Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung, Beschwerde in Strafsachen 1B.222/2007
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1B_222/2007

Sentenza del 29 novembre 2007
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Féraud, presidente,
Eusebio, Foglia, supplente,
cancelliere Crameri.

A. ________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Olivier Corda,

contro

Presidente della Pretura penale,
Ministero pubblico del Cantone Ticino,
palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
opponente,
Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, palazzo
di giustizia, via Pretorio 16, 6900 Lugano.

Procedimento penale (istanza di ricusa),

ricorso contro la sentenza emanata il 25 maggio 2007 dalla Camera dei ricorsi
penali del Tribunale d'appello
del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Nell'ambito del procedimento penale aperto nei confronti di A.________ il
Procuratore pubblico del Cantone Ticino (PP), il 26 giugno 2006, ha emanato
un decreto di accusa per infrazione alla legge sugli stupefacenti. L'accusato
ha interposto opposizione. Durante il dibattimento del 2 marzo 2007 dinanzi
alla Pretura penale, alla quale l'incarto è stato trasmesso per competenza,
sono emersi fatti, prospettati all'accusato, non considerati nel decreto
d'accusa: il suo difensore non ha rinunciato al rimando del dibattimento per
far luogo alla presentazione di un nuovo atto d'accusa.

Il 29 marzo 2007 il PP ha quindi emanato un nuovo decreto di accusa, al quale
l'accusato si è opposto. Nel quadro del nuovo procedimento, il presidente
della Pretura penale, nonostante la richiesta di esclusione formulata
dall'accusato, negata la sussistenza di motivi di astensione, ha emanato
l'ordinanza di apertura, ribadendo poi, il 24 aprile 2007, ch'egli sarebbe
stato il giudice anche in questo procedimento.

B.
Adita con un'istanza di ricusa, la Camera dei ricorsi penali del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino (CRP), statuendo il 25 maggio 2007, non ha
ravvisato nell'agire del magistrato oggetto della domanda nessun motivo per
dubitare della sua imparzialità nel nuovo procedimento o di altra ragione di
esclusione ai sensi dell'articolo 43 cpv. 1 CPP/TI.

Secondo la Corte cantonale, l'agire del presidente della Pretura penale in
occasione dell'udienza del 2 marzo 2007, segnatamente la circostanza di avere
prospettato all'accusato fatti da lui stesso riferiti al dibattimento e
risultanti anche dagli atti ma non contemplati nel decreto di accusa, non
corrisponde a promuovere o formulare un'accusa, redatta successivamente dal
PP, e non costituisce atto o indizio di parzialità del giudice ricusato:
questi si è semplicemente conformato ai dettami dell'articolo 250 CPP/TI, che
non prevede, in caso di rimando, un cambiamento del giudice del merito.

C.
Avverso questa decisione A.________ presenta un ricorso in materia penale al
Tribunale federale. Chiede di annullarla e di riformarla del senso di
pronunciare la ricusa del citato giudice. Lamenta una violazione del diritto
a un giudice imparziale, garantito dagli articoli 6 CEDU, 29, 30 Cost. e 43
CPP/TI, nella misura in cui a decidere nel procedimento promosso contro di
lui è chiamato Io stesso giudice che, al suo dire, avrebbe deciso, di propria
iniziativa, di formulare una nuova accusa nei suoi confronti.
Non sono state chieste osservazioni.

Diritto:

1.
1.1 La decisione impugnata è stata pronunciata dopo l'entrata in vigore, il
1° gennaio 2007, della legge sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF;
RS 173.110). Il ricorso è quindi disciplinato dal nuovo diritto (art. 132
cpv. 1 LTF).

1.2 Il ricorso in materia penale è ammissibile contro decisioni pregiudiziali
o incidentali notificate separatamente e concernenti domande di ricusazione
(art. 78 cpv. 1 LTF in relazione all'art. 92 cpv. 1 LTF; art. 29 cpv. 3 del
regolamento del Tribunale federale). La legittimazione del ricorrente è
pacifica (art. 81 cpv. 1 lett. b n. 1 LTF). Diretto contro la decisione
dell'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso è
di massima ammissibile, poiché interposto nei termini legali (art. 100 cpv. 1
LTF).

1.3 Il ricorso può essere presentato per violazione del diritto,
conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF. Il Tribunale
federale applica d'ufficio il diritto (art. 106 cpv. 1 LTF). Esso né è
vincolato dagli argomenti sollevati nel ricorso né dai motivi addotti
dall'autorità inferiore; può quindi accogliere un ricorso per motivi diversi
da quelli invocati dalla parte ricorrente e respingerlo adottando
un'argomentazione differente da quella ritenuta nel giudizio impugnato.
Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il ricorso dev'essere motivato in modo
sufficiente. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le
censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità
di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se
quest'ultime non sono presentate nella sede federale. Secondo l'art. 106 cpv.
2 LTF, il Tribunale federale esamina la violazione di diritti fondamentali e
di disposizioni di diritto cantonale e intercantonale soltanto se il
ricorrente ha sollevato e motivato in modo preciso tale censura: in tale
ambito le esigenze di motivazione corrispondono a quelle relative all'art. 90
cpv. 1 lett. b OG (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1-1.4.3; sentenze 6B_178/2007
del 23 luglio 2007 consid. 1.4, destinata a pubblicazione e 1C_32/2007 del 18
ottobre 2007 consid. 1.3).
1.4 Il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sui fatti
accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsi da
questo accertamento solo qualora esso sia avvenuto in modo manifestamente
inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv.
2 LTF; DTF 133 II 249 consid. 1.4.3).

2.
2.1 Il gravame è imperniato sull'assunto secondo cui il giudice ricusato
avrebbe formulato, di propria iniziativa, una nuova accusa, sulla quale egli
sarà poi chiamato a decidere.

2.2 Al riguardo la CRP ha ritenuto, a titolo principale, che il "prospettare"
all'accusato fatti da lui stesso riferiti durante il dibattimento, e che
emergono dagli atti, non corrisponde a formulare un'accusa. Questa è stata
infatti formulata successivamente dal PP con l'emanazione di un nuovo decreto
di accusa.

2.3 Il ricorrente, insistendo sulla sua tesi, non censura questa conclusione.
Ora, quando la decisione impugnata, come in concreto, si fonda su diverse
motivazioni indipendenti e di per sé sufficienti per definire l'esito della
causa, il ricorrente è tenuto, pena l'inammissibilità, a dimostrare che
ognuna di esse viola il diritto (DTF 133 IV 119). Già per questo motivo il
ricorso risulta inammissibile, ritenuto che il ricorrente, limitandosi a
riprendere l'assunto proposto dinanzi alla Corte cantonale, non contesta la
citata conclusione.

2.4
Il ricorso è comunque infondato anche nel merito. Contrariamente all'assunto
ricorsuale, e come rettamente ritenuto dalla CRP, il presidente della Pretura
penale non ha manifestamente formulato, di propria iniziativa, nessuna nuova
accusa, né, come a torto sostenuto dal ricorrente, il PP avrebbe
semplicemente ripreso l'accusa formulata dal giudice.

2.4.1 Nel primo decreto di accusa, del 26 giugno 2006, si rimprovera al
ricorrente, oltre ad avere, senza essere autorizzato, detenuto per la vendita
un saccchetto di semi di canapa, di aver venduto, tra il 1996 e il 2001, un
numero imprecisato di semi di canapa di diverse varietà, tutte appartenenti
all'elenco di varietà il cui prodotto finale contiene un tenore di THC
ampiamente superiore allo 0,3 %. Dal verbale del dibattimento del 2 marzo
2007, non contestato dal ricorrente, risulta che durante l'interrogatorio
egli ha dichiarato di aver venduto pure talee a partire dal 1998 o 1999 fino
al 2003, che si procurava presso altri canapai in Ticino o che coltivava
personalmente a partire dai semi in suo possesso. Il giudice ricusato ha
quindi prospettato all'accusato, in aggiunta a quanto previsto dal citato
decreto di accusa, "di avere venduto per lo meno tra gennaio 1999 e settembre
2003 un numero imprecisato (almeno alcune migliaia) di talee di canapa ben
sapendo o potendo ragionevolmente presumere che le stesse venivano poi
utilizzate a scopo stupefacente (art. 250 CPP)".

In seguito a questo rimando il PP, nel nuovo decreto di accusa del 29 marzo
2007, ha ritenuto che l'accusato avrebbe "nel periodo gennaio 1999 -
settembre 2003 venduto un numero imprecisato di talee, ma almeno alcune
migliaia, ben sapendo o potendo ragionevolmente presumere che le stesse
venivano poi utilizzate a scopo di stupefacente".

2.4.2 Contrariamente all'assunto ricorsuale, il giudice si è limitato a
prendere atto della circostanza, riferita dal ricorrente durante il
dibattimento, ch'egli aveva venduto anche talee: che questi fatti sarebbero
già emersi dagli atti, segnatamente da un rapporto di polizia del 3 ottobre
2003, come addotto dal ricorrente, non è decisivo. Neppure è determinante la
questione di sapere se il PP, nel primo decreto di accusa, abbia tralasciato
questi fatti per svista, come accennato dal giudice ricusato, o per altri
motivi. Il ricorrente parrebbe non comprendere che, in concreto, il giudice
ricusato non ha formulato alcuna nuova accusa: tale facoltà, per di più senza
l'accordo dell'accusato, nemmeno è prevista dall'art. 250 CPP/TI.
Il nuovo atto d'accusa, come risulta chiaramente dagli atti, e dai fatti
accertati in maniera vincolante dalla CRP poiché non contestati dal
ricorrente (art. 105 LTF), è stato formulato dal PP. La circostanza che
questi ha poi ritenuto, in sostanza, i fatti prospettati dal giudice,
chiaramente non implica che l'atto di accusa sia stato formulato da
quest'ultimo. Nello scritto del 7 marzo 2007 il PP ha infatti precisato al
legale del ricorrente che avrebbe emanato un nuovo decreto d'accusa sui fatti
emergenti dall'incarto, poi ripresi nel nuovo decreto di accusa del 29 marzo
2007.

2.5 Certo, il ricorrente accenna al fatto che il giudice, se non formalmente,
per lo meno "materialmente" avrebbe formulato egli medesimo l'atto di accusa.
Neppure questo assunto regge.

2.5.1 In effetti, la circostanza, sulla quale insiste il ricorrente, che i
fatti indicati nel nuovo decreto di accusa corrispondono, in pratica, a
quelli prospettati dal giudice ricusato, non ne comporta l'asserita
imparzialità. La rilevata somiglianza è manifestamente dovuta al fatto che
sia il giudice sia il PP hanno semplicemente e correttamente ripreso i fatti
riferiti dal ricorrente medesimo. Non si vede in effetti, né il ricorrente lo
spiega, come, nel caso di specie, il PP avrebbe potuto formularla
diversamente senza scostarsi da detti fatti, che corrispondono a quelli
precisati dal ricorrente e di cui il giudice ricusato ha semplicemente preso
atto dell'esistenza, senza pronunciarsi in merito, prospettandoli
all'accusato allo scopo di permettergli la tutela dei suoi diritti di difesa.

2.5.2 È quindi a torto che il ricorrente sostiene che il magistrato che ha
formulato l'accusa e il giudice chiamato a decidere in merito sarebbero la
stessa persona (per la ricapitolazione della giurisprudenza sul cumulo di
funzioni giudiziarie con riferimento alla garanzia del giudice imparziale, in
particolare in ambito penale, vedi DTF 131 I 24 consid. 1 con riferimenti
anche alla dottrina).

3.
3.1
Il ricorrente, che non rimprovera al giudice ricusato una scorrettezza
procedurale, in particolare nell'applicazione dell'art. 250 CPP/TI, accenna
alle garanzie derivanti dagli art. 6 n. 1 CEDU, 29 cpv. 1, 30 cpv. 1 Cost. e
dall'art. 43 cpv. 1 CPP/TI concernente la ricusa. Anche in tale ambito egli
insiste a torto sulla circostanza, non realizzata in concreto, che detto
magistrato avrebbe deciso di sua iniziativa di formulare una nuova accusa,
arrogandosi poi il diritto di giudicarla.

3.2 Infondato, per il motivo appena citato e per altri di cui ancora si dirà,
è pure l'assunto ricorsuale secondo cui la CRP non avrebbe rilevato
I'incompatibilità dell'articolo 250 CPP/Tl, con gli articoli 30 Cost. e 6
CEDU. Al dire del ricorrente, il fatto che la norma cantonale - nell'ipotesi
in cui d'ufficio la Corte giudicante stessa abbia ordinato un rimando giusta
i combinati disposti dell'articolo 250 cpv. 4 e cpv. 2 CPP - non prevede un
cambiamento del giudice del merito sarebbe lesivo del principio
costituzionale e convenzionale secondo cui fra il giudice che formula
l'accusa e quello chiamato a giudicarla vi dev'essere una separazione
personale.

3.2.1 Nell'ambito di un ricorso al Tribunale federale contro un atto concreto
si può far valere l'incostituzionalità della norma applicata (controllo
accessorio della norma: DTF 133 I 1 consid. 5.6). II Tribunale federale non
ne esamina tuttavia la conformità alla Costituzione con riguardo a tutte le
fattispecie possibili, ma unicamente nell'ottica del caso concreto e, qualora
la critica si dimostrasse fondata, annulla solamente I'atto concreto, non
invece la norma litigiosa sulla quale è basato (DTF 132 I 49 consid. 4 pag.
54; 131 I 272 consid. 3.1 e rinvii). Spetta infatti in primo luogo al diritto
procedurale cantonale disciplinare i diritti processuali delle parti in
generale e le modalità per invocarli in particolare. La protezione giuridica
assicurata direttamente dalla Costituzione entra quindi in discussione solo
quando le garanzie offerte dal diritto cantonale si rivelino insufficienti:
ciò vale anche per il diritto di essere giudicato da un tribunale
indipendente e imparziale sancito dagli art. 30 cpv. 1 Cost. e 6 n. 1 CEDU,
norme alle quali accenna il ricorrente: esse hanno una portata
sostanzialmente analoga (DTF 133 I 1 consid. 5.2; 131 I 24 consid. 1.1; 128 V
82 consid. 2a).

3.2.2 La garanzia del diritto a un giudice imparziale vieta l'influsso sulla
decisione di circostanze estranee al processo, che potrebbero privarla della
necessaria oggettività a favore o a pregiudizio di una parte (DTF 126 I 68
consid. 3a; 125 I 209 consid. 8a). Questa garanzia è concretata in primo
luogo dalle regole cantonali sulla ricusa e l'esclusione o astensione
obbligatoria (DTF 116 Ia 14 consid. 4; Emilio Catenazzi, Considerazioni sugli
istituti procedurali dell'astensione e della ricusazione in: Evoluzione del
diritto delle assicurazioni sociali, miscellanea per il 75o anniversario del
Tribunale federale delle assicurazioni, Berna 1992, pag. 337 segg.), che
devono, unitamente a quelle concernenti l'organizzazione dei tribunali,
essere concepite in modo tale da garantire l'indipendenza e l'imparzialità
dei giudici conformemente alle esigenze dell'art. 6 n. 1 CEDU (DTF 125 I 209
consid. 8a, 119 consid. 3a).

Indipendentemente dai precetti del diritto cantonale, la Costituzione
federale e la CEDU assicurano comunque a ciascuno il diritto di sottoporre la
propria causa a giudici non prevenuti, ossia in grado di garantire un
apprezzamento libero e imparziale. Sebbene la semplice affermazione della
parzialità basata sui sentimenti soggettivi di una parte non sia sufficiente
per fondare un dubbio legittimo, non occorre che il giudice sia
effettivamente prevenuto: bastano circostanze concrete idonee a suscitare
l'apparenza di una prevenzione e a far sorgere un rischio di parzialità, per
giustificare la sua ricusazione (DTF 133 I 1 consid. 6.2; 126 I 168 consid.
2a).

3.2.3 La ricusa riveste un carattere eccezionale (DTF 131 I 24 consid. 1.1;
116 Ia 14 consid. 4). Dal profilo oggettivo occorre ricercare se il
magistrato ricusato offra le necessarie garanzie per escludere ogni legittimo
dubbio di parzialità; sono considerati, in tale ambito, anche aspetti di
carattere funzionale e organizzativo e viene posto l'accento sull'importanza
che possono rivestire le apparenze stesse (DTF 126 I 168 consid. 2a e
rinvii). Il giudicabile può invero personalmente risentire certi
atteggiamenti del magistrato come determinati da parzialità, ma è decisivo
sapere se le apprensioni soggettive dell'interessato possano considerarsi
oggettivamente giustificate (DTF 128 V 82 consid. 2a; 116 Ia 135 consid. 2a e
b).

La prassi costante del Tribunale federale nega ai provvedimenti procedurali,
pur con effetti contrari agli interessi dell'istante, l'idoneità a fondare il
dubbio oggettivo della prevenzione e della parzialità del magistrato nei suoi
confronti (DTF 117 Ia 324 consid. 2). Rientra nelle funzioni del magistrato
decidere questioni controverse e delicate e i provvedimenti presi nell'ambito
del normale svolgimento del suo ufficio non permettono da soli di concludere
per una sua parzialità, nemmeno quand'essi dovessero poi rivelarsi errati.
Eventuali sbagli possono e devono essere contestati seguendo il normale corso
d'impugnazione (DTF 116 Ia 14 consid. 5b pag. 20, 135 consid. 3a).

3.3 II fatto che un giudice abbia già partecipato alla medesima fattispecie
in un altro stadio della procedura, può risvegliare il sospetto di
parzialità. Da un punto di vista generale, il problema posto da simili
situazioni è quello di sapere se il giudice, partecipando a stadi precedenti
della procedura, ha avuto modo di intervenire in maniera tale da non poter
più essere considerato imparziale perchè suscettibile di proiettare nel
procedimento successivo le sue riflessioni, le sue domande, rispettivamente
le sue interpretazioni, venendo ad interagire con la fattispecie in maniera
diversa da quella che farebbe un giudice che non si fosse ancora mai occupato
del caso (cosiddetta prevenzione). La giurisprudenza ha ritenuto a più
riprese compatibile con la garanzia costituzionale dell'indipendenza e
dell'imparzialità dei giudici la partecipazione di un magistrato ad altre
decisioni precedenti. Di massima, né l'art. 30 cpv. 1 Cost., né l'art. 6 n. 1
CEDU esigono infatti che un giudice debba ricusarsi a motivo che in un
precedente stadio del processo abbia reso una decisione sfavorevole
all'interessato (DTF 116 la 135 consid. 3a e b).

La giurisprudenza non stabilisce in maniera generale l'esistenza della
prevenzione: essa dev'essere infatti esaminata in ogni caso concreto (DTF 126
I 68 consid. 3c pag. 73). Quando il giudice ha già partecipato alla causa in
uno stadio anteriore è infatti determinante il quesito di sapere se l'esito
della vertenza sugli argomenti rimasti aperti non sia già predeterminato, ma
sia ancora effettivamente indeciso riguardo all'accertamento dei fatti e alla
risoluzione delle questioni giuridiche, tenuto conto in particolare del
potere d'esame spettante al giudice (DTF 131 I 24 consid. 1.2 e rinvii, 113
consid. 3.4 con riferimenti anche alla dottrina e alla prassi della Corte
europea dei diritti dell'uomo; Reinhold Hotz, in: Bernhard
Ehrenzeller/Philippe Mastronardi/ Rainer J. Schweizer/Klaus A. Vallender
[editori], Die schweizerische Bundesverfassung - Kommentar, Zurigo 2002, n.
13 all'art. 30; Marc E. Villiger, Handbuch der Europäischen
Menschenrechtskonvention (EMRK), 2a ed., Zurigo 1999, n. 418 e segg.; Jörg
Paul Müller, Grundrechte in der Schweiz, 3a ed., Berna 1999, pag. 579).

4.
4.1 Secondo l'art. 250 cpv. 2 CPP/TI, se dai dibattimenti risulta che il fatto
riveste un carattere giuridico più grave di quello contemplato nell'atto di
accusa, su istanza del PP e anche d'ufficio, la Corte deve ordinare un
rimando del dibattimento perché si faccia luogo alla presentazione di un
nuovo atto d'accusa. Lo stesso avviene quando, nel corso del dibattimento,
l'accusato risulta colpevole di altro reato non contemplato nell'atto di
accusa (cpv. 4).

4.2 La CRP ha stabilito che il rinvio di cui all'art. 250 cpv. 2 e 4 CPP/TI
non parla di un "altro" giudice: il termine di "rimando" parrebbe indicare
piuttosto il contrario. Ha aggiunto che l'interpretazione storica non
fornisce dati rilevanti: il legislatore ha infatti preferito il sistema che
tutela i diritti dell'imputato, al quale è data la facoltà di esprimersi
sull'opportunità di continuare oppure di rinviare il dibattimento. La sua
richiesta di rinvio determina la decisione che la Corte dovrà adottare. I
giudici cantonali hanno poi osservato che l'interpretazione sistematica della
norma in esame propende per escludere la necessità di trasmettere l'incarto a
un altro giudice, ritenuto che i capoversi 1 e 3 della stessa (secondo cui
non si fa luogo al rimando se la nuova imputazione non esorbita dalla
competenza della Corte adita e se in pari tempo l'accusato, posto in grado,
prima della discussione, di difendersi dall'imputazione più grave, rinuncia
al rimando), prevedono che il giudizio sia reso dal medesimo giudice. Se il
legislatore avesse voluto, in caso di rimando secondo il capoverso 2, che il
nuovo atto d'accusa fosse trasmesso a un altro giudice, l'avrebbe quindi
certamente specificato. L'interpretazione teologica, sempre secondo la CRP,
indica inoltre che il "rimando" non è finalizzato al cambiamento del giudice
del merito, ma a garantire i diritti dell'accusato e della difesa, come
emerge chiaramente dal rapporto della relativa Commissione. Ne ha pertanto
concluso, che, di regola, nel caso del rimando in questione non è previsto un
cambiamento del giudice di merito. Secondo la CRP, decidendo di assumere il
procedimento successivo al rinvio, il giudice ricusato ha quindi agito
conformemente al codice di procedura.

4.3 Il ricorrente sostiene che le predette considerazioni della CRP sarebbero
state superflue, poiché egli "non invoca una violazione dell'art. 250 CPP"
né, nella sua istanza di ricusa, rimproverava al giudice una scorrettezza
procedurale, ritenuto che il rinvio era proceduralmente ineccepibile. Al suo
dire sarebbe tuttavia inammissibile che, in seguito, il medesimo giudice si
pronunci sulle accuse da lui stesso formulate, dimostrando maggior severità
del PP, che non aveva ritenuto di porlo in stato di accusa per la vendita di
talee. Nel gravame in esame il ricorrente sostiene ch'egli fa valere soltanto
una prevenzione del giudice, che prescinde dalla correttezza o meno del suo
agire sotto il profilo dell'art. 250 CPP/TI, poiché le norme costituzionali e
convenzionali invocate sono di rango superiore.

4.4 L'accenno ricorsuale secondo cui la CRP non avrebbe esaminato in via
incidentale, nell'ottica delle citate norme costituzionali e convenzionali,
l'art. 250 CPP/TI non regge. La Corte cantonale ha infatti ritenuto che da
queste disposizioni, invocate in modo generale nell'istanza di ricusa, non
deriva il diritto a che il giudizio successivo al rimando sia operato da un
altro giudice. Il ricorrente, accennando semplicemente a dette norme, non
dimostra l'infondatezza di questa conclusione.

4.5 Del resto, in una causa, nella quale si rimproverava a un tribunale di
aver assunto il ruolo di magistrato requirente perché dopo il dibattimento
principale si era mostrato convinto della colpevolezza dell'accusato e aveva
sospeso il giudizio rinviando l'atto d'accusa per un (modesto) miglioramento,
statuendo poi nella stessa composizione sull'atto di accusa modificato, il
Tribunale federale non ha ritenuto la presenza di un'inammissibile
prevenzione. Questo modo di procedere non è stato considerato lesivo delle
menzionate garanzie costituzionali e convenzionali (DTF 126 I 68 consid.
3a-d), invocate pure nel caso concreto in maniera del tutto generica (art. 42
cpv. 2 LTF), dal ricorrente.

4.6 Come rettamente ritenuto dalla CRP, il rimando dell'art. 250 CPP/TI tende
in primo luogo a far rispettare il principio accusatorio e a tutelare i
diritti di difesa dell'accusato, in particolare il suo diritto di essere
sentito e di disporre del tempo necessario per preparare la sua difesa (DTF
126 I 19; cfr. anche DTF 133 IV 93). Il ricorrente parrebbe disconoscere che
questo sistema tende a salvaguardare il principio accusatorio, che
caratterizza il processo penale ed è concretato dall'atto d'accusa, principio
che ha una doppia funzione: circoscrivere l'oggetto del processo e del
giudizio e salvaguardare i diritti dell'imputato, consentendogli un'adeguata
difesa (DTF 126 I 19 consid. 2a; 120 IV 348 consid. 2b). La portata del
principio accusatorio e del principio dell'immutabilità dell'accusa, che lo
completa, è definita in primo luogo dalle norme procedurali cantonali, se del
caso completate dal diritto costituzionale federale (DTF 122 IV 71 consid.
4a, pag. 78), una garanzia minima essendo deducibile dal diritto di essere
sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.). La garanzia di un'adeguata difesa è lesa
quando il giudice si fondi su una fattispecie diversa da quella figurante
nell'atto d'accusa, senza che l'imputato abbia avuto la possibilità di
esprimersi sull'atto completato o modificato (DTF 126 I 19 consid. 2c; 116 Ia
455 consid. 3/cc; sentenza 6P.99/2007 del 18 luglio 2006 consid. 3.2.1-3.2.4,
massima apparsa in RtiD I-2006 n. 11).

5.
5.1 Come ancora si vedrà, l'art. 250 CPP/TI non costituisce di massima un
motivo di esclusione del giudice del rimando. Occorre quindi esaminare se,
nella fattispecie, il giudice ricusato fosse prevenuto per altri motivi.

5.2 Al riguardo, la CRP ha ritenuto che dal verbale del dibattimento, dalla
decisione di trasmissione degli atti al PP e dall'ordinanza di apertura non
risultano, né sono stati addotti nell'istanza di ricusa, affermazioni e/o
comportamenti che potrebbero giustificare, oggettivamente o soggettivamente,
un'imparzialità del giudice, il quale non ha anticipato in nessun modo il
giudizio. Ora, limitandosi a riproporre le generiche e infondate critiche
alla disciplina prevista dall'art. 250 CPP/TI, il ricorrente non contesta
questa conclusione, la cui correttezza risulta peraltro chiaramente dagli
atti di causa.

5.3 Il giudice ricusato si è semplicemente limitato a prendere atto dei fatti
riferiti dal ricorrente durante il dibattimento, senza esprimersi al
riguardo, e a prospettarli all'accusato, affinché questi potesse disporre del
tempo necessario per organizzare efficacemente la propria difesa. Questa
circostanza non comporta chiaramente un'inammissibile prevenzione del giudice
nella fase successiva al rimando. Il ricorrente potrà in effetti pronunciarsi
compiutamente sui fatti rimproveratigli nel nuovo decreto di accusa e, se del
caso, addurre nuovi mezzi di prova a suo discarico, per cui l'esito del
processo non è manifestamente già predefinito, né il giudice ricusato ha
espresso alcuna opinione in merito. Ciò vale anche riguardo al quesito della
prescrizione, sollevato dal ricorrente nel suo scritto del 5 marzo 2006, sul
quale il giudice non si è minimamente pronunciato. Né il ricorrente adduce
una qualsiasi dichiarazione del giudice, o un suo comportamento, che
rileverebbero ch'egli abbia già formato un'opinione definitiva sulla sorte
della causa. Certo, mal si comprende l'accenno espresso dal PP nel suo
scritto del 7 marzo 2007, secondo cui, per motivi non meglio precisati,
nell'ambito del rimando dell'art. 250 CPP/TI egli non disporrebbe della
facoltà di interrogare l'accusato. Il ricorrente, prescindendo dalla
questione di sapere se una siffatta critica non debba essere previamente
proposta nella sede cantonale, non censura tuttavia, per lo meno con una
motivazione conforme a quanto richiesto dall'art. 42 cpv. 2 LTF, questo modo
di procedere.

6.
Ne segue che il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto. Le spese
giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente.

3.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Presidente della pretura
penale, al Ministero pubblico alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 29 novembre 2007

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente: Il cancelliere: