 8 novembre 2007

In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente: La cancelliera:

Merkli Ieronimo Perroud