Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung 2P.156/2003
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2P.156/2003 /viz

Sentenza del 17 marzo 2004
II Corte di diritto pubblico

Giudici federali Wurzburger, presidente,
Müller, Merkli,
cancelliere Bianchi.

X. ________SA,
ricorrente, patrocinata dall'avv. Francesco Naef,

contro

Y.________SA,
patrocinata dall'avv. dott. Stefano Ghiringhelli,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
via Pretorio 16, 6901 Lugano.

art. 5, 8, 9 e 49 Cost. (appalto pubblico/manutenzione stabili dello Stato
2003-2007, opere da impresario costruttore, lotto Malcantone-Vedeggio-Val
Colla),

ricorso di diritto pubblico contro la sentenza
del 30 aprile 2003 del Tribunale amministrativo
del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Con pubblicazione sul Foglio ufficiale del Cantone Ticino n. 87/88, del 29
ottobre 2002, il Consiglio di Stato ha messo a concorso le opere da
impresario costruttore relative alla manutenzione degli stabili dello Stato
per il periodo 2003-2007. I lavori sono stati suddivisi in vari lotti
regionali, con l'avvertenza, nel bando di gara, che ogni ditta poteva
concorrere per un solo lotto, pena l'esclusione.

In relazione al lotto Malcantone-Vedeggio-Val Colla entro il termine utile
del 17 dicembre 2002 sono state inoltrate quattro offerte, tra cui quelle
della Y.________SA e della X.________SA.

B.
Ritenuto che, in base alla graduatoria allestita, la Y.________SA aveva
ottenuto il miglior punteggio, precedendo l'altra ditta citata, con decisione
dell'11 marzo 2003 il Consiglio di Stato le ha aggiudicato i lavori, per
l'importo di fr. 584'652.15.

Adito dalle tre ditte soccombenti - congiuntamente ad alcune partecipanti al
concorso per il lotto del Luganese, in relazione alla relativa delibera - il
Tribunale amministrativo ticinese ne ha respinto l'impugnativa con sentenza
del 30 aprile 2003. Secondo la Corte cantonale, il fatto che la Y.________SA,
la ditta aggiudicataria per il Luganese ed una partecipante al concorso per
il Bellinzonese fossero in parte controllate dalle medesime persone non
costituiva un motivo sufficiente per escluderle dalle gare d'appalto.

C.
Il 10 giugno 2003 la X.________SA ha inoltrato al Tribunale federale un
ricorso di diritto pubblico, con il quale chiede l'annullamento della
sentenza cantonale e, in via subordinata, la constatazione dell'illegalità
della delibera. Lamenta la violazione degli art. 5, 8, 9 e 49 Cost.
Chiamato ad esprimersi, il Tribunale amministrativo si è riconfermato nel
proprio giudizio, senza formulare osservazioni. L'Ufficio dei lavori
sussidiati e degli appalti e la Sezione della logistica del Cantone Ticino
hanno chiesto la reiezione del gravame. Ad analoga conclusione è giunta pure
la ditta aggiudicataria.

D.
Con decreto dell'8 luglio 2003, il Presidente della II Corte di diritto
pubblico ha accolto la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo
formulata nel gravame.

Diritto:

1.
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame
sull'ammissibilità dei gravami che gli sono sottoposti (DTF 129 I 337 consid.
1; 129 II 453 consid. 2, 225 consid. 1).

1.1 Proposto tempestivamente contro un provvedimento avente carattere di
decisione, di natura finale e reso da un'autorità cantonale di ultima istanza
in materia di appalti pubblici (art. 36 della legge ticinese del 20 febbraio
2001 sulle commesse pubbliche, LCPubb), il ricorso di diritto pubblico, unico
rimedio esperibile a livello federale, è di principio ammissibile dal profilo
degli art. 84 segg. OG (DTF 125 II 86 consid. 3b; sentenza 2P.339/2001 del 12
aprile 2002, in: RDAT II-2002 n. 47, consid. 1a-c). Avendo partecipato senza
successo alla procedura d'aggiudicazione, la ricorrente dispone di un
interesse giuridicamente protetto, ai sensi dell'art. 88 OG, che le consente
di sollevare, nell'ambito del citato rimedio, censure riferite non soltanto
al modo con il quale si è svolta la procedura, ma anche al merito delle
decisioni adottate dal committente (DTF 125 II 86 consid. 4; 125 I 406
consid. 1).

1.2 In materia di appalti pubblici, se tra il committente e l'aggiudicatario
della commessa è già stato concluso il contratto per l'esecuzione dei lavori,
l'eventuale accoglimento del gravame interposto contro l'aggiudicazione da un
concorrente non prescelto non è suscettibile di invalidare tale contratto.
Giusta l'art. 9 cpv. 3 della legge federale sul mercato interno, del 6
ottobre 1995 (LMI; RS 943.02), l'autorità di ricorso accerta comunque in che
misura l'aggiudicazione sia lesiva del diritto federale, onde permettere
all'interessato di chiedere, se del caso, il risarcimento del danno subito
(DTF 125 II 86 consid. 5b; sentenza 2P.4/2000 del 26 giugno 2000, in: ZBl
102/2001 pag. 215, consid. 1c). Nel caso concreto, dagli atti emerge che tra
lo Stato del Cantone Ticino e l'impresa resistente non è stato stipulato
alcun contratto, né nel corso della procedura cantonale, né nelle more del
presente procedimento, considerato il conferimento dell'effetto sospensivo
all'impugnativa. La domanda di accertamento del carattere illecito della
delibera, seppur formulata dalla ricorrente solamente a titolo sussidiario,
appare di conseguenza inammissibile.

2.
In virtù dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, l'atto di ricorso deve contenere
l'esposizione dei fatti essenziali e quella concisa dei diritti
costituzionali o delle norme giuridiche che si pretendono violati,
specificando in cosa consista la violazione. Nell'ambito di un ricorso di
diritto pubblico, il Tribunale federale non applica quindi d'ufficio il
diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate dall'insorgente e
solo se le stesse sono sufficientemente sostanziate: il ricorso deve perciò
contenere un'esauriente motivazione giuridica, dalla quale si possa dedurre
se e perché, ed eventualmente in quale misura, la decisione impugnata leda il
ricorrente nei suoi diritti costituzionali (DTF 129 I 185 consid. 1.6; 128
III 50 consid. 1c; 127 III 279 consid. 1c).

In concreto, al di là dell'estensione e della complessità della motivazione
proposta, l'atto ricorsuale si presenta perlopiù come una critica di natura
appellatoria del giudizio impugnato, con cui la ricorrente si limita a
contrapporre il proprio punto di vista a quello della Corte cantonale.
Considerato il particolare rigore che s'impone dal profilo delle esigenze di
motivazione, soprattutto in relazione alla censura di violazione del divieto
d'arbitrio (DTF 125 I 492 consid. 1b; 117 Ia 10 consid. 4b), è quindi
perlomeno dubbio che il gravame adempia sotto tutti gli aspetti i requisiti
posti dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e risulti pertanto integralmente
ammissibile. Ad ogni modo, la questione può comunque rimanere aperta, dal
momento che, per le ragioni esposte di seguito, l'impugnativa va comunque
respinta nel merito.

3.
Con riferimento al diritto cantonale applicabile nella fattispecie, la
ricorrente sostiene che le autorità ticinesi, non escludendo dalla gara
d'appalto l'impresa aggiudicataria, avrebbero interpretato in maniera
arbitraria, e dunque contraria all'art. 9 Cost., gli art. 25 LCPubb e 29 del
regolamento di applicazione della LCPubb, del 1° ottobre 2001 (RLCPubb). Al
riguardo, essa ravvisa pure la violazione del principio di legalità (art. 5
Cost.).
3.1 Per consolidata prassi, una decisione non è arbitraria per il semplice
fatto che una soluzione diversa da quella adottata dall'autorità cantonale è
immaginabile o addirittura preferibile; lo è, per contro, quando risulta
manifestamente insostenibile, in contraddizione palese con la situazione
effettiva, gravemente lesiva di una norma o di un chiaro principio giuridico
o in contrasto intollerabile con il sentimento di giustizia e equità. Di
conseguenza, il Tribunale federale si scosta dalla soluzione scelta
dall'ultima istanza cantonale solo se questa appare destituita di qualsiasi
fondamento serio e oggettivo ed inoltre quando il giudizio impugnato è
arbitrario nel suo risultato e non solo nella sua motivazione (DTF 129 I 8
consid. 2.1, 49 consid. 4, 173 consid. 3.1).

Il principio di legalità non è un diritto costituzionale individuale, la cui
violazione può essere censurata in maniera autonoma mediante ricorso di
diritto pubblico; quando questa censura non è fatta valere in relazione ad
uno specifico diritto fondamentale, essa viene perciò esaminata unicamente
dal punto di vista dell'arbitrio (DTF 127 I 60 consid. 3a; 123 I 1, consid.
2b). Nel caso specifico, ricorrendo quest'ultima ipotesi, detta critica non
assume pertanto alcuna portata propria indipendente, come del resto osservato
dalla ricorrente stessa.

3.2 L'art. 25 LCPubb prescrive che il committente esclude dalla procedura,
tra l'altro, gli offerenti che hanno comportamenti tali da impedire
un'effettiva e libera concorrenza o da ostacolarla in modo rilevante (lett.
d), nonché le ditte che abbiano i medesimi titolari o siano controllate dalle
medesime persone e che non adempiono ai principi dell'art. 5 (lett. f).
Quest'ultima norma stabilisce che nella procedura di aggiudicazione
dev'essere garantita la parità di trattamento tra gli offerenti (lett. a) e
una concorrenza efficace (lett. b); precisa inoltre, in particolare, che la
commessa va attribuita unicamente a offerenti in regola con il pagamento
delle imposte, con l'adempimento degli obblighi verso le istituzioni sociali
e che rispettano le disposizioni in materia di protezione dei lavoratori e
dei contratti collettivi di lavoro (lett. c). Riferendosi all'art. 25 LCPubb,
l'art. 29 cpv. 1 lett. c RLCPubb sancisce l'esclusione delle offerte
provenienti da concorrenti che agiscono da prestanome, che compongono una
medesima ditta o un medesimo consorzio, che abbiano i medesimi titolari o
amministratori, che siano controllate dalla stessa o dalle stesse persone
oppure, infine, il cui titolare è in rapporto d'impiego duraturo o temporaneo
con l'amministrazione aggiudicatrice.

3.3 Secondo la giurisprudenza della Corte cantonale, ribadita nel caso
specifico, l'art. 25 lett. f LCPubb non permetterebbe di escludere una ditta
concorrente da una procedura d'appalto, già per il solo fatto di avere i
medesimi titolari o dirigenti di un'altra offerente. Occorrerebbe per contro
che questi dirigenti fossero parimenti attivi a livello decisionale in seno
ad altre ditte, partecipanti o meno al concorso, che disattendono i principi
posti dall'art. 5 LCPubb, segnatamente perché in mora con il pagamento delle
imposte o con l'adempimento degli obblighi verso le assicurazioni sociali
(sentenza del Tribunale amministrativo ticinese del 1° marzo 2002, inc. n.
52.02.32, in: RDAT II-2002 n. 40, consid. 2.1). Interpretata in questo senso
la norma legale, il Tribunale amministrativo considera che l'art. 29 cpv. 1
lett. c RLCPubb ne travisi il senso e le finalità, travalicando i limiti di
una semplice norma d'attuazione. Da un lato, tale disposto comporterebbe
infatti l'esclusione di ditte in regola con il pagamento degli oneri fiscali
e sociali, ma con amministratori parzialmente identici; d'altro lato, non
permetterebbe l'estromissione di società paravento di imprese inadempienti
dal profilo contributivo, ma che non partecipano alla gara d'appalto. La
norma di regolamento andrebbe quindi intesa in senso restrittivo, in funzione
dei limiti stabiliti dal disposto legale a cui si riferisce (sentenza cit.,
in: RDAT II-2002 n. 40, consid. 2.2).
3.4 L'interpretazione dell'art. 25 lett. f LCPubb su cui si è fondata la
Corte cantonale e la relativa applicazione al caso concreto appaiono senza
dubbio quantomeno sostenibili. È in effetti tutt'altro che arbitrario
ritenere che il tenore letterale della suddetta norma subordini l'esclusione
alla realizzazione di due condizioni cumulative: l'identità a livello
dirigenziale tra due o più ditte e il mancato rispetto, da parte di una di
queste, dei principi di cui all'art. 5 LCPubb. Anche i materiali legislativi
non smentiscono di certo, ma al contrario confermano tale indirizzo, laddove
indicano che lo scopo della normativa legale è quello di impedire la
partecipazione a gare d'appalto, sotto una diversa entità giuridica, con
tuttavia identica sostanza aziendale, di imprese non in regola dal profilo
contributivo o previdenziale (Rapporto della Commissione della legislazione
del 19 gennaio 2001 sul Messaggio no. 4806 del 28 ottobre 1998 concernente la
LCPubb, ad art. 25). Sulla base di questi elementi, non è pertanto fuori
luogo dedurre la volontà del legislatore ticinese di abbandonare la prassi di
esclusione indistinta delle cosiddette offerte multiple, fondata sull'art. 20
lett. h della pregressa legge ticinese sugli appalti, del 12 settembre 1978
(LApp; BU-TI 1979 pag. 37), recepito praticamente alla lettera dall'art. 29
cpv. 1 lett. c RLCPubb. Nel caso specifico, non risulta poi in alcun modo
dagli atti, né la ricorrente invero allega, che i dirigenti o gli
amministratori dell'aggiudicataria siano attivi in seno ad altre società,
partecipanti o meno al concorso, che non rispettano i requisiti dell'art. 5
LCPubb. Nemmeno dal profilo dell'applicazione concreta del disposto legale in
discussione la decisione impugnata appare quindi arbitraria.
Solamente l'interpretazione delle autorità cantonali potrebbe peraltro
giovare, se del caso, alla ricorrente, non già la sua tesi di automatica
esclusione delle offerte multiple, la quale si fonda su premesse fattuali
errate. La fattispecie non configura infatti una situazione di questo tipo,
dal momento che le tre ditte amministrate in parte dalle medesime persone
hanno partecipato ciascuna ad un lotto diverso della commessa. In tali
circostanze, in assenza di qualsiasi interdipendenza tra i vari lotti per
quanto concerne la loro assegnazione, non è inoltre infondato ritenere che la
conoscenza reciproca delle offerte delle tre ditte e persino determinate
intese quanto ai prezzi unitari di specifiche posizioni ricorrenti non
costituiscano accordi di natura cartellistica, né siano suscettibili di
falsare il gioco della libera concorrenza. Nemmeno a questo riguardo, la
ricorrente solleva convincenti argomenti contrari. Senz'altro sostenibile
risulta quindi pure la deduzione del Tribunale amministrativo di non
escludere l'impresa resistente nemmeno in base all'art. 25 lett. d LCPubb.

4.
Al di là delle critiche mosse all'interpretazione e all'applicazione da parte
del Tribunale amministrativo delle norme legali sin qui esaminate, la
ricorrente ravvisa la violazione della specifica prescrizione del bando,
secondo cui ogni ditta concorrente poteva partecipare ad un solo lotto. Al
riguardo, essa lamenta la disattenzione del diritto alla parità di
trattamento (art. 8 Cost.) e del principio della preminenza del diritto
federale (art. 49 Cost.), oltre a dolersi dell'applicazione arbitraria degli
art. 32 LCPubb e 42 RLCPubb e dell'accertamento lacunoso dei fatti rilevanti.

4.1 Gli art. 32 LCPubb e 42 RLCPubb si riferiscono all'aggiudicazione delle
commesse pubbliche ed ai relativi criteri, precisando in particolare, per
quanto d'interesse in concreto, che questi ultimi vanno indicati nei
documenti del bando (art. 32 cpv. 2 LCPubb). I criteri di assegnazione e le
clausole stabilite dagli atti di gara sono vincolanti per il committente e ne
limitano il potere d'apprezzamento, che rimane per il resto comunque assai
ampio, nella scelta dell'offerta più vantaggiosa (Peter Galli/André
Moser/Elisabeth Lang, Praxis des öffentlichen Beschaffungsrechts,
Zurigo/Basilea/Ginevra 2003, n. 403 e 445).

4.2 Nel caso di specie, riprendendo i termini utilizzati dall'insorgente
nell'impugnativa presentata dinanzi ad essa, la Corte cantonale ha condiviso
l'assunto secondo cui l'interdizione posta nel bando di presentare offerte
per più lotti da parte di un'unica ditta "sarebbe svuotata di contenuto se
potesse essere aggirata ricorrendo a prestanomi o comunque a più nominativi
societari aventi la stessa sostanza aziendale". Ha comunque concluso che
l'identità economica delle imprese non poteva essere dedotta dalla semplice
presenza di dirigenti comuni nei rispettivi organi societari e che, pertanto,
nelle concrete evenienze, le prescrizioni di gara non erano state violate.

4.3 Ora, è vero che gli art. 25 lett. f LCPubb e 29 cpv. 1 lett. c RLCPubb
sono incentrati sull'uguaglianza, più o meno assoluta, a livello di dirigenti
o amministratori tra due o più imprese. Ciò non toglie che la specifica
condizione del concorso, il cui testo non riprende peraltro quello delle
citate norme, possa essere interpretata in maniera autonoma. Alla stessa può
pertanto legittimamente venir attribuita una portata differente, e quindi
anche più restrittiva, fondata sulla nozione di identità economica ed
aziendale tra più società, non necessariamente desumibile dalla presenza di
amministratori comuni. Del resto, pure la ricorrente evidenzia in particolare
come il controverso requisito di gara risulterebbe abusivamente aggirato se
più imprese offerenti facessero capo, per l'appunto, alla medesima sostanza
aziendale. Ciononostante, al di là dei nominativi in parte ricorrenti dei
dirigenti delle ditte considerate, essa non ha fornito ulteriori indicazioni
circa l'unitarietà societaria o, quantomeno, la sussistenza di una struttura
di gruppo o comunque coordinata, riferita a basi economiche ed aziendali
analoghe. Essendosi l'insorgente limitata a tanto, tenuto conto del dovere di
collaborazione che le incombeva (DTF 125 V 193 consid. 2; 123 III 328 consid.
3), non può essere rimproverato alla Corte cantonale di aver accertato i
fatti in maniera manifestamente insostenibile e lacunosa, non acclarando
ulteriormente, di sua iniziativa, i contestati rapporti societari. Nemmeno da
questo profilo la conclusione dei giudici cantonali di tutelare la mancata
esclusione della ditta resistente - esclusione che non procede da un abuso
della facoltà di giudizio riconosciuta all'ente appaltante - integra pertanto
gli estremi dell'arbitrio.

4.4 La censura di violazione del principio della parità di trattamento, così
come motivata dalla ricorrente, va respinta sulla base delle considerazioni
già espresse a proposito delle doglianze relative all'art. 25 lett. d LCPubb
(cfr. consid. 3.4). Oltre a non ostacolare la libera concorrenza, non è in
effetti dato di vedere quali indebiti vantaggi possano trarre le ditte con
amministratori in comune rispetto alle concorrenti, anche in caso di
concertazione nell'allestimento delle rispettive offerte, non potendo contare
su alcuna garanzia o correlazione riguardo all'assegnazione dei singoli
lotti. Per le stesse ragioni, è parimenti ingiustificato ritenere che queste
ditte possano offrire prezzi unitari inferiori, rapportati ad una commessa
complessivamente più importante. L'aggiudicazione litigiosa non lede pertanto
nemmeno l'invocato diritto all'uguaglianza giuridica.

Il gravame è infine certamente inammissibile, siccome motivato in maniera
insufficiente dal profilo dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, in relazione alla
censura di violazione del principio della preminenza del diritto federale. In
ogni caso, appare privo di fondamento ritenere che la contestata procedura di
appalto pubblico e la relativa decisione di aggiudicazione disattendano le
esigenze di non discriminazione e di libero accesso al mercato poste dalla
LMI, segnatamente dall'invocato art. 5 di detta normativa.

5.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono, il gravame, nella misura in
cui è ammissibile, va pertanto repinto.
Data la soccombenza, le spese processuali vanno poste a carico della
ricorrente (art. 153 cpv. 1, 153a e 156 cpv. 1 OG), con l'obbligo altresì di
rifondere alla ditta resistente, assistita da un legale, un'adeguata
indennità a titolo di ripetibili (art. 159 cpv. 1 OG).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
La tassa di giustizia di fr. 3'000.-- è posta a carico della ricorrente, la
quale rifonderà alla Y.________SA un'indennità di fr. 3'000.-- a titolo di
ripetibili della sede federale.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Consiglio di Stato e al
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.

Losanna, 17 marzo 2004

In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: