Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung 1P.369/2004
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1P.369/2004 /viz

Sentenza del 13 giugno 2005
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Féraud, presidente,
Aeschlimann, Eusebio,
cancelliere Crameri.

Giorgio Ghiringhelli,
ricorrente,

contro

Municipio di Losone,
Ufficio cantonale di accertamento del Cantone Ticino,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,

art. 29, 30, 34 cpv. 2 Cost., art. 6 CEDU (elezione del Consiglio comunale di
Losone; procedura di spoglio),

ricorso di diritto pubblico contro la decisione
del 25 maggio 2004 del Consiglio di Stato del
Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Il 2/4 aprile 2004 hanno avuto luogo le elezioni di 118 Municipi e di 116
Consigli comunali. Sulla base dello spoglio effettuato a Bellinzona, il 5
aprile 2004 l'Ufficio cantonale di accertamento, riguardo alla designazione
del Consiglio comunale di Losone per il quadriennio amministrativo 2004-2008,
ha proceduto alla proclamazione dei risultati seguenti. (cfr. Foglio
Ufficiale del Cantone Ticino n. 29 del 9 aprile 2004, pag. 2644 segg.):
Denominazione lista
Suddivisione schede
Totale voti di partito
Totale seggi attribuiti
LISTA DELLA SINISTRA
401
19'621
6
PLR
602
30'053
9
PPD + GEN. GIOVANI
544
27'705
9
GUASTAFESTE - VERDI
235
11'387
3
UDC - NUOVA LOSONE
486
24'634
8

Nel verbale di spoglio è stato accertato che delle 2'443 schede deposte
nell'urna, 2'268 erano valide (92,9%), 125 nulle (5,1%) e 50 bianche (2,0%).

B.
Avverso i risultati di questa elezione, in particolare riguardo al mancato
conseguimento del quarto seggio da parte della lista "Il Guastafeste con i
Verdi", Giorgio Ghiringhelli è insorto, il 19 aprile 2004, dinanzi al
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, postulando, in sostanza, un nuovo
spoglio delle schede. Secondo l'insorgente, la differenza di 118 voti tra la
lista "Partito Popolare Democratico + Generazione Giovani" e quella "Il
Guastafeste con i Verdi", pari a sole 2,36 schede (visto che il valore della
scheda ammonta a 50, segnatamente 35 candidati da eleggere e 15 voti
preferenziali), ossia lo 0,1% delle 2'268 schede valide, giustificherebbe una
verifica approfondita dei risultati, ritenuto che la fatica e la stanchezza
potrebbero avere comportato errori nell'ambito dello spoglio. L'Esecutivo
cantonale, con decisione del 25 maggio 2004, ha respinto il ricorso. Ha
ritenuto, tra l'altro, che dubbi o riserve riferite al mancato conseguimento
di un seggio per pochi suffragi non costituiscono un motivo valido e/o
sufficiente per postulare verifiche sull'esito di un'elezione, ritenuto che
l'insorgente non aveva addotto argomentazioni puntuali circa errori di
lettura e di conteggio dei voti.

C.
Avverso questa decisione Giorgio Ghiringhelli presenta un ricorso di diritto
pubblico secondo l'art. 85 lett. a OG. Chiede, in via supercautelare, di
ordinare al Consiglio di Stato di non precedere alla distruzione del
materiale di voto e, nel merito, di annullare la decisione governativa,
quella di proclamazione dei risultati e il verbale del loro accertamento.
Con decreto presidenziale del 26 agosto 2004, rilevato che l'Esecutivo
cantonale ha confermato che secondo la normativa in vigore il materiale di
voto viene conservato in luogo sicuro, è stato accertato che la domanda
superprovvisionale era priva di oggetto.

D.
Il Comune di Losone, osservato che si tratta di una questione che esula dalla
competenza comunale, senza formulare osservazioni, si rimette al giudizio del
Tribunale federale. Il Consiglio di Stato propone di respingere il ricorso in
quanto ammissibile. Nella replica del 18 ottobre 2004 il ricorrente ha
ribadito le sue argomentazioni e conclusioni. L'Ufficio cantonale di
accertamento del Cantone Ticino, invitato ad esprimersi, non si è pronunciato
sul ricorso.

Diritto:

1.
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione
l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere
vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro
conclusioni (DTF 131 II 58 consid. 1, 130 II 65 consid. 1).

1.2 Il ricorrente presenta un ricorso di diritto pubblico per violazione del
diritto di voto secondo l'art. 85 lett. a OG. Egli ha esaurito il corso delle
istanze cantonali (cfr. art. 164 cpv. 1 e 2 della legge sull'esercizio dei
diritti politici, del 7 ottobre 1998, LEDP). La sua legittimazione è
pacifica, in quanto cittadino attivo del Comune di Losone (DTF 130 I 290
consid. 1.2, 129 I 185 consid. 1.3).
1.3 Nei ricorsi fondati sull'art. 85 lett. a OG il Tribunale federale esamina
con piena cognizione le norme costituzionali federali e cantonali, nonché le
disposizioni del diritto cantonale di rango inferiore, che sono in stretta
relazione con il diritto di voto o ne precisano il contenuto o la portata
(DTF 129 I 185 consid. 2, 123 I 41 consid. 6b, 120 Ia 194 consid. 2). Per
contro, esso esamina l'applicazione del restante diritto cantonale e
l'accertamento dei fatti solo con cognizione limitata all'arbitrio (DTF 121 I
334 consid. 2b). In casi di interpretazione manifestamente dubbia, il
Tribunale federale si attiene all'opinione espressa dall'istanza cantonale
superiore (DTF 121 I 357 consid. 3).

1.3.1 Per costante giurisprudenza, i ricorsi per violazione dei diritti
politici e i ricorsi relativi alle elezioni e votazioni cantonali, in cui
rientrano anche quelle comunali (DTF 129 I 185 consid. 1.1, 120 Ia 194
consid. 1a e b), sottostanno alle stesse esigenze procedurali degli altri
ricorsi di diritto pubblico; il ricorso deve pertanto precisare in che
consista la violazione dei diritti costituzionali o delle norme giuridiche
invocati (art. 90 cpv. 1 lett. b OG; DTF 129 I 185 consid. 1.6, 121 I 334
consid. 1b, 357 consid. 2d). Inoltre, secondo costante giurisprudenza, il
Tribunale federale annulla la decisione impugnata quando essa sia
insostenibile e quindi arbitraria non solo nella motivazione, bensì anche nel
risultato (DTF 129 I 8 consid. 2.1, 128 I 177 consid. 2.1).
1.3.2 La libertà di voto e di elezione garantisce al cittadino elettore che
siano riconosciuti solo i risultati elettorali corrispondenti in modo
affidabile e non falsato alla volontà dell'elettore liberamente espressa
(art. 34 cpv. 2 Cost.; DTF 130 I 290 consid. 3.1, 129 I 232 consid. 4.2, 125
I 441 consid. 2a). Sulla base di questa garanzia, ogni cittadino elettore che
adempie i requisiti all'uopo stabiliti e conformi alla Costituzione deve
poter partecipare come candidato o elettore su un piano di pari opportunità
rispetto a ogni altro cittadino elettore. Il cittadino può quindi pretendere
che l'autorità incaricata dello spoglio conti in maniera regolare e corretta
i suffragi espressi (DTF 98 Ia 73 consid. 4; sentenza 1P.363/1994 del 15
dicembre 1994, consid. 1c, apparsa in Plädoyer 2/1995 pag. 53 seg.; cfr.
anche DTF 121 I 138 consid. 3 in fine).

1.3.3 Quando il Tribunale federale accerta l'esistenza di errori di
procedura, esso annulla la votazione soltanto quando le criticate
irregolarità siano rilevanti e abbiano potuto influenzare l'esito dello
scrutinio. In questi casi, il cittadino non deve dimostrare che il vizio ha
avuto ripercussioni importanti sull'esito della votazione, essendo
sufficiente che una siffatta conseguenza sia possibile, ciò che il Tribunale
federale esamina, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie,
liberamente. In tale contesto, esso considera in particolare l'ampiezza della
differenza dei voti, la gravità del vizio accertato e la sua importanza nel
quadro complessivo della votazione (DTF 130 I 290 consid. 3, 3.4 e 6, 129 I
185 consid. 8.1 pag. 204 e rinvii, 119 Ia 271 consid. 3b). In concreto è
pacifico che la contestata differenza di voti avrebbe potuto influire
sull'esito dell'elezione comunale e sull'attribuzione di un quarto seggio
alla menzionata lista.

2.
2.1 Il ricorrente accenna a una lesione del diritto di essere sentito, poiché
la decisione impugnata, al suo dire carente di motivazione, sarebbe stata
presa senza istruttoria e senza procedere a uno scambio di scritti.

2.2 Le critiche, generiche, non reggono. Dal diritto di essere sentito,
desumibile dall'art. 29 cpv. 2 Cost., la giurisprudenza ha dedotto, tra
l'altro, il diritto dell'interessato di ottenere una decisione motivata.
Questa norma, ritenuto che il ricorrente non invoca alcuna disposizione del
diritto cantonale che disciplina in primo luogo la portata di tale diritto
(DTF 126 I 19 consid. 2a, 15 consid. 2a), non pone esigenze troppo severe
all'obbligo di motivazione e l'autorità giudicante è tenuta ad esprimersi
unicamente sulle circostanze significative, atte a influire in qualche
maniera sul giudizio di merito, e non su ogni asserzione delle parti: essa ha
essenzialmente lo scopo di permettere, da un lato, agli interessati di
afferrare le ragioni che stanno alla base della decisione e - come avvenuto
nella fattispecie - di impugnarla con cognizione di causa e, dall'altro,
all'autorità di ricorso di esaminare la fondatezza della decisione medesima
(DTF 129 I 232 consid. 3.2, 126 I 97 consid. 2b, 15 consid. 2a/aa in fine).
La criticata decisione, che si esprime sull'applicazione di tutte le norme
pertinenti, sugli elementi decisivi del contestato conteggio e sulle censure
addotte dal ricorrente, adempie chiaramente tali esigenze. Né il ricorrente
spiega, tralasciando di invocare una qualsiasi norma del diritto cantonale
che l'imporrebbe, perché il Consiglio di Stato, ritenuto che la questione
litigiosa era chiara, avrebbe dovuto procedere a un ulteriore scambio di
scritti né rende verosimile ch'esso non ha istruito la causa: in effetti, ha
invitato il Comune di Losone ad esprimersi e ha accertato d'ufficio i fatti
rilevanti per il giudizio.

2.3 Riguardo all'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata,
il ricorrente rileva che l'esposizione non sarebbe sufficientemente
dettagliata, per cui si renderebbero necessarie alcune precisazioni. Con
quest'accenno egli non dimostra tuttavia che i fatti sarebbero stati
accertati in maniera arbitraria; essi sono quindi vincolanti per il Tribunale
federale. Per di più, nella procedura di ricorso di diritto pubblico non si
possono addurre, di massima, fatti nuovi, far valere nuove censure o produrre
nuovi documenti (DTF 118 Ia 20 consid. 5a, 114 Ia 204 consid. 1a; Walter
Kälin, Das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 2a ed., Berna 1994,
pag. 369; Karl Spühler, Die Praxis der staatsrechtlichen Beschwerde, Zurigo,
1994, pag. 53 seg. n. 109 e 110). Né in concreto si è in presenza di un
argomento giuridico completamente nuovo, con il quale il ricorrente non
poteva prevedere di essere confrontato, per cui il diritto di essere sentito
avrebbe imposto ch'egli potesse esprimersi nuovamente al riguardo (DTF 128 V
272 consid. 5b/bb, 125 II 265 consid. 4d/cc pag. 277 e rinvii, 124 I 49
consid. 3c, 123 I 63 consid. 2d pag. 69).

2.4 Gli argomenti addotti dal ricorrente con gli scritti del 13 e del 26
luglio 2004, concernenti l'accollamento della tassa di giustizia, sono
tardivi (art. 89 cpv. 1 OG) e quindi inammissibili. Il completamento
dell'atto di ricorso contiene, in parte, censure e argomenti nuovi che sono
pertanto irricevibili. In effetti, secondo l'art. 93 cpv. 2 OG, se i motivi
della decisione sono indicati soltanto nella risposta dell'autorità, al
ricorrente può essere assegnato un termine perché completi il suo gravame.
Ora, nella fattispecie, i motivi addotti nella risposta governativa
concernono, in sostanza, precisazioni di livello organizzativo, desumibili
dalla normativa in vigore: di massima, il completamento, come la replica
(cfr. al riguardo DTF 125 I 71 consid. 1d/aa, 114 Ia 307 consid. 4b, 119 V
317 consid. 1; Kälin, op. cit., pag. 377) non sono tuttavia dati per far
valere nuove allegazioni di fatto e di diritto, note al ricorrente già al
momento dell'inoltro dell'impugnativa e per di più non sollevate dinanzi al
Consiglio di Stato.

2.5
2.5.1Il ricorrente accenna all'art. 25 del Patto internazionale relativo ai
diritti civili e politici, concluso il 16 dicembre 1966 (Patto ONU II, RS
0.103.2), secondo cui segnatamente ogni cittadino ha il diritto di votare e
di essere eletto, nel corso di elezioni periodiche, veritiere, effettuate a
suffragio universale ed eguale, e a voto segreto, che garantiscano la libera
espressione della volontà degli elettori (lett. b). In questo Patto, i
diritti politici sono espressamente concepiti come un minimo comune
denominatore, per consentirne l'accettazione anche da parte di Stati meno
democratici, per cui la tutela da esso offerta non avrebbe di massima una
portata più ampia di quella offerta dal diritto federale e cantonale (DTF 129
I 185 consid. 5 pag. 193, 125 I 289 consid. 7d; sentenze 1P.120/1996 del 12
settembre 1996, consid. 3b, apparsa in ZBl 98/1997 pag. 355 e 1P.728/1993 del
29 dicembre 1994, consid. 3c, apparsa in Pra 1996 n. 34 pag. 90; Walter
Kälin/Giorgio Malinverni/ Manfred Nowak, Die Schweiz und die
UNO-Menschenrechtspakte, 2a ed., Basilea e Francoforte sul Meno 1997, pag.
226 segg.; Manfred Nowak, U.N. Covenant on Civil and Political Rights, CCPR
Commentary, Kehl am Rhein/Strasbourg/Arlington 1993, pag. 449 n. 30 e segg.;
Piermarco Zen-Ruffinen, L'expression fidèle et sûre de la volonté du corps
électoral, in: Thürer/Aubert/Müller [editori], Verfassungsrecht der Schweiz,
Zurigo 2001, § 21 n. 2 e segg.). Del resto, nell'atto di ricorso, limitandosi
a un richiamo generale di questa norma e ad accennare al fatto che solo uno
spoglio comunale potrebbe garantire ai rappresentanti di tutte le liste la
certezza di uno spoglio corretto, il ricorrente non rende verosimile che la
stessa, nell'ambito litigioso, andrebbe oltre le garanzie offerte dalla
normativa cantonale e federale riguardo a eventuali discriminazioni (v. art.
25 lett. b in relazione con l'art. 2 Patto ONU II).

2.5.2 Né l'art. 6 CEDU, a ragione non richiamato dal ricorrente in tale
ambito, muta tale esito, visto che la CEDU non contiene alcuna garanzia
riguardo alla salvaguardia dei diritti politici (sentenza del 12 settembre
1996, citata, consid. 3c) e nemmeno è applicabile in materia di diritti
politici (Gerold Steinmann, in: Die Schweizerische Bundesverfassung,
Kommentar, Zurigo 2002, n. 18 all'art. 34 Cost.). A titolo abbondanziale, con
riferimento all'accenno del ricorrente a una violazione dell'art. 6 CEDU,
perché l'autorità che ha esaminato il suo ricorso sarebbe la stessa che
avrebbe proceduto al criticato spoglio e che ha emanato le direttive per gli
uffici cantonali di spoglio, si può rilevare che la censura non adempirebbe
comunque le esigenze di motivazione imposte dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG
(DTF 129 185 consid. 1.6, 130 I 290 consid. 4.8 e 4.9) ed è peraltro
imprecisa, ritenuto che spettava all'Ufficio cantonale di accertamento, non
composto da Consiglieri di Stato (art. 41 LEDP), determinare il risultato
delle elezioni litigiose, il Consiglio di Stato essendo l'istanza di ricorso
contro l'elezione comunale litigiosa (art. 164 LEDP).

2.5.3 Il ricorrente fa valere che soltanto uno spoglio a livello comunale,
come avviene peraltro per le elezioni federali, garantirebbe ai cittadini il
diritto di partecipazione e di essere sentito. Nel ricorso inoltrato al
Consiglio di Stato egli non aveva tuttavia censurato del tutto la
circostanza, notoria e da lui conosciuta, ch'egli non aveva partecipato allo
spoglio cantonale. Né egli aveva fatto valere che il sistema ticinese non
rispetterebbe i principi dell'art. 25 Patto ONU II e dell'art. 6 CEDU, norme
da lui non richiamate nella sede cantonale e alle quali egli semplicemente
accenna nel ricorso di diritto pubblico, adducendo i motivi dell'asserita
lesione soltanto nel completamento dell'atto ricorsuale e quindi di massima,
in maniera tardiva.
Per questi argomenti egli non ha pertanto esaurito il corso delle istanze
cantonali (art. 86 OG). La giurisprudenza ammette nondimeno l'ammissibilità
di argomenti giuridici nuovi qualora l'autorità cantonale di ultima istanza
fruiva, come nella fattispecie, di pieno potere cognitivo e doveva applicare
d'ufficio il diritto: questa eccezione si applica a tutte le censure che non
si confondono con quella d'arbitrio, ricordato che il comportamento del
ricorrente non deve tuttavia essere lesivo del principio della buona fede
(DTF 131 I 31 consid. 2.1.1 e rinvii; cfr. anche DTF 114 Ia 427 consid.
1b/cc).

2.5.4 Ora, nella fattispecie, il ricorrente dinanzi all'autorità cantonale
non solo non ha censurato la lesione degli art. 25 Patto ONU II e 6 CEDU, ma
ha espressamente rilevato di non "voler necessariamente rimettere in
discussione l'attuale sistema di spoglio", incentrando il suo gravame
unicamente sull'asserita necessità di procedere a un riconteggio dei voti. Si
può pertanto ritenere ch'egli vi abbia rinunciato; dal profilo della buona
fede non si giustifica pertanto di esaminare la critica, nuova, di modificare
l'attuale notorio sistema di voto e di reintrodurre lo spoglio comunale anche
per elezioni comunali (DTF 120 Ia 19 consid. 2c, 119 Ia 88 consid. 1a). Del
resto, nell'atto di ricorso, tale critica non adempie manifestamente le
esigenze di motivazione dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG.

2.5.5 Certo, ci si potrebbe chiedere se il mantenimento del sistema vigente,
assolutamente sconosciuto negli altri Cantoni come rilevato dal Consiglio di
Stato nella risposta, motivandolo con argomenti di cui ancora si dirà, sia
effettivamente ancora giustificato, ritenuta l'evoluzione della materia in
esame e l'introduzione, per determinate votazioni, del voto per
corrispondenza anche nel Cantone Ticino. Del resto, già la dottrina criticava
il procedimento dello spoglio cantonale, sostenendo ch'esso costituisce un
intacco grave alla dignità morale del Comune, al quale si nega la capacità di
esercitare con correttezza ed esattezza una funzione pubblica;
particolarmente urtante sarebbe inoltre il fatto che il Comune sia privato
della facoltà di procedere allo spoglio dei voti e alla proclamazione dei
risultati anche per gli scrutini relativi alle nomine comunali (Giuseppe
Lepori, Diritto costituzionale ticinese, Bellinzona 1988, pag. 482 nota al
piede n. 12). La reintroduzione dello spoglio comunale anche per le elezioni
in discussione, potrebbe permettere d'altra parte di concedere a tutti i
rappresentanti dei proponenti che hanno presentato una lista - e non solo,
secondo il sistema vigente, a quelli dei partiti rappresentati nel Parlamento
cantonale - il diritto di designare un loro delegato con facoltà di assistere
alle operazioni di scrutinio e di spoglio, permettendo a questi in tal modo
di rilevare immediatamente eventuali irregolarità.

3.
3.1 Nella decisione impugnata il Consiglio di Stato ha ricordato che secondo
la sua costante prassi, dubbi o riserve riferite al mancato conseguimento di
un seggio per pochi suffragi, comprensibili da un punto di vista strettamente
emotivo, non possono rappresentare un motivo valido e/o sufficiente per
postulare verifiche circa l'esito di un'elezione, poiché, in caso contrario,
l'intero sistema di spoglio verrebbe messo in discussione. Ha inoltre
aggiunto che, in tale ambito sussiste una consolidata procedura tendente a
effettuare un controllo incrociato dei dati inseriti nell'elaboratore e che
viene anche effettuato un controllo a campione da parte di un gruppo
incaricato della verifica. Ha poi sottolineato che l'insorgente non aveva
presentato argomentazioni puntuali circa errori di lettura e di conteggio
effettivamente manifestatisi.

3.2 Il ricorrente, rilevato l'elevato numero di schede bianche, riguardo alla
concretezza del dubbio fa valere che se due suffragi validamente attribuiti
alla lista "Il Guastafeste con i Verdi" fossero involontariamente stati
omessi al momento dello spoglio, che viene effettuato manualmente, per lo
stress, la fretta, la stanchezza o qualche difficoltà della vista, questa
irregolarità potrebbe modificare il risultato dell'elezione. Ciò sarebbe il
caso anche nell'ipotesi in cui all'altra lista fossero stati attribuiti, per
errore, due suffragi di troppo. Sulla base di una differenza di 2,36 schede
sarebbe oggettivamente verosimile che un piccolo errore abbia potuto influire
sull'assegnazione dei seggi, falsando in tal modo la volontà popolare.
Ribadisce che anche in assenza di una base legale, in presenza di scarti
minimi, una verifica si imporrebbe: richiama al riguardo il caso di un altro
Comune e quello, notorio, del Cantone dei Grigioni, nel quale nell'ambito
della modifica della Costituzione cantonale riguardo al sistema di elezione
del Gran Consiglio i voti furono riconteggiati e, infine, venne ripetuta la
votazione.
Il ricorrente aggiunge che le direttive per gli Uffici cantonali di spoglio,
del 24 marzo 2004, non sarebbero state distribuite ai candidati
rispettivamente spiegate loro prima delle elezioni, per cui nessun candidato
della lista è stato in grado di contestare le modalità dello spoglio prima
dello scrutinio popolare, ma non fa valere ch'egli ne avrebbe richiesto una
copia e che tale richiesta sarebbe stata respinta. Richiama infine la
sentenza 1P.363/1994 del 15 dicembre 1994, citata, con la quale il Tribunale
federale aveva imposto di procedere a un nuovo conteggio dei suffragi. Del
resto, queste direttive per quanto riguarda la questione litigiosa non
contengono alcuna indicazione.

3.3 Nella risposta al ricorso il Consiglio di Stato rileva che nel Cantone
Ticino il sistema delle elezioni legislative comunali, basato sul sistema
proporzionale, che riflette in sostanza quello delle elezioni cantonali, è
stabilito dall'art. 18 Cost./TI, secondo cui i membri del Municipio e del
Consiglio comunale sono eletti con voto proporzionale per un periodo
quadriennale (cpv. 1), e dall'art. 93 LEDP, regolante il quoziente elettorale
e la ripartizione dei seggi. Aggiunge che per l'elettore esiste l'obbligo,
pena la nullità della scheda, di esprimere un voto per almeno una lista e la
facoltà di assegnare un numero di voti preferenziali a candidati della lista
prescelta o di altre liste, nel caso di Losone per un numero complessivo di
15. La ripartizione avviene dividendo il numero complessivo dei voti di
partito (voti emessi e non emessi) per il numero dei seggi (su questo tema v.
art. 42 LDEP; cfr. anche DTF 118 Ia 415 consid. 6d; sentenza 1P.697/1998 del
2 giugno 1999, consid. 3d, apparsa in RDAT I-2000 n. 2 pag. 333). Ciascuna
lista (partito) ha il diritto di avere tanti seggi quante volte il quoziente
elettorale è contenuto nel numero di voti da essa conseguiti, ritenuto che
quella che non raggiunge il quoziente non partecipa alla ripartizione.
Eventuali seggi non attribuiti per quoziente intero vengono assegnati sulla
base della maggior frazione.

3.3.1 L'Esecutivo cantonale ha poi ricordato che, conformemente agli art. 38
e segg. LEDP, lo spoglio nelle elezioni comunali si svolge a livello
cantonale, con sistema parzialmente informatizzato e a porte chiuse. Ha
spiegato che questa soluzione è la conseguenza di decennali vicissitudini di
lotte politico-elettorali, per assicurare scrutini corretti e imparziali,
attraverso procedure e modalità di voto e di spoglio ermetiche, a garanzia
dell'inviolabilità del voto. Gli Uffici di spoglio cantonali, composti di tre
membri, di regola due assessori giurati e un presidente magistrato, procedono
allo spoglio conformemente all'art. 41 LEDP e alle citate direttive. In
particolare, per quanto qui interessa, procedono al controllo del verbale
dell'Ufficio elettorale comunale, a decidere sulla validità delle schede
contestate a livello comunale (voto accompagnato, senza diritto di voto, voto
per corrispondenza in buste non ufficiali), a leggere, riprendere, rileggere
e verificare le schede a videoterminale, a trasmettere per giudizio
all'Ufficio cantonale di accertamento (composto di tre giudici del Tribunale
d'appello) eventuali schede contestate, per le quali l'Ufficio non giunge a
un giudizio unanime, e infine a tenere il verbale di spoglio. Per garantire
la segretezza del voto e l'ininfluenzabilità dell'esame, della lettura e
della ripresa delle schede, e quindi uno spoglio corretto e imparziale, sono
inoltre previste ulteriori misure organizzative: si tratta, in particolare,
dello spoglio delle elezioni dei Comuni del Sottoceneri da parte di Uffici di
spoglio composti di magistrati e assessori giurati del Sopraceneri e
viceversa. Vengono inoltre effettuati, come già visto, controlli a campione
da parte dell'Ufficio verifiche della direzione delle operazioni di spoglio,
sotto la vigilanza dell'Ufficio di accertamento. Il Consiglio di Stato
precisa infine che all'attività dell'Ufficio cantonale di accertamento
partecipano i delegati delle liste e dei gruppi, che, per ragioni
organizzative, da quando esiste lo spoglio centralizzato cantonale, si
circoscrivono ai gruppi rappresentati nel Parlamento cantonale.

3.3.2 Il Governo cantonale ammette che il complesso, particolare sistema di
voto e di spoglio per le elezioni comunali ticinesi, segnatamente
l'attribuzione positiva di voti preferenziali, compreso il panachage, senza
facoltà di livragazione, potrebbe invero ingenerare qualche incertezza
sull'esito di un'elezione, allorquando lo scarto è, come in concreto, esiguo.
Precisa tuttavia, che ciò non significa che dinanzi a un siffatto risultato
si debba necessariamente procedere a un nuovo computo dei voti, ritenuta
l'esistenza di un evidente interesse pubblico a non rimettere in discussione,
se non per giustificati motivi, il risultato di un'elezione.

4.
4.1 Il Tribunale federale ha già avuto occasione di stabilire che, ove da una
votazione risulti una maggioranza esigua e un elettore invochi indizi
concreti di un conteggio erroneo dei suffragi e di un comportamento illecito
degli organi incaricati di dirigere la votazione, le autorità sono tenute ad
esaminare in modo approfondito le censure sollevate contro il risultato della
votazione (DTF 114 Ia 42 consid. 4 e 5). In quella causa, la nuova
Costituzione cantonale era stata accettata con una differenza di 69 voti
(13'178 a favore e 13'109 contrari): il ricorrente aveva reso verosimile,
producendo diversi mezzi di prova a sostegno delle sue censure, che a
determinati gruppi di persone (giovani cittadini e residenti in case per
anziani) non era stato distribuito il materiale di voto: aveva inoltre
addotto varie irregolarità che avrebbero falsato l'esito della votazione. In
tali circostanze, all'autorità incombeva l'obbligo di verificare la
fondatezza di queste obiezioni, formulate su indizi concreti (v. anche DTF
113 Ia 146). Nella DTF 98 Ia 73 consid. 4 il Tribunale federale ha indicato a
quali condizioni, in assenza di norme cantonali al riguardo, si può esigere,
sulla base del diritto federale, la verifica del risultato di una votazione.
Neppure nell'ambito della determinazione dei voti espressi con alzata di
mano, l'esiguità della differenza tra i voti positivi e quelli negativi è
sufficiente, se la presenza di errori non è resa verosimile, per dedurne un
diritto a una verifica (DTF 100 Ia 362 consid. 5d pag. 365 in fine).

4.2 Nella sentenza inedita 1P.363/1994 del 15 dicembre 1994, richiamata dal
ricorrente, un cittadino e un partito avevano chiesto una verifica
dell'elezione dei deputati al Gran Consiglio vodese, ritenuto che in un
circondario elettorale lo scarto di 2 suffragi su 1'993 impediva
l'ottenimento di un seggio. Il Tribunale federale anche in quella decisione
ha ribadito che l'elettore può esigere un nuovo conteggio delle schede
soltanto qualora sussistano indizi concreti di irregolarità avvenute durante
lo spoglio; il semplice fatto di prevalersi di una differenza quantitativa
minima fra i risultati di due candidati o gruppi non essendo di principio
sufficiente (consid. 3a).
Il Tribunale federale ha pure avuto modo di rilevare che, anche laddove il
diritto cantonale non contenga - come nel caso del Cantone Ticino - alcuna
norma sulla questione di sapere se e a quali condizioni si debba procedere a
un ulteriore controllo dei risultati della votazione, il Consiglio di Stato,
quale autorità di vigilanza in materia di elezioni e votazioni, può ordinare
d'ufficio tale provvedimento, qualora nelle circostanze concrete ciò appaia
necessario per determinare in modo fededegno i risultati (DTF 101 Ia 238
consid. 4).

4.3 Nelle citate sentenze, il Tribunale federale, accertato che gli
insorgenti non avevano fatto valere alcun comportamento illegale o negligente
da parte dell'Ufficio elettorale, non ha imposto un nuovo conteggio (DTF 98
Ia 73 consid. 4 pag. 85). Ha invece confermato un contestato riconteggio in
una causa dove dapprima era stato proclamato il rifiuto di una modifica
legislativa (17'812 sì contro 18'025 no), poi la sua accettazione (con una
differenza di otto voti) e, infine, di nuovo il rifiuto con una maggioranza
di dodici voti, ciò che non poteva che far perdere la fiducia dei cittadini
nell'affidabilità dello spoglio (DTF 101 Ia 238). Esso ha confermato
l'effettuato criticato nuovo conteggio in una vertenza relativa a una
votazione nella quale erano stati accertati vari errori (sentenza dell'8
giugno 1977, consid. 2, apparsa in ZBl 78/1977 pag. 451). Una verifica è poi
stata imposta in una causa dove erano stati addotti indizi concreti di un
conteggio erroneo e di un comportamento illecito degli organi responsabili
per lo svolgimento della votazione (DTF 114 Ia 42).

4.4 D'altra parte, esiste un interesse pubblico evidente che la proclamazione
definitiva dei risultati dello spoglio e la loro pubblicazione (entro otto
giorni secondo l'art. 50 LEDP) avvenga a breve termine dalla data dello
scrutinio. Il Consiglio di Stato invero non sostiene che la verifica delle
2'268 schede valide del Comune di Losone avrebbe comportato un notevole
dispendio di tempo. Del resto, l'estensione del termine ricorsuale di
quindici giorni (art. 164 cpv. 1 LEDP) - essendo di tre giorni soltanto dalla
scoperta del motivo di impugnazione e al più tardi tre giorni dopo la
pubblicazione dei risultati quello contro votazioni o elezioni federali (art.
166 LEDP) - implica un'inflessione al predetto principio. Nella già citata
decisione del 15 dicembre 1994, sulla quale il ricorrente fonda in
particolare il suo gravame, il ricorso conformemente alla normativa vodese,
era stato presentato dopo tre giorni dalla proclamazione dei risultati, per
cui un nuovo conteggio era possibile subito nei giorni seguenti l'elezione.
Per di più, in quella causa, già il Prefetto aveva indicato a un membro
dell'associazione ricorrente che non si opponeva di principio a un
riconteggio globale, ma che attendeva una richiesta scritta in tal senso: se
ne poteva quindi dedurre che il magistrato non considerava sproporzionato
procedere a una verifica delle schede. Queste particolarità non sono date
nella fattispecie in esame.

4.5 Nella dottrina si ricorda che il semplice accenno a un risultato esiguo
non implica il diritto a una verifica o a un nuovo conteggio dei voti,
essendo necessario, allo scopo, di regola, indicare ulteriormente l'esistenza
di un errore di procedura. Quando l'esito della votazione è estremamente
esiguo, di modo che un possibile errore potrebbe modificare il risultato,
viene riconosciuto che un ulteriore controllo parrebbe nondimeno opportuno
anche in assenza di indizi di errori (Yvo Hangartner/Andreas Kley, Die
demokratischen Rechte in Bund und Kantonen der Schweizerischen
Eidgenossenschaft, Zurigo 2000, n. 2561 pag. 1017; cfr. anche n. 699 pag.
291; Etienne Grisel, Initiative et référendum populaires, 3a ed., Berna 2004,
n. 292; Jörg Paul Muller, Grundrechte in der Schweiz, 3a ed., Berna 1999,
pag. 369) o in presenza di determinate condizioni (Steinmann, loc. cit., n.
11 in fine), che possano influire su un computo corretto, fermo restando che
il diritto federale non obbliga l'autorità a procedere a un nuovo conteggio,
eccetto il caso, già rilevato, in cui l'elettore adduca fatti concreti che
lascino presumere errori o irregolarità (Zen-Ruffinen, loc. cit., § 21 n.
39).
Altri autori reputano per contro che già l'esistenza di un esito esiguo di
una votazione o elezione imporrebbe all'autorità di procedere a una verifica:
il notevole dispendio collegato a un nuovo conteggio dei voti, come pure il
ritardo nella pubblicazione dei risultati definitivi, dovendo essere
accettati con riguardo alla credibilità del processo democratico (Stephan
Widmer, Wahl und Abstimmungsfreiheit, tesi Zurigo, 1989, pag. 172-174).
Eventuali errori di calcolo possono essere sanati mediante un ulteriore
conteggio (Vito Picenoni, Die Kassation von Volkswahlen und Volksabstimmungen
in Bund, Kantonen und Gemeinden, tesi Zurigo, 1945, pag. 106 seg.).
Giuseppe Lepori, esprimendosi sulle votazioni o elezioni cantonali o
federali, sosteneva che un nuovo conteggio può avere luogo in presenza di
errori manifesti di computo o quando si affacci il sospetto che le operazioni
di spoglio di taluni uffici comunali non si siano svolte correttamente.
Proponeva che all'Ufficio di accertamento, di fronte a accuse precise e
documentate che facessero sorgere il violento sospetto di irregolarità,
doveva essere concessa la facoltà di rifare lo spoglio (op. cit., pag.
480-483, nota al piede n. 11).

4.6 Nella fattispecie, contrariamente ai casi sopra enunciati, il ricorrente
non ha indicato alcun indizio concreto concernente eventuali irregolarità
dello spoglio. Riguardo all'importante numero delle schede nulle, il 5.1% a
Losone, rilevato che non sono sorte contestazioni al riguardo, il Consiglio
di Stato ha contrapposto il 4.8% a livello cantonale e al 2.2% di schede
bianche a Losone il 2% nel resto del Cantone. Inoltre, il gruppo incaricato
della verifica e della ripresa delle schede, che per l'elezione dei Consigli
comunali ha proceduto alla verifica di quattro Uffici di spoglio, non ha
riscontrato errori e ha rilevato che le schede controllate erano state
riprese in maniera corretta. Neppure l'Ufficio cantonale di spoglio, composto
di soli magistrati indipendenti, che non avevano alcun interesse personale
all'esito dell'elezione litigiosa, ha accertato l'esistenza di eventuali
errori o possibili dubbi.  In  siffatte circostanze, il rifiuto governativo
di procedere a un nuovo conteggio non lede la Costituzione.
Il ricorrente lamenta che non risulterebbe che i rappresentanti della lista
"Il Guastafeste con I Verdi" siano stati invitati a partecipare allo spoglio.
L'assunto non regge. In effetti, dal Foglio Ufficiale del Cantone Ticino n.
29 del 9 aprile 2004, pag. 2645, risulta che un delegato del partito "I
Verdi" era presente. Questi, pertanto, quale rappresentante della lista unica
"Il Guastafeste con I Verdi", avrebbe potuto rilevare l'esistenza di
eventuali errori, segnalandoli. Ne discende che la tesi ricorsuale, peraltro
inammissibile nella fattispecie (v. consid. 2.5.1), secondo la quale, sulla
base dell'osservazione generale del Comitato ONU dei diritti dell'uomo
all'art. 25 Patto ONU II, lo spoglio dovrebbe poter aver luogo in presenza
dei candidati o dei loro rappresentanti (v. Jörg Paul Müller, op. cit., pag.
369), non dev'essere esaminata oltre. Per gli stessi motivi può rimanere
aperto il quesito di sapere se mere ragioni organizzative siano sufficienti
per escludere rappresentanti di liste i cui candidati non sono rappresentati
in partiti presenti nel Parlamento cantonale.

4.7 Certo, nella fattispecie l'Ufficio di accertamento o il Consiglio di
Stato, anche in assenza di una base legale espressa, avrebbero potuto
effettuare d'ufficio - o su ricorso, come avvenuto nel Cantone dei Grigioni,
dove peraltro erano stati accertati errori - un nuovo conteggio (DTF 101 Ia
238 consid. 4a pag. 245, 98 Ia 73 consid. 4 pag. 85; Hangartner/Kley, op.
cit., n. 2557 pag. 1015; cfr. anche l'art. 11 dell'Ordinanza federale sui
diritti politici, del 24 maggio 1978, RS 161.11, concernente il riconteggio,
secondo cui se vi è sospetto riguardo all'esattezza del risultato di un
Comune, l'Ufficio elettorale del Cantone procede direttamente a un nuovo
conteggio o ne incarica l'Ufficio elettorale del Comune; cfr. anche l'art.
27n dell'Ordinanza). Un siffatto modo di procedere sarebbe senz'altro
oculato, considerato che un'ulteriore immediata verifica da parte
dell'Ufficio cantonale di spoglio non ritarderebbe in maniera eccessiva la
proclamazione definitiva dei risultati (cfr. DTF 98 Ia 73 consid. 4 pag. 85).

5.
5.1 Il ricorrente contesta infine l'accollamento di una tassa di giustizia di
fr. 500.--, al suo dire lesivo del principio della parità di trattamento e di
quello della buona fede, come pure del divieto dell'arbitrio.

5.2 Egli non fa tuttavia valere che la normativa cantonale prevederebbe, né
ciò è ravvisabile, che in materia di votazioni e elezioni si rinuncerebbe
alla riscossione di una tassa di giustizia. A torto egli sostiene che
l'asserito principio della gratuità andrebbe considerato come un diritto non
scritto alla stregua di una legge speciale a norma degli art. 1 e 28 della
legge ticinese di procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966,
ritenuto che proprio l'art. 28 dispone che l'autorità può applicare una tassa
di giustizia alle proprie decisioni. Né egli dimostra, accennando peraltro a
cause nelle quali sono state riscosse spese processuali, che la prassi
cantonale, analogamente a quella del Tribunale federale, rinuncerebbe al
prelievo delle spese processuali in materia di elezioni e votazioni e che si
potrebbe pertanto essere in presenza di una violazione del principio della
parità di trattamento (cfr. al riguardo DTF 131 I 1 consid. 4.2). In effetti,
egli si limita a rilevare che nel 1996 l'Esecutivo cantonale non ha riscosso
tasse di giustizia. In quelle cause esso vi aveva tuttavia rinunciato
adducendo le particolarità di quelle vertenze. Ora, il ricorrente non
dimostra affatto che il Governo cantonale avrebbe trattato in maniera diversa
fattispecie uguali o simili.

6.
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. Vista la
natura del procedimento (art. 85 lett. a OG), non si prelevano spese.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
Non si preleva tassa di giustizia.

3.
Comunicazione al ricorrente, al Municipio di Losone, all'Ufficio cantonale di
accertamento e al Consiglio di Stato del Cantone Ticino.

Losanna, 13 giugno 2005

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: