Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung 1P.712/2004
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1P.712/2004 /viz

Sentenza del 22 febbraio 2005
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Féraud, presidente,
Nay, Eusebio,
cancelliere Crameri.

Pietro Bertossa, 6537 Grono,
Rolf Kleinstein, 6537 Grono,
ricorrenti,
entrambi patrocinati dall'avv. Fabrizio Keller,
palazzo Polti, 6537 Grono,

contro

Carlo Bernasconi, 6537 Grono,
Alfredo Tognacca, 6537 Grono,
opponenti,
patrocinati dall'avv. dott. Marco Toller, Bahnhofplatz 7, casella postale
627, 7001 Coira,
Comune di Grono, 6537 Grono,
patrocinato dall'avv. Andrea Toschini,
casa Moesa, 6535 Roveredo,
Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni,
1a Camera, Obere Plessurstrasse 1, 7001 Coira.

elezioni comunali,

ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata
il 18 novembre 2004 dal Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni.

Fatti:

A.
Il 30 ottobre 2004 sono state pubblicate all'albo del Comune di Grono le
liste per le elezioni delle autorità comunali per il quadriennio 2005/ 2008,
inizialmente previste per il 28 novembre 2004. Per la carica di sindaco sono
state depositate due liste, una proponente Carlo Bernasconi, sindaco uscente,
e l'altra Giulio Belletti. Anche per le cariche dei municipali sono state
presentate due liste, una con quattro candidati, tra i quali figura l'uscente
Alfredo Tognacca, e l'altra con due candidati.
L'elezione si fonda sull'art. 32 cpv. 3 dello statuto organico comunale
(SOC), approvato dall'assemblea comunale il 29 agosto 2004, che ha il tenore
seguente: "La rieleggibilità è di due legislature (un membro del Municipio
può restare in carica al massimo dodici anni). La rielezione è di nuovo
ammessa dopo la sospensione di una legislatura". L'art. 9 SOC dispone che la
durata ordinaria della carica delle autorità comunali è di quattro anni.

B.
Con ricorso del 2 novembre 2004 Pietro Bertossa e Rolf Kleinstein, cittadini
di Grono, hanno chiesto al Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni
di accertare la nullità rispettivamente l'annullabilità delle candidature di
Carlo Bernasconi e di Alfredo Tognacca, visto che entrambi sono stati eletti
nel 1997, rieletti nel 1998 e ancora nel 2001. Gli insorgenti hanno fatto
valere che con la contestata candidatura i due interessati potrebbero venir
rieletti per la terza volta, ciò che sarebbe contrario al menzionato art. 32
cpv. 3 SOC.
Mediante decisione del 18 novembre 2004 la Corte cantonale ha ritenuto che
secondo l'interpretazione letterale dell'art. 32 cpv. 3 SOC, considerato
chiaro e inequivocabile, un candidato può essere rieletto soltanto due volte.
Essi hanno tuttavia stabilito che i mandati precedentemente compiuti dai due
candidati, ove erano previste legislature triennali, non costituivano
legislature ai sensi dell'art. 9 SOC. Hanno ritenuto inoltre che l'attuale
statuto organico comunale, vista l'assenza di norme transitorie, presenta una
lacuna legislativa, da essi colmata nel senso che i due candidati, in carica
da soli sette anni, possono farsi rieleggere per quattro anni.

C.
Avverso questa sentenza Pietro Bertossa e Rolf Kleinstein presentano, il 2
dicembre 2004, un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale.
Chiedono, in via principale, di annullarla e, in via subordinata, di
riformarla nel senso di accertare la nullità o l'annullabilità della
candidatura del sindaco uscente e di dichiarare tacitamente eletto l'altro
candidato, come pure di accertare la nullità o l'annullabilità della
candidatura di Alfredo Tognacca e di decretare la sua non partecipazione
all'elezione.
Con decreto presidenziale del 6 dicembre 2004 la domanda di effetto
sospensivo è stata respinta in via superprovvisionale.

D.
Nella votazione del 12 dicembre 2004 Carlo Bernasconi è stato eletto sindaco
con 245 voti, mentre Giulio Belletti ne ha ottenuti 152; Alfredo Tognacca,
che ha ottenuto 192 preferenze, non è stato eletto quale municipale.
Carlo Bernasconi e Alfredo Tognacca, limitandosi a rilevare che nella misura
in cui concerne quest'ultimo il ricorso sarebbe divenuto privo di oggetto,
rinviando per il resto alla motivazione del giudizio impugnato, propongono di
dichiarare inammissibile il ricorso, eventualmente di respingerlo. Le stesse
conclusioni sono formulate dal Comune di Grono nella risposta del 14 gennaio
2005. La Corte cantonale conclude per la reiezione, in quanto ammissibile,
dell'impugnativa.

Diritto:

1.
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione
l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere
vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro
conclusioni (DTF 130 II 65 consid. 1).

1.2 La legittimazione dei ricorrenti, cittadini attivi del Comune di Grono, è
pacifica (DTF 130 I 290 consid. 1.2; 129 I 185 consid. 1.3).
1.3 Nei ricorsi fondati sull'art. 85 lett. a OG il Tribunale federale esamina
con piena cognizione le norme costituzionali federali e cantonali, nonché le
disposizioni del diritto cantonale di rango inferiore, che sono in stretta
relazione con il diritto di voto o ne precisano il contenuto o la portata
(DTF 129 I 185 consid. 2; 123 I 41 consid. 6b; 120 Ia 194 consid. 2). Ciò si
verifica nella fattispecie, come esposto a ragione dai ricorrenti, riguardo
all'interpretazione dell'art. 32 SOC. Esso esamina invece l'applicazione del
restante diritto cantonale e l'accertamento dei fatti solo con cognizione
limitata all'arbitrio (DTF 121 I 334 consid. 2b). In casi di interpretazione
manifestamente dubbia, il Tribunale federale si attiene all'opinione espressa
dall'istanza cantonale superiore (DTF 121 I 357 consid. 3). Nella fattispecie
i ricorrenti né censurano un'errata applicazione dell'art. 34 Cost., che
garantisce i diritti politici, né dell'art. 10 Cost./GR, che disciplina i
principi del diritto di elezione, norme da loro non invocate; essi sostengono
unicamente che, riguardo all'art. 32 cpv. 3 SOC, si sarebbe in presenza,
semmai, di una lacuna impropria, che non potrebbe essere colmata.

1.4 Per costante giurisprudenza, i ricorsi per violazione dei diritti
politici e i ricorsi relativi alle elezioni e votazioni cantonali, in cui
rientrano anche quelle comunali (DTF 129 I 185 consid. 1.1; 120 Ia 194
consid. 1a e b), sottostanno alle stesse esigenze procedurali degli altri
ricorsi di diritto pubblico; il ricorso deve pertanto precisare in che
consista la violazione dei diritti costituzionali o delle norme giuridiche
invocati (art. 90 cpv. 1 lett. b OG; DTF 129 I 185 consid. 1.6; 121 I 334
consid. 1b, 357 consid. 2d). La libertà di voto e di elezione garantisce al
cittadino elettore che siano riconosciuti solo i risultati elettorali
corrispondenti in modo affidabile e non falsato alla volontà dell'elettore
liberamente espressa (art. 34 cpv. 2 Cost.; DTF 129 I 232 consid. 4.2; 125 I
441 consid. 2a; 124 I 55 consid. 2a; 121 I 138 consid. 3).

1.5 Riguardo all'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata, i
ricorrenti rilevano che detta esposizione non sarebbe sufficientemente
dettagliata, per cui si renderebbero necessarie alcune precisazioni. Con
quest'accenno essi non dimostrano tuttavia che i fatti sarebbero stati
accertati in maniera arbitraria; essi sono quindi vincolanti per il Tribunale
federale. Per di più, nella procedura di ricorso di diritto pubblico non si
possono addurre, di massima, fatti nuovi, far valere nuove censure o produrre
nuovi documenti (DTF 129 I 49 consid. 3; 120 Ib 20 consid. 5c; 118 Ia 20
consid. 5a; 114 Ia 204 consid. 1a; Walter Kälin, Das Verfahren der
staatsrechtlichen Beschwerde, 2a ed., Berna 1994, pag. 369; Karl Spühler, Die
Praxis der staatsrechtlichen Beschwerde, Zurigo, 1994, pag. 53 seg. n. 109 e
110).
Del resto, i ricorrenti si diffondono a illustrare e precisare i fatti che
avrebbero portato alla revisione dell'art. 32 SOC. Secondo loro, questa
modificazione sarebbe riconducibile a un'iniziativa del Municipio, concretata
dalla Commissione revisione regolamenti, della quale fanno parte i due
opponenti, accettata in seguito dal Consiglio comunale, rappresentato a
schiacciante maggioranza da membri del gruppo cui fanno capo i due candidati
litigiosi; la revisione della citata norma fu approvata dal popolo il 29
agosto 2004. Ora, insistendo sulle modalità dell'adozione della norma in
discussione, i ricorrenti disattendono che questi rilievi sono ininfluenti e
comunque tardivi, visto ch'essi non hanno contestato tempestivamente
eventuali irregolarità impugnando tempestivamente il risultato dello
scrutinio.

1.6 I ricorrenti rilevano che dinanzi alla Corte cantonale essi avevano
auspicato l'attuazione di una procedura urgente, limitata a un solo scambio
di allegati scritti. Nella risposta i patrocinatori del Comune e degli
opponenti hanno proposto, oltre all'argomento legato all'interpretazione
dell'art. 32 cpv. 3 SOC, quello nuovo, a dire dei ricorrenti, della lacuna
legislativa, sul quale essi non hanno quindi potuto esprimersi. Ne deducono
che si sarebbe in presenza di un'eccezione idonea a permettere di proporre
allegazioni, fatti o prove nuove nell'ambito del ricorso di diritto pubblico.

1.6.1 L'assunto è impreciso. La censura ricorsuale attiene infatti, più
propriamente, a un'eventuale violazione del diritto di essere sentito dei
ricorrenti, garantito segnatamente, oltre che dall'art. 29 cpv. 2 Cost.,
dall'art. 60 della legge sul Tribunale amministrativo, del 9 aprile 1967
(LTA), secondo cui si ordinano la replica e la duplica, tra l'altro, se la
risposta ricorsuale contiene importanti eccezioni o obiezioni alle quali il
ricorrente non poteva aver pensato. L'accenno ricorsuale non adempie tuttavia
le esigenze di motivazione dell'art. 90 OG. I ricorrenti si limitano infatti
a richiamare questa norma senza spiegare perché essi non avrebbero potuto
aspettarsi l'adduzione della contestata tesi.

1.6.2 Certo, di massima, in presenza di un argomento giuridico completamente
nuovo, al quale i ricorrenti non potevano prevedere di essere confrontati, il
diritto di essere sentito e l'art. 60 LTA avrebbero imposto ch'essi potessero
esprimersi nuovamente al riguardo (DTF 128 V 272 consid. 5b/bb; 125 II 265
consid. 4d/cc pag. 277 e rinvii; 124 I 49 consid. 3c; 123 I 63 consid. 2d
pag. 69). Nel ricorso inoltrato al Tribunale amministrativo i ricorrenti
avevano nondimeno rilevato che, riguardo all'art. 32 SOC, lo statuto organico
comunale non conteneva nessuna disposizione transitoria o riserva per quanto
attiene le elezioni e la norma che limita il periodo di carica (n. 4 pag. 6).
Ne segue che la questione di un'eventuale lacuna legislativa non costituiva
un argomento giuridico completamente nuovo. Del resto, ritenuto che i
ricorrenti hanno potuto esprimersi compiutamente sulla questione della lacuna
legislativa nell'ambito della presente procedura, un'eventuale lesione del
diritto di essere sentito sarebbe comunque stata sanata. La questione di
sapere se con la citata censura i ricorrenti avrebbero disatteso il principio
della buona fede processuale, ritenuto che dinanzi alla Corte cantonale essi
hanno espressamente chiesto di limitare la procedura a un solo scambio di
scritti, non dev'essere pertanto esaminata oltre.

1.7 Nelle loro osservazioni Carlo Bernasconi e Alfredo Tognacca sostengono
che, in seguito alla mancata elezione di quest'ultimo quale municipale, il
ricorso, per quanto lo concerne, sarebbe divenuto privo di oggetto. La
deduzione non regge. In effetti, nell'ipotesi in cui il ricorso fosse
fondato, Alfredo Tognacca non avrebbe potuto partecipare all'elezione.
Ritenuto ch'egli ha ottenuto 192 voti e che l'altra candidata non eletta ne
ha ottenuto 166, mentre i municipali eletti hanno ottenuto rispettivamente
196, 199, 201 e 244 voti, non è escluso che in assenza della candidatura
litigiosa l'esito delle elezioni avrebbe potuto essere diverso, poiché i voti
ricevuti da Alfredo Tognacca sarebbero stati ripartiti sugli altri candidati,
se del caso su quella non eletta (cfr. su questo tema DTF 130 I 290 consid.
3, 3.4 e 6; 129 I 185 consid. 8.1 pag. 204 e rinvii; 119 Ia 271 consid. 3b).
La libertà di voto e di elezione deve infatti garantire al cittadino
elettore, come già rilevato, che siano riconosciuti solo i risultati
elettorali corrispondenti in modo affidabile e non falsato alla volontà
dell'elettore liberamente espressa (art. 34 cpv. 2 Cost.; DTF 129 I 232
consid. 4.2; 125 I 441 consid. 2a; 124 I 55 consid. 2a).

2.
2.1 Dagli atti di causa risulta che le norme comunali concernenti la materia
in esame sono state modificate tre volte: il regolamento sulle elezioni e
votazioni del 19 novembre 1980 (art. 8) prevedeva una durata triennale della
carica e non ne fissava alcun limite massimo; lo statuto del 29 aprile 1998
(art. 9) confermava la durata triennale e introduceva, con l'art. 32, la
limitazione della durata massima del mandato a dodici anni, corrispondente a
quattro legislature; infine, lo statuto del 29 agosto 2004 dispone l'aumento
del periodo della carica da tre a quattro anni (art. 9) e, mantenendo la
durata massima a dodici anni, riduce da quattro a tre i periodi di
legislatura (art. 32).

2.2 Secondo la giurisprudenza, una norma va innanzitutto interpretata secondo
il suo tenore letterale (interpretazione letterale). Se il testo legale non è
assolutamente chiaro o se sono possibili più interpretazioni, il giudice è
tenuto a ricercare il vero significato della norma deducendolo dalle
relazioni che intercorrono tra essa e altre disposizioni legali e dal
contesto legislativo in cui si inserisce (interpretazione sistematica), dal
fine che la norma persegue o dall'interesse tutelato (interpretazione
teleologica), nonché dalla volontà del legislatore come traspare dai
materiali legislativi (interpretazione storica). Se il testo di legge è
chiaro, l'autorità chiamata ad applicare il diritto può distanziarsene
soltanto se sussistono motivi fondati per ritenere che la sua formulazione
non rispecchi completamente il vero senso della norma. Simili motivi possono
risultare dai materiali legislativi, dallo scopo della norma, come pure dalla
relazione tra quest'ultima e altre disposizioni (DTF 129 I 12 consid. 3.3;
128 II 56 consid. 4, 66 consid. 4a; 128 I 34 consid. 3b; 126 II 71 consid. 6d
pag. 80 seg.).
2.3 I ricorrenti adducono, in primo luogo, che la Corte cantonale avrebbe
dovuto chiedersi se la legislatura, in applicazione dell'art. 9 SOC
attualmente in vigore, secondo cui la durata ordinaria delle autorità
comunali è di quattro anni, terminava effettivamente alla fine del 2004.
Secondo i ricorrenti, rilevato che anche per questa norma non sono previste
disposizioni transitorie, non era manifesto che la legislatura si concludesse
dopo soli tre anni, ovvero un anno prima del termine previsto dallo statuto.
Sostengono quindi che il Tribunale amministrativo avrebbe dovuto accertare
l'esistenza di due lacune. La critica, nuova, è inammissibile.
In effetti, nel ricorso presentato al Tribunale amministrativo i ricorrenti
hanno espressamente rilevato che il mandato terminava il 31 dicembre 2004 (n.
2 pag. 5) e non hanno del tutto sollevato e addotto la predetta censura.
Questa, nuova, è pertanto inammissibile nel presente ricorso nel quale, di
massima, non si possono far valere nuove allegazioni di fatto e di diritto. È
del resto palese che la legislatura precedente, iniziata nel 2002, terminava
il 31 dicembre 2004, ritenuta la precedente durata triennale della stessa.

3.
3.1
I giudici cantonali hanno ritenuto che l'art. 32 SOC lascia spazio a un'unica
interpretazione, ossia che un candidato, dopo la prima elezione, può
riproporsi ed essere rieletto ancora due volte; in totale può quindi
presentarsi per tre legislature consecutive. Essi hanno stabilito che questa
interpretazione non può essere mutata dalla precisazione, inserita tra
parentesi, secondo cui "un membro del Municipio può restare in carica al
massimo 12 anni": la durata complessiva costituendo semplicemente la somma di
tre possibili cariche consecutive con una durata ordinaria di quattro anni
ciascuna, ciò che non esclude una rimanenza in carica ridotta. Ne hanno
concluso che, il testo di legge essendo chiaro e inequivocabile,
l'interpretazione storica, sistematica e teleologica non potrebbe condurre a
un altro risultato, trasformando in pratica la rieleggibilità per due
legislature in tre, ciò che sarebbe assolutamente escluso.

3.2 La tesi, apodittica, non tiene conto degli argomenti sollevati nella sede
cantonale dal Comune. Come si evince dalla decisione impugnata, esso aveva
infatti rilevato che nella disciplina del 1980 la carica era triennale, senza
alcun limite massimo; lo statuto del 1998 confermava la carica triennale e
introduceva, mediante l'art. 32 SOC, il limite massimo di dodici anni della
carica; lo statuto del 2004 aumenta la durata della carica di un anno
riducendo quindi da quattro a tre le legislature. Nonostante i cambiamenti,
sarebbe rimasta intatta la volontà di mantenere la durata massima di carica a
dodici anni. Secondo il Comune, scopo dell'art. 32 cpv. 3 SOC era di
introdurre una norma che garantisse il necessario ricambio nell'esecutivo
comunale e che tenesse nel contempo conto della difficoltà di trovare persone
disposte ad accettare cariche pubbliche. Sosteneva quindi che
un'interpretazione strettamente letterale non potrebbe omettere di
considerare il riferimento ai dodici anni quale limite massimo; anche
l'interpretazione storica, sistematica e teleologica della norma litigiosa
porterebbe alla conclusione che per il legislatore non sarebbero determinanti
i periodi di carica, bensì la durata complessiva massima della funzione.

3.3 I giudici cantonali hanno accertato, a ragione, che i mandati
precedentemente compiuti dai due candidati, quando erano previste legislature
triennali, non costituivano legislature ai sensi dell'art. 9 SOC. Essi hanno
ritenuto tuttavia che l'attuale statuto comunale, vista l'assenza di norme
transitorie, presenterebbe una lacuna legislativa, da essi colmata nel senso
che i due candidati, in carica da soli sette anni, possono farsi rieleggere
per ulteriori quattro anni.

3.4 Riguardo alla sussistenza di una lacuna, i ricorrenti si limitano a
rilevare che i candidati uscenti sono già stati rieletti per due legislature
e che quindi non potrebbero più candidarsi. Con quest'accenno essi non
dimostrano tuttavia, con una motivazione conforme all'art. 90 OG, che il
Tribunale amministrativo avrebbe ritenuto a torto la presenza di una lacuna
legislativa, né spiegano perché le due legislature, di durata differente,
sarebbero equiparabili. D'altra parte, essi non contestano i motivi che hanno
condotto la Corte cantonale ad accertare l'assenza di norme transitorie e ad
ammettere di conseguenza la contestata lacuna. Essa ha ritenuto infatti che
la limitazione del diritto degli opponenti, rispetto a terzi, a essere eletti
alle cariche pubbliche violerebbe i principi della parità di trattamento,
della proporzionalità e della buona fede, come pure il divieto dell'arbitrio.
Queste conclusioni non sono criticate dai ricorrenti, che si limitano a
sostenere che si tratterrebbe, semmai, di una lacuna impropria, non colmabile
da parte del giudice.
Un testo legale soffre di una lacuna, alla quale il giudice deve rimediare
secondo la regola generale posta dall'art. 1 cpv. 2 CC, quando lascia
irrisolta una questione giuridica che la sua applicazione solleva
inevitabilmente e che una soluzione non può essere dedotta né dal testo né
dall'interpretazione della legge (lacuna propria; DTF 125 III 425 consid. 3a;
117 III 3 consid. 2b) oppure quando, a causa di un'incongruenza del
legislatore, omette di disciplinare un quesito, la cui soluzione scaturisce
dalle idee e dagli scopi di quest'ultimo. Per converso, il giudice non può
supplire al silenzio della legge quando la lacuna è stata voluta dal
legislatore (silenzio qualificato) e corrisponde a una norma negativa oppure
quando l'omissione consiste nella mancanza di una regola desiderabile (lacuna
impropria), perché in tal caso si sostituirebbe al legislatore; egli può
tuttavia farlo se costituisce abuso di diritto o addirittura viola la
Costituzione invocare il senso considerato determinante della normativa (DTF
126 II 71 consid. 6d pag. 80; 124 V 271 consid. 2a, 346 consid. 3b/aa).

3.5 Il Tribunale amministrativo ha rettamente stabilito che le precedenti
legislature, triennali, non costituiscono una legislatura ai sensi del nuovo
art. 9 SOC, della durata di quattro anni. La Corte ha tuttavia ritenuto, non
senza una certa contraddizione, che il tener conto dei mandati di una durata
triennale significa applicare la norma più severa di due legislazioni
diverse: per ovviare a questo risultato insoddisfacente, essa ha pertanto
accertato l'assenza di norme transitorie disciplinanti la posizione dei
candidati uscenti. Ora, se i mandati precedenti, triennali, non possono
essere comparati ai nuovi mandati della durata di quattro anni, decisivo non
può essere il numero delle rielezioni nell'ambito di siffatte legislature,
ritenuto che si tratta di mandati di differente durata, ma unicamente la
limitazione della durata complessiva di dodici anni fissata dalla norma
litigiosa. Questa limitazione non avrebbe, altrimenti, alcun senso. Lo
statuto del 1980 non prevedeva in effetti alcun limite massimo della carica:
introducendo la limitazione a dodici anni con quello del 1998, i candidati
uscenti potevano rimanere in carica o ricandidarsi soltanto sino alla fine di
questo periodo. Non aveva e non ha in effetti alcun senso fissare
espressamente una limitazione che corrispondeva e che corrisponde alla durata
delle possibili cariche consecutive (quattro volte tre anni per lo statuto
del 1998 e tre volte quattro anni per quello del 2004). L'emanazione di norme
transitorie, che poteva riferirsi soltanto ai candidati uscenti, non era
infatti necessaria, visto che determinante non è tanto il numero delle loro
rielezioni, concernenti inoltre periodi di carica di durata differente, ma il
non superamento del limite consecutivo massimo di dodici anni dei loro
mandati. La facoltà per gli opponenti di ripresentarsi non comporta infatti,
come ritenuto dalla Corte cantonale, la loro rieleggibilità per tre
legislature, ritenuto che si tratta di legislature di durata differente e
quindi non equiparabili.
Del resto, dal messaggio 21 luglio 2004 della Commissione revisione
regolamenti al Consiglio comunale e da quello municipale per la votazione del
29 agosto 2004, si evince che la durata della carica disciplinata dall'art. 9
è stata aumentata da tre a quattro anni per favorire lo svolgimento dei
lavori che si protraggono oltre la legislatura, mentre l'art. 32 ha inteso
ridurre la possibilità di rielezione da tre a due legislature. Scopo della
modificazione non è quindi limitare le possibilità di rielezione dei
candidati, ma, al contrario, di assicurare una certa continuità della loro
carica, e inoltre, in tal modo, evitare di chiamare i cittadini alle urne
ogni tre anni. Ora, ritenuto che la limitazione della rieleggibilità a due
legislature può riferirsi unicamente a quelle della durata di quattro anni,
come del resto ritenuto anche dal Tribunale amministrativo, è evidente che
nei confronti degli opponenti è applicabile soltanto la limitazione dei
dodici anni. Del resto, la soluzione adottata dal Tribunale amministrativo
implicherebbe comunque, nel risultato, che per i candidati uscenti la
rieleggibilità è ammessa non per due ma per tre legislature.

3.6 Per giurisprudenza costante, il Tribunale federale può rinunciare
all'annullamento della decisione impugnata se il suo risultato, segnatamente
il suo dispositivo, può senz'altro essere confermato con altri motivi,
ritenuto che l'annullamento di un giudizio si giustifica, di massima,
unicamente quando esso è arbitrario nel suo risultato e non solo nella sua
motivazione (DTF 129 I 8 consid. 2.1; 128 I 273 consid. 2.1). Questo modo di
procedere, comunque da esercitare con riserbo e solo se la situazione
giuridica appare sufficientemente chiara, è consentito, in particolare,
quando il Tribunale federale è chiamato, come in concreto, a pronunciarsi con
piena cognizione (DTF 130 I 241 consid. 4.4; 112 Ia 129 consid. 3c; Kälin,
op. cit., pag. 391).

4.
Vista la natura del procedimento (art. 85 lett. a OG), non si prelevano
spese. I ricorrenti dovranno rifondere al Comune, patrocinato da un legale,
un'equa indennità per ripetibili della sede federale, mentre non si
giustifica, visto il contenuto delle loro osservazioni, di attribuire
un'indennità per ripetibili agli opponenti (art. 159 cpv. 1 OG).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile il ricorso è respinto.

2.
Non si preleva tassa di giustizia. I ricorrenti rifonderanno al Comune di
Grono un'indennità di fr. 2'000.-- per ripetibili della sede federale.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e al Tribunale amministrativo del
Cantone dei Grigioni.

Losanna, 22 febbraio 2005

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: