Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung 1A.171/2004
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1A.171/2004 /bom

Sentenza del 6 ottobre 2004
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e presidente del
Tribunale federale,
Reeb, Fonjallaz,
cancelliere Crameri.

A.  ________, attualmente detenuto presso il penitenziario cantonale "La
Stampa",

contro

Ufficio federale di giustizia, Divisione assistenza giudiziaria
internazionale, Sezione estradizioni, Bundesrain 20, 3003 Berna.

estradizione all'Italia,

ricorso di diritto amministrativo contro la decisione
del 5 luglio 2004 dell'Ufficio federale di giustizia, Divisione affari
internazionali, Sezione estradizioni.

Fatti:

A.
Con sentenza del 25 febbraio 2004, il cittadino olandese di origine
marocchina A.________ è stato condannato dal presidente della Corte delle
Assise correzionali di Mendrisio per riciclaggio di denaro aggravato alla
pena di due anni di detenzione, a una multa di fr. 5'000.--, a sette anni di
espulsione dal territorio svizzero e alla confisca dei beni e degli oggetti
sequestrati nell'ambito del procedimento svizzero. Il condannato, in concorso
con altre persone, stava trasportando dall'Olanda verso l'Italia, nascoste
all'interno di un'autovettura, banconote denotanti tracce di sostanze
stupefacenti per un ammontare di € 382'990.--. Lo stesso giorno l'Ufficio
federale di giustizia (UFG) ha ordinato la detenzione provvisoria ai fini
estradizionali del condannato, sulla base di una richiesta d'Interpol Roma di
stessa data; l'interessato si è opposto all'estradizione. Il 27 febbraio 2004
l'UFG ha emesso un ordine di arresto in vista d'estradizione; contro
quest'ordine l'estradando non ha interposto reclamo.

B.
L'ambasciata d'Italia a Berna, mediante nota diplomatica del 10 marzo 2004,
ha presentato una domanda di estradizione. La richiesta si fonda
sull'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 6 febbraio 2004 dal
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lecco per i reati
di concorso aggravato in illecito trasporto, importazione, detenzione e
consegna in vendita di sostanze stupefacenti. All'estradando è stato nominato
l'avv. Giovanni Molo come difensore d'ufficio. Il 5 luglio 2004 l'UFG ha
concesso l'estradizione.

C.
A. ________ impugna questa decisione con un ricorso di diritto amministrativo
al Tribunale federale. Chiede, in via principale, di annullarla e di
rifiutare la domanda di estradizione e, in via sussidiaria, di annullarla e
di rinviare gli atti all'UFG. Domanda pure di concedere effetto sospensivo al
ricorso e di porlo al beneficio dell'assistenza giudiziaria e del gratuito
patrocinio. Dei motivi si dirà, in quanto necessario, nei considerandi.
L'UFG propone di respingere il gravame. Nella replica del 2 settembre 2004,
il ricorrente si riconferma nelle proprie tesi e conclusioni.

Diritto:

1.
1.1  L'estradizione fra l'Italia e la Svizzera è retta dall'omonima
Convenzione europea del 13 dicembre 1957 (CEEstr; RS 0.353.1) e dal Secondo
Protocollo addizionale, conchiuso il 17 marzo 1978 (RS 0.353.12). La legge
federale del 20 marzo 1981 sull'assistenza internazionale in materia penale
(AIMP) e l'ordinanza del 24 febbraio 1982 (OAIMP) sono applicabili alle
questioni che la prevalente Convenzione internazionale non regola
espressamente o implicitamente (cfr. art. 1 cpv. 1 AIMP), come pure quando il
diritto nazionale sia più favorevole all'estradizione di quello convenzionale
(DTF 123 II 134 consid. 1a, 122 II 140 consid. 2 pag. 142, 373 consid. 1a e
rinvii), riservato il rispetto dei diritti dell'uomo (DTF 123 II 595 consid.
7c pag. 616 seg.).
1.2  L'atto impugnato è una decisione di prima istanza secondo l'art. 55 cpv.
1 AIMP, contro cui il ricorso di diritto amministrativo è ammissibile giusta
il rinvio dell'art. 55 cpv. 3 all'art. 25 AIMP (DTF 122 II 373 consid. 1b).

Il Tribunale federale fruisce in questo ambito di piena cognizione, ma deve
attenersi all'esposto dei fatti contenuto nella domanda di estradizione,
salvo ch'esso risulti erroneo, lacunoso o contraddittorio (DTF 123 II 134
consid. 1d, 279 consid. 2b). Nell'applicazione del principio
dell'ufficialità, esso è però tenuto a rispettare i limiti della lite, poiché
non gli competono funzioni di vigilanza (DTF 130 II 337 consid. 1.4, 123 II
134 consid. 1d, 112 Ib 576 pag. 586 in medio). Anche se il Tribunale federale
esamina il ricorso con piena cognizione, spetta al giudice estero del merito,
e non al giudice svizzero dell'estradizione, pronunciarsi sulla colpevolezza
della persona perseguita (DTF 122 II 373 consid. 1c e rinvii, 112 Ib 215
consid. 5b pag. 220). Le conclusioni tendenti al rifiuto della domanda e al
rinvio della causa all'UFG sono, di massima, proponibili (art. 25 cpv. 6
AIMP; DTF 122 II 373 consid. 1c).

1.3  La legittimazione del ricorrente, colpito dal provvedimento di
estradizione, è pacifica (art. 21 cpv. 3 AIMP; DTF 122 II 373 consid. 1b). Il
ricorso, tempestivo, ha effetto sospensivo per legge (art. 21 cpv. 4 AIMP),
sicché la relativa domanda ricorsuale è superflua.

2.
2.1  Il ricorrente, rilevato d'essere stato condannato in Svizzera per
riciclaggio di denaro, aggravato, per avere agito nell'ambito di
un'organizzazione criminale, precisa che l'attività di trasporto e
d'importazione di sostanze stupefacenti dall'Olanda non è stata considerata
nella sentenza svizzera di condanna. Egli incentra il gravame sulla
circostanza che quest'ultima fattispecie è stata tuttavia posta a fondamento
della promozione dell'accusa nei suoi confronti, sulla base dell'art. 19 n.
2, subordinatamente n. 1 LStup, che, contrariamente al n. 4, prevederebbero
una competenza diretta, e non solo sussidiaria, dell'autorità giurisdizionale
elvetica. Secondo il ricorrente, ritenuto che su questo punto egli non è
stato rinviato a giudizio né è stato emanato un decreto di abbandono, in caso
di proseguimento del procedimento penale in Svizzera per tali fatti sarebbe
applicabile l'art. 9 CEEstr, rispettivamente, qualora questo reato sia stato
commesso in parte sul territorio svizzero, gli art. 7 CEEstr e 35 cpv. 1
lett. b AIMP, per cui l'estradizione dovrebbe essere rifiutata.

2.2  La tesi ricorsuale non regge. Certo, con richiesta di conferma d'arresto
del 9 luglio 2003 al giudice dell'istruzione e dell'arresto, il procuratore
pubblico del Cantone Ticino ha promosso l'accusa nei confronti del ricorrente
per i titoli di "riciclaggio di denaro (art. 305bis CP), ev. infrazione
aggravata, sub. semplice alla LF sugli stupefacenti (art. 19 cifra 2, sub.
cifra 1 LStup), per avere occultato almeno € 337'800.-- (...) nella
carrozzeria del veicolo da lui condotto ed avere così varcato il confine
svizzero; denaro verosimilmente provento di un traffico di stupefacenti,
ritenute le rilevanti tracce di cocaina rinvenute sia sulle banconote sia nel
veicolo”. L'UFG, esaminando le citate obiezioni, ha tuttavia invitato il
Ministero pubblico ticinese a esprimersi in merito. Con lettera del 9 giugno
2004, l'autorità cantonale ha sottolineato che, all'inizio della procedura,
l'arresto del ricorrente era stato chiesto anche per il titolo di violazione
aggravata, subordinatamente semplice alla LStup. Ciò poiché secondo l'art. 19
n. 4 LStup l'autore di un reato commesso all'estero, arrestato in Svizzera e
non estradato, è parimenti punibile conformemente alle disposizioni dei
numeri 1 e 2, se l'atto è punibile anche nel paese in cui è stato commesso.
Nel corso dell'inchiesta non sono tuttavia emerse prove circa una violazione
della LStup in Svizzera, essendosi concretata per contro tale attività in
Italia. Individuato l'eventuale luogo di perpetrazione di questo reato nella
vicina penisola, il Ministero pubblico ha chiesto all'autorità italiana se
intendeva perseguire l'interessato e richiederne l'estradizione. Con scritto
del 20 novembre 2003, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di
Lecco ha comunicato ch'essa procedeva nei confronti del ricorrente per il
reato di concorso in traffico internazionale di ingenti quantitativi di
sostanze stupefacenti e che sarebbe stata formulata una richiesta di
estradizione, ciò che è avvenuto in seguito. Nella menzionata risposta, il
Ministero pubblico ticinese precisa che di fronte alla chiara presa di
posizione dell'Italia, e il conseguente decadimento della competenza
sussidiaria elvetica giusta l'art. 19 n. 4 LStup, esso non ha proceduto, nei
confronti del ricorrente, per i reati di traffico e spaccio di cocaina
ascrittigli in Italia, paese che ne ha chiesto l'estradizione. Questo modo di
procedere è corretto. Secondo la giurisprudenza, il giudice svizzero è, di
regola, competente a decidere su reati in materia di stupefacenti commessi da
stranieri all'estero, solo se è convinto che lo Stato in cui il reato è stato
commesso non chiederà l'estradizione qualora questa sia possibile per tale
infrazione: le autorità svizzere non hanno solo il diritto, ma anche il
dovere d'informarsi al proposito. Soltanto ove non sia possibile conoscere
entro un termine ragionevole il punto di vista dello Stato estero, il giudice
svizzero può e deve, eccezionalmente, dichiararsi competente senza assumere
informazioni previe su tale questione (DTF 118 IV 416, 116 IV 244 consid. 4 e
5, 112 Ib 149).

2.3  Ne segue che la conclusione subordinata del ricorrente di rinviare la
causa all'UFG, affinché acquisisca gli atti concernenti il procedimento
penale di un altro imputato, nei cui confronti, secondo lui, il Ministero
pubblico ticinese avrebbe esteso l'accusa anche alla violazione della LStup,
dev'essere respinta. La circostanza, sulla quale insiste il ricorrente, che
per tali fatti non è stato rinviato a giudizio né è stato emanato un decreto
di abbandono, non è decisiva: nello scritto del 9 giugno 2004 il Ministero
pubblico ha in effetti espressamente confermato ch'egli, viste le ulteriori
risultanze dell'istruttoria, era stato posto in stato d'accusa, e poi
condannato, soltanto per riciclaggio. Certo, l'art. 198 cpv. 2 CPP/TI prevede
che il parziale abbandono nello stesso procedimento dev'essere pronunciato
con decisione separata dal decreto o atto di accusa: l'implicita critica
ricorsuale di un'errata applicazione di tale norma, manifestamente tardiva e
che avrebbe dovuto, se del caso, essere sollevata dinanzi alle competenti
autorità cantonali, esula dalla presente procedura, decisiva essendo la
circostanza che in Svizzera nei confronti del ricorrente non è pendente alcun
procedimento per violazione della LStup. Del resto, nelle circostanze citate,
per motivi d'opportunità, che verranno illustrati in seguito, l'argomento
dell'unità dell'azione penale addotto dal ricorrente avrebbe militato non in
favore dell'assunzione di entrambi i procedimenti da parte del Ministero
pubblico ticinese ma, piuttosto, della delega di entrambe le procedure
all'Italia.

2.4  L'art. 7 cpv. 1 CEEstr recita che la parte richiesta può rifiutarsi di
estradare l'interessato per un reato che, secondo la sua legislazione, è
stato commesso in tutto o in parte sul suo territorio. Ora, come si è visto,
dai menzionati accertamenti esperiti dal Ministero pubblico, peraltro non
contestati dal ricorrente, risulta che l'attività di traffico e di spaccio di
sostanze stupefacenti ha avuto luogo in Italia e non in Svizzera. Già per
questo motivo l'art. 7 cpv. 1 CEEstr non è applicabile in concreto.

2.5  Inoltre, anche in caso di una sua eventuale applicazione, secondo la
giurisprudenza, l'estradizione può nondimeno essere concessa sulla base di
motivi di economia procedurale, in particolare quando essa permetta di
giudicare in comune più accusati nel luogo ove si trovava il centro della
loro attività criminale o quando la persona è ricercata anche per reati che
non soggiacciono alla giurisdizione svizzera (DTF 117 Ib 210 consid. 3b/cc).
In effetti, nella misura del possibile, l'estradizione deve permettere di
esercitare l'azione penale nel luogo dove si situa il centro dell'attività
illecita, in concreto, in particolare, in Italia, dove l'associazione
criminale svolgeva gran parte delle sue attività e dove è in corso un
procedimento contro tre membri dell'organizzazione. In tal caso, neppure
un'eventuale perseguibilità dei reati in Svizzera giustificherebbe il rifiuto
dell'estradizione, che in tale evenienza costituisce una mera facoltà della
parte richiesta (DTF 117 Ib 210 consid. 3b/bb, 112 Ib 225 consid. 5b pag.
234, 109 Ib 317 consid. 11f pag. 328 seg.; cfr. anche DTF 126 II 212 consid.
6c/aa; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière
pénale, 2a ed., Berna 2004, n. 339-341).

2.6  Accordando l'estradizione, l'UFG non ha pertanto violato l'ampio potere
di apprezzamento che gli compete, sul quale il Tribunale federale interviene
solo in caso di eccesso o di abuso (art. 80i cpv. 1 lett. a; DTF 117 Ib 210
consid. 3b/aa). Secondo l'art. 7 cpv. 1 CEEstr, il rifiuto dell'estradizione
costituisce una mera facoltà della parte richiesta: nella fattispecie, da un
lato, l'efficace perseguimento dei reati manifestamente connessi con quelli
oggetto del procedimento estero imputati al ricorrente e ad altri
partecipanti all'organizzazione in Italia, e, dall'altro lato, motivi di
economia processuale legati alla possibilità di fare esaminare la globalità
dei reati nello Stato richiedente nell'ambito di un unico procedimento,
prevalgono sugli interessi del ricorrente a farli giudicare in Svizzera.

2.7  Poiché nel Cantone Ticino, contrariamente all'implicito assunto del
ricorrente, fondato unicamente sulla richiesta di conferma dell'arresto del 9
luglio 2003 divenuta priva d'oggetto in seguito alla precisazione contenuta
nel successivo scritto del 9 giugno 2004 del Ministero pubblico e alla
sentenza di condanna del 25 febbraio 2004, non è pendente alcun procedimento
per gli stessi fatti, all'estradizione non osta il principio "ne bis in
idem", peraltro non invocato dal ricorrente, sancito dall'art. 9 CEEstr e
pure dall'art. 739 CPP italiano. Non essendo il ricorrente perseguito per gli
stessi fatti in Svizzera, neppure l'art. 8 CEEstr osta all'estradizione.

3.
3.1 Il ricorrente, richiamando gli art. 8 CEDU e 37 cpv. 1 AIMP, chiede che,
ove fosse negata la competenza elvetica per perseguirlo, la Svizzera assuma
tale il procedimento in conformità dell'art. 19 cpv. 4 LStup.

3.2  L'art. 1 CEEstr istituisce l'obbligo di estradare le persone perseguite
per un reato dalle autorità giudiziarie della parte richiedente. Al riguardo
la Convenzione non lascia alcuno spazio di apprezzamento allo Stato
richiesto: eccezioni all'obbligo di estradare sono ammissibili, conformemente
al principio della buona fede vigente nel diritto internazionale pubblico e
al principio del rispetto dei trattati (art. 26 e 27 della Convenzione di
Vienna del 1969 sul diritto dei trattati, RS 0.111), soltanto se sono
previste da norme della Convenzione medesima o, eventualmente, da altre
regole internazionali (DTF 122 II 485 consid. 3a e c). Tali riserve, come ad
esempio l'assenza della doppia punibilità (art. 2 CEEstr), l'esistenza di
reati politici, militari o fiscali (art. 3, 4 e 5 CEEstr), la non
estradizione dei propri cittadini (art. 6 CEEstr), il perseguimento per gli
stessi fatti nello Stato richiesto (art. 8 CEEstr), la violazione del
principio "ne bis in idem" (art. 9 CEEstr), non sono realizzate nella
fattispecie, né il ricorrente pretende che lo siano.

3.3  L'art. 8 CEDU non conferisce il diritto di risiedere sul territorio di
uno stato o di non esserne espulso o estradato. Certo, di fronte a
circostanze particolari un'estradizione può nondimeno portare a una
violazione dell'art. 8 CEDU, se ha come conseguenza di distruggere i legami
familiari, provocando in tal modo nei riguardi dell'interessato un'ingerenza
sproporzionata nel diritto garantito dalla Convenzione (DTF 123 II 279
consid. 2d pag. 284; Zimmermann, op. cit., n. 97). Gli organi di Strasburgo,
pronunciandosi sull'applicazione dell'art. 8 n. 2 CEDU a casi di
estradizione, hanno ritenuto che, di massima, allo scopo di perseguire reati,
un'ingerenza nella vita privata e familiare è giustificata (DTF 117 Ib 210
consid. 3b/cc pag. 216 con riferimenti, 122 II 433 consid. 3b). In DTF 122 II
485 il Tribunale federale ha ritenuto che segnatamente l'art. 37 AIMP,
richiamato dal ricorrente, secondo cui l'estradizione può essere negata se la
Svizzera può assumere il perseguimento del reato o l'esecuzione della
decisione penale straniera e ciò sembra opportuno riguardo al reinserimento
sociale della persona perseguita (cpv. 1), limitando i diritti dello Stato
richiedente, disattende il primato del diritto internazionale sul diritto
interno ed è pertanto inapplicabile (consid. 3a e b, confermata in DTF 123 II
279 consid. 2d). Per di più è manifesto, che la Svizzera, paese con il quale
il ricorrente non ha alcun legame, non garantisce affatto un suo miglior
reinserimento sociale; il richiamo agli art. 8 CEDU e 37 AIMP è pertanto
ininfluente, visto ch'egli, cittadino olandese, è domiciliato con la moglie e
il figlio di tre anni a Rotterdam, dove si trova quindi il centro dei suoi
legami familiari.

4.
4.1 In tale contesto il ricorrente richiama la Convenzione sul trasferimento
dei condannati del 31 marzo 1983 (RS 0.343), che, secondo il suo preambolo,
tende a favorire il loro reinserimento sociale fondandosi su considerazioni
di natura umanitaria (v. al riguardo, DTF 118 Ib 137, 122 II 485 consid. 3c e
3d inediti; FF 1986 III 603 e segg., 608; cfr. anche il messaggio concernente
il Protocollo addizionale alla stessa, FF 2002 3864, 3867; FF 2004 4161). Il
ricorrente adduce che le condizioni di applicazione di questa Convenzione tra
l'Italia e i Paesi Bassi sarebbero più restrittive di quelle vigenti tra la
Svizzera e i Paesi Bassi, vista l'esclusione della procedura dell'art. 9 n. 1
lett. b concernente la conversione della condanna da parte dell'Italia
(riserva n. 1), mentre la Svizzera l'esclude soltanto nei casi in cui essa è
Stato d'esecuzione e non di condanna (riserva all'art. 3 n. 3), procedendo in
tal caso all'esecuzione della pena.

4.2  Il richiamo non è decisivo. In effetti, conformemente alla citata
Convenzione, lo straniero detenuto in Svizzera può esprimere soltanto il
"desiderio” (art. 2 n. 2 secondo periodo) di essere trasferito nello Stato di
cui è cittadino per subirvi l'esecuzione della pena inflittagli, la
Convenzione non conferendo al condannato un diritto al trasferimento (DTF 126
II 506 consid. 1b, 118 Ib 137 consid. 3). Come rilevato nel messaggio del
Consiglio federale, la Convenzione non comporta alcun obbligo per gli Stati
contraenti di acconsentire a richieste di trasferimento: essa non contiene
quindi motivi di accoglimento o di rifiuto dell'istanza, e lo Stato richiesto
non deve motivare la sua decisione (DTF 118 Ib 137 consid. 2b; FF 1986 III
609). Lo Stato d'esecuzione è inoltre libero di scegliere, riguardo all'art.
9 n. 1 della Convenzione, di proseguire l'esecuzione della condanna (lett. a)
o di convertirla mediante un procedimento giudiziario o amministrativo (lett.
b), e di escludere pertanto una di queste due procedure (art. 3 n. 3 della
Convenzione; DTF 126 II 506 consid. 2a; FF 1986 III 613).

4.3  Certo, in caso di proseguimento dell'esecuzione, ritenuto che l'Italia
non prevede la conversione della condanna, lo Stato d'esecuzione è vincolato
dalla natura giuridica e dalla durata della sanzione risultanti dalla
condanna (art. 9 n. 1 lett. a in relazione con l'art. 10 n. 1 della
Convenzione). Il ricorrente disattende, tuttavia, che qualora la natura o la
durata della sanzione fossero incompatibili con la sua legislazione, o se la
sua legislazione lo esigesse, lo Stato di esecuzione può, mediante una
decisione giudiziaria o amministrativa, adattare questa sanzione alla pena o
alla misura previste dalla propria legge per reati della stessa natura (art.
10 n. 2 della Convenzione sul trasferimento dei condannati; al riguardo v.
DTF 126 II 506 consid. 2d; FF 1986 III 613). Contrariamente all'assunto
ricorsuale, non è quindi di massima escluso che l'Italia possa tener conto
della condanna pronunciata in Svizzera, adeguando se del caso tale sanzione
(cfr. in tal senso, Giovanni Conso/Vittorio Grevi, Profili del nuovo codice
di procedura penale, 4a ed., Padova 1996, pag. 836 seg.) o considerandola nel
nuovo, eventuale giudizio di condanna.

4.4  Non si è pertanto di fronte a una lesione dell'ordine pubblico svizzero
e
internazionale, riserva contenuta all'art. 10 n. 2 della citata Convenzione
(DTF 126 II 506 consid. 2d/aa), e dell'art. 2 lett. a AIMP, censura peraltro
non sollevata dal ricorrente. Quest'ultima norma persegue lo scopo di evitare
che la Svizzera presti il suo concorso a procedimenti che non garantirebbero
alla persona perseguita un livello di protezione minimo corrispondente a
quello offerto dal diritto degli Stati democratici, definito in particolare
dalla CEDU e dal Patto ONU II, o che contrasterebbero con norme riconosciute
come appartenenti all'ordine pubblico internazionale (DTF 129 II 268 consid.

6.1 , 126 II 324 consid. 4a, 125 II 356 consid. 8a; Zimmermann, op. cit., n.
469 seg.). La Svizzera contravverrebbe ai suoi obblighi internazionali
estradando una persona a uno Stato nel quale sussistono seri motivi per
ritenere che un rischio di trattamenti contrari alla CEDU o al Patto ONU II
minacci l'interessato (DTF 129 II 268 consid. 6.1, 126 II 258 consid. 2d/
aa). L'art. 2 AIMP si applica a tutte le forme di cooperazione internazionale
(DTF 129 II 268 consid. 6.1). L'esame delle questioni poste dall'art. 2 AIMP
implica un giudizio di valore sugli affari interni dello Stato richiedente,
in particolare sul suo regime politico, sulle sue istituzioni, sulla sua
concezione dei diritti fondamentali e sul loro rispetto effettivo, come pure
sull'indipendenza e sull'imparzialità del potere giudiziario (DTF 129 II 268
consid. 6.1). In tale ambito, il giudice della cooperazione internazionale
deve dar prova di una particolare prudenza. Non è infatti sufficiente che la
persona accusata o condannata nello stato richiedente asserisca di essere
minacciata da una situazione politico-giuridica speciale; egli deve rendere
verosimile l'esistenza di un rischio serio e obiettivo di una grave
violazione dei diritti dell'uomo nello Stato richiedente, suscettibile di
pregiudicarlo concretamente (DTF 129 II 258 consid. 6.1 e rinvii).

Come si è visto, queste condizioni non sono adempiute nella fattispecie. Del
resto, il ricorrente non fa valere che l'eventuale mancata applicazione
dell'art. 671 CPP italiano comporterebbe una pena a tal punto sproporzionata
da dover essere considerata, per sé stessa, come una violazione dei diritti
dell'uomo (cfr. al riguardo DTF 121 II 296 consid. 4a). D'altra parte, l'art.
10 n. 2 della menzionata Convenzione riguarda in primo luogo la natura
dell'inflitta sanzione, come ad esempio il modo di eseguire la pena o la sua
durata (DTF 126 II 506 consid. 2d/bb e cc). Ora, qualora la condanna svizzera
dovesse risultare, per la sua durata, incompatibile con la legislazione
italiana a causa della non applicazione dell'art. 671 CPP italiano, non
parrebbe escluso che lo stato richiedente, in applicazione dell'art. 10 n. 2
della Convenzione, possa adattarla.

4.5  Il ricorrente sostiene, inoltre, che il perseguimento nell'ambito di due
procedimenti penali distinti, di due fatti strettamente connessi compiuti
dalla stessa persona sarebbe contrario al principio dell'unità dell'azione
penale. Questa scissione dell'azione penale impedirebbe  l'applicazione dei
principi dell'art. 68 CP concernenti il concorso di reati e quindi una
corretta commisurazione della pena. L'analoga regolamentazione del concorso
formale prevista dalla legislazione italiana (art. 81 CP italiano) potrebbe
essere applicata tuttavia, secondo la giurisprudenza, nel caso di più
sentenze penali irrevocabili pronunciate in procedimenti distinti contro la
stessa persona, conformemente all'art. 671 CPP italiano, soltanto nel caso di
sentenze italiane. Ciò sarebbe, secondo il ricorrente, irrazionale dal
profilo istruttorio e contrario al sistema, previsto da ambedue gli Stati, di
limitazione delle pene nel caso di concorso di reati.

4.6  Certo, di massima, secondo l'art. 671 CPP italiano, in sede esecutiva,
non si può applicare l'istituto della continuazione fra una condanna inflitta
da un giudice italiano e un'altra pronunciata da un giudice straniero
riconosciuta in Italia: ciò poiché la continuazione non può comprendere, fra
gli effetti penali della condanna cui fa riferimento, la disciplina dei casi
di riconoscimento delle sentenze penali straniere secondo l'art. 12 n. 1 CP
italiano, limitata all'accertamento della recidiva o un altro effetto della
condanna o per dichiarare l'abitualità o la professionalità nel reato o la
tendenza a delinquere (Giovanni Conso/ Vittorio Grevi, Commentario breve al
nuovo codice di procedura penale, complemento giurisprudenziale, Padova 1997,
III n. 10 all'art. 671, pag. 1854 e n. II 2 all'art. 730, pag. 1982; Alberto
Crespi/Federico Stella/Giuseppe Zuccalà, Commentario breve al codice penale,
4a ed., Padova 2003, n. V all'art. 12, pag. 58, ove si rileva che sugli
effetti non espressamente previsti la giurisprudenza della Suprema Corte è
oscillante). La circostanza che una sentenza di condanna, pronunciata in uno
stato estero, sia stata riconosciuta in Italia esclusivamente agli effetti
dell'art. 12 n. 1 CP italiano, non preclude tuttavia al condannato la
possibilità di richiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione del
beneficio della continuazione ai sensi dell'art. 671 CPP italiano, in quanto
la sentenza straniera, a seguito del riconoscimento, deve comunque intendersi
recepita nell'ordinamento italiano; inoltre, la decisione di riconoscimento è
produttiva anche di effetti non previsti dall'ordinamento di provenienza o
trascurati dal giudice straniero, pertanto diversi rispetto a quelli
specifici per i quali è stata richiesta e pronunciata (Conso/Grevi, op. cit.,
III n. 10 all'art. 671, pag. 1854; sul riconoscimento delle sentenze penali
straniere per gli effetti previsti dal codice penale e sul loro
riconoscimento sulla base di accordi internazionali v. gli art. 730 e 731 CPP
italiano; sulla determinazione della pena ai fini dell'esecuzione di una
sentenza straniera v. l'art. 735 CPP italiano).

5.
Ne segue che il ricorso dev'essere respinto.

Vista la situazione economica del ricorrente, la domanda di assistenza
giudiziaria e di gratuito patrocinio può essere accolta (art. 152 cpv. 1 e 2
OG).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è respinto.

2.
Il ricorrente è posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria con il
patrocinio dell'avv. Giovanni Molo. La Cassa del Tribunale federale
corrisponderà a quest'ultimo un'indennità di fr. 2'500.--. Non si preleva
tassa di giustizia.

3.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente e all'Ufficio federale di
giustizia, Divisione assistenza giudiziaria internazionale, Sezione
estradizioni (B 143257).

Losanna, 6 ottobre 2004

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: