Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung 1P.769/2006
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{T 1/2}
1P.769/2006 /biz

Sentenza del 29 gennaio 2007
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Féraud, presidente,
Aemisegger, Aeschlimann, Wurzburger,
Reeb, Fonjallaz, Eusebio,
cancelliere Crameri.

Giorgio Ghiringhelli,
ricorrente,

contro

Gran Consiglio del Cantone Ticino, 6501 Bellinzona.

art. 85 lett. a OG, diritto di voto (clausola referendaria),

ricorso di diritto pubblico contro il decreto legislativo emanato il 18
ottobre 2006 dal Gran Consiglio del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Con messaggio del 17 maggio 2005 (n. 5652), il Consiglio di Stato del Cantone
Ticino ha sottoposto al Gran Consiglio il progetto di decreto legislativo
concernente l'autorizzazione all'Azienda elettrica ticinese (AET) a garantire
un impegno finanziario fino a concorrenza di 35 milioni di franchi per
l'acquisto di un terzo della quota azionaria della Metanord SA per la
realizzazione di un metanodotto nel Sopraceneri, affinché potesse approvarlo
conformemente a quanto previsto dall'art. 5 cpv. 4 della legge istituente
l'AET, del 25 giugno 1958 (LAET). La proposta è stata accolta dal Parlamento
cantonale, che ha aderito al rapporto di maggioranza 7 febbraio 2006 della
Commissione speciale energia. Il relativo decreto legislativo, adottato il 21
febbraio 2006, è stato pubblicato nel Foglio ufficiale del Cantone Ticino n.
17/2006 del 28 febbraio 2006 (pag. 1332 seg.). Il decreto, munito della
clausola referendaria (art. 3), è stato oggetto di una domanda di referendum
che, nel termine di scadenza di 45 giorni, ha ottenuto l'adesione di 7'684
firme valide.

B.
Durante il periodo di raccolta delle firme è emerso un problema giuridico e
istituzionale, ritenuto che il citato decreto non avrebbe dovuto essere
munito della clausola referendaria. Nel messaggio del 3 maggio 2006 (n. 5781)
il Consiglio di Stato ha espressamente ammesso l'errore: sebbene lo sbaglio
sia stato accertato allorquando la raccolta delle firme era praticamente
ultimata, il Governo ha ritenuto che il principio della buona fede non poteva
prevalere sulla normativa applicabile, che, in presenza di un atto non
referendabile, non riconosce al popolo un diritto di referendum. Il 18
ottobre 2006 il Gran Consiglio ha quindi adottato un nuovo decreto
legislativo, pubblicato nel Bollettino ufficiale n. 48/2006 del 24 ottobre
2006 (pag. 453 seg.): ribadito l'acquisto da parte dell'AET di 1/3 della
quota azionaria della Metanord SA e autorizzato il relativo impegno
finanziario, il nuovo art. 3, per sanare l'errore, abroga il decreto
legislativo del 21 febbraio 2006 e comporta pertanto lo stralcio della
menzionata clausola referendaria.

C.
Giorgio Ghiringhelli impugna il decreto legislativo del 18 ottobre 2006 con
un ricorso di diritto pubblico per violazione del diritto di voto dei
cittadini ai sensi dell'art. 85 lett. a OG al Tribunale federale, chiedendo
di annullarlo.
Non sono state chieste osservazioni al gravame. Il Tribunale federale ha
invitato il Gran Consiglio a produrre l'incarto cantonale.

Diritto:

1.
1.1 Il 1° gennaio 2007 è entrata in vigore la legge sul Tribunale federale
del 17 giugno 2005 (LTF, RS 173.110), che abroga la legge federale del 16
dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG). Nelle disposizioni
transitorie, l'art. 132 cpv. 1 LTF prevede che la novella legislativa si
applica ai procedimenti promossi dinanzi a questo Tribunale dopo la sua
entrata in vigore e, con particolare riferimento ai procedimenti su ricorso,
soltanto se la decisione impugnata è stata pronunciata dopo questa data: alla
fattispecie rimane pertanto applicabile l'OG.

1.2 Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'ammissibilità dei ricorsi che
gli vengono sottoposti, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli
argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 132 I 140 consid. 1.1).
1.3 Il ricorrente ha presentato un ricorso per violazione del diritto di voto
dei cittadini, il quale è garantito dall'art. 85 lett. a OG. La questione
della sussistenza o no del referendum facoltativo può essere oggetto di un
siffatto gravame (DTF 121 I 291 consid. 1a, 118 Ia 184 consid. 1a): il
quesito di sapere se l'approvazione parlamentare circa il citato impegno
finanziario dell'AET debba o meno soggiacere al referendum facoltativo è
questione di merito e non di ammissibilità (DTF 113 Ia 388 consid. 1b).

1.4 La legittimazione del ricorrente, cittadino attivo nel Cantone Ticino, è
pacifica, anche se dalla decisione impugnata non subisce alcun pregiudizio
personale (DTF 131 I 291 consid. 1.1). Il diritto ticinese non istituisce vie
di ricorso contro una decisione come quella qui impugnata. Il corso delle
istanze cantonali è pertanto stato esaurito (art. 86 OG) e il ricorso è
tempestivo (art. 89 cpv. 1 OG).

1.5 Nel campo d'applicazione dell'art. 85 lett. a OG il Tribunale federale
esamina con piena cognizione non solo le norme del diritto federale e della
Costituzione cantonale, ma anche quelle del diritto cantonale di rango
inferiore in quanto determinino il contenuto del diritto di voto o di
iniziativa oppure vi siano strettamente connesse. Vengono esaminate
unicamente sotto il profilo dell'arbitrio le altre norme del diritto
cantonale e le questioni di fatto (DTF 131 I 386 consid. 3.2, 126 consid. 4).
In caso di interpretazione manifestamente dubbia o di fronte a due
interpretazioni ugualmente sostenibili, il Tribunale federale si attiene al
parere espresso dall'istanza cantonale superiore (DTF 131 I 386 consid. 3.2,
126 consid. 4, 121 I 357 consid. 3, 115 Ia 148 consid. 2 e rinvii).

2.
2.1 Il ricorrente fa valere, diffondendosi in maniera inutilmente prolissa,
che l'impugnato decreto violerebbe il principio del parallelismo delle forme,
quelli della buona fede e della parità di trattamento e sostiene che
l'autorizzazione all'AET sarebbe sottoposta al referendum facoltativo o
poteva comunque essere soggetta a un referendum facoltativo straordinario.

2.2 Preliminarmente il ricorrente chiede di trasmettergli i pareri dei
consulenti giuridici del Gran Consiglio e del Consiglio di Stato, di cui si
parla nel rapporto di maggioranza della Commissione parlamentare,
concedendogli la facoltà di esprimersi sugli stessi. Al riguardo egli si
limita tuttavia ad accennare al fatto che, pur non mettendo in dubbio la
professionalità dei due funzionari, non si potrebbe comunque considerarli
indipendenti.

La richiesta, tardiva e tendente a un'inutile prolungamento della procedura,
dev'essere disattesa. In effetti, il ricorrente neppure sostiene di avere
richiesto invano al Parlamento o al Governo, durante il termine di ricorso di
30 giorni, di trasmettergli detti atti, sui quali avrebbe quindi potuto
esprimersi nel gravame o se del caso rinunciare a proporlo. Il ricorrente non
indica infatti alcun motivo che gli avrebbe impedito di consultare l'incarto
nella sede cantonale (sul diritto di consultare un incarto cfr. DTF 129 I 249
consid. 3, 125 I 257 consid. 3a e b). Non rientra invero nello scopo del
diritto di essere sentito sanare tali manchevolezze: del resto, neppure la
replica ha lo scopo di permettere il completamento del ricorso (cfr. DTF 132
I 42 consid. 3.3.4, 125 I 71 consid. 1d/aa pag. 77 e rinvii). D'altra parte,
il contenuto dei richiamati pareri è riassunto nel rapporto di maggioranza,
prodotto dal ricorrente unitamente ai messaggi governativi e agli altri
rapporti parlamentari, sui quali si fonda il contestato decreto legislativo,
per cui egli poteva impugnarlo con cognizione di causa. Non si è quindi in
presenza di una lesione del diritto di essere sentito, peraltro non addotta
dal ricorrente (DTF 129 I 232 consid. 3.2, 123 I 31 consid. 2c).

2.3 Il ricorrente suggerisce la congiunzione del gravame con un'analogo
ricorso, di cui si dirà, le parti da prendere in considerazione nella
procedura in esame, accennando segnatamente al Comitato referendario, che non
ha tuttavia impugnato il criticato decreto, la composizione della Corte
giudicante, l'eventuale pubblicazione della sentenza e la sua
anonimizzazione. Non occorre esprimersi oltre su queste richieste, ritenuto
che il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto, e in particolare le
norme di procedura dell'OG. Il ricorrente si diffonde poi sulla delicata
questione della legittimazione ai sensi degli art. 85 e 88 OG, non decisiva
in concreto (su questo tema vedi Ivo Eusebio/Tiziano Crameri, L'attuale
tutela giuridica dei diritti politici, con particolare riferimento a cause
ticinesi, e quella prevista dalla legge sul Tribunale federale, in: Diritto e
devianza, Studi in onore di Marco Borghi, Basilea 2006, pag. 371 e segg., 381
segg.).

3.
3.1 Il Tribunale federale si è pronunciato sulla questione della clausola
referendaria litigiosa nella causa parallela 1P.771/2006 decisa con sentenza
odierna, alla quale, per brevità, si rinvia. La critica di lesione del
principio del parallelismo delle forme è stata respinta (consid. 3.4). La
tesi ricorsuale, secondo cui il decreto legislativo del 21 febbraio 2006, al
dire del ricorrente soggetto a referendum, è stato annullato con il decreto
impugnato non sottoposto a referendum, chiaramente non regge, ritenuto che il
primo decreto non era soggetto a referendum, la clausola referendaria essendo
stata indicata, come espressamente ammesso dal Governo e dal Parlamento,
soltanto a causa di un'errore. È d'altra parte manifesto che, contrariamente
all'assunto ricorsuale, l'errore non poteva essere corretto con la
commissione di un secondo sbaglio, ossia inserendo, a torto, un'inesistente
clausola referendaria anche nel decreto impugnato.

3.2 Nella sentenza 1P.771/2006 è stato rilevato che non si è in presenza di
un decreto che avrebbe carattere obbligatorio generale ai sensi dell'art. 42
lett. a Cost./TI e 142 cpv. 1 lett. a della legge ticinese sull'esercizio dei
diritti politici del 7 ottobre 1998 (LEDP), visto che concerne un singolo
caso concreto, né di un atto di adesione a una convenzione secondo gli art. 2
lett. c Cost./TI e 142 cpv. 1 lett. c LEDP, conclusioni non contestate dal
ricorrente. È poi stato ricordato che non sussiste il referendum finanziario
contro un decreto cantonale che, come quello in esame, non implichi
direttamente spese a carico dello Stato (consid. 2.5 e 2.6). Inoltre,
ritenuto che, come peraltro ammesso dal ricorrente, l'approvazione del Gran
Consiglio ai sensi dell'art. 5 cpv. 4 LAET non crea di per sé un diritto di
referendum, è stato precisato che il passaggio dottrinale richiamato anche
dal ricorrente ha un'altra portata e che le decisioni incombono comunque
chiaramente all'AET e non agli organi dello Stato, ritenuto che al Parlamento
spetta soltanto la competenza di approvare o meno determinate decisioni prese
dall'azienda (consid. 2.7).
3.3 Pure la tesi ricorsuale della sussistenza di un referendum facoltativo
straordinario è stata respinta (consid. 3.1 e 3.2). Anche in quest'ambito il
ricorrente disconosce inoltre che il Gran Consiglio non ha per nulla voluto
introdurre un siffatto referendum, la clausola referendaria litigiosa essendo
stata inserita soltanto sulla base di un errore, riconosciuto e corretto.
D'altra parte, la buona fede dei promotori del referendum non può comportare
l'esistenza di un diritto popolare, quello del referendum, inesistente nella
fattispecie, né si è in presenza di un abuso di diritto (consid, 2.8). Né la
mancata impugnazione del decreto legislativo del 21 febbraio 2006 può
condurre alla "creazione" di un diritto di referendum inesistente (consid.
3.5).
Del resto, si può rilevare a titolo comparativo, che neppure la tutela della
buona fede derivante da un'omessa o errata indicazione di un rimedio di
diritto potrebbe comportare l'istituzione di un ricorso non previsto dalle
pertinenti disposizioni procedurali (cfr. DTF 125 II 293 consid. 1d pag.
300), ma se del caso soltanto la facoltà di doverlo esaminare sebbene
introdotto tardivamente (cfr. DTF 131 I 153 consid. 4, 127 II 198 consid. 2c,
125 I 313 consid. 5, 124 I 255 consid. 1a/aa).

3.4 Il ricorrente adduce infine che l'impugnato decreto sarebbe lesivo della
parità di trattamento (art. 8 Cost.), nel senso di un non meglio precisato
illecito cambiamento di giurisprudenza. La censura, che non adempie le
esigenze di motivazione richieste dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, applicabili
anche ai ricorsi per violazione del diritto di voto (DTF 130 I 26 consid.
2.1, 290 consid. 4.8 pag. 300, 129 I 185 consid. 1.6), è inammissibile: essa
sarebbe comunque infondata. Il ricorrente si riferisce verosimilmente
all'identico errore commesso in relazione a un'altra decisione di
approvazione di una partecipazione dell'AET (caso Mattmark; sentenza
1P.771/2006, consid. 3.3). Egli tuttavia neppure espone se anche in quel
caso, in seguito all'erronea menzione della clausola referendaria, sarebbe
stato lanciato un referendum e come il Parlamento, all'epoca, affrontò la
questione. Né è quindi reso verosimile né dimostrato che si sarebbe in
presenza di un cambiamento di prassi illecito: ciò a maggior ragione se si
rileva che il Parlamento ha ammesso l'identico errore in entrambi i casi, per
cui non è ravvisabile alcuna disparità di trattamento (DTF 129 I 1 consid.
3). Del resto non sussisterebbe un diritto alla parità di trattamento
nell'illegalità, ricordato che, di massima, il principio della legalità
prevale su quello dell'uguaglianza di trattamento (cfr. DTF 127 I 1 consid.
3, 123 II 248 consid. 3c, 122 II 446 consid. 4a).

3.5 Nella più volte richiamata sentenza, il Tribunale federale ha concluso
che la soluzione proposta dal Governo e adottata dal Parlamento ha d'altra
parte il pregio di essere chiara, oggettiva e garante della sicurezza del
diritto, poiché non crea precedenti ambigui: in effetti, il riconoscimento di
un referendum facoltativo fondato su un errore e, in sostanza, soltanto sul
rispetto del principio della buona fede, comporterebbe un'applicazione non
corretta degli art. 42 Cost./TI e 142 LEDP e darebbe adito in futuro a
eventuali analoghe vertenze. La criticata soluzione può invero apparire
severa e poco sensibile riguardo al rispetto dei diritti politici: essa
costituisce tuttavia una soluzione conforme alla Costituzione, alla sicurezza
del diritto e al principio di legalità, e non pecca di formalismo eccessivo,
ritenuto che l'adozione del criticato decreto è giustificata da un interesse
degno di protezione, non è fine a sé stessa ed è retta da un'intrinseca
giustificazione (consid. 3.6).

4.
Ne segue che il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto.
Conformemente alla giurisprudenza in materia di ricorsi fondati sull'art. 85
lett. a OG non si riscuotono tasse di giustizia.

Per questi motivi il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Non si preleva tassa di giustizia.

3.
Comunicazione al ricorrente, al Gran Consiglio e al Consiglio di Stato del
Cantone Ticino.

Losanna, 29 gennaio 2007

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: