Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung 1P.771/2006
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{T 1/2}
1P.771/2006 /biz

Sentenza del 29 gennaio 2007
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Féraud, presidente,
Aemisegger, Aeschlimann, Wurzburger,
Reeb, Fonjallaz, Eusebio,
cancelliere Crameri.

Manuele Bertoli,
Ilario Lodi,
ricorrenti,

contro

Gran Consiglio del Cantone Ticino, 6501 Bellinzona.

art. 85 lett. a OG, diritto di voto (clausola referendaria),

ricorso di diritto pubblico contro il decreto legislativo emanato il 18
ottobre 2006 dal Gran Consiglio del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Con messaggio del 17 maggio 2005 (n. 5652), il Consiglio di Stato del Cantone
Ticino ha sottoposto al Gran Consiglio il progetto di decreto legislativo
concernente l'autorizzazione all'Azienda elettrica ticinese (AET) a garantire
un impegno finanziario fino a concorrenza di 35 milioni di franchi per
l'acquisto di un terzo della quota azionaria della Metanord SA per la
realizzazione di un metanodotto nel Sopraceneri, affinché potesse approvarlo
conformemente a quanto previsto dall'art. 5 cpv. 4 della legge istituente
l'AET, del 25 giugno 1958 (LAET). La proposta è stata accolta dal Parlamento
cantonale, che ha aderito al rapporto di maggioranza 7 febbraio 2006 della
Commissione speciale energia. Il relativo decreto legislativo, adottato il 21
febbraio 2006, è stato pubblicato nel Foglio ufficiale del Cantone Ticino n.
17/2006 del 28 febbraio 2006 (pag. 1332 seg.). Il decreto, munito della
clausola referendaria (art. 3), è stato oggetto di una domanda di referendum
che, nel termine di scadenza di 45 giorni, ha ottenuto l'adesione di 7'684
firme valide.

B.
Durante il periodo di raccolta delle firme è emerso un problema giuridico e
istituzionale, rilevato che il citato decreto non avrebbe dovuto essere
munito della clausola referendaria. Nel messaggio del 3 maggio 2006 (n. 5781)
il Consiglio di Stato ha espressamente ammesso l'errore: sebbene lo sbaglio
sia stato accertato allorquando la raccolta delle firme era praticamente
ultimata, il Governo ha ritenuto che il principio della buona fede non poteva
prevalere sulla normativa applicabile che, in presenza di un atto non
referendabile, non riconosce al popolo un diritto di referendum. Il 18
ottobre 2006 il Gran Consiglio ha quindi adottato un nuovo decreto
legislativo, pubblicato nel Bollettino ufficiale n. 48/2006 del 24 ottobre
2006 (pag. 453 seg.): ribadito l'acquisto da parte dell'AET di 1/3 della
quota azionaria della Metanord SA e autorizzato il relativo impegno
finanziario, il nuovo art. 3, per sanare l'errore, abroga il decreto
legislativo del 21 febbraio 2006 e comporta pertanto lo stralcio della
menzionata clausola referendaria.

C.
Avverso il decreto legislativo del 18 ottobre 2006 Emanuele Bertoli e Ilario
Lodi presentano un ricorso di diritto pubblico ai sensi dell'art. 85 lett. a
OG al Tribunale federale, chiedendo di annullarlo.

Non sono state chieste osservazioni al gravame. Il Tribunale federale ha
invitato il Gran Consiglio a produrre l'incarto cantonale.

Diritto:

1.
1.1 Il 1° gennaio 2007 è entrata in vigore la legge sul Tribunale federale
del 17 giugno 2005 (LTF, RS 173.110), che abroga la legge federale del 16
dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG). Nelle disposizioni
transitorie, l'art. 132 cpv. 1 LTF prevede che la novella legislativa si
applica ai procedimenti promossi dinanzi a questo Tribunale dopo la sua
entrata in vigore e, con particolare riferimento ai procedimenti su ricorso,
soltanto se la decisione impugnata è stata pronunciata dopo questa data: alla
fattispecie rimane pertanto applicabile l'OG.

1.2 Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'ammissibilità dei ricorsi che
gli vengono sottoposti, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli
argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 132 I 140 consid. 1.1).
1.3 I ricorrenti hanno presentato un ricorso per violazione del diritto di
voto dei cittadini, il quale è garantito dall'art. 85 lett. a OG. La
questione della sussistenza o no del referendum facoltativo può essere
oggetto di un siffatto gravame (DTF 121 I 291 consid. 1a, 118 Ia 184 consid.
1a): il quesito di sapere se l'approvazione parlamentare circa il citato
impegno finanziario dell'AET debba o meno soggiacere al referendum
facoltativo è questione di merito e non di ammissibilità (DTF 113 Ia 388
consid. 1b). Nel caso di unanimità, le decisioni concernenti ricorsi di
diritto pubblico diretti contro decreti cantonali sottoposti a referendum
possono essere prese per circolazione, nella composizione di sette giudici
(DTF 118 Ia 124 consid. 1).

1.4 La legittimazione dei ricorrenti, cittadini attivi nel Cantone Ticino, è
pacifica, anche se dalla decisione impugnata non subiscono alcun pregiudizio
personale (DTF 131 I 291 consid. 1.1, 128 I 190 consid. 1.1). Il diritto
ticinese non istituisce vie di ricorso contro una decisione come quella qui
impugnata. Il corso delle istanze cantonali è pertanto stato esaurito (art.
86 OG) e il ricorso è tempestivo (art. 89 cpv. 1 OG).

1.5 Nel campo d'applicazione dell'art. 85 lett. a OG il Tribunale federale
esamina con piena cognizione non solo le norme del diritto federale e della
Costituzione cantonale, ma anche quelle del diritto cantonale di rango
inferiore in quanto determinino il contenuto del diritto di voto o di
iniziativa oppure vi siano strettamente connesse. Vengono esaminate
unicamente sotto il profilo dell'arbitrio le altre norme del diritto
cantonale e le questioni di fatto (DTF 131 I 386 consid. 3.2, 129 I 185
consid. 2). In caso di interpretazione manifestamente dubbia o di fronte a
due interpretazioni ugualmente sostenibili, il Tribunale federale si attiene
al parere espresso dall'istanza cantonale superiore (DTF 131 I 386 consid.
3.2, 126 consid. 4, 121 I 357 consid. 3, 115 Ia 148 consid. 2 e rinvii).

2.
2.1 I ricorrenti rilevano che il decreto legislativo del 21 febbraio 2006,
contenente al suo art. 3 la clausola referendaria, è stato oggetto di una
domanda di referendum che ha ottenuto l'adesione di 7'684 firme valide e che
ha quindi superato, nel termine previsto allo scopo, le settemila firme
necessarie. Essi fanno valere che l'abrogazione del citato decreto, e quindi
lo stralcio della menzionata clausola mediante il decreto impugnato, avrebbe
per obiettivo di sottrarre al voto popolare la contestata partecipazione
azionaria e il relativo impegno finanziario. Essi riconoscono, a ragione, che
l'impugnato decreto legislativo non è un atto normativo di carattere
obbligatorio generale ai sensi dell'art. 42 lett. a Cost./TI né un atto di
adesione a una convenzione di diritto pubblico di carattere legislativo
secondo la lett. c della citata norma costituzionale. Contestano nondimeno
che non si sarebbe in presenza di un atto previsto dalla lett. b di detta
disposizione.

2.1.1 I ricorrenti adducono, in maniera chiara e concisa, che con l'adozione
della LAET il Cantone ha creato un ente di diritto pubblico con un proprio
patrimonio, i cui impegni sono garantiti dallo Stato (art. 1). Espongono che
detta legge prevedeva originariamente una riserva a favore del Gran Consiglio
sulle decisioni inerenti i prestiti stipulati dall'AET per un importo
eccedente un milione di franchi e sostengono che con la modifica dell'8
febbraio 1994, intervenuta contemporaneamente all'adozione della legge
cantonale sull'energia, è stato rivisto l'art. 5, il cui nuovo capoverso 4 ha
abbassato il limite di competenza riservato al Parlamento. A loro giudizio,
questa scelta, che sottrarrebbe alla libera amministrazione da parte degli
organi dell'AET le decisioni sugli impegni che per loro natura potrebbero
comportare un'influenza sulle finanze del Cantone, sarebbe molto
significativa. Al loro dire, il Gran Consiglio, con l'adozione della LAET,
non avrebbe delegato agli organi del nuovo ente pubblico un diritto
illimitato di adempiere ai compiti dell'azienda impegnando il patrimonio ad
essa attribuito, ma si sarebbe riservato l'ultima parola riguardo agli
impegni aziendali straordinari per la loro portata finanziaria. Secondo la
tesi ricorsuale, se prima dell'adozione della LAET gli impegni assunti dal
Cantone nel settore oggi delegato all'azienda erano finanziati dalle casse
cantonali e potevano pertanto essere oggetto di referendum, non vi sarebbe
ragione di credere che, dopo l'adozione della citata legge e della riserva di
cui al suo art. 5 cpv. 4, il diritto di sottoporre questi specifici oggetti a
referendum sarebbe semplicemente scomparso.

2.1.2 A sostegno della loro tesi i ricorrenti accennano alla dottrina,
adducendo che, vista la citata riserva di cui all'art. 5 cpv. 4 LAET, per
ragioni di prudenza finanziaria la competenza decisionale sull'impegno
aziendale in discussione spetterebbe al Gran Consiglio. Essi ne deducono
semplicemente che, in siffatte condizioni, sarebbe difficile sostenere che la
decisione del Gran Consiglio, presa in applicazione di questa riserva, non
costituirebbe un atto referendabile ai sensi dell'art. 42 lett. b Cost./TI.
Concludono che, per dette ragioni, la criticata interpretazione governativa e
parlamentare sarebbe priva di base legale sufficiente, non scevra da
formalismo eccessivo ed errata.

2.2 Secondo l'art. 34 cpv. 1 Cost. i diritti politici sono garantiti. Questa
garanzia generale e astratta non definisce essa medesima il contenuto e la
portata dei diritti politici, ma rinvia alle regolamentazioni federali e
cantonali. Spetta quindi ai Cantoni definire i titolari, la portata e le
modalità dell'esercizio dei diritti politici, sotto riserva delle esigenze
democratiche poste dall'art. 51 cpv. 1 Cost. Per il resto, i Cantoni
determinano in proprio le competenze del loro corpo elettorale e a tale scopo
dispongono di un'autonomia pressoché completa: essi possono quindi decidere
quali atti saranno o no soggetti al referendum, facoltativo o obbligatorio
(sul referendum, che si analizza in primo luogo come un diritto di veto, cfr.
in generale DTF 131 I 126 consid. 6).

2.3 Il referendum finanziario è un istituto del diritto costituzionale
cantonale. La sua portata e la sua elaborazione sono quindi determinate, in
primo luogo, dalla Costituzione cantonale: qualora essa non contenga alcuna
regolamentazione vi può provvedere il legislatore cantonale. La legislazione
e la prassi devono però attuare tale diritto, garantito a livello
costituzionale, in maniera ragionevole, ossia rispettandone i principi
essenziali, tenendo in considerazione la sua funzione politica e non
svuotandolo della sua essenza (DTF 121 I 291 consid. 2c, 112 Ia 50 consid.
4b).
Il Cantone Ticino prevede il referendum finanziario all'art. 42 Cost./TI.
Sottostanno al referendum facoltativo, e quindi al voto popolare se richiesto
nei quarantacinque giorni dalla pubblicazione nel Foglio ufficiale da almeno
settemila cittadini, le leggi e i decreti legislativi di carattere
obbligatorio generale (lett. a), gli atti che comportano una spesa unica
superiore a fr. 1'000'000.-- o una spesa annua superiore a fr. 250'000.-- per
almeno quattro anni (lett. b) e, infine, gli atti di adesione a una
convenzione di diritto pubblico di carattere legislativo (lett. c). Questa
disciplina è ripresa nella legge ticinese sull'esercizio dei diritti politici
del 7 ottobre 1998 (LEDP; art. 141 e segg., in particolare art. 142).

2.4 Il Consiglio di Stato, nel messaggio del 3 maggio 2006, ha rilevato che,
alla luce delle norme che disciplinano il referendum facoltativo in Ticino,
il decreto legislativo del 21 febbraio 2006 non doveva essere munito della
clausola referendaria, ritenuto ch'esso manifestamente né ha carattere
obbligatorio generale ai sensi degli art. 42 lett. a Cost/TI e 142 cpv. 1
lett. a LEDP, ma riguarda un singolo caso concreto, né ha natura finanziaria
ai sensi dell'art. 42 lett. b Cost./TI e 142 cpv. 1 lett. b LEDP.
Il Governo ha poi rilevato che l'art. 2 del decreto legislativo in
discussione autorizza l'AET a garantire, per la copertura della sua quota
parte di capitale azionario, un impegno finanziario fino a concorrenza di 35
milioni di franchi, per cui detta norma non comporta nessuna spesa a carico
del Cantone, visto che l'impegno finanziario verrà assunto dall'AET, quale
ente autonomo del diritto pubblico, tramite il proprio patrimonio:
l'impugnato decreto non prevede pertanto nessuna iscrizione di questo impegno
nei conti dello Stato.
Riguardo all'approvazione prevista dall'art. 5 cpv. 4 LAET, il Consiglio di
Stato ha ritenuto ch'essa non può fondare un diritto di referendum nei
confronti di un atto di competenza del Parlamento che non è referendabile.
L'Esecutivo cantonale, riconosciuto espressamente l'errore, ha escluso due
altre possibili soluzioni: da una parte, quella di sottoporre a votazione
popolare il decreto legislativo del 21 febbraio 2006 sapendo che non
costituisce un atto referendabile e, dall'altra, quella di rinunciare
semplicemente alla chiamata dei cittadini alle urne comunicando ai promotori
che la loro domanda non è conforme alla legge e non può pertanto essere
sottoposta al voto popolare. Ha quindi concluso per l'abrogazione del
precedente decreto. Il Governo ha ritenuto che il principio della buona fede
non può prevalere sulle citate norme, che non riconoscono al popolo un
diritto di referendum.

2.5 Il Tribunale federale ha avuto occasione di pronunciarsi sul referendum
facoltativo previsto dal diritto ticinese nella sentenza 1P.77/1998 del 26
novembre 1998, concernente la nota concessione alla Thermoselect SA (consid.
8 con rinvii anche alla dottrina, apparsa in RDAT I-1999 n. 11). Ha ricordato
che la spesa soggetta a referendum non può essere definita se non in funzione
dello scopo di questo istituto, che è quello di offrire ai cittadini la
possibilità di determinare il loro onere fiscale, rispettivamente di frenare
le spese statali (DTF 125 I 87 consid. 4a pag. 92, 123 I 78 consid. 2b, 112
Ia 221 consid. 2a). Si deve allora intendere per spesa una diminuzione del
patrimonio finanziario dello Stato; l'atto che la sancisce fonda a favore di
terzi un diritto a prestazioni finanziarie o costringe lo Stato a fornirle,
rispettivamente ad assumere obblighi di pagamento condizionali (DTF 99 Ia 198
consid. 2b). Un atto non viene invece considerato come comportante una spesa,
quando si sa che avrà conseguenze finanziarie, ma si ignora ancora se sarà lo
Stato a doverle sopportare: dovesse realizzarsi questo caso, occorrerà a quel
momento, qualora fossero raggiunti i limiti di spesa per lanciarlo, votare un
credito suscettibile di referendum (DTF 101 Ia 583 consid. 2c e d pag. 587).
In effetti, non è dato il referendum finanziario contro un decreto cantonale
che non implichi direttamente spese a carico dello Stato (DTF 101 Ia 583
consid. 2d). Ciò che importa, perché un referendum di questa natura possa
essere esercitato contro un atto statale, è che il patrimonio finanziario
della collettività ne risulti diminuito e questo attraverso una spesa nuova e
non vincolata (DTF 112 Ia 221 consid. 2a). È stato altresì ricordato che la
circostanza che possa essere un'azienda privata a svolgere un compito
pubblico non esclude il referendum finanziario, quando lo Stato si assuma
oneri che raggiungano o superino i limiti previsti per esercitarlo (cfr.
Klaus A. Vallender, Das Finanzreferendum im Lichte der Bundesgerichtspraxis,
in: Aktuelle Probleme des Staats- und Verwaltungsrechts, Festschrift für Otto
K. Kaufmann, Berna e Stoccarda 1989, pag. 185 e segg., in particolare pag.
189; Paul Richli, Finanzreferendum bei Erledigung staatlicher Aufgaben durch
privatrechtliche Träger, in ZBl 88/1989, pag. 145 e segg., in particolare
pag. 155).

2.6 I ricorrenti ammettono, a ragione, che il decreto impugnato non è un atto
normativo di carattere obbligatorio generale né un atto di adesione a una
convenzione. Riconoscono pure, rettamente, che in concreto lo Stato,
conformemente alla giurisprudenza appena citata, non è direttamente chiamato
ad assumere spese. In effetti, dal criticato decreto legislativo, non
risultano spese dirette a carico dello Stato. Certo, lo Stato garantisce gli
impegni dell'AET, ma un'eventuale assunzione di spese da parte sua non è oggi
definita né definibile (vedi DTF 101 Ia 583 consid. 2d pag. 587). Del resto,
i ricorrenti neppure sostengono che l'AET, con un fatturato aziendale annuo
che supera i 300 milioni di franchi, non disporrebbe di sufficienti riserve
per poter far fronte a eventuali perdite parziali o totali, legate alla quota
azionaria in discussione, senza intaccare le finanze dello Stato. Non si è
comunque in presenza di una spesa già determinata, corrispondente a una reale
diminuzione del patrimonio dello Stato. Ai fini del referendum finanziario,
perché vi sia una spesa propriamente detta, occorre in linea di principio che
il Cantone sborsi effettivamente un importo che sarà riportato nei conti
annuali dello Stato. Nella fattispecie in nessun caso si tratta di uscite
determinate; né sono determinabili ora, essendo esse comunque ipotetiche
poiché dipendenti da condizioni in questo momento non definite. Anche se le
decisioni prese da enti pubblici autonomi possono incidere - indirettamente -
sulle finanze cantonali e il Cantone è sussidiariamente responsabile dei loro
obblighi, ed è quindi interessato dai loro indebitamenti, le loro attività
sfuggono al controllo popolare (Etienne Grisel, Initiative et référendum
populaires, 3a ed., Berna 2004, pag. 368 seg., n. 983/984; Yvo
Hangartner/Andreas Kley, Die demokratischen Rechte in Bund und Kantonen der
Schweizerischen Eidgenossenschaft, Zurigo 2000, n. 1850 pag. 737). Ne segue
che, in assenza di spese a carico dello Stato, l'approvazione parlamentare in
discussione non costituisce un atto referendabile.

2.7 Certo, i ricorrenti adducono, in maniera invero generica, che in
concreto, vista l'importante riserva di competenza di cui all'art. 5 cpv. 4
LAET, non sarebbe adempiuta l'ulteriore condizione asseritamente richiesta
dalla dottrina appena citata, segnatamente che le decisioni incombino agli
organi della società e non a quelli del Cantone. La critica, imprecisa, non
regge. Il passaggio dottrinale cui essi accennano (Grisel, op. cit., n. 984)
ha infatti un'altra portata e nella fattispecie le decisioni incombono
comunque chiaramente all'AET e non agli organi dello Stato, ritenuto che al
Parlamento spetta soltanto la competenza di approvare o meno determinate
decisioni prese dall'azienda.

2.8 I ricorrenti accennano infine anche a una violazione del principio della
legalità, poiché le norme costituzionali sul referendum non sarebbero state
applicate correttamente, nonché del principio della separazione dei poteri,
poiché il Gran Consiglio si sarebbe arrogato il potere di inficiare un
referendum popolare regolarmente riuscito. Questi accenni non reggono:
ritenuto che il criticato decreto non è suscettibile di referendum, non può
essere leso il relativo diritto popolare. In siffatte condizioni, ricordato
che i due invocati principi costituiscono diritti costituzionali, che di
massima devono essere esaminati nel quadro di un ricorso ai sensi dell'art.
84 cpv. 1 lett. a OG, nemmeno occorre esaminare oltre il quesito della
legittimazione o no dei ricorrenti giusta l'art. 88 OG ad addurre dette
censure (DTF 131 I 291 consid. 1.1 pag. 295 e rinvii, 128 I 327 consid. 2 e
2.1; vedi inoltre DTF 131 I 386 consid. 2.2).
I ricorrenti disconoscono, d'altra parte, che non è stato disatteso il
diritto di referendum previsto dalla Costituzione o da una legge speciale,
bensì che il popolo, rettamente, non è stato chiamato alle urne perché il
contestato decreto non sottostava al referendum facoltativo: che per un
increscioso errore espressamente ammesso dal Governo e dal Parlamento si sia
proceduto, in buona fede, alla raccolta delle firme, non implica ancora
l'istituzione o la sussistenza di un inesistente diritto di referendum (sul
principio della buona fede vedi DTF 130 I 26 consid. 8 pag. 60, 129 I 161
consid. 4.1, 128 II 112 consid. 10b/aa, 127 I 31 consid. 3a). Neppure, per
gli stessi motivi, si è di fronte a un abuso di diritto, divieto applicabile
anche in materia di diritti politici (DTF 128 I 190 consid. 7 pag. 204, 123 I
63 consid. 4d pag. 73, 113 Ia 156 consid. 3 in fine).
Del resto, si può rilevare a titolo comparativo, che neppure la tutela della
buona fede derivante da un'omessa o errata indicazione di un rimedio di
diritto potrebbe comportare l'istituzione di un ricorso non previsto dalle
pertinenti disposizioni procedurali (cfr. DTF 125 II 293 consid. 1d pag.
300), ma se del caso soltanto la facoltà di doverlo esaminare sebbene
introdotto tardivamente (cfr. DTF 131 I 153 consid. 4, 127 II 198 consid. 2c,
125 I 313 consid. 5, 124 I 255 consid. 1a/aa).

3. A titolo abbondanziale si può rilevare che anche dai dibattiti
parlamentari, di cui un ricorrente quale granconsigliere ha conoscenza, si
evince la fondatezza dell'impugnato decreto.

3.1 Il Consulente giuridico del Consiglio di Stato, nel suo esposto del 16
maggio 2006, rileva che alcuni Cantoni conoscono il referendum facoltativo
straordinario: in quei casi, il Gran Consiglio decide di assoggettare a
referendum un atto di sua competenza, che di per sé non sarebbe referendabile
secondo le norme del diritto cantonale, sia con una specifica disposizione di
legge, che lo istituisce nella materia che detta legge è chiamata a
disciplinare, sia con una decisione puntuale nel caso concreto. Ha aggiunto
che, secondo la dottrina, la possibilità di assoggettare un atto di per sé
non referendabile può nondimeno sussistere per scelta e decisione esplicita
del Gran Consiglio, anche se il diritto cantonale non lo prevede (cosiddetto
referendum facoltativo straordinario, poiché istituito di volta in volta dal
parlamento sulla base di mera opportunità politica; su questo tema vedi
Grisel, op. cit., pag. 337 n. 889; cfr. anche Giuseppe Lepori, Diritto
costituzionale ticinese, pag. 516 n. 2 e il parere di Sandro Crespi, Decreto
legislativo di obbligatorietà generale, art. 60 cpv. 1 della Costituzione
cantonale, in RDAT 1980 pag. 15 e segg., pag. 21). In tal caso è tuttavia
necessario che il costituente o il legislatore cantonale si siano chiaramente
espressi a favore di questa ulteriore facoltà, volta a introdurre la clausola
referendaria in atti che di per sé non sarebbero sottoposti al referendum.
Egli ha poi ricordato che nel Cantone Ticino anche dall'art. 78 della legge
sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato del 17 dicembre
2002, che disciplina l'adozione di atti nella forma del decreto legislativo,
risulta che sono soggetti a referendum, e pertanto muniti della relativa
clausola, soltanto gli atti legislativi di durata determinata, contenenti
norme di carattere generale e astratto, gli atti di portata generale o
d'importanza finanziaria secondo l'art. 42 Cost./TI, che non contengono norme
di diritto, e, infine, gli atti di approvazione delle convenzioni di diritto
legislativo e di quelle che comportano una spesa soggetta a referendum (cpv.
1 lett. a, b e d e cpv. 2). Egli ne ha concluso che dalla normativa
cantonale, che definisce la portata e l'estensione del referendum
facoltativo, non può essere dedotta una facoltà del Gran Consiglio di
istituire in un caso specifico un diritto di referendum per mere ragioni di
opportunità politica.

3.2 Queste considerazioni sono corrette. Lo sono a maggior ragione se si
tiene conto che in concreto il decreto legislativo in discussione è stato
munito della clausola referendaria non sulla base di una scelta esplicita e
deliberata del Parlamento, che in seguito ha ribadito di non voler istituire
un referendum nel caso di specie, bensì soltanto a causa di un errore.
In effetti, come rilevato a ragione dal consulente giuridico del Consiglio di
Stato, nel Cantone Ticino il referendum facoltativo contro un atto, che non
ha carattere obbligatorio generale né portata finanziaria ai sensi degli art.
42 Cost./TI e 142 LEDP, dovrebbe essere introdotto da una legge speciale
attraverso una dichiarazione legislativa generale e globale, che valga in
tutti i casi e che sottragga pertanto al Gran Consiglio la valutazione
specifica del caso concreto (cfr. Lepori, op. cit., pag. 517 nota a piè di
pagina n. 4). Al proposito egli adduce l'esempio di determinate concessioni
per le derivazioni di acque pubbliche rilasciate dal Parlamento con decreto
legislativo di carattere obbligatorio (art. 3 cpv. 2 della legge
sull'utilizzazione delle acque del 7 ottobre 2002), che sono soggette quindi
a referendum facoltativo giusta le citate norme.
Lo stesso consulente ha poi ricordato, con riferimento al rapporto della
Commissione speciale sul messaggio 25 ottobre 1957 concernente l'istituzione
dell'AET, del 6 giugno 1958, che l'approvazione del Gran Consiglio secondo
l'art. 5 cpv. 4 LAET non è volta ad appesantire il funzionamento dell'AET, ma
destinata piuttosto a marcare il concetto che proprietario delle forze
idriche è lo Stato e che ai suoi organi compete ogni decisione di grande
importanza relativa al loro sfruttamento. Questa norma si limita a stabilire
che gli impegni dell'AET, eccedenti l'ordinaria amministrazione e il normale
commercio di energia, sono soggetti alla "approvazione del Gran Consiglio",
approvazione che interviene con un decreto legislativo che non ha né portata
generale né importanza finanziaria ai sensi delle citate norme.
Nella risposta congiunta dei consulenti giuridici del Consiglio di Stato e
del Gran Consiglio, del 30 maggio 2006, si ribadisce che, in caso di
fallimento della AET, un'eventuale responsabilità sussidiaria dello Stato -
in assenza di una precisa ed esplicita indicazione del diritto di referendum
nella LAET - è ininfluente ai fini della referendabilità dell'atto che
stabilisce la criticata partecipazione.

3.3 Nel rapporto di minoranza sul messaggio del 3 maggio 2006 si rileva che,
vista l'incertezza della situazione giuridica, dovrebbe prevalere il rispetto
dei diritti popolari e la buona fede dei referendisti. Nella seduta del 6
giugno 2006 della Commissione speciale energia sono stati uditi i consulenti
giuridici del Consiglio di Stato e del Gran Consiglio. Quest'ultimo ha
ribadito la possibilità, secondo la dottrina, di prevedere l'istituzione di
un diritto speciale di referendabilità anche per atti amministrativi, come
nel caso di concessioni, precisando tuttavia che ciò dovrebbe essere
espressamente previsto dalla legge, come però non è il caso attualmente nel
Cantone Ticino. Il Consulente giuridico del Consiglio di Stato ha
sottolineato, esprimendosi sulla portata dell'art. 5 cpv. 4 LAET, che
all'introduzione di questa norma si decise che le partecipazioni o gli
investimenti importanti dovevano essere sottoposti al Parlamento, "ma poi il
legislatore si è fermato lì", mentre in altre leggi, per contro, è stato
espressamente introdotto il diritto di referendum anche per atti
amministrativi, come per esempio per le concessioni per le acque, ma non ad
esempio per le concessioni per il demanio pubblico. Ha ricordato che, nel
1958, quella di richiedere una decisione del Gran Consiglio senza referendum
è stata una scelta politica (cfr. sul tema anche il parere del 4/24 ottobre
2005 del consulente giuridico del Gran Consiglio, Autonomia degli enti di
diritto pubblico e vigilanza parlamentare. Con particolare riferimento
all'Azienda elettrica ticinese, apparso in RtiD II-2005 pag. 429 e segg., in
particolare pag. 462 e segg. riguardo alla portata dell'art. 5 cpv. 4 LAET e
alla necessità dell'AET di agire con tempestività sul mercato nell'ambito
della sua autonomia decisionale, e 468 e segg.).
In sede commissionale, con riferimento ad un'altra decisione di approvazione
di una partecipazione dell'AET (Mattmark), è stato ricordato che è la seconda
volta che si commette lo stesso errore, per cui si porrebbe la questione
della buona fede. Il consulente giuridico del Consiglio di Stato ha ribadito
che non è possible invocare una sorta di diritto popolare inesistente basato
solamente sulla buona fede. Nella seduta pomeridiana del 18 ottobre 2006 del
Gran Consiglio, una minoranza ha poi insistito sulla questione della
necessità di tutelare la buona fede dei firmatari del referendum, mentre la
maggioranza ha riaffermato che l'art. 5 cpv. 4 LAET non crea automaticamente
un diritto di referendum (anche se questo in passato era già stato previsto).
Quest'ultima soluzione, proposta dal Governo e adottata dal Parlamento, non
viola la Costituzione. In effetti, la vigilanza e l'approvazione del
Parlamento, che rappresenta gli elettori, in assenza di una specifica
modifica dell'art. 5 cpv. 4 LAET non implica la sussistenza di un referendum
facoltativo, considerato altresì che l'Azienda deve potersi adattare con una
certa tempestività alle mutevoli condizioni del mercato, anche mediante
l'acquisto entro tempi ragionevoli di partecipazioni ad altre società. Il
noto errore non significa d'altra parte, come già visto, che il Parlamento
possa accordare al popolo un diritto sul quale non può disporre.

3.4 I ricorrenti accennano infine al parallelismo tra le forme usate per
l'adozione delle leggi e dei decreti legislativi, che permetterebbe di
ritenere che l'art. 3 del decreto legislativo del 21 febbraio 2006 possa
essere considerato quale lex specialis rispetto all'art. 142 LEDP relativo
alla proponibilità del referendum, che riprende in sostanza la disciplina
dell'art. 42 Cost./TI, e che quindi, al loro dire, rappresenterebbe una base
legale sufficiente per far scattare, da sola, il diritto al referendum
facoltativo, quanto meno riguardo alla materia contenuta nello stesso atto.
La tesi non regge già per il fatto che l'inserimento della clausola
referendaria, contenuta peraltro non in una legge in senso formale ma in un
decreto legislativo, non era affatto dovuto a una precisa volontà del
Parlamento, ma semplicemente a un errore, poi corretto con l'adozione
dell'impugnato decreto. L'accenno alla DTF 99 Ia 518 è ininfluente, visto che
concerne un referendum a livello comunale e attiene per di più alla questione
del referendum parziale, qui non litigiosa.

3.5 Neppure l'addotta circostanza che il decreto legislativo del 21 febbraio
2006 non è stato impugnato può condurre alla "creazione" di un referendum
inesistente. Certo può stupire che né il Consiglio di Stato né il Parlamento
né l'AET si siano accorti tempestivamente, ossia molto prima della
conclusione della raccolta delle firme, ch'esso non costituiva un atto
referendabile. Neppure questa circostanza, e le comprensibili aspettative dei
firmatari del referendum, possono tuttavia far sorgere un diritto
inesistente. Le eventuali conseguenze derivanti dal noto errore e l'avvenuta
lesione del principio della buona fede dei referendisti esulano dall'oggetto
del litigio: la questione di un'eventuale richiesta di risarcimento o di
corresponsione delle spese da loro sostenute per la promozione del referendum
non è addotta dai ricorrenti e non dev'essere pertanto esaminata in questa
sede.

3.6 La soluzione proposta dal Governo e adottata dal Parlamento ha d'altra
parte il pregio di essere chiara, oggettiva e garante della sicurezza del
diritto, poiché non crea precedenti ambigui: in effetti, il riconoscimento di
un referendum facoltativo fondato su un errore e, in sostanza, soltanto sul
rispetto del principio della buona fede, comporterebbe un'applicazione non
corretta degli art. 42 Cost./TI e 142 LEDP e darebbe adito in futuro a
eventuali analoghe vertenze. La criticata soluzione può invero apparire
severa e poco sensibile riguardo al rispetto dei diritti politici: essa
costituisce tuttavia una soluzione conforme alla Costituzione, alla sicurezza
del diritto e al principio di legalità, cui accennano anche i ricorrenti, e
non pecca di formalismo eccessivo, ritenuto che l'adozione del criticato
decreto è giustificata da un interesse degno di protezione, non è fine a sé
stessa ed è retta da un'intrinseca giustificazione (DTF 127 I 31 consid.
2a/bb, 125 I 166 consid. 3, 121 I 177 consid. 2b/aa e rinvii). Non vi sono
quindi motivi prevalenti che impongono di scostarsene (DTF 131 I 126 consid.
4).

4. Ne segue che il ricorso dev'essere respinto. Conformemente alla
giurisprudenza in materia di ricorsi fondati sull'art. 85 lett. a OG non si
riscuotono tasse di giustizia.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è respinto.

2.
Non si preleva tassa di giustizia.

3.
Comunicazione ai ricorrenti, al Gran Consiglio e al Consiglio di Stato del
Cantone Ticino.

Losanna, 29 gennaio 2007

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: