Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung 1P.567/2006
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1P.567/2006 /biz

Sentenza del 2 ottobre 2007
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Féraud, presidente,
Fonjallaz, Eusebio,
cancelliere Gadoni.

A. ________,
B.________,
C.________,
D.________,
ricorrenti,
patrocinati dall'avv. dott. Giovanna Bonafede,

contro

Comune di Porza, rappresentato dal Municipio,
6948 Porza,
E.________SA,
patrocinata dall'avv. Federica Tamburini,
Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, Servizi generali, Ufficio
delle domande di costruzione,
viale Stefano Franscini 17, 6500 Bellinzona,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
residenza governativa, 6500 Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano.

revoca della licenza edilizia e ordine di ripristino,

ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 30 giugno 2006 dal
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Con licenze edilizie del 12 aprile 2000, del 4 settembre 2000 e del 2 maggio
2001 il Municipio di Porza ha rilasciato a A.________, B.________, C.________
e D.________ il permesso di costruire, sul fondo part. n. 730 ubicato in
località Pian Gallina, due ville bifamiliari collegate da un corpo
sotterraneo e suddivise in quattro quote di proprietà per piani. La
volumetria degli edifici sarebbe stata di complessivi 8'700 m3 e i costi di
costruzione erano preventivati in fr. 6'815'000.--. I lavori di costruzione,
iniziati nel 2000, sono stati interrotti nell'aprile del 2002 e non sono più
ripresi a seguito del mancato pagamento delle prestazioni dell'impresa
costruttrice E.________SA, che ha quindi abbandonato il cantiere. La prima
villa è rimasta allo stato grezzo e la seconda ferma al livello del terreno
circostante. Nella costruzione sarebbero già stati investiti oltre fr.
7'000'000.--.

B.
Dopo una serie di atti, che non occorre qui evocare, il 9 dicembre 2004 il
Municipio ha imposto ai proprietari del fondo di riprendere i lavori entro il
30 gennaio 2005, avvertendoli che in caso di mancato adempimento di tale
obbligo avrebbe avviato la procedura volta al ripristino della situazione
precedente. Poiché il termine impartito era trascorso infruttuosamente, il 23
febbraio 2005 l'esecutivo comunale ha revocato le licenze edilizie e ordinato
il ripristino dell'area di cantiere nello stato in cui si trovava prima
dell'inizio dei lavori, con la conseguente demolizione delle opere realizzate
parzialmente e la rimozione di tutti i materiali e i detriti depositati.

C.
Con decisione del 21 giugno 2005, il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha
accolto i ricorsi presentati dai proprietari e dall'impresa di costruzione,
annullando la decisione municipale. Il Governo ha sostanzialmente ritenuto
che il termine assegnato dal Municipio per riprendere i lavori fosse troppo
breve e che l'ordine di demolizione e di ripristino violasse il principio
della proporzionalità.

D.
Contro la risoluzione governativa il Comune di Porza si è aggravato dinanzi
al Tribunale cantonale amministrativo, che, dopo l'esperimento di un
sopralluogo, con sentenza del 30 giugno 2006, ha parzialmente accolto il
ricorso. Ha disposto la revoca delle licenze edilizie e ordinato ai
proprietari di demolire la costruzione grezza della villa sud sino al livello
della soletta del pianterreno, di colmare con materiale inerte lo scavo
circostante il complesso, le trincee e i cavedi, ricoprendo con uno strato di
terra vegetale le parti d'opera non sporgenti oltre il livello preesistente
del terreno, demolendo eventuali sporgenze, di smantellare completamente il
cantiere, rimuovendo anche i materiali depositati sui fondi circostanti e di
eliminare una condotta per le acque meteoritiche. La Corte cantonale ha
sostanzialmente considerato giustificate la revoca delle licenze edilizie e
il ripristino della situazione conforme al diritto, ritenendo nondimeno, che,
sotto il profilo del principio della proporzionalità, non si imponeva di
demolire anche le opere situate sotto il livello del terreno naturale
preesistente.

E.
I proprietari impugnano questo giudizio con un ricorso di diritto pubblico al
Tribunale federale. Chiedono di annullarlo e di concedere al gravame
l'effetto sospensivo. I ricorrenti fanno sostanzialmente valere la violazione
del divieto dell'arbitrio riguardo in particolare alla diffida a riprendere i
lavori e alla conformità delle costruzioni alle licenze edilizie rilasciate,
oltre a una lesione del principio della proporzionalità. Fino all'evasione
dell'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo, alle parti è stato
imposto di non prendere alcuna misura di esecuzione.

F.
La Corte cantonale si conferma nella sua sentenza, rilevando che nemmeno in
questa sede i ricorrenti sarebbero in grado di indicare quando potrebbero
riprendere i lavori. Il Consiglio di Stato si rimette al giudizio del
Tribunale federale. L'Ufficio delle domande di costruzione del Dipartimento
del territorio rinuncia a presentare osservazioni, mentre il Municipio di
Porza e la E.________SA postulano la reiezione del ricorso.

Diritto:

1.
1.1 Poiché il giudizio impugnato è stato emanato prima dell'entrata in
vigore, il 1° gennaio 2007, della legge sul Tribunale federale del 17 giugno
2005 (LTF, RS 173.110; cfr. RU 2006 1205), alla procedura ricorsuale in esame
rimane applicabile, secondo l'art. 132 cpv. 1 LTF, la legge federale del 16
dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG; DTF 133 V 309 consid. 1.1
e rinvio).

1.2 Il ricorso di diritto pubblico, presentato tempestivamente (art. 89 cpv.
1 OG) contro una decisione dell'ultima istanza cantonale (art. 86 cpv. 1 OG)
è di principio ammissibile nella misura in cui i ricorrenti fanno valere la
violazione di diritti costituzionali dei cittadini (art. 84 cpv. 1 lett. a
OG). In quanto proprietari del fondo oggetto dell'ordine di ripristino, i
ricorrenti sono toccati nei loro interessi giuridicamente protetti dalla
decisione impugnata e sono pertanto legittimati giusta l'art. 88 OG a
presentare il gravame in esame. Invero, la patrocinatrice dei ricorrenti ha
comunicato, il 25 settembre 2006, che D.________ nel frattempo sarebbe
deceduto e che la sua quota di comproprietà spetterebbe a B.________,
impegnandosi a produrre la pertinente documentazione. La questione non deve
comunque essere ulteriormente approfondita, poiché la legittimazione degli
altri ricorrenti è chiaramente data.

1.3
1.3.1 Con il rimedio del ricorso di diritto pubblico i ricorrenti sono
abilitati a fare valere la violazione dei loro diritti costituzionali (art.
84 cpv. 1 lett. a OG). Secondo l'art. 90 cpv. 1 OG l'atto di ricorso di
diritto pubblico, oltre la designazione della decisione impugnata e le
conclusioni del ricorrente (lett. a), deve quindi contenere l'esposizione dei
fatti essenziali e quella concisa dei diritti costituzionali o delle norme
giuridiche che si pretendono violati, precisando in che consista la
violazione (lett. b). Nell'ambito di questo rimedio, il Tribunale federale
non applica d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure
sollevate e solo se sono sufficientemente motivate: il ricorso deve pertanto
contenere un'esauriente motivazione giuridica dalla quale si possa dedurre
se, perché ed eventualmente in quale misura la decisione impugnata leda il
ricorrente nei suoi diritti costituzionali (DTF 130 I 26 consid. 2.1, 258
consid. 1.3, 129 I 113 consid. 2.1, 127 I 38 consid. 3c).

1.3.2 Ora, i ricorrenti non indicano esplicitamente quali sarebbero gli
specifici diritti costituzionali violati dalla Corte cantonale, sicché il
gravame in esame si rileva per la maggior parte inammissibile. Essi invocano
infatti implicitamente la lesione del divieto dell'arbitrio ed accennano in
modo generico al loro diritto di proprietà: non sostanziano tuttavia, con una
motivazione conforme alle citate esigenze, le ragioni per cui il giudizio
impugnato violerebbe il divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.) essendo
manifestamente insostenibile, in contraddizione manifesta con una norma o un
principio giuridico indiscusso o chiaramente lesivo del sentimento di
giustizia e dell'equità (cfr., sul divieto dell'arbitrio, DTF 129 I 8 consid.
2.1, 128 I 273 consid. 2.1 e rinvii). Né essi adducono, sempre conformemente
ai requisiti posti dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, i motivi per cui i giudici
cantonali avrebbero disatteso la garanzia della proprietà (art. 26 Cost.).
D'altra parte, il principio della proporzionalità non costituisce un diritto
costituzionale con portata propria (DTF 123 I 1 consid. 10, 117 Ia 27 consid.
7a). Laddove tale principio non è posto dai ricorrenti in relazione con uno
specifico diritto costituzionale, segnatamente con la garanzia della
proprietà, esso si confonde in sostanza con l'arbitrio e può quindi essere
vagliato dal Tribunale federale solo sotto questo ristretto profilo (cfr.
Pierre Tschannen/ Ulrich Zimmerli, Allgemeines Verwaltungsrecht, 2a ed.,
Berna 2005, pag. 149).

2.
2.1 I ricorrenti rimproverano alla Corte cantonale di essere incorsa
nell'arbitrio per avere ritenuto giustificata la diffida a riprendere i
lavori di costruzione nonostante la brevità del termine impartito dal
Municipio.

2.2 Secondo l'art. 24 cpv. 1 del regolamento di applicazione della legge
edilizia cantonale, del 9 dicembre 1992 (RLE), nella versione in vigore dal
1° gennaio 1997 (BU 1996, pag. 377 segg.), il permesso può essere revocato,
previa diffida, se i lavori non vengono proseguiti nei modi e nei termini
usuali; l'autorità esige in tal caso il ripristino di una situazione conforme
al diritto, ordinando se del caso il riordino del fondo. Al proposito i
ricorrenti sostengono che il termine, assegnato il 9 dicembre 2004 e scadente
in un giorno festivo (30 gennaio 2005), sarebbe stato troppo breve e non
avrebbe potuto in ogni caso essere rispettato, siccome cadeva nel periodo
delle ferie natalizie dell'edilizia. I giudici cantonali hanno invero
riconosciuto che il termine era piuttosto breve, rilevando tuttavia che i
proprietari erano rimasti completamente passivi anche dopo la sua scadenza,
omettendo di chiedere una proroga, di impegnarsi formalmente a riavviare i
lavori entro una data più conveniente o di manifestare altrimenti
l'intenzione di riprenderli. Queste considerazioni non si fondano su
accertamenti di fatto in contrasto con gli atti e sono senz'altro
sostenibili, segnatamente ove si consideri che al momento della diffida i
lavori erano già interrotti da circa due anni e mezzo e che anche in seguito,
nel corso della procedura ricorsuale, e ancora in questa sede, non è stata
seriamente prospettata dai ricorrenti l'intenzione di riprenderli. Nelle
esposte circostanze, considerata complessivamente la durata della situazione
di abbandono del cantiere, la brevità del termine assegnato dal Municipio per
riprendere i lavori non assume tutto sommato una rilevanza determinante. Ne
segue che, confermando la diffida impartita dal Municipio, i giudici
cantonali non hanno pronunciato una decisione arbitraria nel risultato (cfr.
DTF 132 I 167 consid. 4.1, 131 I 217 consid. 2.1, 129 I 173 consid. 3.1 pag.
178).

3.
3.1 I ricorrenti sostengono che la precedente istanza ha ritenuto, a torto,
che le opere sinora realizzate non rispondevano completamente al progetto
approvato e sarebbero rimaste incompiute a tempo indeterminato.

3.2 La Corte cantonale ha accertato che della villa a nord esistono soltanto
le fondamenta, mentre il corpo di collegamento in cemento armato è stato
parzialmente realizzato ma si trova allo stadio di opera grezza. A uno stadio
simile si trova pure la villa a sud, la cui muratura delle facciate non è
intonacata e risulta parzialmente incompleta, lasciando intravedere il
materiale d'isolamento e le condotte elettriche ed idrauliche. Le aperture
sono prive di serramenti e chiuse da tavolati in legno. L'edificio presenta
una copertura provvisoria rivestita in carta catramata e risulta del tutto
inutilizzabile, mancando completamente gli impianti necessari. Questi
accertamenti, fondati peraltro su un sopralluogo, non sono messi in
discussione dai ricorrenti e risultano chiaramente conformi agli atti. La
Corte cantonale ha quindi ritenuto a ragione che i manufatti sinora
realizzati non possono essere considerati conformi alla licenza edilizia e
che la situazione non lascia presagire una ripresa dei lavori in tempi
ragionevoli. Ciò, in particolare, tenuto conto della durata non trascurabile
dell'attuale situazione di abbandono e del fatto che una riapertura del
cantiere non è tuttora seriamente prospettata dai ricorrenti: il semplice
accenno a una loro mancata responsabilità relativamente all'interruzione dei
lavori non è certo rilevante al riguardo.

4.
4.1 I ricorrenti sostengono che la revoca litigiosa non sarebbe fondata su una
corretta ponderazione degli interessi coinvolti. Richiamando la sentenza
pubblicata in DTF 107 Ib 35, rilevano di avere iniziato in buona fede i
lavori di costruzione e di avervi già investito ingenti somme di denaro,
sicché il loro interesse alla sicurezza giuridica prevarrebbe sull'interesse
all'attuazione del diritto pianificatorio ed edilizio.

4.2 I principi generali del diritto amministrativo invocati dai ricorrenti
sono di principio applicabili in assenza di una regolamentazione specifica
sulla possibilità di revocare una decisione. Quando invece, come è qui il
caso, i presupposti della revocabilità sono espressamente disciplinati in una
specifica disposizione legale, è innanzitutto sulla base della stessa che
occorre esaminare l'ammissibilità della revoca (DTF 127 II 306 consid. 7a
pag. 314, 115 Ib 152 consid. 3a; Annette Guckelberger, Der Widerruf von
Verfügungen im schweizerischen Verwaltungsrecht, in: ZBl 108/2007, pag. 297).
Ora, la revoca della licenza in caso di mancato proseguimento dei lavori di
costruzione è specificatamente prevista e disciplinata dall'art. 24 RLE,
sicché i ricorrenti si appellano invano ai principi generali sviluppati dalla
giurisprudenza e dalla dottrina. Il richiamo alla DTF 107 Ib 35 non è infatti
pertinente poiché in quel caso la revoca era fondata sull'art. 65 del
previgente regolamento di applicazione della legge edilizia, del 22 gennaio
1974 (vRLE), trattandosi in quella fattispecie di una licenza edilizia
rilasciata in contrasto con le prescrizioni legali. Tale norma aveva in
effetti un contenuto sostanzialmente identico ai principi generali del
diritto amministrativo, siccome subordinava la revoca all'esistenza di un
interesse pubblico preponderante (cpv. 1) e l'escludeva di principio quando
la licenza era stata rilasciata dopo un'esauriente valutazione degli
interessi in discussione oppure se il titolare aveva già iniziato i lavori o
utilizzato altrimenti l'autorizzazione (cpv. 2; cfr. DTF 107 Ib 35 consid.
4b). L'art. 24 RLE regola per contro in modo specifico la questione,
consentendo, previa diffida, la revoca della licenza edilizia e il ripristino
di una situazione conforme al diritto già nel caso in cui i lavori di
costruzione non vengano proseguiti nei modi e nei termini usuali (cfr.
l'analogo art. 60 cpv. 5 vRLE). Sarebbe quindi semmai spettato ai ricorrenti
invocare la violazione di questa disposizione o censurarne
l'incostituzionalità nell'ambito di un controllo accessorio della norma
(cfr., su questa nozione, DTF 131 I 313 consid. 2.2, 128 I 102 consid. 3 e
rinvio).

5.
5.1 I ricorrenti ritengono il provvedimento del ripristino non giustificato da
un sufficiente interesse pubblico e lesivo del principio della
proporzionalità, poiché sarebbe eccessivo rispetto allo scopo perseguito, in
particolare ove si consideri che quanto finora realizzato sarebbe conforme
alle licenze rilasciate. Sostengono che i costi per ultimare le opere non
sarebbero più onerosi di quelli per demolirle e che si potrebbero attuare
misure meno incisive, quali la recinzione del fondo e la sistemazione del
cantiere. Contestano inoltre l'obbligo di sgomberare anche il materiale
depositato sui fondi circostanti e sottolineano il loro interesse a mantenere
lo stato di fatto per consentire l'accertamento del valore delle opere finora
eseguite nell'ambito delle cause civili avviate nei loro confronti
dall'impresa costruttrice e da altri artigiani.

5.2 Il principio della proporzionalità esige che le misure adottate
dall'autorità siano idonee a raggiungere lo scopo di interesse pubblico
perseguito e che, di fronte a soluzioni diverse, si scelgano quelle meno
pregiudizievoli per i diritti dei privati (DTF 129 I 337 consid. 4.2 in fine
e rinvii). Con le esposte critiche, di carattere essenzialmente appellatorio,
i ricorrenti non dimostrano, per quanto concerne la portata del ripristino,
l'arbitrarietà della decisione impugnata (cfr. consid. 1.3) e disattendono
che tale provvedimento è esplicitamente previsto dall'art. 24 RLE quale
conseguenza della revoca della licenza edilizia. Premesso che, come si è
visto (cfr. consid. 3), nello stato attuale i manufatti non possono essere
ritenuti conformi all'autorizzazione edilizia, è quindi a torto che i
ricorrenti prospettano quali misure meno incisive la recinzione del fondo e
la sistemazione del cantiere: tali provvedimenti sono eventualmente idonei a
garantire la sicurezza dei luoghi, ma non certo a ristabilire una situazione
conforme al diritto, segnatamente sotto il profilo paesaggistico. Accennando
per il resto a semplici lavori di finitura, i ricorrenti disattendono
l'effettivo stato di incompletezza delle opere e la portata degli interventi
ancora da eseguire, che, secondo quanto addotto in sede di udienza dinanzi
alla precedente istanza, comporterebbero costi per ulteriori 5 o 6 milioni di
franchi, certamente superiori quindi a quelli del ripristino secondo le
modalità stabilite dai giudici cantonali. Quanto alla necessità di accertare
nell'ambito delle cause civili il valore dei manufatti sinora eseguiti, i
ricorrenti non sostengono che i necessari accertamenti non potevano essere
adeguatamente conseguiti nell'ambito dell'istruzione probatoria in quella
sede, se del caso mediante l'assunzione di prove a futura memoria (cfr. art.
446 segg. CPC/TI). Né la Corte cantonale ha ecceduto nel proprio potere
d'apprezzamento ordinando ai ricorrenti la rimozione di materiali e manufatti
sui fondi circostanti, ritenuto che tale stato di fatto è comunque
riconducibile ai ricorrenti quali perturbatori e che non è seriamente
prospettato che i proprietari interessati si opporrebbero allo sgombero di
quanto depositato sulle loro particelle (cfr. DTF 107 Ia 19 consid. 2).

6.
Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella misura della sua
ammissibilità. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). I
ricorrenti dovranno inoltre rifondere alla controparte privata, patrocinata
da un legale, un'equa indennità per ripetibili della sede federale (art. 159
cpv. 1 OG).

L'emanazione del presente giudizio rende priva di oggetto l'istanza di
effetto sospensivo contenuta nel gravame.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
La tassa di giustizia di fr. 4'000.-- è posta a carico dei ricorrenti in
solido, che rifonderanno in solido alla controparte privata un'indennità di
fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale.

3.
Comunicazione alla patrocinatrice delle parti, al Comune di Porza, ai Servizi
generali del Dipartimento del territorio, al Consiglio di Stato e al
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.

Losanna, 2 ottobre 2007

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: