Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Kassationshof in Strafsachen 6P.94/2003
Zurück zum Index Kassationshof in Strafsachen 2003
Retour à l'indice Kassationshof in Strafsachen 2003


6P.94/2003+6S.246/2003 /viz

Sentenza del 16 ottobre 2003
Corte di cassazione penale

Giudici federali Schneider, presidente,
Kolly e Karlen.
cancelliere Ponti.

A. ________,
ricorrente, patrocinata dall'avv. Daniele Timbal,
via Nassa 17, casella postale 3446, 6901 Lugano,

contro

Ministero pubblico del Cantone Ticino,
via Pretorio 16, 6901 Lugano.
Tribunale d'appello del Cantone Ticino,
Corte di cassazione e di revisione penale,
via Pretorio 16, 6901 Lugano

6P.94/2003
Valutazione arbitraria delle prove nella procedura penale,

6S.246/2003
Commisurazione della pena (ripetuta truffa per mestiere, ecc.),

ricorso di diritto pubblico (6P.94/2003) e ricorso per cassazione
(6S.246/2003) contro la sentenza del
6 maggio 2003 della Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Il 30 luglio 2002 la Corte delle assise criminali in Lugano dichiarava
A.________ autrice colpevole di:

- ripetuta truffa per mestiere in danno dei coniugi A.B.________ e
B.B.________, cittadini tedeschi residenti a Ennepetal (Renania
Settentrionale-Vestfalia),

- in 39 occasioni commessa da sé sola per un importo di complessivi fr.
1'506'994.-- e DM 939'120.-- (dall'ottobre 1990 all'ottobre del 2000) e
- in 13 occasioni commessa in correità con C.________ per un importo di
complessivi DM 23'278'300.-- (nel corso del 2000);

- lesioni gravi per avere, dal 1997, cagionato con dolo eventuale
un'infermità mentale irreversibile, ovvero un danno grave e permanente alla
salute di B.B.________, e
- conseguimento fraudolento di una falsa attestazione per avere, in correità
con terzi, indotto con l'inganno, in qualità di acquirente, il notaio
D.________ di Lugano ad attestare in un rogito di compravendita immobiliare
del 24 marzo 2000 un prezzo inferiore a quello effettivamente pagato (fr.
280'000.-- invece di fr. 385'000.--).

Per questi fatti la Corte delle assise condannava A.________ ad una pena di
nove anni di reclusione, computato il carcere preventivo sofferto. Il correo
C.________ - cui era riconosciuto uno stato di grave scemata responsabilità -
veniva invece condannato a due anni di reclusione (computato anche nel suo
caso il carcere preventivo sofferto), oltre a sette anni di espulsione dalla
Svizzera. Entrambi gli imputati erano inoltre condannati a rifondere
solidalmente a A.B.________ e B.B.________ complessivi fr. 18'762'591.30 con
interessi a titolo di risarcimento danni.
La Corte delle assise ordinava altresì la confisca di otto conti bancari e
della particella n. xxx RFD di Cimo, intestata ad A.________, "deduzione
fatta della tassa di giustizia e delle spese processuali". Tali beni erano
attribuiti ai coniugi B.________ in parziale risarcimento del danno. La Corte
manteneva anche il sequestro conservativo - in garanzia del risarcimento
assegnato alle parti lese - di ulteriori quattro conti bancari, così come
delle particelle n. yyy e zzz RFD di Cimo, pure intestate ad A.________.
Infine la Corte ordinava la confisca a favore dello Stato di strumenti medici
e di documentazione sequestrati al domicilio di A.________.

B.
Il 6 maggio 2003, la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del cantone Ticino (CCRP) accoglieva parzialmente, nella misura
della sua ammissibilità, il ricorso presentato da A.________ contro la
sentenza della Corte delle assise criminali, riducendo la condanna inflitta
in primo grado da nove a otto anni di reclusione, sempre dedotto il carcere
preventivo sofferto. La CCRP disponeva inoltre che gli averi e i beni
confiscati formanti oggetto dei dispositivi n. 6.1 a 6.9 della sentenza di
primo grado dovranno essere assegnati - dedotto l'ammontare della tassa di
giustizia e delle spese processuali - ai coniugi B.________ in risarcimento
del danno, non appena e nella misura in cui il dispositivo n. 5 della
medesima sentenza sarà passato in giudicato. Per il resto il gravame di
A.________ era respinto.

C.
Con tempestivi ricorso di diritto pubblico e per cassazione A.________
insorge ora dinanzi al Tribunale federale contro la sentenza della CCRP,
chiedendone l'annullamento e il rinvio all'ultima istanza cantonale per un
nuovo giudizio nel senso dei considerandi.

D.
La CCRP ha rinunciato a presentare osservazioni. Non sono invece state
chieste osservazioni al Procuratore pubblico e alle parti lese.

Diritto:

1.
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con libero potere d'esame
l'ammissibilità dei rimedi esperiti, senza essere vincolato, in tale ambito,
dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 128 II 46 consid.
2a; 127 III 41 consid. 2a; 126 I 81 consid. 1).

1.2 Date le impugnative e conformemente all'art. 275 cpv. 5 PP, conviene
esaminare in primo luogo il ricorso di diritto pubblico e ribadire che con
quest'ultimo possono essere censurati in particolare la  violazione dei
diritti costituzionali quali la garanzia contro l'arbitrio negli accertamenti
dei fatti e nella valutazione delle prove, mentre la lesione del diritto
federale va fatta valere con ricorso per cassazione (art. 269 PP).

I.  Ricorso di diritto pubblico (6P.94/2003)

2.
Introdotto in tempo utile per violazione di diritti costituzionali (art. 9
Cost.) contro una decisione finale della suprema istanza del Cantone, il
ricorso è ricevibile in virtù degli art. 84 cpv. 1 lett. a, 86 cpv. 1 e 89
cpv. 1 OG. La legittimazione dell'insorgente è pacifica.

3.
La ricorrente si duole di un arbitrario accertamento dei fatti e di un'
altrettanta arbitraria valutazione delle prove da parte dei giudici cantonali
di prima e seconda istanza, in primo luogo in relazione all'imputazione di
aver causato a B.B.________ delle lesioni corporali gravi. Essa propone,
sostanzialmente, i medesimi argomenti sollevati in sede cantonale,
rimproverando alle due istanze cantonali di aver arbitrariamente ritenuto che
il mancato adeguamento della cura medica prescritta dal dott. G.________ a
B.B.________ per curare la sua ipertensione, costituisca la causa principale
della sua demenza. Parimenti, le autorità giudiziarie cantonali avrebbero
commesso un altro arbitrio laddove hanno attribuito alle dichiarazioni del
perito giudiziario dott. I.________ valore di prova circa il nesso di
causalità tra la pressione arteriosa troppo elevata della vittima e
l'insorgere della sua grave forma di infermità mentale; tale nesso di
causalità non sarebbe peraltro stato accertato da nessun referto medico.

3.1 Nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove il giudice
del merito, il cui operato è già stato esaminato, nei limiti delle facoltà
che le competevano, dalla CCRP, dispone di un ampio potere di apprezzamento
(DTF 120 Ia 31 consid. 4b; 118 Ia 28 consid. 1b). Per motivare l'arbitrio non
basta criticare semplicemente la decisione impugnata, né contrapporle una
versione propria, per quanto sostenibile o addirittura preferibile. Occorre
piuttosto dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la
valutazione delle prove sarebbero manifestamente insostenibili, si trovino in
chiaro contrasto con la fattispecie, si fondino su una svista manifesta o
contraddicano in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità
(DTF 127 I 54 consid. 2b; 126 I 168 consid. 3a; 125 II 10 consid. 3a; 122 I
61 consid. 3a). Per invalsa giurisprudenza, il Tribunale federale annulla la
decisione impugnata quand'essa è insostenibile non solo nella motivazione,
bensì anche nel risultato (DTF 128 I 177 consid. 2.1; 127 I 38 consid. 2a;
126 I 168 consid. 3a; 124 II 166 consid. 2a).
Quando, come in concreto, la cognizione con la quale ha giudicato l'ultima
istanza cantonale è pari a quella di cui dispone il Tribunale federale
nell'ambito del ricorso di diritto pubblico, solo la decisione di tale
istanza, ad eccezione di quella dell'autorità precedente, può essere oggetto
del gravame (DTF 125 I 492 consid. 1b e rinvii). Anche se la decisione
dell'autorità cantonale inferiore non può essere impugnata formalmente, il
ricorrente può e deve, nella motivazione del ricorso di diritto pubblico,
contestare nel merito la valutazione delle prove eseguita dall'autorità
inferiore ritenuta non arbitraria dall'ultima istanza cantonale, che fruiva
di un potere d'esame limitato. Egli deve tuttavia confrontarsi
contemporaneamente con la motivazione della decisione dell'ultima istanza, la
sola che costituisce oggetto del litigio, e spiegare come e perché sia stata
negata a torto una valutazione arbitraria delle prove da parte dell'istanza
inferiore. Il Tribunale federale esamina senza riserva l'uso che l'autorità
cantonale di ricorso ha fatto del suo limitato potere cognitivo, ossia se
tale autorità ha, a torto, ammesso o negato l'arbitrio (DTF 127 I 38 consid.
3c; 126 III 534 consid. 1b; 125 I 492 consid. 1a/cc; 116 III 70 consid. 2b).

3.2 Giusta l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG l'atto di ricorso deve contenere
l'esposizione dei fatti essenziale e quella concisa dei diritti
costituzionali o delle norme giuridiche che si pretendono violati; deve
inoltre precisare in che cosa consiste l'asserita violazione. Ne segue che,
in questo ambito, il Tribunale federale vaglia solo quelle censure che sono
state sollevate in modo chiaro e dettagliato, conformemente all'obbligo di
articolare le censure con una motivazione giuridica dalla quale si possa
dedurre che, ed in quale misura, la decisione impugnata colpisce il
ricorrente nei suoi diritti costituzionali (DTF 127 III 279 consid. 1c; 126
III 534 consid. 1b; 125 I 492 consid. 1b). Quando l'ultima autorità cantonale
dichiara una censura ricorsuale irricevibile per ragioni formali, e non
procede all'esame di merito, il ricorrente deve spiegare, conformemente
all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, perché l'autorità avrebbe accertato in modo
arbitrario l'assenza dei presupposti formali (DTF 118 Ib 26 consid. 2b; 134
consid. 2). Censure relative al merito della vertenza sono invece
inammissibili, ritenuto che la loro omessa trattazione in sede cantonale
comporta il mancato esaurimento delle istanze cantonali (art. 86 e 87 OG; DTF
109 Ia 248 consid. 1).
Va premesso che il ricorso in esame è poco rispettoso dei requisiti testé
accennati, risultando in parte irricevibile. Esso costituisce più che altro
una ridiscussione prolissa e appellatoria di tutte le prove, nella quale la
versione dei fatti dell'interessata è opposta a quella ritenuta dalle
autorità cantonali, senza tuttavia confrontarsi sempre in modo rigoroso con
gli argomenti sviluppati nella sentenza impugnata. Di seguito saranno
pertanto esaminate solo le censure che emergono dall'insieme della
motivazione in modo ammissibile secondo l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG.

4.
4.1 La ricorrente sostiene in primo luogo che né le sentenze cantonali né la
perizia giudiziaria a cui fanno riferimento hanno mai accertato la posologia
prescritta alla vittima dal Dott. G.________ in occasione della visita del
1997, cosicché risulta del tutto arbitrario imputarle la mancata
intensificazione della cura secondo i criteri di appropriatezza indicati
dalla scienza medica. Arbitraria sarebbe pure la conclusione che la cura
applicata dalla ricorrente fosse inefficace.
Queste censure sono infondate e non meritano un abbondante disamina, bastando
il rinvio alle pertinenti considerazioni già espresse in proposito dalla
Corte cantonale (art. 36a OG). Basta qui ricordare che il perito giudiziario
ha affermato senza equivoci che la cura inizialmente prescritta dal dott.
G.________ era adeguata e di buona qualità, a patto però che l'evoluzione
della pressione fosse costantemente controllata anche in seguito da persone
competenti e la terapia adeguata alla circostanze: come da questi dichiarato
al dibattimento (pag. 103 della sentenza della Corte delle assise), a
prescindere dalla posologia inizialmente prescrita, B.B.________ avrebbe
dovuto essere in ogni caso seguito da un medico in grado di valutarne le
risultanze e capace di adeguare il dosaggio o magari anche cambiare
medicamento. Ora, l'insorgente, pur conscia - secondo le vincolanti
constatazioni delle autorità cantonali - dello stato di perenne e pericolosa
alta pressione della vittima, non solo ha omesso di adeguare la cura indicata
dal dott. G.________ al progressivo deterioramento dello stato di salute
della vittima, ma l'ha pure modificata fin dall'inizio sostituendo l'aspirina
con un farmaco di nessuna efficacia (se non addirittura controproducente) in
caso di ipertensione quale il "Wobenzym" (v. perizia ad 7 e interrogatorio
27.12.2001 perito, pag. 7); a tale proposito non va inoltre dimenticato - ed
è sicuramente questo il rimprovero più grave che le può essere mosso - che la
ricorrente ha consapevolmente impedito alla vittima di accedere a delle vere
cure mediche in grado di curare adeguatamente la sua patologia, mantenendola
invece per anni nella convinzione di essere trattata da un medico competente
e patentato. Quanto alla presunta efficacia di altri fattori quali la
modifica dello stile di vita e dell'alimentazione, suggeriti alla vittima
dall'insorgente, il perito è stato altrettanto categorico, affermando che
visti gli elevati livelli di pressione arteriosa del soggetto l'unica terapia
possibile ed efficace era quella medicamentosa, con medicamenti da prendere
tutta la vita (v. interrogatorio perito pag. 6; v. pure interrogatorio
21.1.2002 dott. G.________, pag. 4 in basso, che conferma sostanzialmente la
diagnosi del perito).

4.2 L'insorgente ritiene poi arbitrario l'accertamento del nesso di causalità
naturale tra la demenza della vittima e le cure inadeguate imputategli, con
particolare riferimento alle conclusioni delle perizia giudiziaria del dott.
I.________.

4.2.1 Esiste un rapporto di causalità naturale tra un evento e un
comportamento colpevole, se quest'ultimo ne costituisce la "conditio sine qua
non", ossia se non può essere tralasciato senza che pure l'evento
verificatosi venga meno; non è tuttavia necessario che esso appaia come la
causa unica dell'evento (DTF 115 IV 199 consid. 5b e rinvii). Il rapporto di
causalità così delimitato non può essere provato con certezza, un alto grado
di verosimiglianza è sufficiente (DTF 122 IV 17 consid. 2c/aa; 121 IV 207
consid. 2a; 118 IV 130 consid. 6a). L'accertamento della causalità naturale è
una questione che concerne i fatti e come tale le censure ad essa relative
possono essere esaminate nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico
introdotto per violazione dell'art. 9 Cost.

4.2.2 Su questo specifico punto, la CCRP non è di massima entrata nel merito
delle censure sollevate, ritenendo che la ricorrente aveva avanzato delle
considerazioni di natura appellatoria oppure non debitamente motivate
(consid. 5, pag. 9, della sentenza impugnata). A prescindere dal fatto che
l'omessa trattazione delle censure in sede cantonale ne comporta
l'inammissibilità per mancato esaurimento delle istanze cantonali (consid.
3.2 supra), va rilevato che la Corte del merito ha ammesso l'esistenza del
nesso di causalità naturale tra il comportamento dell'insorgente e la grave
forma di demenza manifestatasi nella vittima B.B.________ non solo in base
alle risultanze peritali ma anche sulla scorta delle dichiarazioni della
moglie A.B.________ e della ricorrente stessa, la quale non ha negato di
essere stata al corrente delle nefaste conseguenze di un'ipertensione
arteriosa non adeguatamente trattata (v. sentenza della Corte delle assise,
consid. 6.5, pag. 106).
Trattandosi poi della valutazione della forza probatoria di una perizia,
occorre preliminarmente ricordare che il giudice è di regola vincolato dalle
conclusioni peritali, e può scostarsene solamente in presenza di motivi
validi (DTF 118 Ia 144 consid. 1c; 101 IV 129 consid. 3a). In concreto le
risultanze peritali sono chiare: un trattamento adeguato e costante della
vittima con farmaci anti-ipertensivi classici e scientificamente provati
avrebbe con molta probabilità evitato il suo grave deterioramento a livello
psico-fisico, tanto più che altre possibili cause di demenza non sono state
rinvenute (v. perizia, ad 5). Ciò è senz'altro sufficiente per considerare
dato - ai sensi della giurisprudenza richiamata al considerando precedente -
il nesso di causalità naturale tra il comportamento dell'imputata e la
malattia riscontrata nella vittima. In simili evenienze, le autorità
cantonali non sono pertanto trascese nell'arbitrio.

5.
La ricorrente lamenta in seguito una lunga serie di arbitri commessi dalle
autorità cantonali anche riguardo ai reati di truffa di cui è accusata
singolarmente o in correità con C.________. Premettendo un breve quanto
parziale riassunto dei fatti, l'insorgente contesta le argomentazioni della
Corte del merito, riprese dalla CCRP, secondo cui sarebbe stata a conoscenza
sin dal mese di novembre del 1999 del fatto che C.________ non solo non aveva
operato lui stesso la madre ammalata di cuore, ma che non era nemmeno un
medico chirurgo. Essa obietta infatti che le argomentazioni esposte dalla
CCRP nella sentenza impugnata non corrispondono ad accertamenti fattuali
compiuti dai primi giudici, ma si basano su mere ipotesi formulate dallo
stesso C.________ in sede di interrogatorio, sprovviste di qualsiasi supporto
probatorio e persino illogiche.
Anche su questo punto la CCRP non ha tuttavia esaminato compiutamente nel
merito tutte le censure della ricorrente, ma si è limitata a rilevare, dopo
aver ripercorso il ragionamento della Corte delle assise, che essa persisteva
nel prospettare il suo personale punto di vista sui fatti, senza però
dimostrare l'arbitrio dei primi giudici (v. sentenza impugnata, pag. 17 in
alto). A prescindere dal fatto che l'insorgente ripropone in questa sede
allegazioni già dichiarate inammissibili dall'ultima istanza cantonale, va
rilevato che la Corte del merito, chiamata a stabilire se C.________ fosse
credibile quando ha affermato che l'insorgente ha dedotto la sua falsa
identità di medico già in occasione dell' operazione della madre (novembre
1999), ha risposto affermativamente al quesito sulla scorta di una
valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, che teneva sì conto
delle dichiarazioni (rimaste peraltro lineari e costanti in tutto il corso
della lunga istruttoria) dello stesso C.________ ma anche di quanto affermato
dalla madre dell'insorgente, affermazioni indirettamente suffragate anche
dalle numerose, sempre diverse e persino contraddittorie versioni
successivamente fornite dall'insorgente su questo specifico punto (v. pagg.
116-120 della sentenza di primo grado). Nell'ambito di questa valutazione
globale la Corte delle assise poteva, senza incorrere nell'arbitrio, ritenere
credibile C.________, ponendo quindi alla base del suo giudizio le
dichiarazioni da lui rese, che facevano stato di una precoce conoscenza da
parte della qui ricorrente delle sue false qualifiche professionali. A questo
proposito il fatto che la versione dell'insorgente diverga da quella del
correo non permette di considerare arbitrario l'accertamento della Corte del
merito: determinante in quest'ambito è infatti il convincimento dei giudici
riguardo alle dichiarazioni rese da un co-imputato, ritenute affidabili sulla
base di un libero apprezzamento delle prove (DTF 117 Ia 401 consid. 1c;
Hauser/ Schweri, Schweizerisches Strafprozessrecht, 4a ed. 1999, Basilea,
pag. 215 n. 4 e segg.). Nella misura in cui l'insorgente critica -
tacciandoli di arbitrari - gli accertamenti delle autorità cantonali su
questo punto e invoca, senza tuttavia motivarla, una violazione del principio
della presunzione di innocenza, le sue critiche sono votate all'insuccesso.

5.1 La ricorrente rimprovera ai giudici cantonali di non avere considerato
che, nell'ipotesi sopra indicata, essa non avrebbe certo pagato a C.________
l'elevato importo per l'operazione al cuore della madre (ca. DM 671'000.--),
né versato, poco tempo dopo, altri DM 550'000.-- sul conto dei suoceri di
C.________; anzi, scoperta la truffa del falso chirurgo, essa avrebbe potuto
pretendere la restituzione di questi importi. Essa sostiene, più in generale,
che sia la Corte delle assise che la CCRP avrebbero misconosciuto il ruolo
centrale di C.________ in queste vicende, in netto contrasto con le emergenze
processuali.
In quest'ambito, la ricorrente si diffonde però in critiche in gran parte
appellatorie, riproponendo censure che sono già state respinte da entrambe le
istanze cantonali con motivazioni più che convincenti. Giova anzitutto
osservare che l'importo di DM 671'779.-- che l'insorgente, direttamente o
tramite la madre, ha versato sui conti della moglie di C.________ tra ottobre
e dicembre 1999, più che a pagare l'operazione della madre (che C.________
nemmeno aveva effettuato), è servito a rimborsare i creditori di
quest'ultimo; come accertato dalla Corte di merito (v. pag. 113 e 115 in
basso), per sua stessa ammissione l'insorgente si era assunta il compito di
risolvere i problemi finanziari del sedicente professore. Non è quindi
ragionevolmente sostenibile che essa sia stata truffata da C.________
relativamente al pagamento per l'operazione al cuore della madre.
Traendo spunto da elementi isolati dell'inchiesta, la ricorrente pretende
inoltre di addossare a C.________ la responsabilità di aver ideato la truffa
di DM 890'000.-- a danno dei coniugi B.________ per finanziare la produzione
di medicinali speciali contro l'Alzheimer; le risultanze istruttorie nel loro
insieme - e non da ultimo le deposizioni della vittima sig.ra B.________ -
smentiscono però l'ipotesi che l'insorgente sia stata, per così dire,
manipolata da C.________ in quest'occasione. Dalle indagini è invece emerso
con evidenza il ruolo di regista di A.________ anche in questo episodio, e il
suo consapevole e scaltro utilizzo delle doti truffaldine - e delle
altisonanti qualifiche professio nali - di C.________ per sottrarre nuovo
denaro alle due ignare vittime (v. consid. 9b e 18 della sentenza impugnata).
La CCRP ha inoltre correttamente osservato che anche se si volesse supporre
un coinvolgimento attivo di C.________ in veste di complice o correo nella
truffa degli DM 890'000.-- riscossi ai coniugi B.________ (se non altro
perché DM 550'000.-- sono poi finiti sul conto dei suoi suoceri), ciò non
sarebbe di alcun giovamento all'insorgente giacché nel diritto penale ognuno
risponde del proprio agire e delle proprie colpe. L'impugnativa è quindi,
anche su questo punto, priva di fondamento e va disattesa.

5.2 Infondati sono pure i rimproveri che la ricorrente muove all'accertamento
dell'ammontare complessivo delle cosiddette truffe per i farmaci fomiti ai
coniugi B.________ tra il 1994 e il 1999. Gli importi indicati a pag. 91
della sentenza di primo grado - ripresi dalla CCRP - sono stati direttamente
dedotti dall'atto di accusa, integralmente riprodotto nelle pagine iniziali
della decisione della Corte delle assise, e segnatamente al punto 1.4.2 a
pag. 7 (113'450.-- CHF) e ai punti 1.1-1.27 alle pagg. 18-21 (535'544.-- CHF
e 46'120.-- DM; 535'544.-- + 113'450.-- = 648'994.-- CHF). Tutte queste voci
sono state ritenute e integralmente confermate nel giudizio di condanna;
risulta invece chiaramente dalla decisione di prima istanza che l'importo
indicato al punto 1.4.3 dell'atto d'accusa (fr. 128'450.--) è stato
stralciato su richiesta del Procuratore pubblico trattandosi di un doppione
(v. pag. 21 in basso della sentenza della Corte delle assise), mentre
l'imputata è stata assolta dal reato di truffa relativamente ai medicamenti
procurati per il sig. L.________, oggetto del punto 1.4.1 dell'atto di
accusa, per complessivi DM 118'000.-- (v. pag. 91 in basso). Non è quindi
ravvisabile una mancanza di motivazione della sentenza impugnata in merito
all'ammontare delle truffe per i farmaci venduti alle vittime.

5.3 L'insorgente giudica infine arbitrario l'accertamento circa il ruolo di
tesoriere che C.________ avrebbe avuto con riferimento al denaro ottenuto dai
coniugi B.________ dal dicembre 1999 in poi. Essa misconosce però che anche
su questo punto la CCRP ha dichiarato il suo ricorso irricevibile giacche
immotivato (v. consid. 20, pag. 23 della sentenza impugnata); ora, in questa
sede la ricorrente non spiega, conformemente all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG,
perché l'autorità avrebbe accertato in modo arbitrario l'assenza dei
presupposti formali per un esame nel merito (DTF 118 Ib 26 consid. 2b), per
cui la sua censura non può essere trattata.

6.
Discende da quanto precede che il ricorso di diritto pubblico va respinto
nella misura della sua ammissibilità.

II. Ricorso per cassazione (6S.246/2003)

7.
Il ricorso per cassazione, di natura cassatoria (art. 277ter cpv. 1 PP), può
essere fondato unicamente sulla violazione del diritto federale (art. 269
PP). La Corte di cassazione penale del Tribunale federale è vincolata dagli
accertamenti di fatto dell'autorità cantonale (art. 277bis cpv. 1 seconda e
terza proposizione PP). Essa deve fondare il suo giudizio sui fatti quali
accertati dall'ultima istanza cantonale ed eventualmente su quelli
considerati dall'autorità inferiore, ma solo nella misura in cui essi siano
ripresi, per lo meno in modo implicito, nella decisione impugnata (art. 273
cpv. 1 lett. b PP; DTF 118 IV 122 consid. 1). La motivazione del ricorso non
deve criticare accertamenti di fatto né proporre eccezioni ed impugnazioni
nuove (art. 273 cpv. 1 lett. b PP). Inoltre, il ricorso per cassazione è
ammissibile solo contro le decisioni di ultima istanza cantonale (art. 268
PP). Le censure formulate contro gli argomenti sviluppati nella decisione di
prima istanza saranno trattate solamente nella misura in cui la CCRP li
riprende (DTF 106 IV 338 consid. 1).

8.
La ricorrente insorge contro la condanna per lesioni personali gravi,
contestando l'esistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato.

8.1 Giusta l'art. 122 CP chiunque intenzionalmente ferisce una persona
mettendone in pericolo la vita (cpv. 1), o intenzionalmente mutila il corpo,
un organo o arto importante di una persona, o le produce la perdita dell'uso
di un tale organo o arto, o le cagiona permanentemente incapacità di lavoro,
infermità o malattia mentale, o le sfregia in modo grave e permanente il viso
(cpv. 2), o intenzionalmente cagiona un altro grave danno al corpo od alla
salute fisica o mentale di una persona (cpv. 3), è punito con la reclusione
sino a dieci anni o con la detenzione da sei mesi a cinque anni. Questa
infrazione presuppone la riunione di tre elementi oggettivi: il comportamento
pericoloso, le lesioni gravi e un nesso di causalità adeguato tra il
comportamento dell'autore e le lesioni personali subite dalla vittima.

8.2 La ricorrente sembra contestare innanzitutto l'esistenza di un
comportamento pericoloso.
La critica è infondata. Per la legge il comportamento pericoloso - che può
consistere sia in un'azione che in un'omissione - è definito infatti
unicamente dal suo risultato (DTF 124 IV 53 consid. 2 e riferimenti citati):
in concreto la grave forma di demenza manifestatasi nella vittima, e la sua
successiva morte, dimostrano pacificamente l'esistenza di un comportamento
pericoloso. Analogamente, non può essere negata l'esistenza dell'elemento
oggettivo della lesione grave: un'infermità mentale permanente e di tale
gravità rientra senz'altro nella casistica della norma invocata (art. 122
cpv. 2 e 3). Poco importa al proposito il preesistente stato della vittima,
atteso che anche il peggioramento di una situazione di salute già
precedentemente compromessa può costituire una lesione grave ai sensi
dell'art. 122 CP (Trechsel, Strafgesetzbuch Kurzkommentar, n. 5 prefazione
art. 122 CP, pag. 447).

8.3 L'insorgente osserva inoltre che, nella misura in cui la Corte cantonale
ravvisa il comportamento delittuoso nel solo fatto di non aver adeguato la
cura contro l'ipertensione al continuo peggioramento dello stato di salute
del sig. B.________, le viene imputato un comportamento di omissione, il
quale presuppone una posizione di garante che lei - nelle circostanze
concrete - non poteva avere non essendo un vero medico.

8.3.1 Poiché sia dato un reato omissivo improprio occorre che l'agente si
trovi in una posizione di responsabilità comportante un obbligo giuridico di
intervenire, vale a dire che occupi una posizione di garante (DTF 117 IV 130
consid. 2a; 113 IV 68 consid. 5b). Dottrina e giurisprudenza distinguono due
tipi di posizione di garante: l'obbligo di protezione, ossia quello di
salvaguardare e difendere dei beni giuridici determinati contro pericoli
sconosciuti che possano minacciare tali beni (ad esempio quello della madre
nei confronti del figlio), e l'obbligo di controllo, consistente ad impedire
la realizzazione di rischi conosciuti ai quali sono esposti dei beni
indeterminati (ad esempio quello di un detentore di animali selvatici o di un
proprietario di una fabbrica di munizioni; Trechsel/Noll, Schweizerisches
Strafrecht, Allgemeiner Teil I, Zurigo 1998, pagg. 242 e segg.). Gli obblighi
giuridici in questione possono derivare dalla legge, da un contratto o da una
situazione di fatto (ad esempio la creazione di un pericolo; Graven,
L'infraction pénale punissable, 2a ed., Berna 1995, p. 83).

8.3.2 In concreto ci si potrebbe innanzitutto chiedere se il reato sia
consistito in un'azione o in un'omissione: le autorità cantonali hanno sì
imputato alla ricorrente di non avere adeguato la cura alle condizioni della
vittima, ma anche di avere modificato attivamente la cura prescritta dal
dott. G.________, sostituendo l'aspirina con un farmaco di nessuna efficacia
(consid. 4.1 supra). La questione può tuttavia rimanere indecisa, posto che
la censura ricorsuale deve essere respinta per i motivi che seguono.

8.3.3 Nella fattispecie la posizione di garante della ricorrente si fonda su
un contratto di mandato ai sensi dell'art. 394 e segg. CO: quale medico di
famiglia dei coniugi B.________ all'insorgente incombeva senz'altro l'obbligo
di curare la salute dei pazienti nel miglior modo possibile (sull'argomento
v. DTF 113 II 429); per le sue prestazioni medico-infermieristiche essa era
d'altronde regolarmente retribuita con un assegno mensile di fr. 5'000.--.
Poco importa che essa non fosse in realtà un vero medico e si sia spacciata
per tale agli occhi delle vittime: chi assume una carica di responsabilità
nella quale la sicurezza e l'incolumità altrui è messa in gioco deve far
capo, se non dispone di una formazione sufficiente, ai consigli di una
persona esperta oppure deve rinunciare a tale carica (DTF 106 IV 312 consid.
6c). La colpa può infatti consistere nell'avere assunto tale carica senza
disporre di una formazione sufficiente e/o adeguata. In concreto la
ricorrente, semplice naturopata (ossia specialista in medicina naturale), non
solo ha preteso di esercitare le funzioni di medico generalista senza
disporre delle conoscenze necessarie, ma si è pure rifiutata di far capo ai
consigli di medici specialisti, pur constatando il continuo peggioramento
dello stato di salute del proprio "paziente" e l'inefficacia delle proprie
"cure".

8.4 L'insorgente contesta pure l'esistenza del nesso di causalità adeguata
tra il suo comportamento omissivo e l'insorgere della grave infermità mentale
nella vittima.

8.4.1 Per costante giurisprudenza, il nesso di causalità è adeguato quando il
comportamento contrario ai doveri di prudenza è idoneo, secondo l'andamento
ordinario delle cose nonché l'esperienza generale della vita, a produrre o a
favorire un evento simile a quello in concreto realizzatosi. Nei casi di
omissione, la questione della causalità adeguata si pone in termini
particolari: vi è una relazione di causalità adeguata con il risultato se il
compimento dell'atto omesso avrebbe potuto evitare, secondo l'andamento
ordinario delle cose e l'esperienza generale della vita, la realizzazione di
questo risultato (DTF 117 IV 130 consid. 2a).
Tuttavia, la causalità adeguata viene meno, il concatenamento dei fatti
perdendo in tal modo la sua rilevanza giuridica, allorché un'altra causa
concomitante, quale ad esempio l'atteggiamento della vittima, costituisca una
circostanza del tutto eccezionale oppure dipenda da un comportamento talmente
straordinario, insensato o stravagante che non potevano essere previsti.
L'imprevedibilità dell'atto concomitante non è sufficiente per interrompere
il nesso di causalità adeguata. Occorre bensì che quest'atto sia di una
gravità tale da imporsi come la causa più probabile ed immediata dell'evento
considerato, relegando in secondo piano tutti gli altri fattori, segnatamente
il comportamento dell'agente, che hanno contribuito a provocarlo (DTF 127 IV
62 consid. 2d; 126 IV 13 consid. 7a/bb; 122 IV 17 consid. 2c/bb; 121 IV 207
consid. 2a; Corboz, op. cit., n. 14-16 ad art. 111 CP, pagg. 25-26).

8.4.2 Ora, a questo proposito è sufficiente rinviare (art. 36a cpv. 3 OG)
alle pertinenti considerazioni contenute nella sentenza impugnata (v.
decisione impugnata, consid. 8b, pagg. 12-13). In questa sede basta rilevare
che le autorità cantonali, fondandosi sulla perizia in atti, hanno osservato
che un'adeguata terapia farmacologica avrebbe con grande verosimiglianza
evitato l'insorgere della sindrome demenziale nella vittima; esse sono
pertanto giunte alla conclusione che il comportamento della ricorrente, che
non solo ha omesso di adeguare la cura alla situazione della vittima ma ha
pure modificato di propria iniziativa la terapia prescritta dal dott.
G.________ (sentenza impugnata, pag. 13 in alto), ha favorito - se non
provocato - il risultato in concreto realizzatosi. La CCRP ha inoltre
rettamente osservato che dagli atti non emerge alcun elemento che lasci
supporre che la vittima, con il suo comportamento, abbia interrotto il nesso
di causalità adeguata: le circostanze invocate dalla ricorrente (età del
soggetto; forte ipertensione pre-esistente; renitenza a modificare lo stile
di vita; prescrizioni da parte di altri medici) non risultano infatti a tal
punto eccezionali o imprevedibili da relegare in sott'ordine il comportamento
dell'accusata, sia perché di sua conoscenza, sia perché ininfluenti.
Le censure ricorsuali in merito all'assenza del nesso di causalità adeguata,
o alla sua interruzione per cause concomitanti - peraltro in gran parte
inammissibili poiché inerenti l'apprezzamento dei fatti e la valutazione
delle prove eseguite dalle autorità cantonali - vanno pertanto respinte.

8.5 Per ciò che concerne l'elemento soggettivo del reato, l'autorità
cantonale ha escluso un dolo diretto, accertando però che la ricorrente ha
agito nella forma del dolo eventuale. L'insorgente contesta tale conclusione;
a suo dire i giudici cantonali hanno omesso di considerare che essa aveva
attributo il degrado dello stato di salute del sig. B.________ ad una forma
di Alzheimer o di Parkinson e non all'ipertensione. L'accertamento della
consapevolezza dei rischi dell'ipertensione da parte della ricorrente sarebbe
quindi errato, e il dolo eventuale andrebbe scartato per mancanza di
coscienza e di volontà dell'agente. A sostegno della tesi dell'assenza di
dolo, l'insorgente evidenzia inoltre la mancanza di un qualsiasi movente e le
modalità della sua azione.

8.5.1 Sussiste dolo eventuale laddove l'agente ritiene possibile che l'evento
o il reato si produca, e, ciò nondimeno, agisce, poiché prende in
considerazione l'evento nel caso che si realizzi, lo accetta pur non
desiderandolo (DTF 125 IV 242 consid. 3c; 121 IV 249 consid. 3a; 119 IV 1
consid. 5a; Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, Allgemeiner Teil I, §
9, n. 53 e seg. con rinvii). Chi prende in considerazione l'evento qualora si
produca, ossia lo accetta, lo vuole ai sensi dell'art. 18 cpv. 2 CP. Non è
necessario che l'agente desideri tale evento o lo approvi (DTF 121 IV 249
consid. 3a).
Ciò che l'agente sapeva, voleva e ha preso in considerazione sono questioni
di fatto che non possono, in linea di principio, essere riesaminate nel
quadro di un ricorso per cassazione (art. 273 cpv. 1 lett. b; 277bis cpv.1
PP). Tuttavia, il dolo (eventuale), quale fatto interiore, può essere
accertato solo in base ad elementi esteriori; ne discende che in
quest'ambito, le questioni di fatto e di diritto sono strettamente connesse
tra di loro e coincidono parzialmente. Il quesito giuridico se l'autore abbia
agito con dolo eventuale può essere risolto solo valutando i fatti accertati
dall'autorità cantonale, da cui quest'ultima ha dedotto tale elemento
soggettivo. Con riferimento al concetto giuridico di dolo eventuale, il
Tribunale federale può pertanto esaminare se sono stati valutati
correttamente gli elementi esteriori, in base ai quali è stato accertato che
l'agente ha preso in considerazione, ossia ha accettato l'evento o il reato
(DTF 121 IV 249 consid. 3a/aa e rinvii). Tra gli elementi esteriori da cui è
possibile dedurre che l'agente ha accettato l'evento illecito nel caso che si
produca figurano, in particolare, la gravità della violazione del dovere di
diligenza e la probabilità, nota all'autore, della realizzazione del rischio.
Quanto più grave è tale violazione e quanto più grande tale rischio, tanto
più fondata risulterà la conclusione che l'agente, malgrado i suoi dinieghi,
aveva accettato l'ipotesi che l'evento considerato si realizzasse (DTF 125 IV
242 consid. 3c in fine; 121 IV 249 consid. 3a/aa p. 253; 119 IV 1 consid.
5a). Altri elementi esteriori rivelatori possono essere il movente
dell'autore e il modo nel quale egli ha agito (DTF 125 IV 242 consid. 3c in
fine).

8.5.2 La Corte delle assise ha ritenuto che la ricorrente non poteva ignorare
che, nelle circostanze concrete, con il suo comportamento avrebbe potuto
seriamente compromettere la salute della vittima; essa ne ha dedotto che la
ricorrente ha preso in considerazione ed accettato il rischio, poi
effettivamente realizzatosi, di causare seri danni cerebrali al sig.
B.________. La Corte del merito ha fondato la propria decisione sull'alta
probabilità, nota alla ricorrente, della realizzazione dell'evento dannoso e
sulla grave violazione del dovere di diligenza da parte della medesima. A suo
avviso, la ricorrente sapeva che l'ipertensione della vittima andava curata e
che, se non adeguatamente curata, poteva causare seri danni; la ricorrente
sapeva inoltre che la pressione arteriosa del sig. B.________ continuava ad
essere elevata ed era consapevole del deterioramento del suo stato di salute,
fin dal 1997, quando aveva notato l'insorgere dei primi sintomi di demenza
(v. sentenza di primo grado, p. 111 in alto); secondo gli accertamenti della
Corte delle assise, A.________ era inoltre consapevole che il vero problema
della vittima era quello dell'ipertensione, nonostante parlasse genericamente
di Alzheimer o di Parkinson, cercando peraltro di minimizzare le informazioni
legate alla demenza senile (v. pag. 101 in basso). Infine, pur constatando
nei fatti l'inefficacia della cura, l'accusata ha coscientemente sempre
impedito alla vittima di avere accesso a vere cure mediche, né si è rivolta a
specialisti per consiglio (v. pag. 108).
La CCRP ha integralmente confermato gli argomenti della corte inferiore e
negato una violazione del diritto federale; secondo i giudici cantonali un
simile atteggiamento non può essere interpretato né valutato diversamente dal
dolo eventuale. Anche l'ultima istanza cantonale ha accertato in modo
sufficientemente chiaro che la ricorrente sapeva di poter causare gravi danni
alla salute della vittima, e che ciononostante, ha accettato (implicitamente)
che l'evento da lei considerato possibile si realizzasse (v. sentenza
impugnata, consid. 8c a pag. 13).

8.5.3 Tale conclusione non viola il diritto federale. La CCRP ha
pertinentemente riassunto gli elementi di valutazione ritenuti dalla Corte
delle assise (sentenza impugnata, pag. 10 in basso-11 in alto); da questi
elementi esteriori ne ha correttamente dedotto che la ricorrente, con il suo
comportamento attivo (modifica della cura prescritta dal dott. G.________) e
passivo (mancato adeguamento del trattamento; mancata consultazione di altri
medici) ha preso in considerazione ed accettato il rischio, poi
effettivamente realizzatosi, di causare seri danni cerebrali al sig.
B.________. Come evidenziato da entrambe le istanze cantonali, la ricorrente
era perfettamente consapevole che un'eccessiva pressione arteriosa di lunga
data era idonea, secondo l'andamento generale delle cose e l'esperienza, a
provocare la patologia poi constatata nella vittima. Il fatto, invocato
dall'insorgente, che non vi sia alcun elemento rivelatore di un suo desiderio
di accelerare il degrado dello stato di salute della vittima e quindi che
mancherebbe un movente, è irrilevante: perché sia dato il dolo eventuale non
è infatti necessario che la ricorrente desiderasse o approvasse l'evento,
ossia l'infermità della vittima, ma è bensì sufficiente ch'essa abbia
considerato tale evento come la probabile conseguenza del suo agire e,
nondimeno, l'abbia accettato nel caso, poi realmente verificatosi, che si
realizzasse (DTF 121 IV 249 consid. 3c in fine).

8.6 Da quanto esposto in precedenza discende che le censure sollevate dalla
ricorrente, volte a negare qualsiasi responsabilità penale per il reato di
lesioni gravi, e segnatamente la sussistenza del dolo eventuale, vanno
respinte, e la decisione impugnata confermata su questo punto.

9.
Riguardo all'imputazione di truffa aggravata, la ricorrente contesta in primo
luogo le conclusioni dei giudici cantonali sullo "stipendio" mensile di fr.
5'000.-- che ha percepito dai coniugi B.________ nel periodo 1990-2000. Essa
sostiene che la sentenza impugnata ha respinto il suo ricorso senza procedere
ad un'esplicita verifica degli elementi costitutivi del reato contestatogli,
e segnatamente della sussistenza dell'indebito profitto e del danno
pecuniario. La ricorrente rimprovera in particolare alle autorità cantonali
di non avere accertato la vera natura degli accordi intervenuti tra le parti,
che esulavano dalla mera fornitura di prestazioni di natura medica per
abbracciare un più ampio compito di assistenza degli anziani coniugi. Non
risulterebbe pertanto provato che essa abbia agito con scopo di indebito
profitto, ossia che abbia voluto fornire delle prestazioni inferiori alle
aspettative delle vittime.

9.1 I giudici della CCRP hanno considerato che la truffa ravvisata dalla
Corte delle assise non consiste nel fatto che la ricorrente abbia fornito
prestazioni diverse da quelle richieste - peraltro di chiara natura medica,
contrariamente a quanto asserito dall'interessata - bensì che abbia fornito
prestazioni senza disporre delle conoscenze specifiche presunte dai pazienti
(sentenza impugnata, pag. 17, consid. 12).
Nella misura in cui tale conclusione si fonda sui vincolanti accertamenti
della Corte del merito (v. pag. 61-63 della sentenza di primo grado) - che
non possono essere ritenuti arbitrari - le contestazioni in questa sede della
ricorrente risultano in gran parte irricevibili: le autorità cantonali hanno
infatti già stabilito che questo "salario" mensile di fr. 5'000.-- rimunerava
la ricorrente per le sue prestazioni di carattere medico e non per altri
servizi; la proposta del versamento di questa retribuzione le venne
d'altronde fatta dopo che essa aveva curato un braccio della sig.a
B.________. Parimenti incontestabile è il fatto che essa abbia dispensato le
proprie prestazioni in campo medico senza disporre delle necessarie
qualifiche professionali, mantenendo nell'inganno i propri pazienti per un
decennio. L'obiezione della ricorrente, che pretende che le vittime,
multimilionarie e ben disposte verso le opere di beneficenza, sarebbero state
in ogni caso disposte a versarle un tale importo per i servizi di vario
genere che prestava loro, non può essere accolta, trattandosi di una mera
asserzione di parte priva di sufficienti riscontri probatori.
Giova comunque osservare che se anche parte di questo "salario" dovesse
essere considerato come la giusta retribuzione di prestazioni non
strettamente mediche fornite dalla ricorrente (tenere compagnia ai coniugi
B.________; accompagnamento durante passeggiate; coordinamento delle visite
del fisioterapista; acquisito di medicinali e esecuzione di commissioni
varie), l'esito del giudizio non muterebbe in modo significativo; l'importo
accertato dalla Corte del merito (fr. 600'000.-- su un periodo di dieci
anni), messo in relazione al totale delle truffe perpetrate a danno delle
vittime (oltre 20 milioni di franchi svizzeri), risulta infatti trascurabile,
corrispondendo ad una percentuale del 2-3% del totale.

9.2 La ricorrente contesta la sentenza impugnata anche con riferimento alla
truffa per i medicamenti procurati alle vittime tra il 1994 e il 2000,
ammontante, secondo gli accertamenti della autorità penali cantonali, a
complessivi fr. 648'994.-- e DM 46'120.--. Essa sostiene che la CCRP, come in
precedenza la Corte delle assise, avrebbe erroneamente accertato la
sussistenza di elementi del reato quali il danno, lo scopo dell'indebito
profitto e l'inganno astuto.

9.2.1 Giusta l'art. 146 cpv. 1 CP, chiunque, per procacciare a sé o ad altri
un indebito profitto, inganna con astuzia una persona affermando cose false o
dissimulando cose vere, oppure ne conferma subdolamente l'errore inducendola
in tal modo ad atti pregiudizievoli al patrimonio proprio o altrui, è punito
con la reclusione sino a cinque anni o con la detenzione.
Dal tenore della norma testé citata risulta che determinante per
l'adempimento del reato è la sussistenza di un inganno astuto. Per
determinare se vi sia astuzia, non va considerato in modo meramente oggettivo
come avrebbe reagito alla truffa una terza persona mediamente accorta e
esperta, ma va bensì esaminata concretamente la situazione della vittima,
nella misura in cui l'agente la conosca e la sfrutti. Ciò vale, in
particolare, qualora la vittima sia debole di mente, inesperta o disabile a
causa dell'età o di una malattia (fisica o psichica) o si trovi in uno stato
di dipendenza, di subordinazione o di bisogno (DTF 125 IV 128 consid. 3a; 120
IV 186 consid. 1a). La giurisprudenza del Tribunale federale ha ammesso
l'esistenza di un'astuzia quando l'agente, allo scopo di ingannare un terzo,
erige un tessuto di menzogne o mette in atto particolari manovre fraudolente
(DTF 126 IV 171 consid. 2a; 122 IV 197 consid. 3d; 119 IV 28 consid. 3a). Una
siffatta astuzia è stata altresì ammessa laddove l'agente fornisce
semplicemente false indicazioni, il cui controllo non è possibile, lo è solo
difficilmente o non è da aspettarsi ragionevolmente, così come quando egli
impedisce alla persona ingannata di controllare la veridicità di tali
indicazioni o prevede che essa rinuncerà, a dipendenza di una particolare
relazione di fiducia, a tale controllo (DTF 126 IV 171 consid. 2a; 122 IV 246
consid. 3a; 120 IV 186 consid. 1a, 123 consid. 6a/bb; 119 IV 28 consid. 3a
con rinvii).

9.2.2 Come rileva la ricorrente, l'autorità cantonale ha omesso di
controllare l'entità dell'arricchimento indebito per ogni singola fornitura
di medicinali e di verificare se ogni volta, con un minimo di precauzione, le
vittime avrebbero potuto rendersi conto delle indicazioni inveritiere della
ricorrente e del fatto che i medicinali non corrispondevano assolutamente
alle caratteristiche promesse. A prima vista, tale mancanza sembrerebbe
contrastare con il principio secondo cui la presenza degli elementi
costitutivi del reato deve poter essere controllata concretamente in ogni
singolo caso, anche laddove si tratti di truffe commesse in serie, ciò che, a
sua volta, presuppone che i fatti alla base dell'imputazione siano esposti in
modo sufficientemente chiaro e che gli elementi essenziali di ogni azione
fraudolenta, incluso il rapporto intercorrente tra l'agente e la vittima,
siano illustrati in modo tale da poter verificare se corrispondano alla
maniera di procedere ammessa in generale o, invece, se, e in che misura, se
ne distinguano (DTF 119 IV 284 consid. 5a). Nella fattispecie è quindi lecito
chiedersi se la decisione impugnata contenga tutti gli accertamenti necessari
per poter controllare l'applicazione del diritto federale (art. 277 PP).
Sennonché, la giurisprudenza testé citata mal si adatta a situazioni
caratterizzate, analogamente a quella in causa, da modalità operative
sostanzialmente simili ma ripetute molte volte, che rendono inopportuno,
siccome troppo dispendioso, l'esame di ogni singolo caso (v. sentenza
6S.188/1997 del 20 febbraio 1998, consid. 2a).
Ne discende che, ancorché altre soluzioni siano possibili, la scelta di
sanzionare un determinato comportamento generale non presta, contrariamente a
quanto sostiene l'interessata, il fianco a critiche, purché nella descrizione
del comportamento incriminato siano ravvisabili gli elementi caratteristici
della truffa. Ora, in concreto l'autorità cantonale ha accertato, senza
incorrere in arbitrio, che la ricorrente, promettendo dei farmaci miracolosi
sintetizzati in laboratori di ricerca avanzati, ha invece sempre fornito alle
vittime dei preparati o dei medicinali generici, di scarsa o nulla efficacia
se non addirittura pericolosi (v. sentenza impugnata, consid. 16, pag. 19),
senza peraltro mai presentare una sola ricevuta per i notevoli importi
richiesti. Essa ha pure accertato che l'indebito profitto tratto dalla
ricorrente, seppur non corrispondente per intero al danno patrimoniale patito
dalle vittime, è comunque in relazione casuale diretta con quest'ultimo e si
riconduce alle medesime decisioni, come richiesto dalla giurisprudenza (DTF
122 II 422 consid. 3b/bb). Contestualmente alla ricostruzione della vicenda
sotto il profilo delle azioni della ricorrente, la Corte cantonale ha quindi
a ragione ammesso la sussistenza di un inganno. Quest'ultimo, d'altronde,
poteva senz'altro essere considerato astuto, siccome fondato su un tessuto di
menzogne particolarmente fitto e sul fatto, pure accertato, che l'insorgente
ha impedito in tutti i modi alle vittime - approfittando largamente della
loro età, del loro stato di salute e della particolare relazione di fiducia
di cui godeva - di controllare o semplicemente mettere in dubbio la
veridicità delle sue indicazioni (v. consid. 9.2.1 supra).
Ne consegue che l'ultima istanza cantonale non ha violato il diritto
federale, considerando realizzati, nelle circostanze surriferite, i requisiti
dell'indebito profitto e dell'astuzia propri dell'art. 146 cpv. 1 CP.

10.
La ricorrente postula in seguito una corretta applicazione dell'art. 63 CP.
Partendo dal presupposto che, da un lato, deve essere prosciolta dal reato di
lesioni personali gravi e che, dall'altro, anche i reati patrimoniali devono
essere valutati in modo più benevolo tenuto conto di numerosi fattori
(tralasciati dai giudici cantonali) quali la sua personalità altruista e
filantropica, l'influenza negativa esercitata su di lei dal correo
C.________, il mancato accertamento del danno patito dalle vittime nonché la
loro ingente disponibilità finanziaria, essa chiede un adeguamento della pena
irrogata in sede cantonale secondo i criteri fissati dall'art. 63 CP.

10.1 Secondo l'art. 63 CP, il giudice commisura la pena essenzialmente in
funzione della colpa del reo. Questa disposizione non elenca in modo
dettagliato ed esauriente gli elementi pertinenti per la commisurazione della
stessa. La giurisprudenza ha tuttavia interpretato questa disposizione in DTF
117 IV 112 consid. 1 e 116 IV 288 consid. 2a a cui si rinvia. In questa sede
basta rilevare che il giudice di merito, più vicino ai fatti, fruisce di
un'ampia autonomia. Il Tribunale federale interviene solo quando egli cade
nell'eccesso o nell'abuso del suo potere di apprezzamento, ossia laddove la
pena fuoriesca dal quadro legale, sia valutata in base a elementi estranei
all'art. 63 CP o appaia eccessivamente severa o clemente (DTF 127 IV 101; 123
IV 150 consid. 2a; 122 IV 156 consid. 3b). Il giudice di merito deve motivare
la pena pronunciata per permettere di controllare se egli non abbia ecceduto
il proprio ampio potere di apprezzamento o se ne abbia abusato. Non gli
incombe tuttavia di pronunciarsi su ogni censura particolareggiata sollevata
dalle parti né di indicare in cifre o in percentuale l'importanza attribuita
agli elementi determinanti per la commisurazione della pena; egli può
omettere di richiamare i fatti che, senza arbitrio, gli appaiono non
accertati o di scarsa rilevanza (DTF 121 IV 49 consid. 2a/aa; 120 IV 136
consid. 3a e rinvii). Deve comunque esporre gli elementi da lui considerati
decisivi - concernenti in particolare il reato e la personalità dell'agente -
in maniera tale che sia possibile controllare se e in quale modo tutti i
fattori determinanti, aggravanti e attenuanti, sono stati effettivamente
ponderati. In altre parole, la motivazione deve giustificare la pena
pronunciata e permettere in particolare di seguire il ragionamento che ne è
alla base. La sola enumerazione delle aggravanti e delle attenuanti non è di
per sé sufficiente.

10.2 Nella fattispecie, tenuto conto di quanto esposto ai considerandi
precedenti, la ricorrente deve essere riconosciuta colpevole sia del reato di
lesioni gravi, sia di quello di truffa per mestiere. La pena irrogata - otto
anni di reclusione - non da adito a critica e si situa all'interno dell'ampio
quadro legale previsto dai reati menzionati, tenuto conto del concorso tra
gli stessi (art. 68 cpv. 1 CP). La CCRP, alle cui pertinenti considerazioni
(sentenza impugnata, consid. 22, pagg. 23-28) si può senz'altro rinviare
(art. 36a OG), ha esaminato e valutato correttamente gli elementi oggettivi e
soggettivi determinanti ai fini di una giusta commisurazione della pena. In
tal senso essa ha preso in considerazione anche tre attenuanti non
debitamente valutate dalla prima Corte (attività caritatevole di A.________ a
favore di un parroco e di anziani bisognosi del Malcantone; dolo eventuale
nel reato di lesioni gravi), che hanno giustificato una riduzione di pena di
un anno rispetto a quella inflitta in primo grado. Nel suo gravame la
ricorrente non si avvale di alcun nuovo elemento suscettibile di giustificare
una modifica della pena inflitta, che i giudici cantonali avrebbero
tralasciato di prendere in considerazione oppure avrebbero considerato a
torto. Formulando ipotesi non realizzate quale il proscioglimento dall'accusa
di lesioni semplici o il ridimensionamento di quella di truffa, essa si
limita a sviluppare argomenti a suo favore che incombe esclusivamente al
giudice di merito di ponderare in modo sovrano e ripropone quanto già
disatteso in proposito dalla CCRP. Le censure espresse dall'insorgente su
questo punto sono quindi irricevibili.

11.
La ricorrente afferma di non opporsi alle confische dei beni assegnati alle
parti civili elencati al punto 6 del dispositivo della sentenza di primo
grado (e confermate dalla CCRP), se non per quanto concerne il punto 6.3.,
relativo al conto postale n. CCP ppp a lei intestato. Essa ritiene che il
citato conto postale può essere oggetto di confisca solo limitatamente a fr.
25'000.--, poiché 100'000.-- dei fr. 125'000.--  accertati dalla Corte del
merito quale provento di reato sono in realtà serviti per l'acquisito della
particella n. xxx RFD di Cimo, già oggetto di confisca al punto 6.8. del
dispositivo della sentenza di primo grado.

11.1 L'argomentazione della ricorrente sembra di primo acchito fondata. In
effetti, la Corte delle assise ha accertato che delle ingenti somme versate
ad A.________ dai coniugi B.________ destinate alle cosiddette opere di
beneficenza nel Malcantone (in totale fr. 1'200'000.-- per il decennio
1990-2000; v. sentenza di primo grado, pagg. 63 in basso), solo fr.
125'000.-- possono ritenersi provento di reato, poiché per questo importo è
stato provato con certezza una destinazione diversa da quella voluta dalle
vittime e quindi la volontà di indebito arricchimento della ricorrente (v.
sentenza di primo grado, consid. 5.4.2, pag. 89). Deducendo da questo importo
i fr. 100'000.-- utilizzati per l'acquisito della particella n. xxx RFD di
Cimo, pure oggetto di confisca (v. punto 6.8. del dispositivo della sentenza
di primo grado), si otterrebbe - come sostiene l'insorgente - un importo
massimo soggetto a confisca di fr. 25'000.--.
11.2 La ricorrente omette però di precisare che sul conto postale in oggetto
sono pervenuti, oltre ai versamenti per le opere di beneficenza, anche gli
accrediti dei coniugi B.________ inerenti il salario mensile di fr. 5'000.--
che essa ha percepito nel periodo 1990-2000 per le sue prestazioni mediche,
che, come esposto in precedenza, sono da considerare provento di reato per un
ammontare complessivo di ben fr. 600'000.-- (v. consid. 9 e 9.1 supra). A
fronte di queste vincolanti constatazioni di fatto delle autorità cantonali
(art. 273 cpv. 1 lett. b PP), non è dato di vedere perché la confisca si deve
limitare a soli fr. 25'000.--; l'impugnativa è quindi, anche su questo punto,
priva di fondamento e va disattesa.

12.
Da ultimo l'insorgente contesta il sequestro conservativo di beni a lei
appartenenti (4 conti bancari e 2 fondi a Cimo) non provento di reato,
oggetto del punto 7 del dispositivo della sentenza della Corte delle assise.
A suo dire, le decisioni cantonali su questo punto sono carenti di qualsiasi
motivazione, non menzionando nemmeno la base legale del sequestro
conservativo; una simile misura non potrebbe d'altronde esser ordinata sulla
base dell'art. 59 n. 2 CP, poiché mancherebbe il presupposto
dell'accertamento di un risarcimento a favore dello Stato. Inoltre, anche
nella denegata ipotesi in cui la parte civile potesse beneficiare di un
sequestro ai sensi della norma summenzionata - dovendosi presumere
l'assegnazione a suo favore del credito compensatorio dello Stato -, la
ricorrente ritiene che la sentenza impugnata andrebbe ugualmente annullata
poiché i giudici cantonali hanno omesso di verificare le altre condizioni
poste dalla legge.
Ora, la misura ordinata dalla Corte delle assise si basa indiscutibilmente
(pur in assenza di un espresso richiamo) sull'art. 59 n. 2 cpv. 3 CP, per il
quale, in vista dell'esecuzione di un risarcimento, il giudice può sottoporre
a sequestro valori patrimoniali dell'interessato anche se non direttamente
provento di reato. Questa disposizione costituisce la base legale per il
sequestro conservativo di beni a garanzia delle pretese risarcitorie delle
parti civili; tale misura ha effetto, dopo la crescita in giudicato della
sentenza, sin quando non sarà possibile procedere alla realizzazione dei
valori confiscati per le vie esecutive (Niklaus Schmid, Kommentar Einziehung,
organisiertes Verbrechen und Geldwäscherei, vol. I, Zurigo 1998, § 2/art. 59
CP n. 172-174; Trechsel, op. cit., n. 20 ad art. 59 CP). La decisione che
introduce una misura provvisoria di confisca fondata sull'art. 59 n. 2 cpv. 3
prima frase CP non può tuttavia essere impugnata con un ricorso per
cassazione davanti al Tribunale federale, avendo la giurisprudenza più volte
confermato che in simili casi l'autorità cantonale non si pronuncia
definitivamente - sul piano cantonale - su una questione di diritto federale
e che pertanto i requisiti posti dall'art. 268 cpv. 1 PP non sono ossequiati
(sentenza 6S.795/1999 del 1° dicembre 1999, consid. 4; v. anche DTF 123 IV
252 consid. 1 e riferimenti citati).
La censura ricorsuale è quindi irricevibile in quest'ambito, dovendo semmai
essere proposta con un ricorso di diritto pubblico (Niklaus Schmid, op.cit.,
§ 2/art. 59 CP n. 175).

13.
Per tutto quanto precedentemente esposto, il ricorso, nella misura in cui è
ammissibile, appare infondato e va pertanto disatteso.
III. Sulle spese

14.
Visto l'esito dei ricorsi, le spese processuali sono poste a carico della
ricorrente soccombente (art. 156 cpv. 1 OG e 278 cpv. 1 PP).

Per questi motivi, visti gli art. 36a OG e 275bis PP, il Tribunale federale
pronuncia:

1.
Nella misura in cui sono ammissibili, il ricorso di diritto pubblico e il
ricorso per cassazione sono respinti.

2.
La tassa di giustizia di complessivi fr. 4'000.-- è posta a carico della
ricorrente.

3.
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Ministero pubblico del
Cantone Ticino e alla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 16 ottobre 2003

In nome della Corte di cassazione penale
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: