Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung 2A.76/2002
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2A.76/2002 /mde

Sentenza del 31 luglio 2002
II Corte di diritto pubblico

Giudici federali Wurzburger, presidente,
Hungerbühler, Ramelli, supplente,
cancelliere Cassina.

A. ________, 6855 Stabio,
ricorrente, patrocinato dalla avv. Patrizia Gianelli, Contrada di Sassello 5,
casella postale 2554, 6900 Lugano,

contro

Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500
Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella
postale, 6901 Lugano.

permesso di dimora

(ricorso di diritto amministrativo contro la decisione del Tribunale
amministrativo del Cantone Ticino del 7 gennaio 2002)
Fatti:

A.
A. ________, cittadino kosovaro, ha soggiornato una prima volta in Svizzera
come asilante, legittimandosi con documenti falsi, dal 7 luglio 1991 al 28
gennaio 1994. Il 3 febbraio 1994 si è sposato nel suo Paese d'origine con la
cittadina italiana B.________, titolare di un permesso di domicilio in
Svizzera. Il 20 febbraio 1994 l'allora Sezione degli stranieri del Cantone
Ticino (ora divenuta Sezione dei permessi e dell'immigrazione) gli ha
rilasciato un permesso di dimora per potersi ricongiungere alla moglie in
Svizzera. Tale permesso è stato in seguito rinnovato annualmente, l'ultima
volta con scadenza al 20 febbraio 2000. Dal matrimonio sono nati i figli
C.________ (02.12.1994) e D.________ (01.12.1999); entrambi beneficiano di un
permesso di domicilio. Fino al 31 agosto 1995 A.________ ha lavorato quale
operaio addetto alla raccolta dei rifiuti urbani. Dal 25 settembre 1995 egli
è alle dipendenze della ditta E.________ S.A. come operaio turnista, con la
funzione di capo-squadra.

B.
Con decreto d'accusa del 20 luglio 1994 A.________ è stato condannato a 20
giorni di detenzione, sospesa condizionalmente per 2 anni, per soggiorno
illegale e conseguimento fraudolento di una falsa attestazione; i fatti sono
quelli evocati sopra, afferenti al primo soggiorno in Svizzera. Il 14
dicembre 1994 l'allora Sezione degli stranieri l'ha ammonito, avvertendolo
che in caso di recidiva o di comportamento scorretto sarebbero state adottate
misure amministrative adeguate.

Il 1° dicembre 1997 A.________ è stato condannato a 15 giorni di detenzione,
sospesi condizionalmente per 2 anni, nonché alla pena accessoria
dell'espulsione dalla Svizzera per un periodo di 3 anni, anch'essa sospesa
condizionalmente per 3 anni, per avere favorito ripetutamente in correità con
F.________ e la moglie l'entrata illegale in Svizzera di nove suoi
connazionali, facendo pagare loro la somma di DM 400.--, poi divisi a metà
con il complice. A seguito di questa condanna, il 26 gennaio 1998 A.________
è stato nuovamente ammonito, con l'avvertenza che, in caso di recidiva o di
comportamento scorretto, sarebbe stato espulso o rimpatriato. L'autorità ha
precisato che rinunciava ad emettere "una sanzione amministrativa" soltanto
perché lo straniero era al beneficio di un permesso di dimora che gli
permetteva di lavorare nel Mendrisiotto.

Infine, il 14 febbraio 2001 la Corte delle assise criminali ticinese ha
condannato A.________ a 18 mesi di detenzione e all'espulsione dal territorio
svizzero, entrambe le misure sospese condizionalmente per un periodo di prova
di 5 anni. Nel contempo la Corte penale ha tralasciato di revocargli la
sospensione condizionale della pena dell'espulsione di 3 anni pronunciata il
1° dicembre 1997, limitandosi a prolungare il periodo di prova di un
ulteriore anno. In questa occasione A.________ è stato ritenuto colpevole di
infrazione parzialmente aggravata alla legge federale sugli stupefacenti, del
3 ottobre 1951 (LStup; RS  812.121), per avere fatto i preparativi necessari
all'acquisto di 500 g di eroina e di 500 g di sostanza da taglio e per avere
venduto 70 g di cocaina, sapendo di mettere in pericolo la salute di
parecchie persone, nonché di complicità in infrazione aggravata alla medesima
legge per aver partecipato all'acquisto di 2 kg di sostanza da taglio e
infine di aver riciclato denaro per un importo di fr. 6'000.--.

Il 15 maggio 2001 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione, richiamati i
due precedenti ammonimenti e l'ultima sentenza penale, si è rifiutata di
rinnovare ad A.________ il permesso di dimora e gli ha ordinato di lasciare
il territorio del Cantone Ticino entro il 30 giugno 2001. La decisione è
stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato ed in seguito dal
Tribunale amministrativo ticinese, con giudizi del 26 giugno 2001 e
rispettivamente del 7 gennaio 2002. Quest'ultima autorità ha in sostanza
ritenuto che A.________ aveva ripetutamente violato l'ordine pubblico, per
cui si giustificava di rifiutargli il rinnovo del permesso di dimora. Essa ha
poi aggiunto che un suo eventuale rientro in Patria era esigibile, avendo
questi vissuto in Kosovo sino all'età di 25 anni. Per quanto attiene poi alle
relazioni con la moglie, i giudici cantonali hanno ritenuto che al momento
del matrimonio ella sapeva già dell'esistenza di motivi che avrebbero potuto
impedire al marito di risiedere in Svizzera, per cui hanno concluso che da
questo profilo il provvedimento litigioso era rispettoso del principio di
proporzionalità e dell'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950
(CEDU; RS 0.101).

C.
L'8 febbraio 2002 A.________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un
ricorso di diritto amministrativo. Chiede che l'ordine di lasciare il
territorio ticinese sia annullato e che gli sia concesso il rinnovo del
permesso di dimora, eventualmente "condizionato al comportamento
irreprensibile dinanzi all'ordine precostituito e all'obbligo di non
intraprendere più alcuna attività illegale". In via subordinata propone che
gli atti siano rinviati al Tribunale cantonale amministrativo oppure
all'autorità di prime cure affinché gli sia rinnovato il permesso,
eventualmente condizionato nel modo citato, o più semplicemente per nuovo
giudizio. Il ricorrente chiede inoltre di essere messo al beneficio
dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio. Postula quindi che il
giudizio impugnato venga riformato su tasse e ripetibili della sede
cantonale, che al gravame sia accordato effetto sospensivo e che sia ordinato
un dibattimento.

Chiamato ad esprimersi, il Tribunale amministrativo ticinese ha rinunciato a
formulare osservazioni. Sia il Consiglio di Stato che l'Ufficio federale
degli stranieri hanno invece domandato che il gravame sia respinto.

D.
Con decreto del 1° marzo 2002, il Presidente della II Corte di diritto
pubblico ha accolto al domanda di conferimento dell'effetto sospensivo
contenuta nel gravame.

Diritto:

1.
1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto
amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di permessi
al cui ottenimento la legislazione federale non conferisce un diritto (art.
100 cpv.1 lett. b n. 3 OG). L'art. 4 della legge federale sul domicilio e la
dimora degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; RS 142.20) sancisce che
l'autorità competente decide liberamente, nei limiti delle disposizioni della
legge e dei trattati con l'estero, in merito alla concessione dei permessi di
dimora. Lo straniero ha quindi un diritto all'ottenimento di un simile
permesso solo laddove tale pretesa si fonda su una disposizione del diritto
federale o su un trattato internazionale (DTF 127 II 60 consid. 1a, 126 II
425 consid. 1 con numerosi rinvii).

1.2 Giusta l'art. 17 cpv. 2 LDDS, lo straniero sposato con una persona in
possesso del permesso di domicilio ha diritto al rilascio e alla proroga del
permesso di dimora fintanto che vive con il coniuge. In concreto, A.________
è sposato e convive dal 1994 con la cittadina italiana B.________, da tempo
domiciliata in Svizzera. A queste condizioni egli dispone senz'altro di un
diritto al rinnovo del permesso di dimora. Di conseguenza, il gravame,
introdotto tempestivamente (art. 106 cpv. 1 OG) da una persona legittimata ad
agire (art. 103 lett. a OG), risulta in linea di massima ammissibile.

2.
Con il rimedio esperito, il ricorrente può fare valere la violazione del
diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento,
nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in
quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di
ricorso di diritto pubblico (DTF 123 II 385 consid. 3, con rinvii). Quale
organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina
d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza
essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi
invocati dalle parti. L'insorgente può inoltre censurare l'accertamento
inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Considerato comunque
che nel caso concreto la decisione impugnata emana da un'autorità
giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale
federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti
oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105
cpv. 2 OG).

3.
Il ricorrente, invocando l'art. 112 OG, chiede che sia ordinato un
dibattimento davanti al Tribunale federale. A prescindere dal fatto che la
domanda non risulta motivata, si deve rilevare che non sono ravvisabili
motivi particolari, tali da rendere necessaria un'udienza; tanto più che,
come appena esposto, i fatti determinanti sono già stati accertati dal
Tribunale cantonale amministrativo e che tali accertamenti sono di principio
vincolanti per il Tribunale federale. La richiesta dev'essere dunque
respinta.

4.
Con il presente gravame A.________ contesta la legittimità del rifiuto
oppostogli dalle istanze cantonali, segnatamente dal profilo della corretta
ponderazione degli interessi in gioco. Ammette di avere commesso degli errori
in passato, ma sostiene che a questi non dev'essere dato un peso prevalente
rispetto al suo diritto di continuare a risiedere in Svizzera con la moglie e
i figli. Adduce la violazione degli art. 10 e 17 LDDS, 16 dell'ordinanza
d'esecuzione della legge federale concernente la dimora e il domicilio degli
stranieri, del 1° marzo 1949 (ODDS; RS 142.201) e dell'art. 8 CEDU, nonché
l'accertamento manifestamente inesatto e incompleto di fatti rilevanti.

Quest'ultima censura risulta tuttavia di primo acchito infondata. Il
ricorrente non spiega in effetti quali fatti precisi sarebbero stati
stabiliti in modo chiaramente errato. In realtà, le sue critiche riguardano
semmai il peso diverso che egli vorrebbe attribuire a determinati fatti,
ossia il loro apprezzamento, ciò che costituisce a non averne dubbio, una
questione di diritto (art. 104 lett. a OG).

5.
Giusta l'art. 17 cpv. 2 ultima frase LDDS, il diritto dello straniero al
rilascio di un permesso di dimora si estingue se questi viola l'ordine
pubblico. Detto rifiuto deve rispettare il principio della proporzionalità. I
motivi di estinzione di questo diritto sono tuttavia meno severi di quanto
richiesto dall'art. 7 cpv. 1 in fine LDDS, il quale stabilisce che deve
sussistere un motivo di espulsione per negare al coniuge straniero di un
cittadino svizzero il rilascio o la proroga del permesso di dimora.
Considerato che una violazione minore dell'ordine pubblico è una ragione
sufficiente per rifiutare la concessione del permesso di dimora, l'interesse
privato dello straniero e della sua famiglia a rimanere in Svizzera ha,
nell'ambito della ponderazione degli interessi pubblici e privati, meno
importanza che se si fosse trattato di un'espulsione (DTF 122 II 385 consid.
3a, 120 Ib 129 consid. 4a; sull'argomento cfr. Alain Wurzburger, La
jurisprudence récente du Tribunal fédéral en matière de police des étrangers,
in RDAF 1997 I 320 e segg.).

L'art. 8 cpv. 1 CEDU garantisce il diritto al rispetto della vita familiare.
Tale garanzia non è tuttavia assoluta. Un'ingerenza nell'esercizio di questo
diritto è in effetti ammissibile giusta l'art. 8 n. 2 CEDU in quanto "sia
prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società
democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il
benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della
salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui".
In questo contesto, va effettuata una ponderazione di tutti gli interessi
pubblici e privati in gioco. In particolare, va esaminato se si possa esigere
dai familiari aventi il diritto di risiedere in Svizzera che lascino il
nostro Paese per seguire lo straniero al quale è stato rifiutato un permesso
di dimora. La facoltà di esigere la partenza della famiglia di uno straniero
dev'essere ammessa tanto più facilmente quanto la presenza in Svizzera di
costui, a causa del suo comportamento, risulti indesiderabile. Va comunque
precisato che il solo fatto che non si possa pretendere dai membri della
famiglia che lascino la Svizzera non costituisce, di per sé, un motivo
sufficiente per accogliere il ricorso (DTF 120 Ib 129 consid. 4a pag. 130;
cfr. anche DTF 122 II 1 consid. 2 pag. 5).

6.
6.1 Nel caso di specie non sussistono dubbi sul fatto che il ricorrente, con
il suo comportamento, abbia violato l'ordine pubblico in Svizzera. Nonostante
gli ammonimenti ricevuti, egli lo ha fatto ripetutamente, commettendo dei
reati specifici in materia di polizia degli stranieri e delle infrazioni
parzialmente aggravate alla legge sugli stupefacenti. L'ultima infrazione -
quella più grave - egli l'ha commessa pur essendo consapevole delle
conseguenze che ciò avrebbe comportato sul suo statuto di cittadino straniero
al beneficio di un permesso di dimora annuale: con l'ammonimento del 26
gennaio 1998 le autorità ticinesi lo avevano infatti minacciato
esplicitamente di espulsione o rimpatrio. In simili circostante è pacifico
che lo stato di fatto oggettivo dal quale l'art. 17 cpv. 2 LDDS ultima frase
fa dipendere l'estinzione del permesso di dimora sia adempiuto.

6.2 Gli argomenti che il ricorrente tenta di contrapporre a questa
conclusione sono infondati.

6.2.1 In primo luogo egli sbaglia quando afferma che la violazione
dell'ordine pubblico non è sufficiente per l'applicazione della predetta
disposizione, ma che occorre che siano dati i motivi di espulsione previsti
dagli art. 10 e 11 LDDS, da valutarsi in conformità con l'art. 16 cpv. 3
ODDS. Infatti, come sopra esposto (cfr. consid. 5), l'estinzione del permesso
di dimora prevista dall'art. 17 cpv. 2 ultima frase LDDS ha carattere
autonomo e può avvenire a condizioni meno severe.

6.2.2 In secondo luogo il ricorrente sostiene che l'autorità cantonale non ha
esaminato la questione della recidiva. Si tratta, a suo dire, di un elemento
determinante, in assenza del quale non può sussistere un interesse pubblico
che giustifichi il mancato rinnovo del suo permesso di dimora. A questo
proposito sostiene che nel caso di specie non vi sarebbe nessun pericolo di
recidiva. D'un canto sottolinea come nella sentenza penale del 14 febbraio
2001, dalla quale l'autorità amministrativa non potrebbe scostarsi, sia stata
prevista la sospensione condizionale della pena inflittagli; dall'altro egli
afferma di essere cambiato, di avere preso coscienza della gravità del suo
comportamento e del male che altre sue trasgressioni causerebbero alla sua
famiglia, nonché di lavorare e di non avere più commesso nessun reato dopo la
sua scarcerazione.

Anche questo argomento dev'essere respinto. Il pericolo che il cittadino
straniero violi nuovamente l'ordine pubblico è uno degli elementi, ma non il
solo, che devono essere valutati ai fini dell'applicazione dell'art. 17 cpv.
2 ultima frase LDDS. Ora, nel giudizio qui impugnato, il Tribunale cantonale
amministrativo ha trattato questo aspetto, senza tuttavia menzionare
espressamente il termine "recidiva" (pagg. 10 e 11). Dopo avere precisato di
non ritenersi vincolato dal suddetto giudizio penale, esso ha infatti
considerato che nel corso del suo soggiorno in Svizzera l'insorgente non
aveva mai smesso di delinquere, nonostante che gli fossero stati inflitti due
ammonimenti amministrativi: gli ultimi reati sono stati addirittura commessi
durante il periodo di sospensione condizionale della pena accessoria
dell'espulsione pronunciata contro di lui nel 1997. Queste considerazioni
appaiono corrette e devono essere condivise. Il Tribunale federale ha avuto a
più riprese l'occasione di precisare che l'autorità competente in materia di
polizia degli stranieri persegue uno scopo differente da quello dell'autorità
penale e valuta dunque sulla base di altri criteri se sia il caso o no di
allontanare dalla Svizzera lo straniero resosi colpevole di un reato. Il
giudice penale decide in effetti in funzione della migliore prognosi di
risocializzazione in Svizzera, mentre l'autorità amministrativa si prefigge
di proteggere la sicurezza e l'ordine pubblico. Lo straniero che ha commesso
un reato deve quindi attendersi che nei suoi confronti vengano adottate
simili misure amministrative anche laddove sul piano penale non è stata
pronunciata, è stata sospesa condizionalmente o differita la misura
accessoria dell'espulsione, prevista dall'art. 55 CP (DTF 122 II 433 consid.
2b, 120 Ib 129 consid. 5, 114 Ib 1 consid. 3a). Del resto si deve considerare
che, come osservato pertinentemente dal Tribunale cantonale amministrativo,
la sentenza penale del 14 febbraio 2001 non è così favorevole al ricorrente,
come questi pretende, dal momento che vi si legge che "(...) il A.________ è
arrivato al limite di quanto ragionevolmente possibile in materia di
sospensione condizionale sia della pena detentiva, che di quella accessoria"
(cfr. consid. 29, pag. 56).

Quanto al ravvedimento, esso appare sostenuto soltanto dalle affermazioni del
ricorrente. Questi aveva già moglie e figli al momento di commettere i reati
per i quali è stato in seguito condannato penalmente, ma ciò non è comunque
bastato a farlo desistere dal nuovamente infrangere la legge. Inoltre,
essendo già stato ammonito sul piano amministrativo, egli sapeva che
eventuali nuove sanzioni avrebbero potuto nuocere anche alla sua famiglia.
Ciò non gli ha però impedito di continuare a delinquere, commettendo dei
reati sempre più gravi.

6.2.3 Da ultimo il ricorrente cerca di relativizzare la portata dell'ultima
condanna penale subita, adducendo di avere avuto un ruolo tutto sommato
marginale, di semplice complice. Aggiunge che la pena inflittagli non
raggiunge nemmeno il limite di 2 anni di detenzione, oltre il quale, di
norma, l'interesse pubblico all'espulsione dello straniero viene considerato
dalla prassi preponderante per rispetto all'interesse personale di
quest'ultimo a rimanere nel nostro Paese.

Sennonché, detti argomenti non possono essere condivisi. Innanzitutto occorre
precisare che la circostanza per la quale la pena inflitta al ricorrente non
raggiunge il limite di 2 anni di detenzione non è affatto rilevante nel
presente contesto. Infatti la regola giurisprudenziale a cui fa riferimento
l'insorgente è stata elaborata per i casi di espulsione, ai sensi dell'art.
10 LDDS, i quali, come detto in precedenza, vanno valutati in base ad altri
criteri e, anche in tale ambito, ha comunque solamente carattere indicativo
(cfr. Wurzburger, op. cit., pagg. 311 e 321). Chiarito questo aspetto, va poi
detto che il ruolo del ricorrente è stato secondario solo per uno dei reati
per i quali è stato condannato il 14 febbraio 2001. Come esposto, in
quell'occasione egli è infatti stato  riconosciuto autore colpevole di
infrazione parzialmente aggravata alla legge sugli stupefacenti, di
complicità in infrazione aggravata alla medesima legge, nonché di riciclaggio
di denaro. Egli tenta quindi di confondere i fatti laddove sostiene, citando
la DTF 115 IV 59, che la Corte penale non gli avrebbe riconosciuto la
semplice complicità per il primo dei reati appena menzionati soltanto "per
motivi tecnico-giuridici". Al contrario, la sentenza penale in questione ha
accertato che A.________ aveva compiuto, in correità con un'altra persona,
dei veri e propri atti preparatori al traffico di sostanze stupefacenti,
avendo effettuato una trasferta a Basilea e negoziato l'acquisto di un
importante quantitativo di eroina e di sostanza da taglio. Il fatto che
l'affare non sia andato in porto è unicamente dipeso dalle divergenze sorte
in merito alla qualità della merce. I motivi "tecnico-giuridici" ai quali il
ricorrente allude hanno invece indotto il giudice penale a riconoscere la
complicità nell'acquisto di 2 kg di sostanza da taglio a Lucerna.

A quest'ultima condanna, di una certa gravità in materia di stupefacenti,
vanno poi aggiunte quelle del 20 luglio 1994 e del 1° dicembre 1997. Per uno
straniero la cui permanenza in Svizzera può essere definita di durata media
(il primo permesso annuale gli era infatti stato rilasciato nel febbraio
1994) il cumulo di queste condanne, alle quali devono essere anche aggiunti i
due ammonimenti di polizia inflitti, bastano senz'altro a giustificare la
decisione, pronunciata dalle autorità ticinesi, di non più rinnovargli il
permesso di dimora (cfr.  Wurzburger, op. cit., pagg. 322-323).

7.
Resta a questo punto da esaminare la proporzionalità del provvedimento
litigioso.

A. ________ è arrivato in Svizzera - legalmente - nel 1994, all'età di 26
anni. Nel momento in cui l'autorità amministrativa cantonale si è rifiutata
di rinnovargli il permesso di soggiorno risiedeva sul nostro territorio da 7
anni. Si deve però considerare che egli non è mai riuscito ad integrarsi
pienamente nella realtà del nostro Paese. Ciò è dimostrato soprattutto dai
numerosi e in parte anche gravi reati commessi durante questo periodo. Se ne
deve dunque dedurre che è verosimilmente in Kosovo, Paese nel quale è nato ed
ha trascorso la maggior parte della sua vita, che possiede ancora i propri
legami culturali più stretti. In caso di ritorno nella sua patria d'origine,
egli non si troverà dunque confrontato con particolari difficoltà di
adattamento. In ogni caso detti inconvenienti non possono prevalere
sull'interesse della collettività al suo allontanamento. Gli asseriti intensi
legami del ricorrente con il Cantone Ticino non sono suscettibili di
sovvertire questa conclusione. Sotto questo profilo la decisione impugnata
appare pertanto rispettosa del principio di proporzionalità e conforme al
diritto federale.

Alcuni problemi potrebbero per contro sorgere da questo punto di vista per la
moglie, qualora dovesse decidere di seguire il marito all'estero.
Quest'ultima, sebbene di nazionalità italiana, è sempre vissuta in Svizzera,
dapprima nei Grigioni, poi, da quando nel 1993 ha conosciuto il marito, in
Ticino, dove sono nati i due figli. In questo senso, le ipotesi formulate dal
Tribunale cantonale amministrativo in merito alle sue possibilità di
adattamento in Kosovo non possono essere completamente condivise. A ragione
l'insorgente obietta che non bastano alcuni brevi soggiorni in uno stato
estero per riuscire ad assimilarne gli usi e i costumi. Si deve tuttavia
considerare che B.________ non solo era a conoscenza della posizione
irregolare di colui che sarebbe poi diventato suo marito, ma ha anche
partecipato attivamente in due occasioni ai reati che egli ha commesso. In
primo luogo ne ha favorito il soggiorno illegale in Svizzera, ospitandolo
saltuariamente a Coira e a Melide tra il 1992 e il 1994; in secondo luogo, in
correità con il coniuge (il quale per questi fatti è stato condannato il 1°
dicembre 1997) ella ha favorito ripetutamente l'entrata illegale di cittadini
iugoslavi, trasportandoli dalla zona di confine di Bogno a Zurigo e a Bulle.
Questa condotta personale tutt'altro che irreprensibile della moglie rende
superflua ogni disquisizione su cosa ella sapesse effettivamente, al momento
del matrimonio, riguardo al rischio che correva il ricorrente di non più
potere risiedere in Svizzera. Contrariamente a quanto questi sostiene, è
infatti la somma delle condanne penali e degli ammonimenti subiti, e quindi
non solo l'ultima sentenza penale del 14 febbraio 2001, ad avere indotto le
autorità ticinesi a non rinnovargli il permesso di dimora. Tutto ciò permette
di affermare che i giudici cantonali hanno soppesato correttamente la
fattispecie anche sotto il profilo dell'art. 8 CEDU, rilevando in definitiva
che, visto il comportamento mantenuto dalla moglie del ricorrente,
l'interesse pubblico ad allontanare il marito di quest'ultima debba prevalere
anche sulle eventuali difficoltà che ella potrebbe dover affrontare per
vivere altrove.

Per quanto riguarda poi i figli, questi sono ancora piccoli, per cui il
problema di un loro eventuale sradicamento dalla realtà svizzera non si pone
nemmeno. Contrariamente a quanto tenta di dimostrare il ricorrente, non
sussistono nemmeno dei motivi di salute straordinari che esigano per il
figlio maggiore, C.________, delle cure possibili solo in Svizzera. I
certificati medici prodotti davanti al Consiglio di Stato attestano infatti
unicamente che il bambino ha avuto una crisi di asma bronchiale di origine
allergica, provocata probabilmente da un fattore emotivo.

8.
L'insorgente asserisce ancora, in via subordinata, che la causa dovrebbe
essere rinviata all'autorità cantonale per nuovo giudizio, preceduto
dall'audizione testimoniale di due vicini di casa e dalla sua audizione
personale. In tale contesto fa valere la violazione del suo diritto di essere
sentito. Sostiene che dal momento che la sentenza penale aveva escluso il
rischio di recidiva, l'autorità cantonale non poteva rinunciare
all'assunzione di tali prove.

Anche questa censura è infondata. Il diritto di essere sentiti, garantito
dalla Costituzione federale (art. 29 cpv. 2 Cost.), non dà al cittadino il
diritto di comparire personalmente davanti ad un'autorità amministrativa e di
esprimersi oralmente (DTF 125 I 209 consid. 9b) e permette di rifiutare una
prova se, in base ad un apprezzamento anticipato, la sua assunzione non
porterebbe comunque nuovi chiarimenti (DTF 122 V 157 consid. 1d, 119 Ib 492
consid. 5b/bb e rinvii). Ora, nel corso dell'intera procedura cantonale, il
ricorrente ha avuto ampia facoltà di fare valere le proprie ragioni, dapprima
con il suo ricorso al Consiglio di Stato e poi con il ricorso davanti al
Tribunale cantonale amministrativo, il quale, su sua richiesta, gli ha
perfino concesso la possibilità di replicare. La questione della recidiva,
situata nel suo giusto contesto (cfr. consid. 6.2.2), non era tale da rendere
necessari né l'interrogatorio dell'interessato, né l'audizione testimoniale
di due vicini. Gli atti permettevano senz'altro alla Corte cantonale di
valutare la causa, per cui l'apprezzamento anticipato delle prove eseguito da
quest'ultima non lede il diritto di essere sentito garantito dalla
Costituzione federale. Il ricorrente non invoca a questo proposito la
violazione di altre disposizioni specifiche.

9.
Alla luce di tutto quanto precede, il gravame, infondato, dev'essere
integralmente respinto.

Visto che lo stesso era sin dall'inizio privo di possibilità di esito
favorevole, l'istanza di assistenza giudiziaria è pure respinta (art. 152
OG). Risulta pertanto esente da critiche anche il giudizio su spese e
ripetibili reso dall'autorità inferiore. Le conseguenze gravose che
l'esecuzione della sentenza potrà avere per la famiglia del ricorrente
inducono nondimeno a rinunciare alla riscossione della tassa di giustizia
(art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è respinto.

2.
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è respinta.

3.
Non si preleva tassa di giustizia.

4.
Comunicazione alla patrocinatrice del ricorrente, al Consiglio di Stato, al
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino e all'Ufficio federale degli
stranieri.

Losanna, 31 luglio 2002

In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente: Il cancelliere: