Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung 1A.31/2004
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1A.31/2004 /viz

Sentenza del 23 dicembre 2004
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e presidente del
Tribunale federale,
Reeb, Eusebio,
cancelliere Crameri.

F. ________,
ricorrente, patrocinata dall'avv. Paolo Bernasconi,

contro

Ministero pubblico della Confederazione, Taubenstrasse 16, 3003 Berna.

assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia,

ricorso di diritto amministrativo contro la decisione
del 13 gennaio 2004 del Ministero pubblico della Confederazione.

Fatti:

A.
Il 14 marzo e il 9 agosto 1996, l'allora Ufficio federale di polizia, ora
Ufficio federale di giustizia (UFG), delegava al Ministero pubblico della
Confederazione (MPC) l'esecuzione di una domanda di assistenza giudiziaria in
materia penale del 14 marzo 1996, e in seguito di numerose domande
complementari, presentate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale
ordinario di Milano. L'autorità estera procedeva, in particolare, a indagini
contro B.________, C.________ e D.________, per concorso in reati continuati
di corruzione legati ad atti contrari ai doveri d'ufficio, addebitando al
primo di essersi fatto corrompere, agli altri due di aver corrotto. In
parziale esecuzione della domanda di assistenza, dopo l'evasione di numerosi
ricorsi presentati al Tribunale federale (cfr. causa 1A.115/1996 del 16
gennaio 1997), l'autorità svizzera aveva trasmesso all'Italia documenti
bancari inerenti a diversi conti, in particolare al conto X.________ presso
la banca V.________, di cui è titolare A.________ e dal quale era stato
versato denaro, di sospetto provento da corruzione, sul conto Y.________,
intestato all'indagato C.________ (sentenza 1A.109/1999 del 14 luglio 1999).

B.
La citata Procura, in data 19 settembre 2003, dopo aver esaminato i documenti
trasmessigli e vista la necessità di esperire ulteriori accertamenti
nell'ambito di un procedimento penale avviato contro A.________, ha chiesto
di acquisire la documentazione di un conto presso la banca W.________ e del
conto Z.________ presso la banca V.________, conti interessati da due
transazioni di 793'650 e di 200'000 dollari americani inerenti al conto
X.________, nel frattempo estinto. Con ordinanza di entrata in materia del 3
ottobre 2003 il MPC ha ammesso la richiesta. Mediante decisioni di chiusura
parziale del 9 gennaio, rispettivamente del 13 gennaio 2004, ha ordinato la
trasmissione all'Italia della documentazione del conto Z.________, intestata
al citato indagato (causa 1A.23/2004) e del conto K.________ presso la banca
W.________, intestato a F.________, dal quale era stato disposto il bonifico
di 793'650 dollari americani.

C.
F.________ impugna la decisione del 13 gennaio 2004 con un ricorso di diritto
amministrativo al Tribunale federale. Chiede, in via processuale, di
richiamare dal MPC l'incarto relativo alle precedenti rogatorie e, in via
principale, di annullare la decisione impugnata e di rifiutare la richiesta
italiana; in via subordinata, postula di modificare la contestata decisione
nel senso di trasmettere all'autorità richiedente soltanto i memoriali, o un
loro riassunto, del 5 e del 6 febbraio 2004; in via ancor più subordinata,
chiede di consegnare unicamente la documentazione di apertura e l'avviso di
addebito del bonifico di 793'650 dollari americani, come pure i due citati
memoriali. Dei motivi si dirà, in quanto necessario, nei considerandi.
Con decisione del 13 febbraio 2004 il MPC ha respinto un'istanza di riesame
della ricorrente.

D.
L'UFG propone di respingere il ricorso, il MPC di respingerlo in quanto
ammissibile.

Diritto:

1.
1.1 Italia e Svizzera sono parti contraenti della Convenzione europea di
assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (CEAG; RS
0.351.1) e dell'Accordo concluso il 10 settembre 1998 che la completa e ne
agevola l'applicazione, entrato in vigore il 1° giugno 2003 (in seguito:
l'Accordo, RS 0.351.945.41). La legge federale sull'assistenza internazionale
in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1) e l'ordinanza di
applicazione (OAIMP; RS 351.11) sono applicabili alle questioni che la
prevalente Convenzione internazionale e l'Accordo non regolano espressamente
o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole
all'assistenza di quello convenzionale (art. 1 cpv. 1 AIMP, art. I cpv. 2
dell'Accordo; DTF 130 II 337 consid. 1, 124 II 180 consid. 1a, 123 II 134
consid. 1a), fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali (DTF 123 II 595
consid. 7c).

1.2 Secondo la norma speciale dell'art. 25 cpv. 6 AIMP, il Tribunale federale
non è vincolato dalle censure e dalle conclusioni delle parti; esso esamina
liberamente se i presupposti per la concessione dell'assistenza sono
adempiuti e in quale misura questa debba esser prestata (DTF 123 II 134
consid. 1d, 118 Ib 269 consid. 2e). Non è tuttavia tenuto, come lo sarebbe
un'autorità di vigilanza, a verificare la conformità delle decisioni
impugnate con l'insieme delle norme applicabili (DTF 123 II 134 consid. 1d,
119 Ib 56 consid. 1d; cfr. anche DTF 130 II 337 consid. 1.4). Le conclusioni
che vanno oltre la richiesta di annullamento della decisione impugnata sono,
di massima, ammissibili (art. 25 cpv. 6 AIMP; DTF 122 II 373 consid. 1c e
rinvii).

1.3 Interposto tempestivamente contro una decisione del MPC di trasmissione
di documenti acquisiti in esecuzione di una domanda di assistenza, il ricorso
di diritto amministrativo è ricevibile dal profilo dell'art. 80g cpv. 1 e 2
in relazione con l'art. 25 cpv. 1 AIMP. La legittimazione della ricorrente,
titolare del conto oggetto della contestata misura, è pacifica (art. 80h
lett. b AIMP in relazione con l'art. 9a lett. a OAIMP).

2.
2.1 La ricorrente, adducendo una violazione del diritto di essere sentito,
rileva di non avere avuto conoscenza della decisione incidentale di entrata
in materia del 3 ottobre 2003, notificata soltanto alla banca: per contro,
quest'ultima le ha comunicato (presso la banca medesima), la decisione di
chiusura, visto che con la stessa l'istituto di credito è stato espressamente
invitato dal MPC a trasmettergliela. La ricorrente, richiamando la DTF 130 II
14 (consid. 4.3 e 5 inedito), fa valere che la giurisprudenza concernente il
cosiddetto "fermo banca" non sarebbe applicabile, poiché l'autorità di
esecuzione deve concedere agli aventi diritto la possibilità effettiva di
determinarsi sulla trasmissione degli atti. L'assunto non regge. La
ricorrente confonde infatti, mischiandole, due fattispecie diverse,
segnatamente quella relativa alla notificazione di decisioni e al termine per
impugnarle in presenza di una convenzione "fermo banca", da una parte, e la
facoltà che dev'essere offerta al titolare del conto di partecipare
concretamente ed effettivamente alla cernita dei documenti, dall'altra.
Nelle osservazioni al ricorso il MPC sostiene che dai documenti di apertura
del conto risulta che la ricorrente, residente in Italia, ha sottoscritto una
convenzione secondo cui tutta la corrispondenza dev'essere trattenuta presso
la banca. In applicazione degli art. 80m AIMP e 9 OAIMP, le decisioni sono
state pertanto notificate alla banca.

2.2 Secondo l'art. 80m cpv. 1 AIMP l'autorità di esecuzione notifica le  sue
decisioni all'avente diritto abitante in Svizzera (lett. a) e a quello
residente all'estero, se ha eletto domicilio in Svizzera (lett. b). Riguardo
a quest'ultima fattispecie, l'art. 9 OAIMP precisa che, in caso contrario, le
notificazioni potranno essere omesse. Infine, l'art. 80n dispone che il
detentore di documenti, come in concreto la banca, ha il diritto di informare
il suo mandante dell'esistenza di una domanda e di tutti i fatti connessi, se
l'autorità competente non l'ha esplicitamente vietato a titolo eccezionale
(cpv. 1). Circostanza, questa, non realizzata in concreto.

2.2.1 Quando il titolare di un conto oggetto di una domanda di assistenza ha
concluso, come nella fattispecie, una convenzione "fermo banca", il termine
di ricorso o di opposizione decorre a partire dal momento in cui la decisione
viene depositata nell'incarto "fermo banca" (DTF 124 II 124 consid. 2 con
riferimenti anche alla dottrina). Dopo la chiusura del conto, fattispecie non
invocata dalla ricorrente, una siffatta convenzione non è più opponibile al
cliente (sentenza 1A.221/2002 del 25 novembre 2002 consid. 2).

2.2.2 Certo, l'intimazione di una decisione a un istituto bancario non
equivale, di per sé, alla comunicazione al titolare del conto, poiché la
banca non appare nei confronti dell'autorità quale rappresentante dei suoi
clienti. Pertanto, il termine non inizia a decorrere che dal momento in cui
la banca informa il cliente dell'inchiesta condotta dall'autorità o delle
misure prese nei suoi confronti (DTF 124 II 124 consid. 2d/aa, 120 Ib 183
consid. 3a pag. 186-187). Dal canto suo, la banca, in virtù dei rapporti
contrattuali che la legano al cliente e in particolare dell'obbligo di
diligenza che scaturisce dai suoi doveri di mandataria, deve informare
immediatamente il titolare della relazione posta sotto sequestro, affinché
questi possa determinarsi tempestivamente sul da farsi (DTF 130 IV 43 consid.
1.3, 124 II 124 consid. 2d/aa e 2d/bb; 125 II 65 consid. 2a, con riferimento
al Messaggio 29 marzo 1995 del Consiglio federale sulla AIMP, FF 1995 III
33-34 all'art. 80n AIMP; DTF 113 Ib 157 consid. 6 pag. 168; Robert
Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 2a
ed., Berna 2004, n. 174; Paolo Bernasconi, Rogatorie penali italo-svizzere,
Milano 1997, pag. 301-303). Tale soluzione non si applica se il cliente ha
istruito la banca di non trasmettergli comunicazioni, ma di trattenerle a sua
disposizione (cosiddette convenzioni di "fermo banca"; DTF 124 II 124 consid.
2d/aa): in tal caso, ogni comunicazione pervenuta alla banca è opponibile al
cliente come se egli l'avesse effettivamente ricevuta di persona e il termine
per l'inoltro del rimedio di diritto inizia a decorrere dal momento in cui il
cliente avrebbe ricevuto l'informazione dalla banca, se quest'ultima l'avesse
comunicata senza ritardo (DTF 130 IV 43 consid. 1.3, 124 II 124 consid.
2d/aa; sentenza 1A.212/2003 del 30 agosto 2004, consid. I/7).
Ora, dalla lettera della banca W.________ del 9 febbraio 2004 al legale della
ricorrente, allegata al ricorso, risulta che la banca le ha comunicato la
decisione di entrata in materia: la circostanza, addotta nel gravame, ch'ella
non si sarebbe presentata presso l'istituto di credito, che non l'avrebbe
avvisata telefonicamente, non è quindi decisiva. Come si è visto, tale
comunicazione le è infatti, di massima, opponibile.

2.2.3 In fine del gravame la ricorrente, senza tuttavia fornire indicazioni
più precise, accenna al fatto che nell'ambito di una non meglio precisata
rogatoria del 13 agosto 1997 nel contesto del medesimo procedimento, gli
aventi diritto del conto litigioso avrebbero comunicato al MPC di eleggere
domicilio presso lo studio legale del loro patrocinatore. Le contestate
decisioni avrebbero pertanto dovuto essere notificate al loro legale.

2.2.4 Tenuto conto del generico accenno formulato dalla ricorrente
nell'impugnativa, delle numerose rogatorie e domande integrative inoltrate
nel quadro della cosiddetta controversia civile E.________/ H.________ (al
riguardo cfr. la sentenza iniziale 1A.115/1996 del 16 gennaio 1997), non si
giustifica richiamare dal MPC i relativi incarti, come richiesto dalla
ricorrente. In effetti, spetta di massima alla ricorrente addurre e indicare
precisamente i mezzi di prova sui quali fonda le sue pretese e conclusioni:
in assenza di indicazioni più precise da parte sua, non spetta manifestamente
al Tribunale federale rimediare d'ufficio a queste carenze del ricorso e
richiamare allo scopo di compulsare i numerosi e diversi incarti concernenti
la predetta complessa controversia, per rintracciare, se del caso,
l'eventuale asserita comunicazione di elezione di domicilio (cfr. DTF 123 II
161 consid. 1d/bb pag. 165, 126 II 258 consid. 9c in fine, 130 IV 43 consid.
1.4). Si può quindi ritenere che la ricorrente ha avuto conoscenza della
decisione di entrata in materia.

2.2.5 In via abbondanziale si può nondimeno rilevare che nella risposta al
ricorso, il MPC si è limitato a sostenere che nella rogatoria del 19
settembre 2003 non figurano elementi che lasciassero supporre che i fatti
indicati sarebbero già stati oggetto di una precedente domanda. La tesi,
sbrigativa, è imprecisa e inesatta. Nella domanda si sottolinea
espressamente, infatti, che il procedimento penale nei confronti di
A.________ si inserisce nel quadro dei procedimenti, iniziati nel 1996,
contro D.________, C.________ e B.________.
Ora, dai documenti allegati al gravame, ma non illustrati nell'atto di
ricorso, figura una lettera del 15 gennaio 1999 del MPC - inviata al
patrocinatore della ricorrente - concernente proprio la relazione bancaria
della ricorrente qui in discussione; ciò con riferimento a operazioni
effettuate sul conto Q.________, appartenente all'indagato D.________,
oggetto di numerose rogatorie sfociate in varie decisioni del Tribunale
federale (cfr. ad esempio cause 1A.45/1997 del 24 marzo 1997 e 1A.227/1997
del 14 aprile 1998). Il 2 febbraio 1999, il MPC consegnava poi all'Ufficio
federale di polizia un memoriale, firmato da un architetto, prodotto dalla
ricorrente allo scopo di trasmetterlo all'Italia mediante esecuzione
semplificata (art. 80c AIMP). Nello stesso si spiegavano i motivi delle
transazioni sul conto dell'indagato. Nella citata corrispondenza il MPC si
riservava nondimeno la facoltà di trasmettere anche i documenti bancari,
qualora l'autorità richiedente avesse ritenuto insufficienti le informazioni
contenute nel memoriale. La ricorrente non poteva pertanto escludere
l'adozione di ulteriori misure d'assistenza concernenti il suo conto e doveva
pertanto dimostrare una particolare diligenza, indicando anche alla banca
questa circostanza.

2.3 Decisiva comunque è la circostanza che la ricorrente ha potuto impugnare
tempestivamente la decisione di chiusura.
Certo, implicitamente, la ricorrente fa valere che, non avendo avuto
conoscenza della decisione di entrata in materia, non avrebbe potuto
esprimersi, anche perché non espressamente invitata, sulla cernita dei
documenti prima che il MPC ne ordinasse la trasmissione all'Italia. Ora, ella
non sostiene che la banca, la quale aveva il diritto di informarla
dell'esistenza della domanda estera e di tutti i fatti ad essa connessi (art.
80n cpv. 1 AIMP), non le avrebbe comunicato, via "fermo banca", la decisione
di entrata in materia e di sequestro, come risulta dalla citata lettera del 9
febbraio 2004. L'eventuale, mancato ritiro della stessa da parte della
ricorrente, che, come si è detto, poteva aspettarsi l'adozione di una
siffatta misura, non è imputabile al MPC. Si può quindi ritenere ch'ella ha
avuto una conoscenza sufficiente di questa decisione (DTF 120 Ib 183 consid.
3a, 124 II 124 consid. 2d/aa-cc; Zimmermann, op. cit., n. 174) e poteva
informarne tempestivamente il suo legale.
D'altra parte, mal si comprendono i motivi per i quali la banca, dopo aver
ricevuto l'ordine di sequestro, in considerazione dei rapporti contrattuali
che la legano alla cliente e in particolare dell'obbligo di diligenza che
scaturisce dai suoi doveri di mandataria, visto che poteva farlo e che non si
trattava semplicemente dell'usuale deposito di estratti conti, ma di una
misura di assistenza assai incisiva, non avrebbe informato immediatamente, in
altro modo, la titolare della relazione posta sotto sequestro, affinché
questa si potesse determinare tempestivamente sul da farsi (DTF 130 IV 43
consid. 1.3 pag. 46). Ciò a maggior ragione, visto che nella dottrina si
rileva che "anche nel caso in cui il cliente abbia sottoscritto la
convenzione "fermo banca", che legittima quest'ultima a non trasmettere
corrispondenza al cliente, bensì a tenerla in deposito presso la banca
stessa, le comunicazioni riguardanti una procedura rogatoriale non possono
semplicemente essere depositate in banca: anche in questi casi, il cliente ha
diritto di essere informato immediatamente da parte della banca, ossia
telefonicamente o per il tramite di persone di fiducia o di riferimento da
lui indicate, allo scopo di garantirgli la miglior salvaguardia possibile dei
suoi diritti nell'ambito della procedura d'assistenza" (Bernasconi, op. cit.,
pag. 302; Zimmermann, op. cit., n. 174 pag. 187).

3.
3.1 Nella decisione impugnata il MPC, ritenendo implicitamente che la
ricorrente aveva ricevuto la decisione di entrata in materia, ha rilevato
ch'essa né ha formulato osservazioni né ha segnalato il proprio consenso a
un'eventuale esecuzione semplificata della domanda, per cui, dopo un esame
"prima facie" dei documenti bancari, ha emanato la contestata decisione
finale.

Questo modo di procedere non è corretto. Infatti, secondo la costante
giurisprudenza, l'autorità di esecuzione, per garantire il diritto di essere
sentito e il rispetto del principio della proporzionalità nonché per evitare
eventuali ricorsi, in assenza di un eventuale consenso all'esecuzione
semplificata (art. 80c AIMP), deve concedere agli aventi diritto la
possibilità, concreta ed effettiva, di consultare la documentazione
acquisita: essa deve quindi offrire agli interessati, affinché possano
adempiere al loro dovere di cooperazione, un termine per addurre, riguardo a
ogni singolo documento, gli argomenti che secondo loro si opporrebbero alla
consegna, emanando in seguito una decisione di chiusura accuratamente
motivata (DTF 130 II 14 consid. 4.3 in fine e 4.4, 126 II 258 consid. 9b/aa
pag. 262; cfr. anche DTF 127 II 151 consid. 4c/aa; Zimmermann, op. cit., n.
479-1, 479-2).

3.2 Ciò nonostante, viste le particolarità della fattispecie, questa
omissione, che comporterebbe semmai l'annullabilità, ma non la nullità della
decisione impugnata, non implica l'accoglimento del ricorso. In effetti,
eccezionalmente, ritenuto che il conto della ricorrente era già stato oggetto
di una precedente domanda di assistenza, ch'ella è stata informata da parte
della banca di quella litigiosa ed era a conoscenza del contenuto dei
documenti del suo conto, spettava a lei indicare, se del caso per iscritto e
spontaneamente, quali documenti e per quali motivi non avrebbero dovuto
essere trasmessi (sentenza 1A.16/2001 del 21 marzo 2001, consid. 4c), oppure
inviare spontaneamente i suoi memoriali.

Per di più, eccezionalmente la ricorrente avrebbe ancora potuto farlo con il
ricorso di diritto amministrativo e sanare quindi l'invocato vizio: nel
gravame essa non ha tuttavia addotto, come le incombeva (DTF 130 II 14
consid. 4.3 e rinvii), riguardo a ogni singolo documento, perché la loro
trasmissione violerebbe il principio della proporzionalità (DTF 122 II 367
consid. 2d). In effetti, un'eventuale violazione del diritto di essere
sentito, derivante per esempio dal mancato accesso agli atti o dalla mancata
partecipazione alla procedura (art. 80b AIMP), può essere sanata, di massima,
anche nell'ambito della procedura di ricorso (DTF 124 II 132 consid. 2d, 117
Ib 64 consid. 4 pag. 87; cfr. anche DTF 126 I 68 consid. 2 pag. 72;
Zimmermann, op. cit., n. 265, 268 e 271).

L'esito del gravame non muta, infine, nemmeno con riferimento al richiamo da
parte della ricorrente della DTF 130 II 14. Ella disattende, infatti, che in
quella causa il ricorso non era stato accolto per la mancata partecipazione
dell'interessato alla cernita, quanto perché era stata ordinata soltanto la
trasmissione di alcuni giustificativi delle operazioni effettuate, ma non dei
documenti di apertura del conto, degli avvisi di versamento e di eventuali
note interne della banca; ciò comportava pertanto un'esecuzione incompleta
della domanda (consid. 4.1).

4.
4.1 Nel merito, la ricorrente adduce che, presa conoscenza della rogatoria,
dopo l'emanazione della decisione di chiusura, ha inoltrato al MPC il
memoriale del 5 febbraio 2004, una dichiarazione sottoscritta da lei medesima
e da una terza persona che avrebbe partecipato ad alcune trattative e alla
transazione finale di cui si dirà. Secondo la ricorrente, questa
dichiarazione dimostrerebbe l'inutilità della contestata consegna dei
documenti bancari. L'autorità estera ha chiesto di identificare il titolare e
i beneficiari del conto presso la banca W.________ dal quale è stato disposto
il bonifico di 793'650 dollari americani, accreditato il 14 maggio 1992 sul
conto X.________ dell'indagato A.________. Dal menzionato memoriale
risulterebbe la causale del versamento litigioso, ossia il pagamento di un
prezioso dipinto che sarebbe stato acquistato da uno zio della ricorrente con
la somma ricavata dalla vendita di azioni di una determinata società.
L'importo sarebbe stato versato sul conto del citato inquisito,
commercialista, come indicato dal mediatore, su ordine della venditrice del
quadro. Sulla contabile bancaria relativa all'accredito figura la dicitura
"vendita casa Londra", per casa dovendosi intendere, al dire della
ricorrente, una casa d'aste di Londra, ritenuto che qualora si fosse trattato
di un immobile sarebbe stato scritto "acquisto" e non vendita; il quadro si
troverebbe ancora presso il suo acquirente, come risulterebbe dalla
dichiarazione del 6 febbraio 2004, firmata dalla di lui moglie. Le
informazioni riguardanti l'accredito sarebbero utili soltanto se esso fosse
privo di causale o se provenisse da coaccusati. Visto che il versamento
litigioso costituirebbe la controprestazione per la consegna di un prezioso
dipinto, non sussisterebbe alcuna connessione con un illecito favore nei
confronti dell'indagato: la transazione non costituirebbe quindi un indizio a
favore della tesi accusatoria.

4.2 La ricorrente fonda la sua argomentazione sulla sua estraneità ai reati
indicati nella domanda, di cui contesta inoltre la sussistenza. L'argomento
non è tuttavia decisivo, visto che la concessione dell'assistenza non
presuppone affatto che l'interessato, nei cui confronti la domanda è rivolta,
coincida con l'inquisito o l'accusato nella procedura aperta nello Stato
richiedente. In effetti, l'assistenza dev'essere prestata anche per acclarare
se il reato fondatamente sospettato sia effettivamente stato commesso e non
soltanto per scoprirne l'autore o raccogliere prove a suo carico (DTF 118 Ib
547 consid. 3a pag. 552). L'eventuale qualità di persona, fisica o giuridica,
non implicata nell'inchiesta all'estero non consente a priori di opporsi alle
misure di assistenza, a maggior ragione dopo l'abrogazione dell'art. 10 cpv.
1 AIMP. Basta infatti che sussista una relazione diretta e oggettiva tra la
persona o la società e il reato per il quale si indaga e ciò senza che siano
necessarie un'implicazione nell'operazione criminosa e ancor meno una
colpevolezza soggettiva ai sensi del diritto penale (DTF 120 Ib 251 consid.
5a e b, 118 Ib 547 consid. 3a in fine). Contrariamente all'assunto
ricorsuale, la connessione tra il conto della ricorrente, dal quale è stato
ordinato un bonifico sospetto sul conto di un indagato, e l'inchiesta estera
è manifesta e la trasmissione dei documenti litigiosi, espressamente
richiesta dall'autorità italiana, è idonea a far progredire le indagini (DTF
122 II 367 consid. 2). La contestata trasmissione è quindi giustificata, se
del caso, anche allo scopo di permettere all'autorità estera di poter
verificare l'asserita estraneità del citato importo e valutare se, sulla base
di queste nuove risultanze, l'ipotesi accusatoria è o meno fondata: l'utilità
potenziale di queste informazioni è quindi data (DTF 126 II 258 consid. 9c,
122 II 367 consid. 2c).
Contrariamente all'implicito assunto ricorsuale, non spetta inoltre al
giudice svizzero dell'assistenza esaminare il quesito della colpevolezza o
procedere a una valutazione dei (contestati) mezzi di prova, della fondatezza
della tesi accusatoria e dell'attendibilità delle dichiarazioni contenute nei
citati memoriali (DTF 122 II 367 consid. 2c, 373 consid. 1c, 118 Ib 111
consid. 5b pag. 122 in alto, 547 consid. 3a, 107 Ib 264 consid. 3a) o, in
generale, di altri mezzi di prova (DTF 117 Ib 64 consid. 5c pag. 88, 112 Ib
347 consid. 4). Trattandosi di una questione relativa alla valutazione delle
prove, spetterà all'autorità italiana risolverla (DTF 121 II 241 consid. 2b
pag. 244), atteso che non emergono elementi atti a far ritenere che la
rogatoria sia addirittura abusiva (cfr. DTF 122 II 134 consid. 7b). Quella
autorità, contrariamente all'autorità svizzera, dispone di tutte le
risultanze processuali e potrà quindi valutare compiutamente se il bonifico
litigioso sia o no collegato ai sospettati reati.
La ricorrente misconosce inoltre che l'autorità estera non deve provare la
commissione del reato prospettato, ma soltanto esporre in modo sufficiente le
circostanze e gli indizi sui quali fonda i propri sospetti. Come già
ritenuto, spetterà al giudice straniero del merito, e non a quello svizzero
dell'assistenza, esaminare se l'accusa potrà esibire o no le prove
dell'asserito reato (DTF 122 II 367 consid. 2c).

4.3 Del resto, le spiegazioni addotte nel memoriale del 5 febbraio 2004 sono
tutt'altro che chiare e possono dare adito a più interpretazioni; d'altra
parte, la ricorrente non spiega perché suo zio avrebbe effettuato il
pagamento litigioso non da un proprio conto, ma da quello della nipote.
Spetta quindi all'autorità estera valutare siffatte dichiarazioni di parte.

4.4 Infatti, la questione di sapere se le informazioni richieste nell'ambito
di una domanda di assistenza siano necessarie o utili per il procedimento
estero dev'essere lasciata, di massima, all'apprezzamento delle autorità
richiedenti. Lo Stato richiesto non dispone infatti dei mezzi per
pronunciarsi sull'opportunità di assumere determinate prove e non può
sostituire il proprio potere di apprezzamento a quello dell'autorità estera
che conduce le indagini: la richiesta di assunzione di prove può essere
rifiutata solo se l'invocato principio, nella limitata misura in cui può
esser applicato in procedure rette dalla CEAG (DTF 112 Ib 576 consid. 13d
pag. 603, 113 Ib 157 consid. 5a pag. 165, 121 II 241 consid. 3c; Zimmermann,
op. cit., n. 476), sia manifestamente disatteso (DTF 120 Ib 251 consid. 5c) o
se la domanda appaia abusiva, le informazioni richieste essendo del tutto
inidonee a far progredire le indagini (DTF 122 II 134 consid. 7b, 121 II 241
consid. 3a). Ciò, come si è visto, non si verifica in concreto.

4.5 Inoltre, adducendo in maniera del tutto generica che l'autorità estera
sarebbe interessata soltanto ai documenti relativi alla transazione
litigiosa, la ricorrente si limita a sostenere che gli altri, al suo dire
estranei all'oggetto dell'inchiesta, sarebbero irrilevanti. Ora, secondo la
prassi quando le autorità estere chiedono informazioni su conti bancari
nell'ambito di procedimenti per reati patrimoniali, esse necessitano di
regola di tutti i documenti. Ciò perché debbono poter individuare il titolare
giuridico ed economico del conto e sapere a quali persone o entità giuridiche
sia pervenuto l'eventuale provento del reato (DTF 129 II 462 consid. 4.4 pag.
468, 124 II 180 consid. 3c inedito, 121 II 241 consid. 3b e c; cfr. anche DTF
130 II 14 consid. 4.1; Zimmermann, op. cit., n. 478-1).

4.6 La ricorrente, accennando all'esecuzione delle numerose rogatorie
precedentemente eseguite nel procedimento penale a carico di D.________,
B.________ e C.________, rileva che il suo conto era già stato oggetto di una
domanda di assistenza, per quanto riguarda versamenti effettuati da questo
conto sulla relazione bancaria dell'indagato C.________: all'epoca sarebbe
tuttavia stato trasmesso soltanto un memoriale contenente il riassunto della
fattispecie. Ora, come ritenuto nella causa concernente l'indagato A.________
(causa 1A.23/ 2004 del 21 dicembre 2004), anche le nuove risultanze emerse in
seguito alle conclusioni contenute in una sentenza del Tribunale di Milano,
giustificano, oltre ai motivi appena esposti, di trasmettere i documenti
bancari litigiosi. Del resto, la fattispecie oggetto della precedente
rogatoria, diversa e non sottoposta al giudizio del Tribunale federale, esula
manifestamente dall'oggetto del litigio; l'asserita contraddizione tra la
decisione ora impugnata e i fatti concernenti la domanda precedente non deve
pertanto essere esaminata oltre.
Dalle suesposte considerazioni discende che la conclusione subordinata della
ricorrente, di trasmettere all'autorità estera soltanto l'originale o un
riassunto del memoriale del 5 febbraio 2004 e della dichiarazione del 6
febbraio 2004, privi dei nomi delle parti, dev'essere disattesa. Nulla
impedisce tuttavia al MPC di procedere in tale senso o alla ricorrente di
consegnarli direttamente alla Procura estera.

5.
Ne segue che il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza
(art. 156 cpv. 1 OG).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è respinto.

2.
La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico della ricorrente.

3.
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Ministero pubblico della
Confederazione e all'Ufficio federale di giustizia, Divisione dell'assistenza
giudiziaria internazionale in materia penale (B 101 887/ 15).

Losanna, 23 dicembre 2004

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: