Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

II. Öffentlich-rechtliche Abteilung 2A.233/2002
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2A.233/2002 /viz

Sentenza del 17 ottobre 2002
II Corte di diritto pubblico

Giudici federali Hungerbühler, giudice presidente,
Müller e Merkli,
cancelliere Cassina.

A. A.________,
ricorrente, agente per sé e per la figlia B.A.________, rappresentato da
Giorgio Snozzi, via Bossi 12,
casella postale 2705, 6901 Lugano,

contro

Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500
Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella
postale, 6901 Lugano.

permesso di dimora

(ricorso di diritto amministrativo contro la sentenza del Tribunale cantonale
amministrativo del Cantone Ticino del 9 aprile 2002)

Fatti:

A.
A. A.________ (1959), cittadino iugoslavo, è entrato in Svizzera l'11 marzo
1996 per sposarsi in seconde nozze con C.A.________ (1948), cittadina
elvetica di origine slovena. In seguito al matrimonio, celebrato il 25 giugno
1996, la Sezione degli stranieri del Cantone Ticino (ora divenuta Sezione dei
permessi e dell'immigrazione) gli ha rilasciato un permesso di dimora annuale
- in seguito regolarmente rinnovato l'ultima volta sino al 24 giugno 2000 -
per vivere insieme alla moglie.

Il 27 luglio 1996 le autorità di polizia ticinesi hanno autorizzato l'entrata
in Svizzera della figlia di primo letto di A.A.________, B.A.________ (1985),
di nazionalità slovena, a titolo di ricongiungimento familiare. A
quest'ultima è quindi stato rilasciato un permesso di dimora di durata e con
scadenza identiche a quello del padre.

B.
Il 1° aprile 2000 A.A.________ si è separato di fatto dalla moglie: egli ha
lasciato l'abitazione coniugale situata a Paradiso e si è trasferito con la
figlia in un appartamento a Chiasso. Avendo omesso di presentare il proprio
passaporto al competente Ufficio regionale degli stranieri, il 17 gennaio
2001 A.A.________ è stato interrogato dalla Polizia cantonale ticinese. In
quell'occasione ha chiesto una proroga del termine per produrre il suddetto
documento ed ha dichiarato di non avere più contatti con la moglie.

Il 29 marzo 2001 la Sezione ticinese dei permessi e dell'immigrazione, dopo
avere preso atto che A.A.________ aveva lasciato trascorrere infruttuoso
anche l'ultimo termine impartitogli per presentare il suo passaporto, ha
deciso di non più rinnovargli il permesso di dimora. Il provvedimento è stato
esteso anche a B.A.________, dal momento che ella aveva ottenuto il suo
permesso di soggiorno in Svizzera unicamente per poter vivere insieme al
padre.

Il 30 aprile 2001 A.A.________, agendo per sé e per conto della figlia
B.A.________, ha impugnato la suddetta decisione davanti al Consiglio di
Stato del Cantone Ticino. Il 21 giugno successivo egli ha finalmente prodotto
il suo passaporto. Ciononostante, con giudizio 5 febbraio 2002 il governo
ticinese ha confermato il provvedimento litigioso rilevando come lo straniero
vivesse ormai da tempo separato dalla moglie, con la quale non sussisteva più
alcun legame; esso ha quindi considerato manifestamente abusivo da parte di
A.A.________ appellarsi ad un matrimonio ormai esistente soltanto formalmente
per poter continuare a risiedere in Svizzera. L'esecutivo cantonale ha poi
confermato il diniego del permesso di dimora anche a B.A.________, ritenendo
la sua presenza in Svizzera una diretta conseguenza del ricongiungimento
familiare con il padre.
Adito da A.A.________, il 9 aprile 2002 il Tribunale amministrativo del
Cantone Ticino ha respinto, per quanto ammissibile, il ricorso interposto da
quest'ultimo avverso la predetta decisione governativa.

C.
Il 13 maggio 2002 A.A.________ ha inoltrato per sé e per la figlia un ricorso
di diritto amministrativo dinanzi al Tribunale federale, con cui chiede, in
via principale, l'annullamento della suddetta sentenza e il rinvio della
causa al Tribunale amministrativo ticinese per un nuovo giudizio e, in via
subordinata, l'annullamento del giudizio impugnato e il rinvio degli atti
all'autorità di prime cure affinché rilasci loro un permesso di domicilio.
Lamenta sostanzialmente la violazione dell'art. 7 della legge federale sul
domicilio e la dimora degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; RS 142.20) e
del principio di uguaglianza. Postula inoltre che al gravame sia conferito
effetto sospensivo. Mediante istanza del 5 giugno 2002 egli ha inoltre
domandato di essere messo al beneficio dell'assistenza giudiziaria.

Chiamato ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo non ha
formulato nessuna osservazione in merito al gravame. Dal canto loro, sia il
Consiglio di Stato ticinese che l'Ufficio federale degli stranieri domandano
che il ricorso sia respinto.

D.
Su ordine del Presidente della II Corte di diritto pubblico, il 15 maggio
2002 è stato conferito in via supercautelare effetto sospensivo al ricorso.

Diritto:

1.
1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto
amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di permessi
al cui ottenimento la legislazione federale non conferisce un diritto (art.
100 cpv.1 lett. b n. 3 OG). L'art. 4 LDDS, sancisce che l'autorità competente
decide liberamente, nei limiti delle disposizioni della legge e dei trattati
con l'estero, in merito alla concessione dei permessi di dimora. Lo straniero
ha quindi un diritto all'ottenimento di una simile permesso solo laddove tale
pretesa si fonda su una disposizione del diritto federale o su un trattato
internazionale (DTF 127 II 60 consid. 1a, 126 II 425 consid. 1 con numerosi
rinvii).

1.2 Conformemente all'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, il coniuge straniero di
un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di
dimora. Il rifiuto del rinnovo del permesso sollecitato dal ricorrente,
sposato con una cittadina svizzera dal 25 giugno 1996, può quindi essere
sottoposto al Tribunale federale mediante ricorso di diritto amministrativo
(art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG a contrario). Sapere se questo diritto
sussista ancora o sia invece decaduto in virtù delle eccezioni o delle
restrizioni che discendono dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e dall'abuso di diritto è
per contro un problema di merito e non di ammissibilità dell'impugnativa (DTF
122 II 289 consid. 1b; 120 Ib 6 consid. 1).

2.
Con il rimedio esperito, il ricorrente può fare valere la violazione del
diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento,
nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in
quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di
ricorso di diritto pubblico (DTF 123 II 385 consid. 3, con rinvii). Quale
organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina
d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza
essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi
invocati dalle parti. L'insorgente può inoltre censurare l'accertamento
inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Considerato comunque
che nel caso concreto la decisione impugnata emana da un'autorità
giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale
federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti
oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105
cpv. 2 OG).

3.
Per costante giurisprudenza vi è abuso di diritto laddove un determinato
istituto giuridico viene invocato per realizzare degli interessi che il
medesimo istituto non si prefigge di tutelare (DTF 121 I 367 consid. 3b; 121
II 97 consid. 4). In relazione all'art. 7 LDDS, ciò è il caso allorquando il
coniuge straniero di un cittadino svizzero si richiama ad un matrimonio che
sussiste solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il
rinnovo di un permesso di soggiorno: un simile scopo non risulta in effetti
tra quelli tutelati dalla norma in questione (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127
II 49 consid. 5a; 123 II 49 consid. 4 e 5; 121 II 97 consid. 2 e 4).

La prassi ha tuttavia precisato che l'esistenza di una situazione di abuso
non deve essere ammessa con eccessiva facilità: in particolare non vi è abuso
di diritto già per il fatto che i coniugi vivono separati o perché tra loro è
pendente una procedura di divorzio. Nel formulare l'art. 7 LDDS, il
legislatore ha infatti volutamente omesso di far dipendere il diritto del
coniuge straniero di un cittadino svizzero all'ottenimento di un permesso di
soggiorno dall'esistenza di una comunione matrimoniale di fatto (DTF 121 II
97 segg.): è per contro necessario che vi siano concreti indizi tali da
indurre a ritenere che i coniugi non siano (più) intenzionati a condurre una
vita comune e rimangano uniti dal vincolo matrimoniale soltanto per ragioni
di polizia degli stranieri (DTF 127 II 49 consid. 5a con riferimenti). Per il
che, dev'essere da subito respinta l'obiezione sollevata dall'insorgente
secondo cui, in base alla prassi attuale, il fatto che i coniugi vivano
separati farebbe nascere la presunzione dell'esistenza di un abuso di
diritto. In effetti quello appena evocato non è altro che un elemento - più o
meno importante a seconda delle circostanze - tra i tanti che l'autorità di
polizia deve prendere in considerazione per valutare se sia data una delle
fattispecie contemplate dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e per negare, se del caso, il
rilascio del permesso di soggiorno al coniuge straniero di un cittadino
svizzero.

4.
Con il suo gravame il ricorrente solleva una serie di critiche avverso i
principi giurisprudenziali appena esposti.

4.1
4.1.1In primo luogo egli sostiene che ai fini dell'applicazione dell'art. 7
LDDS si deve tenere conto dei mutamenti recentemente intervenuti nella
legislazione svizzera in materia di divorzio e segnatamente del fatto che
l'art. 114 del Codice civile svizzero (CC; RS 210) - nella sua versione del
26 giugno 1998, in vigore dal 1° gennaio 2000 - stabilisce che i coniugi
debbano avere vissuto separati per 4 anni, prima che ciascuno di essi possa
chiedere unilateralmente lo scioglimento del matrimonio. Afferma che
attraverso questa disposizione il legislatore federale ha voluto togliere al
giudice del divorzio il compito di dover valutare l'esistenza di un grave
turbamento delle relazioni coniugali, introducendo la presunzione che ciò sia
il caso soltanto dopo 4 anni di separazione. Appoggiandosi sull'opinione di
una parte della dottrina (in particolare: Marc Spescha, Fremdenpolizei als
Scheidungsrichterin, in Plädoyer 2/02, pag. 32 e segg.), sostiene che la
prassi vigente in materia di abuso di diritto impone alle autorità
amministrative di polizia degli stranieri di effettuare una valutazione dei
rapporti tra coniugi che, in seguito all'entrata in vigore della suddetta
novella legislativa, neppure il giudice civile è più legittimato a compiere
nelle cause di stato. Aggiunge che, in questo modo, le autorità di polizia
degli stranieri assumono paradossalmente il ruolo di giudici del divorzio, il
che contrasta non solo con l'ordinamento legislativo delle competenze, ma
pure con il principio di uguaglianza che deve valere tra coniugi stranieri di
cittadini svizzeri separati e non separati.

4.1.2 La censura appare infondata. Il Tribunale federale ha avuto
recentemente occasione di sottolineare che, per quanto attiene
all'applicazione delle norme in materia di diritto degli stranieri, le
autorità amministrative sono sostanzialmente tenute a valutare le relazioni
tra coniuge svizzero e coniuge straniero senza essere vincolati dalla
situazione esistente dal profilo del diritto del divorzio e soprattutto in
maniera indipendente dal giudice civile (DTF 128 II 145 consid. 2.2). A
questo proposito si deve considerare che è lo stesso art. 7 cpv. 2 LDDS ad
imporre una simile disamina. In effetti, nella misura in cui questa
disposizione sancisce il decadimento dei diritti contemplati dal cpv. 1 del
medesimo articolo in caso di matrimonio fittizio o di mantenimento del legame
coniugale unicamente per scopi di polizia degli stranieri, essa obbliga di
fatto le istanze di polizia a verificare a titolo pregiudiziale la posizione
del coniuge straniero per quanto attiene alle sue relazioni con il consorte
svizzero. Tale esame deve essere sostanziale e non può limitarsi ad una
semplice constatazione delle relazioni formalmente esistenti sul piano del
diritto civile tra i coniugi, altrimenti le possibilità per quest'ultimi di
aggirare la legge rimarrebbero intatte e verrebbero così vanificati gli scopi
che il legislatore federale si è preposto di raggiungere adottando l'art. 7
cpv. 2 LDDS. Il nuovo diritto del divorzio non ha dunque affatto modificato i
compiti e le competenze che la legislazione federale in materia di polizia
degli stranieri riserva alle autorità amministrative chiamate a decidere in
merito al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno a favore del
coniuge straniero di un cittadino svizzero.

Si deve inoltre aggiungere che, contrariamente a quanto asserito dal
ricorrente, il fatto di sottoporre in taluni casi ad accertamenti
approfonditi i rapporti matrimoniali esistenti tra coniuge svizzero e coniuge
straniero, non disattende il principio dell'uguaglianza, nella misura in cui
ciò non avviene senza motivo, ma costituisce la premessa necessaria per poter
determinare se sia data una delle situazioni di abuso contemplate dall'art. 7
cpv. 2 LDDS. L'insorgente motiva poi la sua censura partendo dall'assunto -
errato - secondo cui simili accertamenti concernerebbero soltanto le coppie
separate, ma non quelle viventi sotto il medesimo tetto. Sennonché, già è
stato detto in precedenza che quello della separazione di fatto o di diritto
dei coniugi non è altro che uno dei tanti indizi che possono portare ad
ammettere l'esistenza di una situazione di abuso (cfr. consid. 3 in fine).
Nulla impedisce però alle autorità amministrative di procedere a delle
verifiche anche in quei casi dove entrambi i coniugi vivono in comunione
domestica, qualora altri elementi dovessero far nascere il sospetto di una
relazione finalizzata esclusivamente a favorire il rilascio di un permesso di
soggiorno in Svizzera a favore del consorte straniero.

4.2
4.2.1Il ricorrente si richiama poi all'Accordo del 21 giugno 1999 tra la
Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione
Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, in vigore dal
1° giugno 2002 (ALC; RS 0.142.112.681), e in particolare al diritto per i
familiari di un cittadino comunitario, con diritto di soggiorno in Svizzera,
di stabilirsi con esso in quest'ultimo Paese (art. 3 ALC e art. 3 Allegato I
ALC). A questo proposito fa valere l'esistenza di una disparità di
trattamento. Pur riconoscendo in sostanza di non ricadere direttamente nel
campo di applicazione del suddetto accordo in virtù della sua cittadinanza
iugoslava, egli sostiene comunque che detta normativa riserva al coniuge
straniero di un cittadino comunitario residente in Svizzera un trattamento
migliore di quello che invece l'art. 7 LDDS riserva al coniuge straniero di
un cittadino elvetico. Afferma in effetti che in virtù della prassi
instaurata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in materia di
applicazione dell'art. 10 del Regolamento n. 1612/68 del Consiglio europeo,
del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori
all'interno della Comunità europea, il diritto di soggiorno del coniuge
straniero, pur presupponendo che l'alloggio di cui dispone il lavoratore
comunitario possa considerarsi normale per ospitare la sua famiglia, non è
subordinato al fatto che l'abitazione familiare permanente sia unica
(sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 febbraio
1985 nella causa n. 267/1985 in re Diatta). Appellandosi al principio della
parità di trattamento, e in particolare all'art. 8 cpv. 2 e 3 Cost., chiede
dunque che, sulla base di questa giurisprudenza, vincolante ai fini
dell'applicazione dei trattati bilaterali, gli sia riconosciuto un diritto al
rinnovo del permesso di dimora e di rilascio del permesso di domicilio
nonostante la separazione dalla moglie.

4.2.2 Il ricorrente, che non è né cittadino svizzero né cittadino
comunitario, non rientra tra i soggetti a cui si rivolge il suddetto accordo
bilaterale sulla libera circolazione delle persone (cfr. art. 1 prima frase
ALC) e, come tale, non beneficia di nessun diritto ad essere trattato allo
stesso modo di un cittadino comunitario residente in Svizzera o del coniuge
straniero di quest'ultimo, motivo per il quale non può far valere sotto
questo profilo la violazione del principio di uguaglianza. Ammettere il
contrario significherebbe estendere indirettamente il campo di applicazione
del trattato in questione ad un'ampia cerchia di persone che, per via della
loro nazionalità, ne sono manifestamente escluse.

Oltretutto si deve ancora considerare che nel momento in cui è stata resa la
decisione qui impugnata gli accordi bilaterali con la Comunità europea e i
suoi stati membri non erano ancora entrati in vigore, ragione per la quale,
anche a prescindere da quanto precede, ben difficilmente si potrebbe
rimproverare ai giudici cantonali di avere emanato un giudizio in contrasto
con delle norme che a quel tempo non potevano in ogni caso ancora essere
applicate alla fattispecie in esame. Ne consegue che la censura è infondata.

5.
Considerato dunque che, alla luce di quanto sopra esposto, non sussistono
motivi per scostarsi dalla prassi sin qui seguita dal Tribunale federale per
quanto attiene all'applicazione dell'art. 7 LDDS, si deve dire che, nel caso
di specie, dagli atti di causa emerge che i coniugi A.________ hanno vissuto
in costanza di matrimonio per poco più di tre anni e mezzo. Nel mese di marzo
del 2000 essi si sono separati di fatto. Il ricorrente ha dapprima affittato
un appartamento a Chiasso dove si è trasferito con la figlia B.A.________,
nel frattempo giunta in Svizzera per ricongiungersi con il padre. In seguito
egli ha traslocato a Taverne, mentre che la moglie, rimasta nell'appartamento
coniugale di Paradiso, ha ben presto iniziato a convivere con un altro uomo.
Dal 1° ottobre 2001 l'insorgente risiede a Cadenazzo presso il Ristorante
X.________, suo luogo di lavoro, dove ha a disposizione una stanza.
L'istruttoria esperita dalle autorità cantonali ha quindi in sostanza
permesso di accertare che dopo la loro separazione i coniugi A.________ non
hanno più ripreso la vita in comune, ma anzi hanno iniziato ad organizzare
autonomamente le loro rispettive esistenze. Se nel mese di maggio del 2000
essi dichiaravano ancora che le difficoltà matrimoniali incontrate non
apparivano insanabili, il 17 gennaio 2001 il ricorrente ha riferito alla
Polizia ticinese di non avere più avuto nessun contatto con la moglie. In
siffatte circostanze, il matrimonio tra A.A.________ e C.A.________ risulta
completamente svuotato di ogni contenuto e le possibilità di una ripresa
dell'unione coniugale tra i due appaiono oggettivamente inconsistenti. È
dunque senza incorrere in nessuna violazione del diritto federale che la
Corte cantonale ha considerato che il ricorrente abusa dei diritti che gli
derivano dall'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, allorquando si richiama ad un
matrimonio ormai esistente soltanto sulla carta, al solo scopo di poter
continuare a fruire dell'autorizzazione di soggiornare in Svizzera.

Per quanto riguarda la figlia B.A.________, si deve considerare che questa
era stata autorizzata a risiedere in Svizzera al solo scopo di poter stare
vicina al padre. Con il mancato rinnovo del permesso di dimora di
quest'ultimo vengono pertanto a cadere le condizioni affinché ella possa
continuare a soggiornare nel nostro Paese. Anche da questo punto di vista la
decisione impugnata non presta dunque il fianco a nessuna critica.

6.
6.1 Visto tutto quanto precede, il ricorso, infondato, dev'essere
integralmente respinto.

6.2 Il ricorrente ha chiesto, infine, di essere posto al beneficio
dell'assistenza giudiziaria. Giusta l'art. 152 cpv. 1 OG, tale beneficio va
concesso solo alla parte le cui conclusioni non sembrano dover avere esito
sfavorevole. Orbene, nella fattispecie tale premessa non è soddisfatta. In
effetti, il presente ricorso appariva, sin dall'inizio, privo di possibilità
di successo. Ciò non impedisce comunque di tenere conto della situazione
finanziaria modesta dell'insorgente per determinare l'ammontare delle spese
processuali a suo carico (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano
ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG). Con l'emanazione del
presente giudizio, la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo è
divenuta priva d'oggetto.

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Il ricorso è respinto.

2.
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.

3.
La tassa di giustizia di fr. 1'000.-- è posta a carico del ricorrente.

4.
Comunicazione al rappresentante del ricorrente, al Consiglio di Stato e al
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché all'Ufficio federale
degli stranieri.

Losanna, 17 ottobre 2002

In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il giudice presidente: Il cancelliere: