Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung 2A.397/2002
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2A.397/2002 /viz

Sentenza del 25 novembre 2002
II Corte di diritto pubblico

Giudici federali Wurzburger, presidente,
Hungerbühler e Müller,
cancelliere Cassina.

A. ________,
ricorrente, patrocinata da Giorgio Snozzi, via Bossi 12, casella postale
2705, 6901 Lugano,

contro

Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500
Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella
postale, 6901 Lugano.

permesso di domicilio

(ricorso di diritto amministrativo contro la decisione del
19 giugno 2002 del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino)

Fatti:

A.
A. ________, cittadina bulgara, è entrata in Svizzera per la prima volta nel
1992, beneficiando di un permesso di dimora di breve durata per lavorare come
ballerina in un locale notturno. Negli anni successivi, ella ha ancora avuto
modo di soggiornare a più riprese nel nostro Paese in virtù di analoghi
permessi di dimora temporanei.

Il 10 maggio 1996 A.________ ha contratto matrimonio con il cittadino
svizzero B.________. La Sezione degli stranieri del Cantone Ticino (ora
divenuta Sezione dei permessi e dell'immigrazione) le ha quindi rilasciato un
permesso di dimora annuale, in seguito regolarmente rinnovato l'ultima volta
con scadenza al 9 maggio 2001. Il 27 ottobre 2000 quest'ultima autorità le ha
comunicato che non le avrebbe rinnovato il permesso di soggiorno alla sua
scadenza, in quanto da un rapporto allestito dalla Polizia cantonale
risultava che dall'estate del 1998 ella non viveva più con il marito. La
decisione, spedita per raccomandata, non è stata tuttavia ritirata
dall'interessata, la quale sarebbe venuta a conoscenza della medesima
soltanto nel mese di febbraio del 2001.

B.
L'11 aprile 2001 A.________ ha ugualmente chiesto il rinnovo del suo permesso
di dimora e due giorni dopo ha pure postulato che le fosse rilasciato un
permesso di domicilio. Preso atto di ciò, l'autorità amministrativa ticinese
le ha comunicato che avrebbe preso in considerazione quest'ultima domanda, ma
che ciò non la dispensava dal lasciare il territorio svizzero visto che il
suo permesso di dimora era scaduto e che, come deciso il 27 ottobre 2000, il
medesimo non poteva più esserle rinnovato. Per questo motivo le è stato
fissato un termine di partenza con scadenza al 15 agosto 2001. L'interessata
ha quindi sollecitato - inutilmente - le autorità affinché queste si
pronunciassero sulla sua richiesta di poter fruire di un permesso di
domicilio. A.________ si è rivolta al Consiglio di Stato e in seguito al
Tribunale amministrativo per denunciare la mancata evasione della sua istanza
da parte dell'autorità di prime cure. Il 4 febbraio 2002 quest'ultimo ha
quindi deciso di accogliere il ricorso per denegata giustizia introdotto da
A.________. Il 6 marzo successivo la Sezione ticinese dei permessi e
dell'immigrazione ha infine risolto di negarle il rilascio del permesso
richiesto. Questa decisione è poi stata confermata su ricorso dapprima dal
governo ticinese ed in seguito, con sentenza del 19 giugno 2002, dal
Tribunale cantonale amministrativo. Entrambe queste istanze hanno in sostanza
considerato manifestamente abusivo da parte di A.________ il fatto di
appellarsi ad un matrimonio esistente soltanto formalmente per poter
continuare a risiedere in Svizzera.

C.
Il 21 agosto 2002 A.________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un
ricorso di diritto amministrativo con cui chiede l'annullamento del predetto
giudizio cantonale e il rinvio degli atti al Tribunale amministrativo
ticinese per un nuovo giudizio. Lamenta in sostanza la violazione dell'art. 7
della legge federale sul domicilio e la dimora degli stranieri, del 26 marzo
1931 (LDDS; RS 142.20) e del principio di uguaglianza.

Chiamato ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo non ha
formulato nessuna osservazione in merito al gravame. Dal canto loro, sia il
Consiglio di Stato ticinese che l'Ufficio federale degli stranieri domandano
che il ricorso sia respinto.

D.
Su ordine del Presidente della II Corte di diritto pubblico, il 23 agosto
2002 è stato conferito in via supercautelare effetto sospensivo al gravame.

Diritto:

1.
1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto
amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di permessi
al cui ottenimento la legislazione federale non conferisce un diritto (art.
100 cpv.1 lett. b n. 3 OG). L'art. 4 LDDS sancisce che l'autorità competente
decide liberamente, nei limiti delle disposizioni della legge e dei trattati
con l'estero, in merito alla concessione dei permessi di dimora. Lo straniero
ha quindi un diritto all'ottenimento di un simile permesso solo laddove tale
pretesa si fonda su una disposizione del diritto federale o su un trattato
internazionale (DTF 127 II 60 consid. 1a, 126 II 425 consid. 1 con numerosi
rinvii).

1.2 Giusta l'art. 7 cpv. 1 LDDS, il coniuge straniero di un cittadino
svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora; dopo
una dimora regolare ed ininterrotta di cinque anni, questi ha diritto al
rilascio di un permesso di domicilio. Il rifiuto del permesso sollecitato
dalla ricorrente, sposata con un cittadino svizzero dal 10 maggio 1996, può
quindi essere sottoposto al Tribunale federale mediante ricorso di diritto
amministrativo (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG a contrario). Sapere se un
tale diritto sussista ancora (cfr. art. 7 cpv. 1 terza frase e cpv. 2 LDDS) è
un problema di merito, non di ammissibilità (DTF 122 II 289 consid. 1b; 120
Ib 6 consid. 1).

2.
Con il rimedio esperito, la ricorrente può fare valere la violazione del
diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento,
nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in
quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di
ricorso di diritto pubblico (DTF 123 II 385 consid. 3, con rinvii). Quale
organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina
d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza
essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi
invocati dalle parti. L'insorgente può inoltre censurare l'accertamento
inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Considerato comunque
che nel caso concreto la decisione impugnata emana da un'autorità
giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale
federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti
oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105
cpv. 2 OG).

3.
Per costante giurisprudenza vi è abuso di diritto laddove un determinato
istituto giuridico viene invocato per realizzare degli interessi che il
medesimo istituto non si prefigge di tutelare (DTF 121 I 367 consid. 3b; 121
II 97 consid. 4). In relazione all'art. 7 LDDS, ciò è il caso allorquando il
coniuge straniero di un cittadino svizzero si richiama ad un matrimonio che
sussiste solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il
rinnovo di un permesso di soggiorno: un simile scopo non risulta in effetti
tra quelli tutelati dalla norma in questione (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127
II 49 consid. 5a; 123 II 49 consid. 4 e 5; 121 II 97 consid. 2 e 4).

La prassi ha tuttavia precisato che l'esistenza di una situazione abusiva non
dev'essere ammessa con leggerezza: in particolare non vi è abuso di diritto
già per il fatto che i coniugi vivono separati o perché tra loro è pendente
una procedura di divorzio. Nel formulare l'art. 7 LDDS, il legislatore ha
infatti volutamente omesso di far dipendere il diritto del coniuge straniero
di un cittadino svizzero all'ottenimento di un permesso di soggiorno
dall'esistenza di una comunione matrimoniale di fatto (DTF 121 II 97 segg.):
è per contro necessario che vi siano concreti indizi tali da indurre a
ritenere che i coniugi non siano (più) intenzionati a condurre una vita
comune e rimangano legati dal vincolo matrimoniale soltanto per ragioni di
polizia degli stranieri (DTF 127 II 49 consid. 5a con riferimenti). Per il
che, dev'essere da subito respinta l'obiezione sollevata dall'insorgente
secondo cui, in base alla prassi attuale, il fatto che i coniugi vivano
separati farebbe nascere la presunzione dell'esistenza di un abuso di
diritto. In effetti, quello appena evocato, non è altro che un elemento - più
o meno importante a seconda delle circostanze - tra i tanti che l'autorità di
polizia deve prendere in considerazione per valutare se sia data una delle
fattispecie contemplate dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e per, se del caso, negare il
rilascio del permesso di soggiorno al coniuge straniero di un cittadino
svizzero.

4.
Con il suo gravame la ricorrente solleva una serie di critiche avverso i
principi giurisprudenziali appena esposti.

4.1
4.1.1In primo luogo ella sostiene che ai fini dell'applicazione dell'art. 7
LDDS si deve tenere conto dei mutamenti recentemente intervenuti nella
legislazione svizzera in materia di divorzio e segnatamente del fatto che
l'art. 114 del Codice civile svizzero (CC; RS 210) - nella sua versione del
26 giugno 1998, in vigore dal 1° gennaio 2000 - stabilisce che i coniugi
debbano avere vissuto separati per 4 anni, prima che ciascuno di essi possa
chiedere unilateralmente lo scioglimento del matrimonio. Afferma che
attraverso questa disposizione il legislatore federale ha voluto togliere al
giudice del divorzio il compito di dover valutare l'esistenza di un grave
turbamento delle relazioni coniugali, introducendo la presunzione che ciò sia
il caso soltanto dopo 4 anni di separazione. Appoggiandosi sull'opinione di
una parte della dottrina (in particolare: Marc Spescha, Fremdenpolizei als
Scheidungsrichterin, in Plädoyer 2/02, pag. 32 e segg.), sostiene che la
prassi attualmente vigente in materia di abuso di diritto impone alle
autorità amministrative di polizia degli stranieri di effettuare una
valutazione dei rapporti coniugali che, in seguito all'entrata in vigore
della suddetta novella legislativa, ormai neppure il giudice civile è più
legittimato a compiere nell'ambito di una causa di stato. Aggiunge che, in
questo modo, le autorità di polizia degli stranieri assumono paradossalmente
il ruolo di giudici del divorzio, il che contrasta non solo con l'ordinamento
legislativo delle competenze, ma pure con il principio di uguaglianza che
deve valere tra coniugi stranieri di cittadini svizzeri separati e non
separati.

4.1.2 La censura è infondata. Il Tribunale federale ha avuto recentemente
occasione di sottolineare che, per quanto attiene all'applicazione delle
norme in materia di diritto degli stranieri, le autorità amministrative sono
sostanzialmente tenute a valutare le relazioni tra coniuge svizzero e coniuge
straniero senza essere vincolati dalla situazione esistente dal profilo del
diritto del divorzio e soprattutto in maniera indipendente dal giudice civile
(DTF 128 II 145 consid. 2.2). A questo proposito si deve considerare che è lo
stesso art. 7 cpv. 2 LDDS ad imporre una simile valutazione. In effetti,
nella misura in cui questa disposizione sancisce il decadimento dei diritti
contemplati dal cpv. 1 del medesimo articolo in caso di matrimonio fittizio o
di mantenimento del legame coniugale unicamente per scopi di polizia degli
stranieri, essa obbliga di fatto le autorità di polizia a verificare a titolo
pregiudiziale la posizione del coniuge straniero sotto l'angolo delle sue
relazioni matrimoniali con il consorte svizzero. Tale esame dev'essere
sostanziale e non può limitarsi alla semplice constatazione dei rapporti
formalmente esistenti dal punto di vista del diritto civile tra i coniugi,
altrimenti le possibilità per quest'ultimi di aggirare la legge rimarrebbero
intatte e verrebbero così vanificati gli scopi che il legislatore federale si
è preposto di raggiungere adottando l'art. 7 cpv. 2 LDDS. In questo ambito il
nuovo diritto del divorzio non ha dunque affatto modificato i compiti e le
competenze che la legislazione federale in materia di polizia degli stranieri
riserva alle autorità amministrative chiamate a decidere in merito al
rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno a favore del coniuge
straniero di un cittadino svizzero.

Si deve inoltre aggiungere che, contrariamente a quanto asserito dalla
ricorrente, il fatto di sottoporre in taluni casi ad accertamenti
approfonditi i rapporti matrimoniali esistenti tra coniuge svizzero e coniuge
straniero, non disattende il principio dell'uguaglianza, in quanto ciò non
avviene senza alcun motivo, ma costituisce la premessa necessaria per poter
determinare l'esistenza di una delle situazioni di abuso contemplate
dall'art. 7 cpv. 2 LDDS. L'insorgente motiva poi la sua censura partendo
dall'assunto - errato - secondo cui simili accertamenti concernerebbero
soltanto le coppie separate, ma non quelle viventi sotto il medesimo tetto.
Sennonché, già è stato detto in precedenza che quello della separazione di
fatto o di diritto dei coniugi non è altro che uno dei tanti indizi che
possono indurre ad ammettere l'esistenza di una situazione di abuso in
materia di polizia degli stranieri (cfr. consid. 3 in fine). Nulla impedisce
però alle autorità amministrative di procedere a delle verifiche anche in
quei casi dove i coniugi vivono in comunione domestica, qualora altri
elementi dovessero far nascere il sospetto di una relazione finalizzata
esclusivamente a favorire il rilascio di un permesso di soggiorno in Svizzera
a favore del consorte straniero.

4.2
4.2.1La ricorrente si richiama poi all'Accordo del 21 giugno 1999 tra la
Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione
Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, in vigore dal
1° giugno 2002 (ALC; FF 1999 VI 5978 e segg.), e in particolare al diritto
per i familiari di un cittadino comunitario, con diritto di soggiorno in
Svizzera, di stabilirsi con esso in quest'ultimo Paese (art. 3 ALC e art. 3
Allegato I ALC). A questo proposito fa valere l'esistenza di una disparità di
trattamento. Pur riconoscendo in sostanza di non ricadere direttamente nel
campo di applicazione del suddetto accordo in virtù della sua cittadinanza
bulgara, ella sostiene comunque che detta normativa riserva al coniuge
straniero di un cittadino comunitario residente in Svizzera un trattamento
migliore di quello che invece l'art. 7 LDDS garantisce al coniuge straniero
di un cittadino elvetico che vive nel suo Paese. Afferma in effetti che in
virtù della prassi instaurata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee
in materia di applicazione dell'art. 10 del Regolamento n. 1612/68 del
Consiglio europeo, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei
lavoratori all'interno della Comunità europea, il diritto di soggiorno
contemplato dal predetto articolo, pur presupponendo che l'alloggio di cui
dispone il lavoratore possa considerarsi normale per ospitare la sua
famiglia, non è subordinato al fatto che l'abitazione familiare permanente
sia unica (sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13
febbraio 1985 nella causa n. 267/1985 in re Diatta). Appellandosi al
principio della parità di trattamento, e in particolare all'art. 8 cpv. 2 e 3
Cost., nonché a quanto disposto dalla cifra 8.6 delle Istruzioni e commenti
emanate dall'Ufficio federale degli stranieri concernenti l'introduzione
graduale della libera circolazione delle persone (Istruzioni OLCP), chiede
dunque che, sulla base di questa giurisprudenza, vincolante per
l'applicazione dei trattati bilaterali, le sia riconosciuto un diritto
all'ottenimento del permesso di domicilio.

4.2.2 La ricorrente, che non è né cittadina svizzera né cittadina
comunitaria, non rientra tra i soggetti a cui si rivolge il suddetto accordo
bilaterale sulla libera circolazione delle persone (cfr. art. 1 prima frase
ALC) e, come tale, non beneficia di nessun diritto ad essere trattata allo
stesso modo di un cittadino comunitario residente in Svizzera o del coniuge
straniero di quest'ultimo. Per tale motivo ella non può far valere sotto
questo profilo la violazione del principio di uguaglianza. Ammettere il
contrario significherebbe estendere indirettamente il campo di applicazione
dell'accordo ad un'ampia cerchia di persone che, per via della loro
nazionalità, ne sono manifestamente escluse. Di conseguenza i suddetti
argomenti appaiono infondati e come tali devono essere respinti.

5.
Considerato dunque che, alla luce di quanto sopra esposto, non sussistono
motivi per scostarsi dalla prassi sin qui seguita dal Tribunale federale per
quanto attiene all'applicazione dell'art. 7 LDDS, occorre innanzitutto
considerare che, nel caso di specie la comunione domestica dei coniugi è
stata alquanto breve ed ha avuto una durata di poco più di due anni: in
effetti, secondo quanto accertato dalla precedente istanza di giudizio, già
nell'estate del 1998 essi abitavano in due appartamenti diversi dopo di che
hanno continuato a vivere separati. Interrogati nel settembre 2000 dalla
Polizia cantonale ticinese in merito alle loro relazioni coniugali, la
ricorrente e suo marito hanno sostanzialmente ammesso di avere avuto
successivamente alla loro separazione di fatto unicamente dei contatti
sporadici e di avere quindi organizzato le loro rispettive esistenze in
maniera autonoma l'uno dall'altra. Le risultanze di questa inchiesta non sono
mai state contestate dalla ricorrente, la quale, per atti concludenti, ne ha
quindi riconosciuta l'esattezza. In simili circostanze il matrimonio tra
B.________ e A.________ risulta ormai da tempo completamente svuotato di ogni
contenuto e le possibilità di una ripresa dell'unione coniugale tra i due
coniugi appaiono oggettivamente inconsistenti. Certo, dinanzi al Consiglio di
Stato prima e al Tribunale cantonale amministrativo poi la ricorrente ha
affermato di essersi riconciliata pendente causa con il marito e di avere
ripreso a convivere con quest'ultimo nell'appartamento da lei locato a XXX. A
tale proposito si deve tuttavia rilevare che i modi e i tempi con cui questa
asserita e improvvisa riconciliazione ha avuto luogo appaiono alquanto
sospetti. Per questo motivo dev'essere condivisa la valutazione operata dal
Tribunale amministrativo, secondo cui l'atteggiamento assunto nell'occasione
dai coniugi risulta dettato non tanto dall'autentica volontà di ricomporre la
loro unione coniugale, quanto piuttosto dai bisogni di causa della moglie.
Visto tutto quanto precede, è dunque senza incorrere nella violazione del
diritto federale che la Corte cantonale è pervenuta alla conclusione che la
ricorrente, abusando dei diritti che le derivano dall'art. 7 cpv. 1 prima
frase LDDS, si richiama ad un matrimonio ormai esistente soltanto sulla
carta, al solo scopo di poter continuare a fruire dell'autorizzazione di
soggiornare in Svizzera. Dal momento che l'abuso di diritto rimproverato
all'interessata sussisteva già prima della decorrenza - avvenuta il 10 maggio
2001 - del termine di 5 anni di cui all'art. 7 cpv. 1 seconda frase LDDS,
ella non può esigere che le sia rilasciato il permesso di domicilio (DTF 121
II 97 consid. 4c). Per il che, è a giusta ragione che le autorità
amministrative ticinesi si sono rifiutate di accogliere l'istanza
dell'insorgente senza neppure procedere all'allestimento di un rapporto
informativo sulla sua persona, né domandare il relativo preavviso
all'autorità comunale.

6.
Stante tutto quanto precede, il ricorso dev'essere respinto. Visto l'esito
del medesimo, la tassa di giustizia va posta a carico della ricorrente (art.
156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti
(art. 159 cpv. 2 OG). Con l'emanazione del presente giudizio, la domanda di
conferimento dell'effetto sospensivo, contenuta nel gravame, è divenuta priva
d'oggetto.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è respinto.

2.
La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico della ricorrente.

3.
Comunicazione al rappresentante della ricorrente, al Consiglio di Stato e al
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché all'Ufficio federale
degli stranieri.

Losanna, 25 novembre 2002

In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente: Il cancelliere: