Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Kassationshof in Strafsachen 6S.233/2003
Zurück zum Index Kassationshof in Strafsachen 2003
Retour à l'indice Kassationshof in Strafsachen 2003


6S.233/2003 /viz

Sentenza del 4 novembre 2003
Corte di cassazione penale

Giudici federali Schneider, presidente,
Kolly e Karlen,
cancelliere Ponti.

Ministero pubblico del Cantone Ticino,
via Pretorio 16, 6901 Lugano,
ricorrente,

contro

A.________,
opponente, patrocinata dall'avv. Daniele Timbal,
via Nassa 17, casella postale 3446, 6901 Lugano.

commisurazione della pena (art. 63 CP),

ricorso per cassazione contro la sentenza del
6 maggio 2003 della Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Il 30 luglio 2002 la Corte delle assise criminali in Lugano dichiarava
A.________ autrice colpevole di :

- ripetuta truffa per mestiere in danno dei coniugi A.B.________ e
B.B.________, cittadini tedeschi residenti a Ennepetal (Renania
Settentrionale-Vestfalia),

- in 39 occasioni commessa da sé sola per un importo di complessivi fr.
1'506'994.-- e DM 939'120.-- (dall'ottobre 1990 all'ottobre del 2000) e
- in 13 occasioni commessa in correità con C.________ per un importo di
complessivi DM 23'278'300.-- (nel corso del 2000);

- lesioni gravi per avere, dal 1997, cagionato con dolo eventuale
un'infermità mentale irreversibile, ovvero un danno grave e permanente alla
salute di A.B.________, e
- conseguimento fraudolento di una falsa attestazione per avere, in correità
con terzi, indotto con l'inganno, in qualità di acquirente, il notaio
D.________ di Lugano ad attestare in un rogito di compravendita immobiliare
del 24 marzo 2000 un prezzo inferiore a quello effettivamente pagato (fr.
280'000.-- invece di fr. 385'000.--).

Per questi fatti la Corte delle assise condannava A.________ ad una pena di
nove anni di reclusione, computato il carcere preventivo sofferto. Il correo
C.________ - cui era riconosciuto uno stato di grave scemata responsabilità -
veniva invece condannato a due anni di reclusione (computato anche nel suo
caso il carcere preventivo sofferto), oltre a sette anni di espulsione dalla
Svizzera. Entrambi gli imputati erano inoltre condannati a rifondere
solidalmente a B.B.________ e A.B.________ complessivi fr. 18'762'591.30 con
interessi a titolo di risarcimento danni.
La Corte delle assise ordinava altresì la confisca di otto conti bancari e
della particella n. xxx RFD di Cimo, intestata ad A.________, "deduzione
fatta della tassa di giustizia e delle spese processuali". Tali beni erano
attribuiti ai coniugi B.________ in parziale risarcimento del danno. La Corte
manteneva anche il sequestro conservativo - in garanzia del risarcimento
assegnato alle parti lese - di ulteriori quattro conti bancari, così come
delle particelle n. yyy e n. zzz RFD di Cimo, pure intestate ad A.________.
Infine la Corte ordinava la confisca a favore dello Stato di strumenti medici
e di documentazione sequestrati al domicilio di A.________.

B.
Il 6 maggio 2003, la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del cantone Ticino (CCRP) accoglieva parzialmente, nella misura
della sua ammissibilità, il ricorso presentato da A.________ contro la
sentenza della Corte delle assise criminali, riducendo la condanna inflitta
in primo grado da nove a otto anni di reclusione, sempre dedotto il carcere
preventivo sofferto. La CCRP disponeva inoltre che gli averi e i beni
confiscati formanti oggetto dei dispositivi n. 6.1 a 6.9 della sentenza di
primo grado dovranno essere assegnati - dedotto l'ammontare della tassa di
giustizia e delle spese processuali - ai coniugi B.________ in risarcimento
del danno, non appena e nella misura in cui il dispositivo n. 5 della
medesima sentenza sarà passato in giudicato. Per il resto il gravame di
A.________ era respinto.

C.
Il Procuratore Pubblico Claudia Solcà impugna ora la sentenza della CCRP con
un ricorso per cassazione al Tribunale federale. Chiede l'annullamento del
punto I-4.1. del dispositivo, con il quale A.________ è condannata ad una
pena di otto anni di reclusione computato il carcere preventivo sofferto, e
il rinvio all'ultima istanza cantonale per un nuovo giudizio. Il Procuratore
Pubblico ritiene in sostanza che la CCRP ha proceduto ad una riduzione della
pena inflitta all'accusata applicando erroneamente l'art. 63 CP.

D.
Non sono state chieste osservazioni al ricorso.

E.
Con sentenza del 16 ottobre 2003, la Corte di cassazione penale del Tribunale
federale ha respinto, nella misura della loro ammissibilità, i ricorsi di
diritto pubblico e per cassazione inoltrati dalla condannata.

Diritto:

1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con libero potere d'esame
l'ammissibilità dei rimedi esperiti, senza essere vincolato, in tale ambito,
dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 128 II 46 consid.
2a; 127 III 41 consid. 2a; 126 I 81 consid. 1).

2.
Il ricorso per cassazione, di natura cassatoria (art. 277ter cpv. 1 PP), può
essere fondato unicamente sulla violazione del diritto federale (art. 269
PP). La Corte di cassazione penale del Tribunale federale è vincolata dagli
accertamenti di fatto dell'autorità cantonale (art. 277bis cpv. 1 seconda e
terza proposizione PP). Essa deve fondare il suo giudizio sui fatti quali
accertati dall'ultima istanza cantonale ed eventualmente su quelli
considerati dall'autorità inferiore, ma solo nella misura in cui essi siano
ripresi, per lo meno in modo implicito, nella decisione impugnata (art. 273
cpv. 1 lett. b PP; DTF 118 IV 122 consid. 1). La motivazione del ricorso non
deve criticare accertamenti di fatto né proporre eccezioni ed impugnazioni
nuove (art. 273 cpv. 1 lett. b PP). Inoltre, il ricorso per cassazione è
ammissibile solo contro le decisioni di ultima istanza cantonale (art. 268
PP). Le censure formulate contro gli argomenti sviluppati nella decisione di
prima istanza saranno trattate solamente nella misura in cui la CCRP li
riprende (DTF 106 IV 338 consid. 1).

3.
La ricorrente contesta la riduzione della pena inflitta alla condannata da
nove a otto anni di reclusione operata dalla CCRP, sostenendo che così
facendo l'ultima istanza cantonale avrebbe violato il diritto federale ed in
particolare l'art. 63 CP. Essa si duole segnatamente del fatto che la suprema
Corte ticinese, nella sua rivalutazione della pena, ha da un lato considerato
degli accertamenti di fatto inesistenti o comunque non ritenuti dalla prima
corte, e, dall'altro, considerato l'elemento di aver agito per dolo eventuale
- limitatamente al reato di lesioni gravi - alla stregua di un'attenuante
giustificante una riduzione di pena.

4.
In concreto, la CCRP ha ritenuto di dover tener conto di tre circostanze a
suo dire debitamente accertate dalla Corte delle assise criminali, ma da
quest'ultima non considerate nell'ambito della commisurazione della pena. Si
tratta in particolare del fatto che la condannata avrebbe beneficiato con
generosità don E.________, parroco di Breno, del fatto che essa avrebbe
operato per anni a favore di poveri e bisognosi del Malcantone e, infine, del
fatto che essa ha agito con dolo eventuale e non diretto nella commissione
del reato di lesioni gravi (v. sentenza impugnata, consid. 22 lett. g e h,
pagg. 27-28). La CCRP ha concluso che sebbene i tre elementi appena citati
non possano influire oltre misura sulla commisurazione della pena, meritano
un chiaro segnale di riconoscimento, ed ha quindi ridotto la pena da nove a
otto anni di reclusione.

4.1 Secondo l'art. 63 CP, il giudice commisura la pena essenzialmente in
funzione della colpa del reo. Questa disposizione non elenca in modo
dettagliato ed esauriente gli elementi pertinenti per la commisurazione della
stessa. La giurisprudenza, a cui si rinvia, li ha interpretati in modo
diffuso (v. da ultimo DTF 127 IV 101 consid. 2 e, in precedenza, DTF 117 IV
112 consid. 1 e 116 IV 288 consid. 2a). In questa sede basta rilevare che il
giudice di merito, più vicino ai fatti, fruisce di un'ampia autonomia. Il
Tribunale federale interviene solo quando egli cade nell'eccesso o nell'abuso
del suo potere di apprezzamento, ossia laddove la pena fuoriesca dal quadro
legale, sia valutata in base a elementi estranei all'art. 63 CP o appaia
eccessivamente severa o clemente (DTF 127 IV 101; 123 IV 49 consid. 2a, 150
consid. 2a; 122 IV 156 consid. 3b). Il giudice di merito deve motivare la
pena pronunciata per permettere di controllare se egli non abbia ecceduto il
proprio ampio potere di apprezzamento o se ne abbia abusato. Non gli incombe
tuttavia di pronunciarsi su ogni censura particolareggiata sollevata dalle
parti né di indicare in cifre o in percentuale l'importanza attribuita agli
elementi determinanti per la commisurazione della pena; egli può omettere di
richiamare i fatti che, senza arbitrio, gli appaiono non accertati o di
scarsa rilevanza (DTF 121 IV 49 consid. 2a/aa; 120 IV 136 consid. 3a e
rinvii). Deve comunque esporre gli elementi da lui considerati decisivi -
concernenti in particolare il reato e la personalità dell'agente - in maniera
tale che sia possibile controllare se e in quale modo tutti i fattori
determinanti, aggravanti e attenuanti, sono stati effettivamente ponderati.
In altre parole, la motivazione deve giustificare la pena pronunciata e
permettere in particolare di seguire il ragionamento che ne è alla base. La
sola enumerazione delle aggravanti e delle attenuanti non è di per sé
sufficiente.

4.2 Nella fattispecie non sono dati gli estremi perché il Tribunale federale
intervenga nella determinazione della pena correggendo le valutazioni operate
dalle Corti cantonali.
Certo, come rilevato dalla ricorrente, i primi giudici hanno concluso che
l'attività filantropica della rea era tutto sommato modesta, di difficile
quantificazione - eccetto per le elargizioni fatte a don E.________ - e che
in ogni caso questa attività ha fatto da perfetto corollario alla scena
dell'inganno astuto ordito ai danni dei coniugi B.________, rafforzando in
questi ultimi l'intima convinzione che A.________ fosse una persona corretta,
generosa ed impegnata socialmente. A prima vista può apparire discutibile
valutare questi episodi alla stregua di un'attenuante, come ha fatto la CCRP,
soprattutto se si pone mente che gran parte degli aiuti finanziari elargiti
dalla condannata al menzionato parroco - ad esempio - sono in seguito
risultati essere provento di reato. Non va tuttavia dimenticato che per
apprezzare la colpa del reo non basta considerare la sola gravità oggettiva
della lesione del bene giuridico protetto dalla legge, ma va altresì tenuto
conto di criteri soggettivi quali il movente, la personalità e i precedenti
del condannato (Trechsel, Strafgesetzbuch Kurzkommentar, Zurigo 1997, n. 20 e
21 ad art. 63 CP, pag. 285/286 e i riferimenti ivi citati; Corboz, La
motivation de la peine, in Revue de la société des juristes bernois, n. 131
(1995), pagg. 6-8). Anche a fronte di reati gravi, tali componenti devono
godere di una seppur modesta ponderazione nell'ambito di una commisurazione
corretta ed equilibrata della pena.
Ora, i giudici del merito hanno accertato che la condannata ha assistito, di
sua spontanea iniziativa, alcune persone anziane e bisognose del Malcantone,
fornendo loro gratuitamente medicinali e, all'occasione, piccole prestazioni
mediche; è pure assodato che essa ha beneficato l'allora parroco di Breno don
E.________, rimettendogli per alcuni anni un assegno mensile di fr. 3'000.--
(proveniente dall'importo a lei versato dai coniugi B.________ per opere di
beneficenza) e pagandogli delle attrezzature sanitarie di un certo valore.
Come rettamente sottolineato dalla CCRP, tali episodi, pur se situati nel
contesto della concomitante e durevole truffa ordita a danno delle vittime,
meritano una certa considerazione, se non altro per quanto attiene alla
definizione della personalità e del comportamento della condannata. Averli
considerati come fattori positivi nell'ambito della commisurazione della pena
non contrasta quindi con quanto dedotto dall'art. 63 CP o da altri principi
di diritto federale.

4.3 Più controversa è la questione a sapere se l'agire con dolo eventuale nel
reato di lesioni gravi debba essere valutato alla stregua di un'attenuante di
pena, come sostenuto dalla CCRP. La ricorrente osserva che la Corte della
assise criminali ha ritenuto che la rea ha agito con una crassa ed evidente
indifferenza per il bene giuridico protetto, e ciò per diversi anni, tanto
che il fatto che abbia agito con dolo eventuale non può minimamente essere
considerato quale motivo di attenuazione della sua colpa.
Dottrina e giurisprudenza considerano che tra gli elementi soggettivi
suscettibili di influenzare la determinazione della pena figura anche
l'intensità del dolo; l'avere agito in una determinata circostanza con mero
dolo eventuale piuttosto che con dolo diretto può quindi comportare una
valutazione meno severa a livello di pena (Niggli/Wiprächtiger, Commentario
Basilese, n. 69 ad art. 63 CP, con particolare riferimento alla sentenza
6S.676/1994 del 3 novembre 1995, consid. 1 e/cc). Quest'ultima sentenza,
citata anche dalla CCRP, riguardava, è vero, una fattispecie penale
completamente diversa da quella in esame (traffico di stupefacenti), ma non è
dato di vedere, né la ricorrente lo dimostra con argomenti convincenti, per
quale motivo i principi enunciati in quella decisione non devono trovare
applicazione anche in concreto. Fermo restando la gravità della colpa della
condannata nell'ambito del reato di lesioni personali gravi e il suo
comportamento privo di scrupoli nei confronti delle vittime, la CCRP poteva
quindi tenere conto, nell'ambito di una valutazione globale della pena, della
circostanza attenuante che l'infrazione è stata perpetrata con dolo eventuale
e non diretto. Ne scende che la Corte cantonale ha ponderato con rigore gli
elementi determinanti per la commisurazione della pena impugnata. Ma non
solo: per motivare la riduzione dell'eccessiva sanzione pronunciata dai primi
giudici si è riferita lei stessa a precedenti giurisprudenziali e a
indicazioni dottrinali. In siffatte circostante le critiche della ricorrente
sono infondate.

4.4 Giova infine constatare come la CCRP abbia espressamente riconosciuto che
gli elementi di fatto considerati a favore della condannata come pure il suo
agire con dolo eventuale nel reato di lesioni personali, non possono influire
oltre misura nella commisurazione della pena: non per nulla la riduzione di
pena decisa si limita ad un anno solo (da nove a otto anni di reclusione).
Tale pena, occorre precisarlo, pur se lievemente inferiore a quella irrogata
in prima istanza - che la CCRP ha peraltro ammesso essere severa -, si situa
pur sempre all'interno dell'ampio quadro legale previsto dai reati di lesioni
personali gravi e di ripetuta truffa per mestiere addebitati all'accusata,
tenuto conto del concorso tra gli stessi (art. 68 cpv. 1 CP).

5.
Per tutto quanto precedentemente esposto, il ricorso appare infondato e va
pertanto disatteso. Pur se soccombente, l'accusatore pubblico è dispensato
dal pagamento delle spese processuali (art. 278 cpv. 2 PP). Alla controparte,
che non ha presentato osservazioni al ricorso, non vengono assegnate
ripetibili.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è respinto.

2.
Non si prelevano tasse né spese. Non si assegnano ripetibili.

3.
Comunicazione alle parti e alla Corte di cassazione e di revisione penale del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 4 novembre 2003

In nome della Corte di cassazione penale
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: