Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Zivilabteilung 4C.44/2004
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4C.44/2004 /bom

Sentenza del 17 giugno 2004
I Corte civile

Giudici federali Corboz, presidente,
Klett, Ramelli, giudice supplente,
cancelliera Gianinazzi.

A. ________,
attore e ricorrente,
patrocinato dall'avv. Stefano Will,

contro

B.________ SA,
convenuta e opponente,
patrocinata dall'avv. Adriano Censi,

contratto di lavoro; azione creditoria,

ricorso per riforma contro la sentenza emanata il 29 dicembre 2003 dalla II
Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
A.  ________ ha lavorato alle dipendenze della B.________ dal 1° settembre
1987 all'estate 1998, prima come direttore e successivamente, dal 1991, in
qualità di direttore amministrativo; il 1° dicembre 1992 è divenuto anche
membro del consiglio d'amministrazione con diritto di firma collettiva a due.

La fine del rapporto di lavoro - che la datrice di lavoro dichiara essere
avvenuta il 31 luglio 1998, mentre il dipendente la situa al 24 agosto 1998,
riconducendola ad un licenziamento in tronco - ha dato origine alla presente
controversia.

B.
Il 6 maggio 1999 A.________ ha convenuto in causa l'ex datrice di lavoro onde
ottenere il pagamento di fr. 390'333.45, oltre interessi, nonché il rigetto
definitivo delle opposizioni interposte ai due precetti esecutivi. L'importo
richiesto consisteva nella differenza tra il salario pattuito e quello
versato tra il 1994 e il 1998, nell'indennità per vacanze non godute, nel
rimborso di spese e anticipi giudiziari nonché nell'indennità per l'attività
di consigliere d'amministrazione. Avversata la pretesa attorea, in via
riconvenzionale la B.________ SA ha domandato il versamento di fr. 126'497.25
a titolo di rimborso di prestazioni non dovute e risarcimento del danno
causato dalle inadempienze del dipendente. Con sentenza 29 novembre 2002 il
Pretore del Distretto di Lugano, sezione 3, ha accolto l'azione principale
limitatamente a fr. 25'170.-- e respinto la riconvenzionale.

C.
Ambedue le parti si sono aggravate contro il predetto giudizio: A.________
ribadendo le domande formulate davanti al Pretore, la convenuta diminuendo la
propria domanda riconvenzionale a fr. 87'497.25.

Il 29 dicembre 2003 la II Camera civile del Tribunale d'appello del Canton
Ticino ha respinto l'appello principale e accolto parzialmente quello
adesivo, riducendo a fr. 17'170.-- l'obbligo di pagamento a carico dell'ex
datrice di lavoro e respingendo in via definitiva, per il medesimo importo,
l'opposizione formulata al precetto esecutivo no. 637840 dell'Ufficio di
esecuzione di Lugano.

D.
Contro questa decisione A.________ è insorto dinanzi al Tribunale federale,
il 30 gennaio 2004, sia con ricorso di diritto pubblico che con ricorso per
riforma. Con il secondo rimedio, fondato sulla violazione del diritto
federale, egli chiede l'annullamento e la modifica dei dispositivi n. 1 e 2
della sentenza impugnata, nel senso di una condanna della B.________ SA al
pagamento di fr. 125'166.--, nonché del rigetto in via definitiva delle
opposizioni ai precetti esecutivi.

Nella risposta del 17 marzo 2004 la B.________ SA ha proposto la reiezione
del ricorso per riforma, in quanto ammissibile.

Diritto:

1.
In data odierna il parallelo ricorso di diritto pubblico è stato respinto
nella misura in cui è ammissibile. Niente osta pertanto all'esame del
presente gravame.

2.
Prima di entrare nel merito delle censure ricorsuali appare utile rammentare
i principi cui soggiace il rimedio in esame.

Il ricorso per riforma è ammissibile per violazione del diritto federale
(art. 43 cpv. 1 OG). Nella giurisdizione di riforma, il Tribunale federale
fonda il suo giudizio sui fatti così come sono stati accertati dall'ultima
autorità cantonale, a meno che siano state violate disposizioni federali in
materia di prove (quale ad esempio l'art. 8 CC), debbano venire rettificati
accertamenti di fatto derivanti da una svista manifesta (art. 63 cpv. 2 OG) o
si renda necessario un complemento degli stessi a norma dell'art. 64 OG (DTF
127 III 248 consid. 2c con rinvii). Tutte queste critiche e gli atti cui si
riferiscono devono essere debitamente specificati (art. 55 cpv. 1 lett. b e d
OG). Fatte salve tali eccezioni, censure contro l'accertamento dei fatti e
l'apprezzamento delle prove eseguiti dall'autorità cantonale sono
improponibili, così come non si può far riferimento a circostanze non
accertate nel giudizio impugnato, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1
lett. c OG; DTF citato).

Nulla muta il richiamo all'art. 43 cpv. 4 OG, giusta il quale l'apprezzamento
giuridico erroneo di un fatto è parificato alla violazione del diritto (art.
43 cpv. 4 OG).

Questo capoverso - contrariamente a quanto sembra credere l'attore - non
concede alla parte che ricorre la facoltà di criticare liberamente
l'apprezzamento delle prove eseguito in sede cantonale; l'apprezzamento
giuridico di un fatto altro non è che la sua qualificazione giuridica
(sussunzione). In sostanza, dunque, il capoverso 4 non aggiunge nulla a
quanto già stabilito all'art. 43 cpv. 1 OG (DTF 129 III 618 consid. 3 pag.
620).

Ciò comporta l'irricevibilità di tutti gli argomenti che l'attore solleva in
relazione agli accertamenti di fatto contenuti nella sentenza impugnata,
rispettivamente di quelli che si fondano su fatti diversi da quelli ivi
esposti.

3.
Nella prima parte del suo allegato l'attore sostiene che il rapporto di
lavoro sarebbe terminato il 24 agosto 1998 e non il 31 luglio precedente,
come stabilito dall'autorità cantonale.

Si tratta di un'argomentazione inammissibile per le ragioni appena esposte:
il momento nel quale ha preso fine il rapporto di lavoro costituisce un
elemento di fatto insindacabile (esso è stato peraltro giudicato non
arbitrario nel parallelo ricorso di diritto pubblico). L'attore, come già
detto, confonde l'apprezzamento giuridico dei fatti con l'apprezzamento delle
prove; egli si limita infatti ad elencare una serie di prove che, se
interpretate nel senso da lui auspicato, dimostrerebbero la sua tesi di
fatto.

Il richiamo agli art. 335 cpv. 1 e 335c CO, che reggono la disdetta del
rapporto di lavoro, non può essergli d'aiuto, dato che, stando agli
accertamenti (vincolanti) contenuti nella sentenza impugnata, le parti -  in
deroga alle predette norme - hanno concordato di cessare il rapporto di
lavoro con effetto al 31 luglio 1998.

4.
La Corte cantonale ha accertato che il contratto di lavoro 22 dicembre 1994
stabiliva uno stipendio lordo di fr. 10'000.-- per tredici mensilità, oltre a
fr. 1'000.-- di rimborso-spese, mentre nei formulari inviati l'8 febbraio
1991 all'autorità competente per il rilascio del permesso di dimora era stato
indicato un salario annuo di fr. 140'000.-- più fr. 14'000.-- di spese.
Richiamandosi alla giurisprudenza del Tribunale federale, i giudici cantonali
hanno dichiarato che, di principio, sarebbe quest'ultimo salario ad essere
vincolante.

La clausola del contratto individuale di lavoro che prevede uno stipendio
inferiore a quello accettato dall'autorità amministrativa sarebbe invece,
sempre in linea di principio, nulla. In concreto, però considerate tutte le
circostanze particolari del caso, i giudici cantonali hanno deciso di
addebitare all'attore un abuso di diritto nel rivendicare solo dinanzi
all'autorità giudiziaria la differenza tra lo stipendio pattuito
contrattualmente - e percepito per diversi anni - e quello dichiarato alle
autorità amministrative. L'attore - ha evidenziato la Corte - non era un
semplice dipendente bensì il direttore amministrativo e consigliere di
amministrazione della convenuta, con firma a due; egli allestiva tutte le
schede degli stipendi per il personale d'ufficio, compresa la sua; non aveva
mai reclamato la differenza salariale durante il rapporto di lavoro, nemmeno
dopo l'ottenimento del permesso di domicilio nel 1996; nel 1998, prima di
lasciare l'impresa, aveva contestato l'interpretazione di alcuni punti del
contratto concernenti il suo ruolo all'interno della ditta senza però toccare
la retribuzione; infine, nel settembre 1998 - vale a dire dopo la cessazione
del rapporto di lavoro - egli aveva rivendicato lo stipendio per il mese di
agosto sulla base del contratto individuale di lavoro.

4.1  A mente dell'attore questo giudizio violerebbe l'art. 341 CO nonché gli
art. 2 cpv. 2 e 4 CC, giacché l'attesa della fine del rapporto di lavoro per
far valere i propri diritti e la richiesta di pagamento del settembre 1998,
se fossero intese come rinuncia a far valere i propri diritti salariali,
sarebbero nulle. Egli nega che siano riunite, in concreto, le circostanze
eccezionali alle quali la giurisprudenza subordina l'abuso di diritto.

Contrariamente a quelle trattate nel precedente considerando, queste censure
sono ammissibili. La questione di sapere se le circostanze di fatto accertate
in modo vincolante nel giudizio cantonale permettano o no di considerare
abusive le pretese salariali del ricorrente costituisce un apprezzamento
giuridico dei fatti e può quindi essere esaminata dal Tribunale federale
nella giurisdizione per riforma.

4.2  Per quanto concerne la preminenza delle condizioni salariali stabilite
nell'autorizzazione amministrativa su quelle contrattuali si può rinviare
alla DTF 129 III 618 consid. 5.1 - citata anche dai giudici d'appello - nella
quale il Tribunale federale ha confermato la nullità delle seconde in forza
degli art. 342 cpv. 2 e 361 CO, combinati con l'art. 9 OLS (ordinanza che
limita l'effettivo degli stranieri del 6 ottobre 1986; RS 823.21).

Nella medesima sentenza è stato inoltre rammentato che, secondo una
giurisprudenza consolidata, sarebbe contrario allo spirito della legge
privare il lavoratore della protezione accordatagli dall'art. 341 cpv. 1 CO
per il tramite dell'istituto dell'abuso di diritto. La violazione delle
regole della buona fede può essere ammessa solo se qualificata e, come
giustamente osservato dall'attore, in presenza di circostanze eccezionali.
Non sono stati ritenuti sufficienti, ad esempio, l'accordo del dipendente di
concludere un contratto a condizioni peggiori di quelle dichiarate, la
presenza della sua firma sulle schede degli stipendi nonché il fatto ch'egli
avesse fatto valere le sue pretese solo dopo la cessazione del rapporto di
lavoro (DTF citata consid. 5.2).
4.3  Alla luce di questa prassi bisogna convenire con l'attore che la sola
tardività nel rivendicare i salari arretrati non può essere indice di
malafede. Nel suo caso questo comportamento va però messo in relazione con le
altre (significative) circostanze evidenziate nel giudizio impugnato, alle
quali egli si guarda bene dall'accennare. Giovi ricordare che l'attore era
dirigente (prima direttore, poi direttore amministrativo) e organo
(consigliere d'amministrazione con diritto di firma) della ditta convenuta,
in altre parole egli non era un dipendente qualsiasi. In particolare è stato
accertato ch'egli "allestiva tutte le schede di stipendio per il personale
d'ufficio (...) tra le quali la propria". Anche la mancata contestazione
delle condizioni d'impiego durante la vigenza del contratto - la quale di per
sé, come detto, non sarebbe sufficiente per ammettere l'abuso di diritto -
assume una valenza accresciuta nel caso specifico: la sentenza d'appello ha
infatti stabilito ch'essa è persistita anche dopo che l'attore aveva ottenuto
il permesso di domicilio, ossia quando era venuta a mancare la pressione che
poteva derivargli dalla legislazione federale sulla manodopera straniera.

Le considerazioni dell'autorità cantonale a questo riguardo sono pertanto
pertinenti e la conclusione secondo cui, in concreto, la rivendicazione della
differenza tra lo stipendio pattuito e quello dichiarato alle autorità
amministrative, viste le circostanze particolari in cui è avvenuta,
costituisce un abuso di diritto, appare corretta. Anche sotto questo profilo
la sentenza impugnata è dunque conforme al diritto federale, in particolare
all'art. 341 CO e all'art. 2 CC.

5.
Per i motivi che precedono il ricorso per riforma va respinto nella misura in
cui è ammissibile.

Gli oneri processuali e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1
e 159 cpv. 1 e 2 OG). Trattandosi di una vertenza in materia di contratto di
lavoro con un valore di causa superiore a fr. 30'000.-- si preleva una tassa
di giustizia (art. 343 cpv. 2 e 3 CO).

Il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso per riforma è respinto.

2.
La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico dell'attore, il quale
rifonderà alla convenuta fr. 6'000.-- per spese ripetibili della sede
federale.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 17 giugno 2004

In nome della I Corte civile
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  La cancelliera: