Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Zivilabteilung 5C.190/2003
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5C.190/2003 /bom

Sentenza del 25 febbraio 2004
II Corte civile

Giudici federali Raselli, presidente,
Escher, Marazzi,
cancelliere Piatti.

A. ________,
convenuto e ricorrente, patrocinato dall'avv. Angelo Jelmini,

contro

Associazione B.________,
attrice e opponente, patrocinata dall'avv. Riccardo Brivio,

diritto di superficie, indennità di riversione,

ricorso per riforma contro la sentenza emanata il 2 luglio 2003 dalla I
Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Nel corso dell'anno 1970, C.________ ha preso contatto con  A.________ (qui
di seguito anche: convenuto) per farsi concedere un diritto di superficie
della durata di 25 anni su una particella di proprietà di quest'ultimo, sulla
quale intendeva costruire un palazzetto sportivo. Perfezionata informalmente
tale concessione, è stata immediatamente edificata la palazzina, e nel
novembre dello stesso anno è stata fondata l'associazione B.________ (qui di
seguito anche: attrice). La formale costituzione del diritto di superficie è
tuttavia stata effettuata soltanto nel giugno 1982, con effetto retroattivo
al 1° gennaio 1971. Il mese di dicembre 1983, l'attrice ha trasformato lo
stabile in deposito commerciale e lo ha locato ad una ditta del posto. Nel
corso dell'anno 1995, approssimandosi la scadenza del diritto di superficie,
l'attrice ha chiesto al convenuto l'importo di fr. 789'000.-- quale indennità
di riversione; A.________ ha risposto di non ritenersi debitore di indennità
alcuna.

B.
Dopo aver ottenuto dal competente Pretore, nel gennaio 1996, l'iscrizione di
un'ipoteca legale provvisoria, l'attrice ha convenuto in causa A.________. In
parziale accoglimento dell'azione, il Pretore ha condannato A.________ al
versamento all'attrice di un'indennità di fr. 200'000.--, con contestuale
iscrizione definitiva - per l'importo riconosciuto - dell'ipoteca legale già
provvisoriamente iscritta.

C.
Contro la sentenza pretorile è insorto A.________, chiedendo la reiezione
dell'azione creditoria e la cancellazione dell'ipoteca legale. L'attrice, dal
canto suo, ha postulato la reiezione dell'appello e, in via adesiva, ha
chiesto l'aumento a fr. 340'000.-- dell'importo riconosciutole in prima sede.

In pendenza di appello, l'ipoteca legale è stata sostituita da una cartella
ipotecaria accesa su un'altra particella di proprietà di A.________, che è
poi stata depositata in Pretura; di conseguenza, il Pretore ha ordinato la
cancellazione dell'ipoteca legale.

D.
Con sentenza 2 luglio 2003, il Tribunale di appello del Cantone Ticino ha
respinto integralmente il gravame principale. In parziale accoglimento
dell'appello adesivo, ha invece adattato il dispositivo n. 1.2 della sentenza
pretorile relativo all'iscrizione dell'ipoteca legale originariamente
postulata alla nuova situazione di fatto creatasi a seguito della
sostituzione concordata di detta ipoteca legale con una cartella ipotecaria:
ha dunque ordinato la consegna di detta cartella ipotecaria all'attrice ad
avvenuta crescita in giudicato della sentenza di appello.

E.
Con il ricorso per riforma qui discusso, il convenuto chiede che venga
respinta la petizione della parte attrice, e che la cartella ipotecaria messa
a disposizione in pendenza di appello per sostituire l'ipoteca legale
provvisoria gli venga restituita. A suo dire, il Tribunale di appello avrebbe
applicato in modo errato l'art. 18 CO nonché gli artt. 779d e 779e CC. In
subordine, chiede il rinvio della causa all'autorità cantonale perché abbia a
completare gli atti ed a procedere a nuova decisione.

Non è stata chiesta risposta all'attrice (art. 59 cpv. 1 OG), ed il Tribunale
di appello non ha ritenuto di dover presentare osservazioni (art. 56 OG).

Diritto:

1.
1.1 In data odierna è stato dichiarato inammissibile il parallelo ricorso di
diritto pubblico. Nulla osta quindi all'esame del presente ricorso per
riforma.

1.2 Il gravame - tempestivo (artt. 32, 34 cpv. 1 lit. b e 54 cpv. 1 OG
combinati) - diretto contro una decisione finale emanata dal tribunale
supremo del Cantone Ticino in una procedura alla quale il ricorrente era
parte, è ricevibile dal profilo dell'art. 48 cpv. 1 OG. Anche il valore di
lite di fr. 8'000.-- previsto dall'art. 46 OG è in concreto manifestamente
superato.

2.
Il convenuto chiede preliminarmente la rettificazione d'ufficio,
rispettivamente la completazione degli accertamenti di fatto operati dalla
Corte cantonale.

2.1 Nel contesto del ricorso per riforma, l'accertamento dei fatti esula
dalla cognizione del Tribunale federale: per principio, quest'ultimo è
vincolato alle constatazioni fattuali effettuate dall'ultima istanza
cantonale (artt. 55 cpv. 1 lit. c e 63 cpv. 2 OG). Eccezioni sono previste
unicamente qualora il tribunale cantonale abbia violato norme federali in
materia di prova oppure sia incorso in una svista manifesta (art. 63 cpv. 2
OG), inoltre quando i fatti debbano essere completati per permettere la
corretta applicazione del diritto federale (art. 64 OG).

2.2 Per costante giurisprudenza, il Tribunale federale ammette solo con
estrema reticenza una svista manifesta. In particolare, veglia affinché
questa censura non venga abusivamente impiegata per criticare la valutazione
delle prove effettuata dall'istanza cantonale (Peter Münch, Berufung, in:
Geiser/Münch, Prozessieren vor Bundesgericht, 2a edizione Basilea 1998,
margin. 4.65 e nota 171 ss. ibid., con rinvio a DTF 116 II 305 consid. 2c/cc
pag. 310). Non basta, allora, definire errate le conclusioni alle quali
l'istanza cantonale è giunta in seguito all'apprezzamento delle prove
assunte: chi fa appello a questa censura deve invece dimostrare che l'istanza
inferiore ha del tutto omesso di considerare, rispettivamente ha travisato,
un determinato documento all'incarto (Rolando Forni, Svista manifesta, fatti
nuovi e prove nuove nella procedura di revisione, in: Festschrift Guldener,
Zurigo 1973, pag. 95). La mancata menzione di un determinato documento in
sentenza non significa ancora che l'istanza cantonale sia incorsa in una
svista: ciò vale solo quando appaia inequivocabilmente che per la formazione
del proprio convincimento l'istanza cantonale non ha tenuto conto nemmeno
implicitamente di tale documento. Per rendere verosimile tale conclusione, la
parte che si appella alla svista manifesta deve dimostrare che la corte ha
operato un accertamento errato, ossia un accertamento che non avrebbe voluto
fare se fosse stata a conoscenza del documento non considerato (Peter Münch,
op. cit., margin. 4.66, con rinvio a DTF 81 II 86 e SJ 1996 pag. 353 s., 1995
pag. 264 s.).
2.3 Nell'ottica dei principi testé esposti, le richieste di rettificazione,
rispettivamente di completazione degli accertamenti di fatto proposte dal
convenuto non possono essere accolte. Esso, infatti, non ha reso plausibile
(e tanto meno provato) che la Corte cantonale non abbia tenuto nemmeno
implicitamente conto dei fatti che esso desidererebbe esplicitamente
menzionati nella sentenza impugnata (i finanziamenti preventivamente ottenuti
dall'attrice; l'esiguità del canone richiesto dal convenuto per raffronto con
quanto commercialmente esigibile; l'offerta al convenuto della proprietà del
padiglione coperto alla scadenza del diritto di superficie; il fatto che le
condizioni confluite nell'atto notarile del 1982 erano state concordate già
nel 1970; l'assunzione, da parte dell'attrice, dell'onere di mantenere il
padiglione in perfetto stato di manutenzione). Al contrario: quando nella
sentenza impugnata si legge che "le peculiarità soggettive del superficiario
non sono rilevanti”, si vede che i giudici cantonali hanno ad esempio
implicitamente ritenuto ininfluenti le modalità di finanziamento di cui ha a
suo tempo goduto l'attrice. L'esiguità del canone di superficie esatto dal
convenuto, rispettivamente la differenza fra il canone commercialmente
esigibile e il canone effettivamente pagato, sono elementi di fatto che la
Corte cantonale ha considerato in più contesti (consid. 7a pag. 6; consid. 7c
pag. 7-8), traendone - all'unisono con il Pretore - conclusioni comunque non
arbitrarie (v. sentenza odierna nell'incarto parallelo 5P.328/2003). Pure lo
scambio epistolare del 1970 non è sfuggito ai giudici cantonali, che lo
menzionano sia in relazione alla pretesa rinuncia di un'indennità di
riversione (consid. 4 pag. 5), sia in relazione al calcolo della medesima
(consid. 7c pag. 7). Anzi, proprio nel primo dei due passaggi citati la Corte
cantonale definisce i due scritti del 1970 siccome "incorporanti l'accordo
originario, rimasto parte integrante della convenzione dell'8 giugno 1982”.
Quanto all'obbligo assunto dall'attrice di mantenere il padiglione in
perfetto stato di manutenzione, esso è discusso al consid. 7d pag. 8 della
sentenza impugnata ed è peraltro incontestato. Diverse sono, semmai, le
conclusioni che ne traggono la Corte cantonale ed il convenuto: in ogni caso,
come risulta dalla sentenza odierna nel parallelo incarto sul ricorso di
diritto pubblico, il qui ricorrente non ha dimostrato che le conclusioni cui
è giunta la Corte cantonale siano arbitrarie.

2.4 Le richieste di rettifica rispettivamente di completazione formulate dal
convenuto, in realtà finalizzate ad una rimessa in discussione della
valutazione delle prove operata dall'ultima istanza cantonale, si appalesano
in conclusione infondate in quanto ricevibili.

3.
Il convenuto censura l'interpretazione che la Corte cantonale ha dato degli
accordi 1970/1982 intervenuti fra le parti: tale interpretazione
contravverrebbe ai principi dell'art. 18 CO, nella misura in cui non
riconosce "l'implicita soppressione scritta ex art. 779e CC dell'indennità di
riversione”.

3.1 Trattandosi di interpretare un contratto, nell'ambito del ricorso per
riforma non possono più essere rimesse in discussione le constatazioni
dell'ultima istanza cantonale su ciò che le parti hanno dichiarato, sulle
circostanze che hanno accompagnato la conclusione del contratto e su quanto
attiene al foro interiore delle parti (ciò che una parte sapeva, voleva ed ha
inteso; DTF 123 III 129 consid. 3c pag. 136, 117 II 279 consid. a; Peter
Münch, op. cit., margin. 4.49 e nota 134). Quanto precede è conseguenza del
fatto che il Tribunale federale è vincolato agli accertamenti di fatto
dell'ultima istanza cantonale (supra, consid. 2.1). Ciò vale anche per
deduzioni sulla vera volontà di una parte, che il tribunale ha estrapolato
dal successivo comportamento di lei (DTF 129 III 118 consid. 2.6 pag. 123;
121 III 414 consid. 2a pag.  418, 118 II 365 consid. 1). Unicamente qualora
la reale volontà delle parti non abbia potuto essere stabilita o si riveli
discordante, è possibile procedere ad una interpretazione delle dichiarazioni
e dei comportamenti delle parti sulla base del principio dell'affidamento, la
cui applicazione può essere esaminata dal Tribunale federale nell'ambito di
un ricorso per riforma (DTF 129 III 118 consid. 2.5 pag. 122, 128 III 265
consid. 3a, 127 III 444 consid. 1b).

3.2 Nel caso concreto, gli sforzi del convenuto appaiono effettivamente
finalizzati ad una revisione, da parte del Tribunale federale,
dell'interpretazione che l'istanza inferiore ha dato degli accordi
intervenuti fra le parti. La questione a sapere se le parti abbiano
concordato una determinata indennità di riversione, oppure l'abbiano esclusa
- questione che il convenuto discute su ben cinque pagine e mezza del proprio
ricorso -, è, come appena visto (supra, consid. 3.1), una questione di mero
fatto. A tal proposito, il Tribunale di appello, seguendo peraltro quella che
era già stata l'interpretazione del Pretore, ha ritenuto - in termini
assolutamente vincolanti per questa Corte - che le parti non hanno voluto
escludere l'obbligo di riscatto a carico del proprietario convenuto: non solo
ha constatato l'assenza di una qualsiasi pattuizione scritta di rinuncia, ma
ha anzi ravvisato nel rinvio agli artt. 779 ss. CC contenuto nella
convenzione 8 giugno 1982 la base positiva di un obbligo di indennizzazione.
Si è, infine, riconfermato in tale conclusione prendendo in considerazione il
comportamento del convenuto successivo alla stipulazione dell'accordo, ed in
particolare il fatto di aver commissionato un referto sul valore del
manufatto in prossimità temporale della scadenza dell'accordo (ibid.) - anche
quest'ultima, come detto, circostanza di fatto che sfugge ad una
riconsiderazione da parte di questo Tribunale federale. Ne segue che in
realtà il ricorso è volto a rivedere i fatti accertati dall'ultima istanza
cantonale, appalesandosi inammissibile su questo punto.

4.
Accertato l'obbligo al versamento di un'indennità di riversione a carico del
convenuto, resta da verificare se i criteri applicati dal Tribunale di
appello al fine di stabilirne l'entità siano rispettosi del diritto federale.

4.1 A detta del convenuto, la Corte cantonale avrebbe disatteso i principi
scaturenti dall'art. 779d CC e compiutamente esposti in dottrina: a suo dire,
i giudici cantonali avrebbero dovuto tenere debito conto della natura degli
enti contraenti (il convenuto quale corporazione con finalità ideali, e
l'attrice quale corporazione senza fini di lucro), dei motivi che hanno
portato all'accordo (terreno a prezzo simbolico per l'attrice e costruzioni
complementari per il convenuto), infine degli importi effettivamente spesi ed
incassati. Fatto ciò al fine di costruirsi una visione generale della
situazione, essi avrebbero dovuto concretizzare e confrontare gli interessi
individuali delle parti - il tutto a valere quali "circostanze del caso
particolare” che la dottrina impone di considerare - e dedurre dal valore
residuo dell'edificio alla scadenza del diritto di superficie il "canone di
locazione risparmiato” dal convenuto.

4.2 Ora, la Corte cantonale, come già prima il Pretore, ha indicato che il
convenuto non ha aumentato, dopo la locazione commerciale del padiglione e
come avrebbe avuto diritto di fare, il canone fissato nella convenzione 8
giugno 1982. I Giudici cantonali hanno quindi tenuto conto del vantaggio
risultato all'attrice dallo sfruttamento commerciale dell'immobile e hanno
dedotto dall'indennità di riversione la differenza fra il canone
effettivamente percepito dal convenuto e quello che avrebbe potuto chiedere
in seguito al cambiamento di destinazione. Hanno invece rilevato che non si
giustifica modificare il canone di superficie liberamente convenuto dalle
parti, adattandolo a quello di mercato, anche per il periodo antecedente la
locazione commerciale.

4.3 Ne segue che i giudici cantonali hanno tenuto conto, come nuovamente
chiesto dal convenuto nella sede federale, del "canone risparmiato” per
quanto concerne il periodo posteriore al 1983, motivo per cui la censura si
rivela inconferente su tale punto. Per quanto attiene invece al periodo
precedente giova rilevare che, sebbene nell'ambito del ricorso per riforma il
Tribunale federale non sia vincolato alle censure sollevate dal ricorrente,
ma possa al contrario procedere autonomamente all'applicazione del diritto
federale, sarebbe spettato al convenuto l'onere di confrontarsi puntualmente
con l'argomentazione offerta dall'istanza inferiore (art. 55 cpv. 1 lit. c
OG), e di dimostrare che tale argomentazione non può essere compatibile con
il diritto federale. Detto altrimenti, il convenuto avrebbe dovuto contestare
segnatamente l'asserzione della Corte cantonale, secondo la quale - atteso
che fino al 1° gennaio 1984 il palazzetto era stato utilizzato conformemente
allo scopo pattuito e che il canone originario era stato fissato
nell'intenzione di favorire l'attività sportiva dell'attrice - non sarebbe
ravvisabile il motivo per cui "la differenza tra il canone commercialmente
esigibile e il canone effettivamente pagato debba essere dedotto per tutta la
durata del diritto di superficie”. Ne segue che con riferimento agli anni
1971-1984 la censura si appalesa inammissibile per carenza di motivazione.

4.4 Da ultimo, e ancora una volta nel solco degli argomenti già addotti, va
risolta l'ultima censura del convenuto, quella secondo la quale dal valore
residuo dello stabile come accertato dal perito giudiziario debba essere
ancora dedotto l'importo di fr. 245'000.-- necessario per un risanamento in
perfetto stato del padiglione quale deposito.

4.4.1 Nella misura in cui questa censura viene motivata con l'esiguo canone
di locazione, trovano applicazione per analogia i medesimi argomenti appena
sviluppati in ordine alla pretesa deduzione del canone risparmiato (supra,
consid. 4.3).
4.4.2 A suffragio della propria censura, il convenuto assevera tuttavia anche
che tale deduzione si giustificherebbe in virtù dell'obbligo assunto dal
superficiario di mantenere lo stabile in perfetto stato. Con riferimento a
questo argomento, già proposto in sede cantonale, il Tribunale di appello -
che ha riconosciuto l'obbligo di manutenzione dell'attrice - ha tuttavia
rilevato come il perito giudiziario abbia stabilito il valore residuo
dell'immobile tenendo conto di un importante deprezzamento per vetustà,
concludendo espressamente che "l'importo di fr. 390'000.-- tiene già conto,
quindi, della necessità di ristrutturare l'edificio e non vi è motivo per
operare ulteriori deduzioni”. Detto altrimenti, la deduzione operata dal
perito a causa della vetustà dell'immobile comprende già l'importo necessario
per una sua completa ristrutturazione.

4.4.3 Che il valore residuo dell'immobile tenga già in debito conto l'importo
necessario per una sua completa ristrutturazione, appare di primo acchito
evidente, se si considera che lo stesso perito ha fissato il valore a nuovo
dell'immobile (mediato con il valore di costruzione indicizzato) a quasi fr.
800'000.--: altrimenti, si avrebbe che unicamente in virtù della clausola di
perfetta manutenzione alla quale esso fa riferimento, il convenuto avrebbe
diritto ad acquisire gratuitamente un immobile a nuovo, e di valore pari
quasi al quadruplo di quanto originariamente investito dall'attrice.
Evidentemente, il senso dell'accordo iniziale fra le parti non poteva essere
questo - né in alcun momento precedente il presente ricorso, il convenuto
l'ha seriamente preteso. Semmai, volendosi ammettere che sussista una
differenza fra la corretta ordinaria manutenzione riconosciuta all'attrice ed
il perfetto stato di manutenzione preteso dal convenuto, tale differenza va
ricercata in quella revisione strutturale (del costo di fr. 85'000.--) che
già il Pretore aveva ritenuto, se non proprio necessaria, almeno opportuna,
ciò che il Tribunale di appello ha confermato. Espresso in termini opposti,
il punto di vista assunto dal convenuto equivarrebbe a dire che l'immobile,
al momento in cui esso è divenuto di sua proprietà, non aveva più alcun
valore commerciale: ma ciò è contraddetto non solo dalla perizia giudiziaria,
bensì pure dal fatto che lo stabile avrebbe potuto continuare ad essere
affittato al medesimo canone già percepito quale deposito alla medesima ditta
che già l'aveva in locazione, senza che sussistesse una qualsiasi necessità
di ristrutturazione. La censura si rivela pertanto infondata.

5.
Ne discende, in conclusione, che il ricorso, nell'esigua misura in cui appare
ricevibile, si appalesa infondato e dev'essere respinto, con conseguenza di
tassa e spese a carico del convenuto soccombente (art. 156 cpv. 1 OG). La
parte attrice, che non è stata invitata a rispondere al ricorso, non è
incorsa in spese della sede federale, e non ha pertanto diritto
all'attribuzione di spese ripetibili (art. 159 cpv. 1 e 2 OG).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico del convenuto.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla I Camera civile del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 25 febbraio 2004

In nome della II Corte civile
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: