Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Kassationshof in Strafsachen 6S.489/2002
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6S.489/2002 /bom

Seduta del 5 giugno 2003
Corte di cassazione penale

Giudici federali Schneider, presidente,
Wyprächtiger, Kolly, Karlen, Ramelli, giudice supplente,
cancelliere Garré.

Ministero pubblico del Cantone Ticino, via Pretorio 16, 6901 Lugano,
ricorrente,

contro

A.________,
opponente, patrocinato dall'avv. Luigi Mattei, piazza Indipendenza 7, casella
postale 2747, 6501 Bellinzona.

Infrazione della LF sulla dimora e il domicilio degli stranieri,

ricorso per cassazione contro la sentenza del
31 ottobre 2002 della Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino.

Fatti:

A.
Il 15 giugno 1983 la Corte delle assise criminali in Lugano ha condannato il
cittadino turco A.________, ora titolare anche di un passaporto greco, a 10
anni di reclusione e all'espulsione dalla Svizzera per 15 anni per violazione
aggravata della legge federale sugli stupefacenti. Il 19 aprile 1990 il
Consiglio di vigilanza sull'esecuzione delle pene gli ha concesso la
liberazione condizionale e la sospensione a titolo di prova per 5 anni della
pena accessoria dell'espulsione. Il 25 ottobre 1990 l'Ufficio federale degli
stranieri (UFDS) ha disposto un divieto di entrata di durata illimitata
considerando che A.________, a seguito della condanna penale, era persona
indesiderata. Il provvedimento è stato confermato su ricorso con decisione 5
dicembre 1991 del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP).

B.
Con decreto di accusa del 31 luglio 1991 il Procuratore pubblico
sottocenerino ha riconosciuto A.________ autore colpevole di violazione della
legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri del 26
marzo 1931 (LDDS: RS 142.20) per essere entrato in Svizzera nonostante il
divieto d'entrata: la pena proposta, sospesa condizionalmente, è stata di 15
giorni di detenzione. Il 14 gennaio 1992 il Pretore del distretto di Lugano,
statuendo su opposizione, ha prosciolto l'interessato dall'accusa perché il
fatto non costituiva reato. Fondandosi su questa sentenza A.________ ha
chiesto la revoca del divieto di entrata. La richiesta è stata respinta con
decisione 3 marzo 1992 dell'UFDS, confermata su ricorso il 12 marzo 1993 dal
DFGP.

C.
Con decreto di accusa del 22 gennaio 2001 il Procuratore pubblico riconosceva
nuovamente A.________ autore colpevole di infrazione all'art. 23 cpv. 1 LDDS
per essere ripetutamente entrato illegalmente in Svizzera dal 1995 in poi e
per avere soggiornato in diverse località ticinesi: proponeva la detenzione
di 15 giorni sospesa condizionalmente per 2 anni. La successiva opposizione
sfociava nella sentenza 13 settembre 2001 del Pretore del distretto di
Lugano, che proscioglieva di nuovo l'accusato. Il Procuratore pubblico
insorgeva davanti alla Corte di cassazione e di revisione penale del
Tribunale d'appello ticinese (CCRP), la quale respingeva il ricorso, nella
misura in cui era ammissibile, con sentenza del 31 ottobre 2002.

D.
Il Procuratore generale del Cantone Ticino insorge davanti al Tribunale
federale con ricorso per cassazione datato 18 dicembre 2002. Chiede che la
sentenza impugnata sia annullata e che il procedimento sia rinviato
all'autorità cantonale per nuovo giudizio. Con scritto del 30 dicembre 2002
la CCRP dichiara di rinunciare a presentare osservazioni. Nella sua risposta
del 13 maggio 2003 l'opponente domanda che il ricorso venga respinto.

Diritto:

1.
Il ricorso per cassazione può essere proposto unicamente per violazione del
diritto federale (art. 269 cpv. 1 PP). La Corte di cassazione penale del
Tribunale federale è vincolata dagli accertamenti di fatto dell'autorità
cantonale (art. 277bis cpv. 1 seconda e terza frase PP). Essa deve pertanto
fondare il proprio giudizio sui fatti accertati dall'ultima istanza cantonale
oppure su quelli considerati dall'autorità inferiore, ma solo nella misura in
cui quest'ultimi siano ripresi perlomeno implicitamente nella decisione
impugnata (DTF 118 IV 122 consid. 1). Il ricorrente non deve criticare
accertamenti di fatto né proporre eccezioni ed impugnazioni nuove (art. 273
cpv. 1 lett. b PP).

2.
La CCRP ha premesso che le decisioni 5 dicembre 1991 e 12 marzo 1993 con le
quali il DFGP ha confermato i divieti di entrata erano definitive. Ne ha
dedotto, con richiamo alla dottrina ed alla giurisprudenza, che il Pretore
poteva vagliare pregiudizialmente con pieno potere cognitivo la legittimità
del divieto di entrata; esame che andava eseguito sulla base della situazione
di fatto vigente nel momento in cui la decisione è stata presa (sentenza
impugnata pag. 5 e seg.). Il Procuratore generale riconosce tale facoltà del
giudice penale, ma rimprovera alla Corte cantonale di avere effettuato un
esame di opportunità invece che di legalità (ricorso pag. 3).

2.1 In una sentenza di principio risalente al 1972 il Tribunale federale ha
modificato la propria giurisprudenza in merito alla facoltà del giudice
penale di esaminare pregiudizialmente la legalità delle decisioni
amministrative che stanno alla base dell'infrazione penale (per la vecchia
giurisprudenza cfr. DTF 71 IV 219 e 73 IV 254 consid. 2). Disturba infatti
l'idea che si possa venire puniti perché si è disubbidito ad una decisione
illegale dell'autorità (in questo senso già Johann Caspar Bluntschli,
Allgemeines Staatsrecht, 6. edizione, Stoccarda 1885, pag. 366, nota 5). In
DTF 98 IV 106 sono state quindi definite tre ipotesi. La prima si verifica
quando un tribunale amministrativo si è già pronunciato: in tale caso il
giudice penale non può più rivedere la legalità della decisione
amministrativa. Nella seconda ipotesi un ricorso al tribunale amministrativo
sarebbe stato possibile ma l'accusato non lo ha proposto oppure, se lo avesse
fatto, la decisione non è ancora stata emanata: in questo caso, secondo la
citata giurisprudenza, l'esame della legalità da parte del giudice penale è
possibile, ma è limitato alla violazione manifesta della legge e all'abuso
del potere di apprezzamento. Infine il giudice penale sindaca liberamente la
legalità, e quindi anche l'abuso del potere d'apprezzamento, quando nessun
ricorso ad un tribunale amministrativo è ammesso contro la decisione
amministrativa (DTF 121 IV 29 consid. 2a pag. 31; 98 IV 106 consid. 3).

2.2 Questa costruzione a tre livelli non è priva di difetti. In particolare
vanno rilevate talune frizioni logiche nella transizione fra il secondo ed il
terzo livello. Non vi è infatti corrispondenza tra il controllo della
legalità da un lato e del potere d'apprezzamento dall'altro. Se il passaggio
dalla terza alla seconda costellazione comporta giustamente una restrizione
del potere d'esame sulla legalità, lo stesso non vale in ambito di potere
d'apprezzamento, dove invece il potere d'esame resta invariato. Vi è in
questo senso un'incoerenza del sistema da rettificare adottando anche in
ambito d'apprezzamento una parallela restrizione del potere d'esame. Per fare
questo va rivisto il secondo livello introducendo una cognizione limitata
all'abuso manifesto del potere d'apprezzamento. Al terzo livello resta invece
sempre possibile un esame del semplice abuso del potere d'apprezzamento,
quale emanazione del controllo pieno della legalità. Tale correzione è quanto
mai opportuna anche in considerazione del fatto che la precedente
giurisprudenza affondava le proprie radici in un contesto storico-giuridico
in cui la giurisdizione dei tribunali amministrativi era molto meno
sviluppata, per cui l'esigenza di un controllo da parte del giudice penale
era più urgente rispetto ad oggi.

2.3 Nella fattispecie si tratta di un caso del terzo livello. A questo
proposito dottrina e giurisprudenza sono concordi sul fatto che l'esame non
può venire in alcun modo esteso all'opportunità o all'adeguatezza della
decisione (v. DTF 100 IV 68; 98 IV 108; Christof Riedo, Commentario basilese,
n. 65 all'art. 292 CP; Bernard Corboz, Les principales infractions, vol. II,
Berna 2002, n. 12 all'art. 292 CP; Jörg Rehberg, Strafrecht IV, 2. edizione,
Zurigo 1996, pag. 308; Günter Stratenwerth, Schweizerisches Strafrecht, BT
II, 5. edizione, Berna 2000, § 51 n. 6). Il giudice penale non può godere di
un potere d'esame più ampio del giudice amministrativo, il quale nemmeno in
materia d'espulsione degli stranieri ha la facoltà di sindacare l'adeguatezza
della decisione dell'amministrazione cantonale (art. 104 lett. c OG; DTF 125
II 105 consid. 2a). Esamina se la decisione d'espulsione è conforme alla
legge ed al principio di proporzionalità, ma non può sostituire
l'apprezzamento dell'autorità amministrativa con il proprio (DTF 104 Ib 1
consid. 1b). Si tratta dunque di un esame di legalità ma non di opportunità o
adeguatezza. È per tanto corretta la tesi del Procuratore generale, secondo
la quale il giudizio penale non poteva rivedere l'opportunità delle decisioni
amministrative che stanno alla base dell'infrazione.

3.
Nella decisione del 12 marzo 1993 il DFGP ha confermato il divieto di entrata
contro A.________ in applicazione dell'art. 13 cpv. 1 LDDS, considerando
determinante la condanna penale del 15 giugno 1983 (decisione citata, in
part. consid. 13 e 17). La Corte cantonale ha ritenuto che l'autorità
amministrativa, così facendo, avrebbe dato "prova di esagerato rigore”
trascurando in particolare di valutare le circostanze favorevoli
all'accusato. Tra queste circostanze l'autorità cantonale ha menzionato le
relazioni personali, lo stato di salute e il ravvedimento.

Il Procuratore generale limita l'oggetto del ricorso all'accusa di ripetuta
entrata illegale; rinuncia invece ad ogni contestazione concernente
l'imputazione di ripetuto soggiorno illegale. Egli sostiene che per
l'applicazione dell'art. 13 cpv. 1 LDDS basta l'adempimento della condizione
oggettiva della condanna per crimine o delitto. Ciò premesso, a suo avviso,
rimarrebbe da esaminare soltanto se la durata indeterminata del divieto di
entrata rispetti i principi di proporzionalità e di uguaglianza nonché il
divieto di arbitrio. Quesito a cui risponde affermativamente ribadendo la
pericolosità dell'opponente e contestando il di lui legame con la Svizzera.
Il Procuratore generale si sofferma anche sulle finalità diverse perseguite
dall'espulsione penale per rispetto a quella amministrativa e sulla
conseguente indipendenza di giudizio delle autorità che la pronunciano
(ricorso pag. 4).

3.1 Per l'art. 13 cpv. 1 prima frase LDDS l'autorità federale può vietare
l'entrata in Svizzera agli stranieri indesiderabili. Si tratta di una misura
di polizia degli stranieri, come tale da distinguere dalla pena accessoria
dell'espulsione dal territorio svizzero ex art. 55 CP. Infatti secondo la
giurisprudenza del Tribunale federale le misure di polizia degli stranieri
perseguono scopi differenti rispetto a quelle di natura penale. In questo
senso il fatto che l'espulsione penale sia stata sospesa in virtù dell'art.
55 cpv. 2 CP non costituisce un ostacolo per un eventuale espulsione di
polizia (DTF 125 II 105 consid. 2b). In un'ottica giuspenalistica è
determinante la questione del possibile reinserimento sociale del reo, mentre
per l'autorità di polizia degli stranieri è centrale l'interesse della
sicurezza e dell'ordine pubblici. Quello della risocializzazione è in questo
ambito soltanto un fattore accanto a molti altri, da prendere in
considerazione in maniera più severa rispetto all'autorità penale o di
esecuzione delle pene, tenuto conto di una esaustiva ponderazione degli
interessi di polizia (sentenza 2A.531/1996 del 18 febbraio 1997 consid. 2b;
DTF 114 Ib 1 consid. 3a pag. 3 e seg.; 120 Ib 129 consid. 5b pag. 132).

3.2 L'opponente ha commesso una grave infrazione contro la legge federale
sugli stupefacenti avendo organizzato l'importazione di 4,180 kg di eroina
dalla Turchia alla Svizzera. La gravità del reato giustifica già di per sé
l'espulsione di polizia. Secondo la giurisprudenza amministrativa del DFGP è
infatti da considerarsi indesiderabile ai sensi dell'art. 13 cpv. 1 prima
frase LDDS lo straniero che è stato condannato da un'autorità giudiziaria per
un crimine o un delitto (GAAC 63.1 consid. 12a pag. 23 e rinvii). La ratio
della norma è di ordine pubblico: occorre impedire l'entrata ed il soggiorno
agli stranieri i cui antecedenti permettono di concludere ch'essi non
vogliono o non sono capaci di rispettare l'ordine stabilito né di tenere il
comportamento che ci si deve attendere da chi desideri soggiornare anche solo
temporaneamente in Svizzera (GAAC 63.1 consid. 12a pag. 24; 60.4 consid. IV/2
pag. 45). Solamente circostanze particolari possono indurre a prescindere dal
vietare l'entrata di uno straniero, sebbene egli sia stato condannato per un
crimine o un delitto. Si pone dunque la questione di sapere se nella
fattispecie siano date circostanze particolari tali da rendere sproporzionata
e quindi illegittima la misura dell'espulsione. Tali circostanze vanno
esaminate sulla base della situazione di fatto al momento dell'emanazione
della decisione, ovvero in data 12 marzo 1993. Tutto ciò che è accaduto dopo
non può essere oggetto dell'esame del giudice penale, ma potrà tutt'al più
essere preso in considerazione a fronte di un'eventuale istanza di riesame
amministrativo presso le autorità federali competenti (cfr. Andreas Zünd,
Beendigung der Anwesenheit, Entfernung und Fernhaltung, in Uebersax/ Münch/
Geiser/ Arnold, Ausländerrecht, n. 6.84).

3.3 L'opponente, nato nel 1946, era in Svizzera dal 1979 e ha commesso le
infrazioni in questione tre anni più tardi. È impossibile dunque parlare di
legami particolari con la Svizzera. Effettivamente dopo la sua condanna e
fino all'emanazione delle contestate misure di polizia degli stranieri, egli
non ha commesso nuovi reati, ma ciò non è molto indicativo visto che il
periodo in questione l'ha passato principalmente in carcere. Egli era sì
legato sentimentalmente ad una cittadina di nazionalità svizzera, conosciuta
nel 1988 durante il regime di semilibertà, come non ha mancato di prendere in
considerazione il DFGP nella sua decisione 12 marzo 1993, ma questo non è
sufficiente per rovesciare l'impatto negativo dei reati commessi in
precedenza. Come ha pertinentemente sottolineato l'autorità amministrativa
federale i crimini commessi da quest'ultimo sono di una gravità estrema, in
quanto atti a mettere in pericolo la vita di un numero molto alto di persone
(decisione 12 marzo 1993 pag. 6 n. 18). La perniciosità di questo genere di
reati per l'ordine e la salute pubblici è stata  sottolineata anche dalla
Corte europea dei Diritti dell'uomo, la quale, chiamata a giudicare il caso
di un cittadino algerino espulso dalla Francia, dove viveva dall'età di due
anni, ossia dal 1967, in seguito ad una condanna a tre anni di detenzione (di
cui due sospesi condizionalmente) per traffico di stupefacenti, ha negato che
tale misura violasse l'art. 8 CEDU (sentenza nella causa Baghli contro
Francia del 30 novembre 1999, Recueil Cour EDH 1999-VIII pag. 189, n. 36, 37,
39 - 40 e 45 - 49).

Date simili circostanze non si può certo sostenere che il rapporto tra
l'opponente ed il nostro Paese fosse, al momento dell'emanazione della
decisione, così profondo da far apparire il divieto d'entrata in Svizzera
come sproporzionato nei confronti dell'interesse pubblico tutelato. Questo
vale anche tenuto conto della grave malattia che ha colpito l'opponente
durante l'esecuzione della pena, ma da cui sembrava essere guarito già
nell'aprile 1992 e per la quale non risulta che egli dovesse seguire ancora
un particolare trattamento in Svizzera. In questo senso gli elementi che si
opponevano all'espulsione erano molto tenui e non assolutamente paragonabili
alla gravità dell'infrazione commessa, per cui l'autorità amministrativa non
ha abusato del suo potere d'apprezzamento confermando l'espulsione
dell'opponente dalla Svizzera.

3.4 Da tutto questo discende che l'autorità cantonale, prosciogliendo
l'opponente dall'accusa di ripetuta entrata illegale ai sensi dell'art. 23
cpv. 1 LDDS, ha violato il diritto federale per cui il ricorso va accolto.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è accolto, la sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata
all'autorità cantonale per nuovo giudizio.

2.
Non si riscuotono spese né si accordano indennità per ripetibili.

3.
Comunicazione alle parti e alla Corte di cassazione e di revisione penale del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino.

Losanna, 5 giugno 2003

In nome della Corte di cassazione penale
del Tribunale federale svizzero

Il presidente:  Il cancelliere: